Fanfic su artisti musicali > Mika
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Autore: ILoveRainbows    12/02/2014    3 recensioni
Perdersi a Londra se non la conosci può essere spaventoso in un primo momento, ma cosa succederebbe se incontrassi una persona che ammiri, stimi: consideri persino il tuo eroe? Clara potrebbe scoprirlo e chissà...
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 10
I fan dietro di lui rimasero stupiti. Michael era sempre molto disponibile verso i suoi fan. La ragazza che mi aveva fatta cadere mi guardò malissimo. Conoscevo Mika, il suo cantante preferito. E per colpa mia l'unica cosa che aveva ottenuto dal suo idolo era uno sguardo di... Disprezzo? Era disprezzo? Probabile. Lui non amava quel tipo di fan.
Allontanandoci sentivo gli sguardi di tutti addosso. Volevano sapere chi ero. Perché conoscevo il loro idolo. E soprattutto: perché sembravamo così affiatati.
Camminammo per un bel pezzo, quasi mezz'ora credo (a giudicare da quanto si lamentava il mio stomaco), cercando di seminare i paparazzi che ormai arrivavano da ogni dove. Accelerammo il passo e dopo un po' riuscimmo a perderli. O forse capirono che non li volevamo in giro e per una volta ci lasciarono in pace.
Arrivammo fino ai Navigli. Era lì che voleva andare a mangiare. Luogo tranquillo, cibo buono e sembrava che a Mika piacesse la calma di quel luogo.
Tirava un vento leggero, ma per le strade non c'era nessuno. Se non piccoli gruppetti di persone sedute ai ristoranti.
Si diresse con sicurezza verso un ristorantino con i tavolini fuori. C'erano poche persone, ma aveva l'aspetto accogliente.
Si sedette ad un tavolo da due tirandomi in fuori la sedia per aiutarmi a sedere, come un vero gentleman, e la cameriera arrivò subito. - Salve Mr. Penniman. -
- Ciao Aurora. Quante volte dovrò dirti di darmi del tu? - disse lui scherzando.
- Una volta ancora come minimo Mr. Penniman. Come sempre. Il solito? -
- Sì grazie. Per due. - Sorrise e Aurora sorrise a lui, per poi lanciarmi uno sguardo di sbieco. Io la continuai a guardare anche quando se ne andò.
Girandomi vidi che Michael mi guardava divertito. - Che c'è? - gli chiesi brusca. - Ho delle valide rivali. -
- Niente, niente. È solo... - mi accarezzò gentilmente la guancia. - Tu non hai rivali. Ricordatelo sempre. -
- Cosa avrò fatto per farmi odiare così tanto?... - chiesi sconsolata guardando Michael negli occhi e perdendomi in un mare di cioccolato.
- Niente problemi esistenziali ok? -
Annuì poco convinta.
- Forza! Ti odiano così tanto perché io amo te. Con il tempo però ti ameranno... - Provai a ribattere, ma non ce la feci. - Ah-ah-ah. No. Ti ameranno, fidati. Finisce sempre così. Comunque, oggi dev'essere una giornata folle. Per cominciare ti ho portato qui, perché fanno una lasagna fantastica! -
- Bene. Amo le lasagne. -
Sorrise soddisfatto. - Perfetto. Perché le ho choosate anche per te. - ci fu un momento di silenzio in cui eravamo entrambi persi nei nostri pensieri. Poi esclamò - Dobbiamo fare una lista di quello che vogliamo fare. Hai una penna? -
Frugai freneticamente nella mia borsa, dai miei amici soprannominata "borsa do Mary Poppins" e ne uscì con una penna fucsia e un vecchio blocco della Moleskine.
- Punto 1: - mi rubò il blocco dalle mani - SORPRESA DI MIKA PER CLARA -
- Non vale -
- Sì che vale - ci fissammo per un paio minuti negli occhi. Chi l'ha dura la vince. 
Infatti vinse lui.
- Andiamo avanti - dissi fingendomi arrabbiata. - Punto 2:... Mmh. Shopping! -
Mi guardò stranito. - Shopping?! -
- Ovvio - questa volta fui io a rubargli il blocco. - Fidati, ci sarà da divertirsi. -
- Già. - Mi guardò in modo misterioso. Ero curiosa e non sapevo il perché.
Quando la cameriera arrivò con i vassoi assalimmo le lasagne con gusto. Mangiammo in silenzio, scambiandoci solo delle occhiate, assaporando quella prelibatezza. Era ambrosia.
Una volta finito di mangiare ci fu una lotta su chi dovesse pagare, ma ovviamente alla fine vinse lui. Camminammo per un po' sui Navigli e poi ci allontanammo. A un certo punto Michael vide qualcosa che doveva interessargli perché urlò - ECCOLO! - e iniziò a correre e il mio braccio con lui perché ci tenevamo per mano. Poi capii. C'era un parco. Era il parco San Giussano, conosciuto dai milanesi anche con il suo vecchio nome, Parco Solari.
Non era uno dei più belli che c'erano, ma i grossi alberi si stagliavano ai lati dei sentieri e con le loro fronde creavano ombre inquietanti sotto le quali la gente si riparava d'estate. Trovammo una zona dove c'erano dei giochi e tanti piccoli bambini che correvano in giro. Un bambino magrolino corse verso di noi guardandosi alle spalle perché scappava da un amico e si schiantò sulle ginocchia di Mika facendo un capitombolo. Avrà avuto sì e no cinque anni. Capelli scarmigliati neri. Grandi occhi azzurri. Guardò Mika con due occhioni interrogativi. - Scusi - disse.
- No, scusa tu. - Gli rispose il Riccio accanto a me sorridendogli. - Su, ti conviene sbrigarti a scappare. - Detto questo lo aiutò a rimettersi in piedi. Il bimbo inizio a correre via, ma poi si girò verso di noi. - Grazie Mika -
Noi gli stavamo dando le spalle. Mika si girò per salutare il bambino che però era già corso via. Rise e scosse la testa. Poi riprendemmo a camminare per la nostra strada.
Dopo un po' trovammo un altro spiazzo molto grande. C'erano una fontana, dei trampolini e una giostra con i cavalli. - Vieni! - Mi disse Mika e per la seconda volta in meno di un giorno rischiai di rimanere senza braccio. Appena giunse al botteghino dei trampolini prese due biglietti convincendo il proprietario a farglieli da cinque minuti. Io feci un po' di resistenza, ma infine salii sui trampolini. Eravamo un po' ridicoli in mezzo a quei bambini e anche le madri dovettero pensarlo perché tirarono via i figli. Questo non scoraggiò Michael che si mise a saltare come un pazo trascinandomi con lui nella felicità e nella mattia. Si mise anche a cantare a squarciagola "We Are Golden" senza preoccuparsi di niente. Quando passarono i cinque minuti eravamo uno più stanco dell'altro. Ridevamo come dei deficienti e camminavamo tutti storti come due ubriachi.

Sbucammo in piazza Duomo. Per andare in centro avevamo preso la metro. Erano le due del pomeriggio e c'erano molti giovani in giro. Ci dirigemmo in corso Vittorio Emanuele. Alcuni lo riconobbero e gli chiesero l'autografo che lui fu felice di fare. Continuavano a guardare male me... Non c'era speranza hahahaha. Non sapevo esattamente dove andare quindi lo trascinai nel negozio di musica. Appena entrò rimase stupito. Era nella sua essenza. Io rimasi sulla soglia un attimo dopo che lui fu entrato. Stava fra le pareti di LP. Alto. Capelli scompigliati. Vestiti colorati. Basco rosa shocking. Collo coperto da una sciarpa avvolta qualcosa come cinque volte. Aveva un sorriso stampato in faccia e gli occhi illuminati di gioia mentre si guardava intorno.
Entrai anche io e mi misi a guardare gli LP con interesse. A un certo punto anche Michael arrivò dove mi trovavo io. Mi cinse i fianchi da dietro e guardò l'LP che avevo in mano. David Bowie.
- Bel disco. -
- Ce l'hai? - chiesi stupita.
- Non in LP, ma visto che ci sono lo prenderei. Così lo puoi ascoltare quando vuoi. - Gli sorrisi innamorata.
A quel punto una voce si intromise. - Allora è a causa di questo finocchio che non mi hai mai filato?! -
I pochi clienti nel negozio guardarono dalla mia parte. - Esatto - gli risposi tranquilla cercando di tenere fermo Mika che gli sarebbe saltato alla gola. - È a causa sua. -
- Vaffanculo Clara. -
- Con piacere. Ora se non ti spiace prendiamo questo. - Dissi tendendogli l'LP di David Bowie.
Andò alla cassa e gli diedi i soldi. Poi mi restituì il resto con il sacchetto e mi disse - Un giorno te ne pentirai. -
- Hahaha. Non credo proprio - e detto questo me ne uscì dal negozio mano nella mano con Mika.
Fuori mi fermai un attimo per osservare Michael. Aveva lo sguardo irato e triste allo stesso tempo. - Hei, - dissi girandogli la faccia verso la mia. - Guardami. - I suoi occhi finalmente incrociarono i miei. - Non ascoltare quello che dice. È solo uno stronzo. Ed è invidioso, come le tue fan di me. - Gli feci l'occhiolino e gli strappai una risata. Era incredibile come potesse cambiare umore in un attimo. - Ma sì, chissene frega! Andiamo. Tu mi hai portato in questo negozio. Ora è il mio turno. -
Stava per partire in quarta ma prima lo abbracciai, senza ragione, e venni ricambiata. - Andiamo -

- Via Monte Napoleone?! Starai scherzando spero. -
- No, assolutamente no! - disse lui divertito dalla mia faccia incredula.
- Non posso permettermi neanche uno spillo di quelli che ci sono sui manichini in sta via! -
- Tu no, ma io sì. - Ripartì per la via.
- Fermo fermo! -
Si girò verso di me.
- Non è giusto. Non potrò mai ripagarti. -
- Non ce né bisogno ovviamente. Ti amo, questo è solo un pensiero. E poi ho una sorpresa. -
Lo guardai interrogativa, ma lui riprese a camminare per la via con me al seguito. Entrò in un negozio a passo sicuro. Riuscì a vedere al volo di cosa si trattava. Armani. Armani?! È pazo.
Appena entrati il proprietario del negozio ci venne incontro. - La stavamo aspettando Mr. Penniman. Benarrivato -
Mi guardai intorno. Non ero mai entrata pur essendo passata davanti a quel negozio con aria sognante centinaia di volte. C'erano pochi vestiti esposti e poca gente all'interno. Non c'era musica sparata a tutto volume come nei negozi per giovani. Vestiti di alta moda. Eleganti. Da sera. Era il mio negozio ideale.
- Salve Giancarlo. Ecco qui la dama. -
Il sarto o proprietario che fosse si rivolse a me. - Salve Ms. Gauthier. Si fidi, le troveremo un vestito perfetto. -
Mi prese per mano portandomi in un'altra stanza per prendere le misure. Poi scomparve dietro una porta e ne tornò poco dopo con una pila di vestiti in braccio che poggiò su un tavolo lì accanto. Ero strabiliata. Erano uno più bello dell'altro. Elegantissimi. Alcuni colorati altri no. Alcuni a tinta unica altri con strane fantasie. Ne provai diversi, ma né io né Mika ne eravamo colpiti.
Ce n'era uno molto corto violetto però con un lungo strascico di raso. Uno con la gonna a balze e le maniche strette e lunghe con fantasia a fiori. Uno di pizzo nero che andava giù morbido fino al ginocchio con la fodera giallo brillante.
Poi me ne fece provare uno lungo con un corpetto a bustier. Era blu elettrico, lungo fino ai piedi. Era attillato fino al ginocchio ma poi si allargava per fare in modo di riuscire almeno un po' a camminare. All'altezza del seno c'erano dei brillanti (credo fossero veri) che sembravano piccole goccie di pioggia anche se la forma non era quella; scendendo diventavano più radi fino ad essere nulli ad altezza della vita. Non aveva uno strascico, ma lo dovetti indossare con un tacco 12. Poi mi fece uscire e per l'ennesima volta sfilai sul lungo tappeto. In fondo c'erano alcune poltrone di velluto viola e su una di quelle c'era buttato Mika. Quando mi vide scattò in piedi e aspettò che io, imbarazzata come non mai, arrivassi in fondo al tappeto. Mi prese per le mani e mi osservò da lontano. - Sei bellissima - e avvicinandosi mi diede un bacio veloce. 
- Cosa ne pensa Mr. Penniman? -
- È quello giusto. -
- Mi fa piacere, lo trovo un pezzo di grande stile e sulla signorina è a dir poco meraviglioso, calza a pennello. -
- Già... - Disse Michael guardandomi in modo trasognato.
Mi intromisi nel discorso. - Si può sapere a cosa mi serve? -
Michael si rivolse al proprietario. - Posso? -
- Certo certo. Dev'essere sicuramente un evento importante. - Detto questo lasciò la stanza.
- Ci hanno invitati... -
- Chi? -
- Calma - rise - ci hanno invitato a cena... -
- Chi la regina? Il Presidente americano? Non saranno William e Kate? -
- No hahaha, nessuno fra questi. Sono stati i coniugi Bowie. -
Quasi svenni e mi dovette prendere al volo - sul serio? -
- Sì. -
- Bowie... Quei Bowie? -
- Sì, credo che intendiamo gli stessi Signori Bowie. -
Risi come una paza e non riuscivo a smettere. Ero felicissima. Mika mi guardava divertito.
- Questo vestito è per quell'occasione? -
- Sì. Mentre facevi la doccia mi ha chiamato Dave e ha scoperto di te. Quindi vuole conoscerti. -
- Non ci posso ancora credere. Il mio fidanzato è Mika. Il mio migliore amico è Morgan e sto per andare a cena da David Bowie. -
Feci una giravolta. - Su. Va a cambiarti. Domani prendiamo l'aereo. -
- Domani? - mi chiesi girandomi verso di lui.
- Sì. La cena è dopodomani. -
- Dove? -
- A New York City -
Il mio cuore non poteva resistere ancora a lungo. Prima o poi si sarebbe fermato.
- New York City?! - Esclamai.
- Esatto. La città dei sogni. - Mi allontanai per andare a cambiarmi che mi sembrava di camminare dieci metri sopra il cielo.

Andando verso casa di Mika continuavo a parlare. Non smisi un attimo. Il Riccio mi aveva assicurato che potevamo rimanere più giorni a New York. Questo mi avrebbe permesso di fare un giro per la città. C'erano un sacco di cose che volevo vedere. L'aereo era il giorno dopo alle dieci di mattina a Bergamo. Quindi quella sera avrei dovuto preparare la valigia. Sarebbero state undici ore di volo. Non credevo di riuscire a dormire, sarei stata troppo agitata. New York City.

Quella sera arrivai a casa alle venti praticamente danzando mentre camminavo. Morgan era in cucina che cercava qualcosa nel frigo praticamente entrandoci per cercare qualche resto o qualcosa di già pronto. Fortuna che avevo fatto la spesa. Mi chiedevo come facesse ad essere ancora vivo quell'uomo. Non cucinava. Non faceva la spesa. Non puliva la casa. Bah...
Non era di buon umore e questo fatto si ripercuoteva sull'aria della casa, ma appena entrai dovetti portare con me una ventata di felicità perché tutto l'ambiente mi sembrò allegro.
- Ciao. Sono a casa. - Vide i miei sacchetti e ci si fiondò sopra. - Giù le zampe dalla mia spesa. -
- Ma... -
- Niente discussioni hahahaha. -
- Come mai quest'allegria? -
- Come mai questi musi lunghi? - Indugiai sul suo volto e nei suoi occhi. C'era una tristezza infinita in essi, come in quelli di Michael. Anche quando erano felici un velo di tristezza oscurava i loro occhi per i dolori e le delusioni della vita.
- Sai, le solite cose. -
- Ci sarebbe una cosa che dovrei dirti. -
- Non me lo dire. - Fece finta di essere un indovino - Tu e Michael vi siete lasciati -
- Cosa?! - lo guardai esterrefatta.
- Okay, forse no. Tua madre è morta? - azzardò.
- No, non ancora. -
- Allora... - assunse un'aria molto pensierosa.
Interruppi i suoi pensieri praticamente urlando. - SIAMO INVITATI A CASA DEI BOWIE! - Si girò verso di me e non disse una parola. Rimase a fissarmi e non capivo cosa passava per il suo cervello. Era in moto, questo era evidente: ma cosa pensava?
Dopo un po' riuscì a parlare. - Puoi ripetere scandendo le parole? -
- I-signori-Bowie-hanno-invitato-Michael-te-e-me-da-loro-per-cena-a-New-York-dopodomani. Il che significa che domani abbiamo l'aereo. Alle dieci a Bergamo. Spero tu abbia qualcosa di elegante da metterti. -
Continuò fissarmi stranito quindi andai a prendergli un bicchiere d'acqua e glielo porsi. Invece di bere l'acqua si rovesciò il bicchiere in testa bagnandosi tutto. Appoggiò il bicchiere sul piano cucina e andò verso camera sua. Sarebbe tornato dopo poco probabilmente. Così mi misi a preparare la cena canticchiando e usando un mestolo come microfono. Preparai gnocchi con burro e salvia e quando l'odore iniziò a spargersi arrivò Morgan.
Si sedette al tavolo e io mi misi di fronte a lui poggiando i piatti sul tavolo. Mangiò un paio di bocconi, ma poi non resistette - Qual'è il programma -
Glielo spiegai con cura e alla fine decidemmo che lui sarebbe tornato il giorno dopo la cena perché aveva un concerto. Eravamo entrambi felicissimi. Insomma, stavamo parlando di David Bowie perdindirindina!

Quella sera feci la valigia. Venti chili di bagaglio più un beauty. Alla fine la valigia non era nemmeno pienissima, ma c'era tutto quello che mi serviva. Andai a letto presto, mentre Morgan mise la tv su Discovery Channel e credo ci si addormentò davanti. I giorni successivi sarebbero stati i migliori della mia vita. Poi sarei dovuta tornare a scuola, ma non me ne preoccupavo. Le uniche parole che mi vagavano per la mente riguardavano Mika e il mondo che mi stava facendo scoprire e la felicità che mi dava. Con questi pensieri d'amore riuscii finalmente ad addormentarmi.

La mattina dopo alle sei camminavamo già per casa in cerca di qualcosa da fare e ricapitolando quello che dovevamo fare o prendere ad alta voce. 
Alle otto un clacson suonò sotto casa e noi scattammo come due gatti.
L'avventura cominciava.

ANGOLO SCRITTRICE: hei guyz! Allora, alla fine ci ho messo poco perché sto male e quindi sono a casa da scuola. La mia mente è piena di idee (il mal di testa fa bene all'Ispirazione). Ci sarà da divertirsi.
ILoveRainbows
  
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