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Autore: _Pobluchan_    12/02/2014    1 recensioni
Odiavo il mio lavoro. Odiavo dover sorridere tutto il tempo, sopportare le battutine penose delle clienti e le lamentele delle signore scandalizzate dai prezzi sempre in crescita. Se me lo avessero detto da piccola, non avrei ami creduto che sarei finita a fare la cassiera in uno stupito supermercato. Per non parlare della stupida divisa rossa a righe verticali bianche che dovevo indossare. Odiavo il mio lavoro...
...Come faceva quel ragazzo? Ogni mattina lui era lì a servire i clienti, sempre sorridente con tutti, anche con chi si lamentava o faceva il maleducato. Lo avevo sempre ammirato, avrei voluto essere come lui.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Where we met'
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Odiavo il mio lavoro. Odiavo dover sorridere tutto il tempo, sopportare le battutine penose delle clienti e le lamentele delle signore scandalizzate dai prezzi sempre in crescita. Se me lo avessero detto da piccola, non avrei ami creduto che sarei finita a fare la cassiera in uno stupito supermercato. Per non parlare della stupida divisa rossa a righe verticali bianche che dovevo indossare. Odiavo il mio lavoro.
"Il solito?"
La voce del giovane barista/cameriere mi riscosse dai miei pensieri.
"Si grazie" borbottai.
Come faceva quel ragazzo? Ogni mattina lui era lì a servire i clienti, sempre sorridente con tutti, anche con chi si lamentava o faceva il maleducato. Lo avevo sempre ammirato, avrei voluto essere come lui.
"Ecco qui" mi disse sorridendo e appoggiando la mia brioches al cioccolato e il mio espresso amaro.
"Grazie mille, davvero"
Era una routine per noi due, lui arrivava, con quella sua domanda: "Il solito?", io borbottavo una risposta affermativa e lui tornava con la mia colazione. Dovevo ammettere che era davvero carino: capelli biondi sparati all'insù,, pelle chiara, sorriso e risata contagiosa e due occhi blu oceano che se mi fermavo a guardare non capivo più niente. Guardai l'orologio: mancavano dieci minuti all'inizio del mio turno di lavoro. Sospirando mi alzai dal tavolo e riportai tazza e piattini al bancone per evitare che il giovane facesse un giro in più.
"Oh, grazie mille, non dovevi. Questo è il mio lavoro" mi disse.
Io sorrisi e tirai fuori il portafoglio, tirando fuori la solita banconota da cinque euro e gliela porsi.
"Un attimo e torno con il resto" mi dice sparendo in cucina.
Io aspettai più che potei, ma il mio turno sarebbe iniziato da lì a poco così, feci spallucce e uscii di corsa. Arrivai al supermercato spaccando il secondo.
"Di nuovo all'ultimo? Quando ti deciderai ad incontrare il biondo irlandese fuori dal lavoro?" scherzò Giovanna.
"Smettila, io non gli chiederò di uscire. Non so neanche il suo nome" la fulminai con lo sguardo.
"Dovresti chiederglielo. Ormai è da un anno che vai in quel bar a colazione"
"E di fatti pago sempre il conto e loro mi danno la colazione. Ora possiamo concentrarci sul nostro squallido lavoro"
Lei alzò gli occhi al cielo.
"Miky, squallido sarà il lavoro delle 'ragazze' che lavorano sulla via Emilia" mi rimproverò lei.
Io sbuffai e mi sedetti alla mia cassa cominciando a passare i prodotti di una povera vecchietta.
"È inutile che sbuffi, domani vai in quel bar e cominci a scambiare qualche chiacchiera col ragazzo irlandese, poche storie" continuò la mia amica cominciando a passare i prodotti di un bel ragazzo moro dalla pelle ambrata che la mangiava con gli occhi.
"Se lo dici tu" borbottai.
"Se non lo fai tu, vengo con te e glielo chiedo io come si chiama"
"Se si parla di nomi, io mi chiamo Zayn" intervenne il moro sorridendo.
Vidi la mia amica arrossire appena e sorridergli.
"Adele" rispose passando il cartone del latte.
Vedendola sorridente sorrisi a mia volta, sapevo cosa stava pensando.
"Sono 53€ e 12 centesimi" dissi cercando di sorridere.
Avrei tanto voluto essere il ragazzo del bar, sorridente e cordiale con tutte le vecchiette che impiegano cinquant'anni per trovare la monetina.
 
In anticipo di quindici minuti rispetto al solito, ero in anticipo di quindici minuti e non capivo perché. Quella mattina mi ero svegliata leggermente in ansia senza un motivo preciso, perciò mi ero alzata prima e preparata in fretta e furia, ma con accortezza, e ora ero diretta al bar. Quando entrai il confortevole calore mi portò il profumo delle paste appena sfornate e caffè caldo.
"Ehi! Oggi è leggermente in anticipo, le porto il solito?"
Subito sorrisi di rimando a quel sorriso radioso.
"Si, grazie mille, è una giornata strana oggi" dissi rimanendo al bancone invece di andarmi a sedere.
"Oh, mai strana quanto le mie" disse lui.
"Cosa glielo fa pensare?"
"Non penso che lei incontri gente come la mia clientela"
"Non ne sarei così sicuro" dissi abbassando lo sguardo sul mio espresso che mi aveva appena consegnato.
"Beh, tra un'ora arriverà la pazza signora che veste solo giallo canarino, dopo il signore impettito che chiederà un caffè normale con tre bustine di zucchero che creeranno un strato quasi impossibile da lavare, la signora che abita al terzo piano per tirare fuori la moneta impiegherà cinque minuti lamentandosi della figlia che le nasconde tutto, il ragazzo tatuato che lavora in un'officina resterà quindici minuti fermo a guardare la vetrina dei dolci indeciso tra il cannoncino e una veneziana, ma alla fine sceglierà la brioches perché gli ricorda la fidanzata che l'ha mollato l'anno scorso. E queste sono le persone più normali"
Mentre raccontava ridacchiai girando a vuoto il mio cucchiaino.
"Solo perché lei non ha a che fare con vecchie bisbetiche che si lamentano con me dell'aumento dei prezzi, o della signora che ogni volta che viene compra solo della lettiera dei gatti, o il ragazzo che arriva tutti i giorni per guardare la mia amica da lontano senza mai avvicinarsi, o del ragazzo che puntualmente mi chiede se abbiamo dei preservativi. I matti non sono solo qui" sorrisi.
Lui ricambiò il mio sorriso e andò a servire una coppia appena entrata. Continuando a guardarlo con la coda dell'occhio bevvi il mio espresso ormai tiepido. Quando il ragazzo tornò al bancone mi sorrise e riprese la tazzina vuota.
"Ieri si è dimenticata di prendere il resto" mi disse.
Io alzai le spalle indifferente.
"Lo tenga pure"
Feci per tirare fuori i soldi, ma lo vidi scuotere la testa.
"Oggi offro io" mi disse.
"Mi hanno insegnato a non accettare caramelle dagli sconosciuti" scherzai rimettendo il portafoglio nella borsa.
"Mi chiamo Niall" disse allungandomi la mano.
Leggermente sorpresa gliela strinsi sorridendo timidamente.
"Michela"
 
"Quindi gli hai parlato! Finalmente! Credevo non l'avresti mai fatto"
"Ssssh! Non c'è bisogno che ti sentano tutti!"
"Allora, quando uscite?" scherzò.
"E tu quando ti sposi con il ragazzo di ieri, Zayn, giusto?"
Lei arrossì e tornò ad infilarsi la divisa.
"Lo vedo questa sera, dopo il lavoro"
"COOOOSA?!?"
"Ssssh! Non c'è bisogno che ti sentano tutti" disse imitandomi.
 
Ecco, ieri in anticipo, oggi in ritardo. Era un classico. Entrai nel bar e Niall mi fece trovare il mio espresso già pronto con la brioches.
"Ti ho vista correre da lontano e ho immaginato fossi in ritardo" disse.
"Grazie mille Niall, mi hai salvato la vita" dissi correndo fuori.
 
Per due settimane di fila rimasi al bancone a prendere il mio caffè chiacchierando con Niall. Lui veniva dall'Irlanda, aveva un fratello più grande, Greg, e un nipote piccolino, Theo, era venuto in Italia perché voleva seguire il suo migliore amico che faceva l'accademia delle belle arti e così si era iscritto a medicina. Voleva fare il pediatra e per mantenersi lavorava in quel bar e, nel tempo libero, in una piccola libreria del centro. Io rimanevo quei dieci minuti del caffè a guardarlo negli occhi: quando parlava del suo futuro o di qualcosa di importante per lui, si illuminavano e mi scaldavano l'anima.
 
Di nuovo in ritardo per quello stupido lavoro. Avrei tanto voluto trovare un nuovo mestiere, più stimolante. Quando entrai al bar vidi Niall che mi porse il caffè.
"Sei un angelo Niall"
"Lo so"
Continuai a guardarlo mentre mi fissava bere il caffè.
"Non dovresti servire gli altri clienti, non so bene come funziona il tuo lavoro, ma di solito si fa così" scherzai.
"Oggi ho preso un giorno di ferie"
Immediatamente arrossii. Aveva fatto il caffè solo per me.
"Dio, non dovevi scomodarti, mi sarei fatta fare il caffè da qualcun altro"
"Figurati, ti ho vista correre e ho pensato ti avrebbe fatto piacere"
"Mi ha fatto molto piacere, scusa ma devo andare, sono in ritardo"
"A che ora finisci?" mi chiese.
"All'una ho la pausa pranzo"
"Se vuoi te lo offro io, ci vediamo qui?" mi chiese sorridendo.
Rimasi leggermente interdetta a quella richiesta, ma la mia testa annuii facendo allargare il suo sorriso.
Era venuto al bar solo per me, aveva preparato il caffè solo a me.
 
"Muoviti! Io devo andare!" urlai a quella polenta della mia migliore amica.
"Dove dovrai mai andare?!" scherzò infilandosi il cappotto.
"I-io, devo vedere una persona" dissi camminando di fretta.
"Ah-ah! Quindi esci con Niall! Che cosa dolce…" disse lasciandomi davanti al bar.
Presi un respiro profondo ed entrai. Con lo sguardo percorsi tutto il bar finché non lo vidi seduto ad un tavolino che giocava con un tovagliolo di carta. Sorridente mi avvicinai.
"Ciao" dissi sedendomi.
"Miky! Credevo di aver sbagliato orario"
Era la dolcezza in persona, neanche per un attimo aveva dubitato della mia parola.
"La mia migliore amica mi ha fatto aspettare un po', mangiamo?"
"Certo! Ho una fame da lupi!"
Quando elencò la sua ordinazione rimasi scioccata: mangiava davvero tanto. Mangiammo continuando a scherzare, incuranti di avere le bocche piene e molti sguardi puntati addosso per il rumore che facevamo.
"Te lo giuro! L'ha fatto davvero!" disse ridendo.
"È impossibile: nessuno sano di mente si metterebbe e mutande sopra i pantaloni" risi.
"Non ho mai detto che fosse sano di mente"
Continuando a ridere guardai il telefono: dovevo andare.
"Io devo andare Niall, se non hai il giorno libero anche domani ci vediamo qui al solito orario"
"Ehm… veramente domani non ci sarò" mi disse mortificato.
"Oh" dissi leggermente delusa. "Pazienza, quando tornerai ci rivedremo"
"Ecco, a dir la verità io domani torno in Irlanda"
"Oh" dissi profondamente delusa.
Com'era possibile che ora che cominciavamo ad avere un po' più di confidenza lui dovesse partire? Mi piaceva stare in sua compagnia. Non era il primo che vedevo partire, nella mia vita molti amici erano andati all'estero, qualcuno perfino in America, ma ci rimasi davvero male. Insomma, avrei dovuto prendere il caffè senza di lui.
"Già, non so neanche se tornerò. Mi sono laureato tre giorni fa, ora devo trovare un posto dove fare il tirocinio e penso che tornerò a casa"
Fantastico, probabilmente non l'avrei mai più rivisto in tutta la mia vita.
"Sono felice per te, finalmente potrai stare davvero vicino a Theo. Mi mancherai, ora dovrò ricordarmi come si chiama il caffè che prendo di solito" cercai di scherzare con scarso successo.
Lui mi prese le mani ancora sul tavolo e mi guardò negli occhi.
"Possiamo continuare a tenerci in contatto, tu mi piaci davvero Miky e non voglio che il fatto che io sia lontano comprometta tutto ciò. Io ci sto bene con te, puoi sempre venire a trovarmi. Quando ti stancherai del tuo lavoro e deciderai di lasciarlo fammelo sapere e raggiungimi"
Avevo il cuore in gola, mi stava praticamente proponendo di scappare insieme, io e lui.
"N-Niall… io non so che dire, non me l'aspettavo. Io-io non posso lasciare così il mio lavoro" sussurrai.
"Ma se lo odi! L'hai detto tu stessa! Vieni via con me e se non dovesse funzionare ti aiuterò a tornare alla normalità"
Il suo sguardo era così intenso che faceva quasi male.
"N-non posso Niall, qui c'è la mia famiglia, i miei amici, il mio lavoro, la mia vita… la mia migliore amica… non posso"
Lo vidi stringere gli occhi addolorato. Mi si spezzava il cuore a vederlo così, ma io non potevo proprio lasciare tutto così all'improvviso, avevo paura: e se tra di noi non avesse funzionato? Insomma, eravamo "amici" da così poco tempo.
"Promettimi almeno che continueremo a sentirci" disse ferito.
"Ma certo! E non provare a non farti sentire quando atterri o mi riterrò mortalmente offesa" scherzai debolmente.
"Allora… ci sentiamo"
"Ci sentiamo presto Niall" gli sussurrai prima di congedarmi da lui con un timido sorriso.
 
"Quindi è partito"
"Si" risposi per la centesima volta.
"E tu non sei voluta andare con lui"
"Esatto"
"Dovevi andarci" mi rimproverò.
"Non potevo abbandonare tutto così, da un momento all'altro" mi giustificai.
Sapevo anch'io che era una scusa debole, ma era l'unica che avevo. In quel momento mi squillò il telefono.
"Pronto?" chiesi.
"Ehi! Sono atterrato e già mi manca l'Italia"
"Niall!" urlai e lo sentii ridere dall'altro lato del telefono.
"E chi altrimenti? Quante persone conosci che sono partite per l'Irlanda?"
"Oddio, il volo è andato bene? Il tempo com'è? Ti è venuto a prendere qualcuno? Sei ancora in grado di parlare l'Inglese?" blaterai mettendomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
Lui rise di gusto.
"Si, il volo è andato bene, c'è un tiepido sole, mi è venuto a prendere Greg e ora sono in macchina con lui e si, parlo un inglese perfetto"
"Sono così felice!" esclamai emozionata.
Era ancora vivo, l'aereo non era precipitato.
"Sai, penso che mi mancherà terribilmente il cibo italiano, anche se la moglie di mio fratello cucina divinamente. Al mattino pensami mentre prendi al caffè"
"Sarà impossibile non pensarti" dissi con un sorriso stampato in faccia.
Mi aveva chiamato davvero. Mi aveva chiamato.
"Mi manchi" sussurrò.
"Mi manchi anche tu"
Sentii l'Adele ridacchiare divertita.
"Manco fossimo due fidanzatini" scherzò.
"Sembriamo due ragazzini alla loro prima cotta"
"Quindi tu hai una cotta per me?" chiese divertito.
"All'incirca, scusa Niall, ma devo andare a lavorare"
"Certo, tranquilla. Ci sentiamo presto"
"Mi chiami tu?"
"Ti chiamo io"
"Ciao Niall"
"Ciao Miky"
Tu. Tu. Tu. Tu. Sospirai: che mi prendeva? Io che dicevo ad un ragazzo che mi manca, che ho una mezza cotta per lui. Dovevo essere innamorata persa.
 
"Dai! Vieni a trovarmi! Devi solo prendere un aereo! Tre o quattro giorni… per favore"
"Ho paura dell'aereo Niall! Ho una paura tremenda!" ribadii per la centesima volta al telefono mentre la gente del bar mi guardava male.
"Puoi chiedere all'hostess di tenerti la mano" scherzò.
"Niall, se l'aereo cade la mano dell'hostess serve a poco" sibilai.
"Dai, non durerà molto il viaggio. Per favore… è da tre mesi che non ci vediamo…"
Sospirai rassegnata.
"vedrò cosa posso fare" mi arresi.
"Ti amo Miky!  Non potresti farmi un regalo di compleanno più bello e l'offerta di trasferirti qui è sempre valida"
"Okay okay, ci sentiamo presto Niall" salutai agganciando.
Odiavo gli aerei, potevano cadere da un momento all'altro e uccidermi. Però Niall mi mancava da morire, come l'ossigeno.
 
Come aveva fatto a convincermi? Quell'aereo sarebbe potuto cadere da un momento all'altro. Per tutto il viaggio restare ben aggrappata al sedile e continuai a guardare se il panorama sotto di me si avvicinava in modo sospetto. Quando un piccolo balzo ci avvisò che eravamo atterrati fui la prima ad alzarmi e a scendere da quel trabiccolo con un bagaglio in mano. Aspettai diligentemente che arrivassero anche le altre due valigie, poi uscii dall'aeroporto. I miei occhi castani vagarono alla ricerca di una testa bionda.
"Miky!"
Tra la folla di persone che facevano avanti e indietro, incuranti di ciò che succedeva intorno a loro, un braccio si agitava cercando di venire verso di me. Sorridendo corsi verso di lui e gli saltai in braccio.
"Niall" sussurrai felice come non lo ero da mesi. "Auguri!"
Lui rise e mi strinse forte infilando il suo viso sulla mia spalla e inspirando profondamente.
"Dio quanto mi sei mancata Miky" mi sussurrò stringendomi ancora più forte.
"Niall"
"Mhm"
"Le mie valige, se non vogliamo che me le rubino dobbiamo prenderle"
"Mhm"
"Niall… devi mettermi giù" dissi ridacchiando.
Lui si arrese e mi riappoggiò a terra. Quando vide le mie valige parve perplesso.
"Beh, che c'è?" chiesi afferrando i due trolley e mettendomi su una spalla la tracolla del borsone.
"Quanti bagagli ti servono per stare qui una settimana? Sono enormi!"
Io arrossii e abbassai lo sguardo fingendo interesse verso le mie scarpe da ginnastica.
"Ecco, ho pensato che visto che io ho il terrore dell'aereo e che tu mi hai invitato a rimanere con te per sempre…"
Sperai che lui finisse da solo la frase. Non successe niente, così mi costrinsi a guardarlo: stava sorridendo come un ebete e mi guardava con quei suoi piccoli oceani blu.
"S-se non ti va bene, tra una settimana posso sempre"
Non finii mai quella frase perché le mie labbra si trovarono improvvisamente impegnate a baciare quelle del biondo.
  
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