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Autore: _Pobluchan_    12/02/2014    2 recensioni
"Il solito, grazie"
Quando udii quella voce roca dall'accento inglese trattenni il fiato: avevo sempre avuto un debole per gli inglesi. Con la coda dell'occhio osservai il ragazzo appena entrato in quel piccolo cafe...
...Quella voce roca mi fece spalancare gli occhi e diventare paonazza: seduto su una sedia con addosso solo dei jeans attillati sedeva l'inglese della cioccolata in tutta la sua perfezione. Solo in quel momento mi accorsi che io stavo quasi urlando e che tutti nella stanza ci stavano fissando. Per un attimo boccheggiai in cerca d'aria.
"Tu sei la ragazza del cappuccino?" mi chiese guardandomi in faccia.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Where we met'
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Era una fredda mattina di novembre, quel giorno ero uscita in anticipo da casa, non sapevo bene come, visto che la sveglia non era suonata e la mia "divisa" non ne voleva sapere di venire fuori. Era stato un miracolo. Guardai il mio orologio stringendomi nella sciarpa di lana bordò: avevo dieci minuti per prendere un caffè. Sorridendo per la mia fortuna sfacciata entrai in un piccolo cafe. Al bancone c'era un anziano signore con degli occhiali a mezzaluna sulla punta del naso aquilino.
"Buongiorno" mi disse calorosamente.
"Salve. Potrei avere un cappuccino?" chiesi sentendo le guance arrossarsi per lo sbalzo di temperatura.
L'omino annuì e si mise all'opera dandomi la schiena leggermente gobba. Mentre la macchina del caffè faceva quel suo rumore ingombrante la porta si aprì facendo in modo che una ventata d'aria gelida investisse la mia schiena. Un brivido mi attraversò la spina dorsale costringendomi a stringermi ancora di più nelle spalle.
"Il solito, grazie"
Quando udii quella voce roca dall'accento inglese trattenni il fiato: avevo sempre avuto un debole per gli inglesi. Con la coda dell'occhio osservai il ragazzo appena entrato in quel piccolo cafe: aveva una massa ordinata di capelli castani ricci tirati leggermente indietro con piccolo ciuffo ribelle che ricadeva sulla sua fronte spaziosa, gli occhi verdi e scintillanti, un naso dritto leggermente arrossato per l'aria gelida, due labbra sottili e rosee e una mascella squadrata. I miei occhi avidi presero ad analizzare il torace tonico coperto da un cappotto nero, le gambe (che avrebbero fatto invidia a qualsiasi modella) fasciate dai jeans scuri leggermente strappati e le grandi mani mascoline che indossavano con eleganza degli anelli. Non poteva esistere sulla terra un essere più bello di lui. Con calma mi bevvi il mio cappuccino e lo osservai lanciandogli occhiate furtive. Quando l'omino gli consegnò la sua cioccolata calda vidi comparire sul suo volto due piccole fossette e un sorriso. Lentamente portò la tazza alla bocca e chiuse le palpebre sottili. Lo osservai con attenzione mentre con la lingua si ripuliva le labbra sporche di cioccolata. Lasciò i soldi sul bancone e, silenzioso com'era venuto, se ne andò. Quando la porta si chiuse alle sue spalle mi costrinsi a guardare l'orologio: sarei arrivata sicuramente in ritardo. Lasciai i soldi e metà cappuccino sul bancone e ancora col fiatone arrivai allo studio di Franco.
"Tesoro, sei in ritardo, tu sai che odio i ritardi" mi disse senza staccarsi dallo schermo della sua macchina fotografica.
"Mi scusi, non mi ero resa conto, il traffico, le chiave, la sveglia, i vestiti"
Cercai di trovare una scusa plausibile, ma questa sequenza di parole fu l'unico risultato che ottenni.
"Ho capito tesoro, hai incontrato un ragazzo"
Colpevole arrossii e abbassai lo sguardo.
"Si" arrossii.
"Voglio sapere tutto" disse guardandomi finalmente in faccia.
"C'è poco da dire" dissi poggiando la giacca su una sedia. "Sono entrata in un cafe e mentre aspettavo il mio cappuccino lui è entrato, ha chiesto la sua solita cioccolata, l'ha bevuta ed è uscito"
Lui mi guardò col labbro sporgente, visibilmente deluso.
"Tutto qui?"
"Tutto qui" risposi chiudendo il discorso.
Franco era un fotografo famoso che produceva copertine per riviste o qualsiasi cosa gli portasse fama e lavoro, ma era anche l'uomo più pettegolo che io avessi mai conosciuto. Io ero semplicemente la sua aiutante/apprendista, ero la ragazza coi taieur anonimi: lo seguivo ovunque, ma rimanevo un'ombra.

 

Continuai a fermarmi a quel cafe per talmente tanto tempo che l'omino quando mi vedeva arrivare non mi chiedeva neanche cosa volessi. Tutte le volte aspettavo che il ragazzo della cioccolata arrivasse, bevesse la sua cioccolata e uscisse. Non sapevo perché, ma vederlo mi rendeva la giornata più serena. Un giorno mi sorrise anche e sentii il mio cuore fare le capriole: ero persa, quell'inglese mi aveva stregato.

 

Quel giorno arrivai, sorrisi all'omino e cominciai a bere il mio cappuccino aspettando il suo arrivo. Aspettai e aspettai ancora, ma lui non arrivava. Quando finalmente uscii ero già in ritardo di quindici minuti. Correndo su quei trampoli chiamati tacchi arrivai allo studio col fiatone e il viso arrossato. Subito Franco mi uccise col suo sguardo felino.
"Mi scusi davvero, ho completamente perso la cognizione del tempo"
Lui sorrise malizioso.
"Hai perso troppo tempo ad osservai il ragazzo della cioccolata?"
Subito mi rabbuiai e cacciai a caso la mia giacca.
"Oggi non è venuto"
"Quindi è per questo che sei in ritardo: l'hai aspettato"
"Già. Non è mai successo in un mese che mancasse! Io non so che fare, mi sento persa oggi che non ho potuto vedere quei suoi occhi così verdi, le sue adorabili fossette e quelle labbra sporche di cioccolata che io avrei tanta voglia di bac"
"Scusate se interrompo, ma io dopo avrei un altro servizio fotografico"
Quella voce roca mi fece spalancare gli occhi e diventare paonazza: seduto su una sedia con addosso solo dei jeans attillati sedeva l'inglese della cioccolata in tutta la sua perfezione. Solo in quel momento mi accorsi che io stavo quasi urlando e che tutti nella stanza ci stavano fissando. Per un attimo boccheggiai in cerca d'aria.
"Tu sei la ragazza del cappuccino?" mi chiese guardandomi in faccia.
La mia mente cercò di elaborare abbastanza in fretta una frase che potesse togliermi dalla situazione imbarazzante, ma era troppo lenta.
"Quindi lui è il ragazzo inglese della cioccolata! Forse tu non lo sai, ma qui si parla molto di te, sei l'unico che riesce a far arrossire una composta come lei!"
"Franco!" esclamai imbarazzata.
Vidi il ragazzo sorridere divertito, poi si posizionò sul set fotografico. Per tutta la mattina non feci altro che fissarlo, distraendomi e combinando disastri da tutte le parti.
"Direi che abbiamo finito" disse Franco per poi rivolgersi a me. "Forse è il caso che tu torni a casa, ti vedo distratta"
"N-no, sto bene, adesso passa" dissi.
Lui mi guardò dubbioso, poi guardò il ragazzo della cioccolata.
"Quando lui lascerà questa stanza vedremo"
Il riccio si infilò una maglia bianca, la felpa, il cappotto e si diresse verso l'uscita. Si fermò all'ultimo, con la mano già sulla maniglia.
"Ragazza del cappuccino" mi chiamò. "Comunque io sono Harry"
Detto questo se ne uscì sorridendo. Harry. Il suo nome era Harry.

 

La mattina dopo la sveglia non suonò, mi si ruppe un tacco e la mia camicia buona era macchiata: la giornata si preannunciava un disastro. Arrivai al piccolo cafe in ritardo e Harry era già dentro. Quando mi avvicinai al bancone notai che non aveva ancora preso la sua cioccolata.
"Il solito" dissi all'omino sorridente.
"Ciao"
Sentendo quella voce subito arrossii e sorrisi.
"Ciao Harry" risposi timidamente.
Era strano poterlo chiamare con un nome dopo tanto tempo. Lo vidi sorridere sentendo il mio timido saluto e mi si scaldò il cuore. In silenzio quasi religioso finimmo le nostre bevande e uscimmo: diluviava. L'avevo detto che la giornata si preannunciava un disastro. Per fortuna un ombrello mi coprì prima che potessi diventare fradicia. Grata sorrisi a Harry.
"Grazie"
"Vieni, ti accompagno"
Ancora in silenzio arrivammo davanti allo studio, lo ringraziai e feci per entrare.
"Aspetta!"
Mi voltai verso di lui sorpresa.
"I-io… volevo sapere se potevo accompagnarti anche senza la pioggia. Voglio sapere se posso accompagnarti anche quando c'è il sole, o nevica o c'è la nebbia, se posso accompagnarti d'estate, d'inverno, d'autunno o di primavera…" disse con lo sguardo basso.
"Ma certo che puoi, mi farebbe molto piacere, davvero molto piacere"
Sorpreso e sorridente mi guardò con quei suoi pozzi verdi luminosi.

 

Così tutte le mattine ci incontravamo al cafe, senza dire una parola bevevamo. Poi ci incamminavamo verso lo studio, sempre rimanendo in silenzio, ma sfiorandoci appena le braccia. Una volta davanti allo studio ci salutavamo con un timido sorriso e ognuno andava per la sua strada. Dopo una settimana lungo il tragitto lui cominciò a prendermi la mano. In quel momento il mio cuore batteva al doppio della velocità e le mie guance diventavano rossissime. In questo modo arrivammo al 23 dicembre, il giorno prima delle mie ferie. Eravamo mano nella mano nel nostro silenzio religioso, eppure nessuno dei due era a disagio, era un silenzio accordato tra di noi pieno di sentimenti che crescevano pian piano. Una volta davanti allo studio mi voltai verso di lui e gli sorrisi.
"Ciao Harry" sussurrai.
Lui rimase fermo a guardarmi, la mia piccola mano ancora nella sua, non si decideva a muoversi. Vidi i suoi occhi pieni di dubbi, ma prima che potessi farmi altre domande il suo viso rapidamente si avvicinò al mio rubandomi un piccolo bacio.
"Ciao" sussurrò al mio orecchio un attimo prima di incamminarsi.
Rimasi immobile a fissare la sua figura che si allontanava. Mi aveva baciato, un dolce bacio rubato.
"Aspetta Harry!" urlai.
Lui si fermò e si voltò verso di me spaventato.
"Se ti interessa io stacco alle sette e poi ho la serata libera. Volevo andare a casa a prendermi una cioccolata calda davanti a Love Actually"
"È un invito?" mi chiese divertito.
"Non saprei, dipende se alle sette ti presenti"
Non aspettai che rispondesse, semplicemente mi voltai e entrai nello studio.

 

Erano le sette e io non avevo il coraggio di uscire, avevo paura non si presentasse, e io VOLEVO che si presentasse. Alle sette e cinque con un sospiro mi decisi a scendere. Scesi le scale e mi fermai davanti alla porta. Potevo reggere qualsiasi situazione. Presi un bel respiro e aprii la porta. Appoggiato contro al muro stava l'inglese più bello e sexy del pianeta che non appena mi vide sorrise e si avvicinò.
"Sei venuto" sussurrai sorpresa.
In risposta lui si avvicinò ancora di più e lasciò un nuovo piccolo bacio sulle mie labbra.
"Si, così posso baciarti quanto voglio" mi sussurrò.
Inevitabilmente mi ritrovai a sorridere. Lo presi per mano e lo guidai a casa mia. Quando entrò nella mia piccola casa sorrise vedendo le miriadi di foto impilate ovunque e rise di gusto vedendo che avevo incorniciato una sua foto.
"Questa dove l'hai presa?"
"È una di quelle che ti ha fatto Franco, ma che non ha voluto pubblicare anche se a me piaceva tanto, così l'ho presa io. Mi piace il tuo sorriso in quella foto"
Lui rimise a posto sorridendo.
Quella sera mi ritrovai sul divano di casa mia, con la stufa (che si sostituiva al camino) accesa a guardare love actully e con una tazza di cioccolata fumante in mano. Mi voltai verso Harry che avido l'aveva già finita. Quando le sue labbra si staccarono dalla tazza erano, come sempre, sporche di cioccolata. Prima che potesse ripulirsele con la lingua mi avvicinai a lui e lo baciai, rubandogli il gesto di pulirsi. Lui sorrise divertito.
"Ho sempre desiderato farlo" dissi prima che lui mi baciasse di nuovo.

  
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