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Autore: Iokyko    12/02/2014    1 recensioni
Gli incontri, gli avvenimenti e le scoperte; la vita di un gruppo di ragazze nel collegio di Santa Barbara.
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri
Note: Lime | Avvertimenti: Incompiuta
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Alla fine non viene nessuno a prendermi. Non prima dell'ora di pranzo per lo meno, momento in cui decido di lasciare la mia scomoda sistemazione per entrare nella scuola.
Che razza di ospitalità è questa? 
Roteo gli occhi infastidita, con la ferma intenzione di lamentare l'accaduto alla prima faccia che incontri. Appena varcato l'ingresso riconosco lo stanzino spoglio dove avevo lasciato nella mattinata i miei effetti, la mia valigia è sparita chi sa dove. Con mia sorpresa neanche quel pensiero mi scompone più di tanto, ma basta la vista di un quadro
appeso a una parete a smentirmi: il ritratto di un uomo dalla mascella spigolosa in modo allarmante e dalla bocca increspata da una pipa verde mi procura una stretta ai visceri.
Questo posto diventa sempre meno sopportabile.  
Recupero il giacchino e la cartella e cerco di ricostrure il percorso che ho fatto durante il giro turistico -non richiesto- di stamattina per ricordarmi dove sia la mensa, sempre che mi ci abbiano portata. In realtà prendo senza esitazione un corridoio e procedo affidandomi a qualche buona stella. Riconosco solo i muri bianchi e le porte in tinta che si ripetono fino a dare la nausea, donando a questo posto il tipico aspetto lindo e angoscioso di un ospedale. Ogni tanto si affaccia qualche quadro dozzinale, che preferisco comunque al tipo con la pipa verde di prima.
Mi guardo il polso con l'orologio quando i crampi iniziano a martorire il mio stomaco. Le 11.30?
Si deve essere fermato almeno un'ora fa, perché nello stesso istante le quattro note che annunciano il pranzo colpiscono il mio orecchio e il mio stomaco vibra ancora una volta. Quando inizio timidamente a giore pensando che qualcuno a cui chiedere informazioni sbucherà da un momento all'altro da un corridoio, mi arresto. Di sicuro non sono passata di qui prima d'ora.
Le pareti non sono più bianche, quanto di mattoni e di pietra che di sicuro ha conosciuto giorni migliori. La luce filtra nel corridoio da finestre più strette e più alte, e il pavimento è sicuramente più irregolare di quello su cui ho messo i piedi fino a qualche minuto fa. Istintivamente mi volto, senza riuscire comunque a vedere niente di diverso alle mie spalle. Deglutisco sonoramente. Mi devo essere persa anche nei miei pensieri, oltre che in questo posto.
Mi mordo il labbro inferiore per punirmi del mio pessimo -sotto tutti i fronti- orientamento e non posso fare a meno di chiedermi se questa scuola sia realmente abitata da anima viva. Non ho incontrato nessuno nei corridoi, né in quelli da ospedale né in questi... e sempre nessuno fino a questo momento, eccetto la congregazione del pessimo benvenuto.
Se fossi una quindicenne paurosa probabilmente troverei la cosa incredibilmente sinistra, probabilmente degna di un qualche film horror con scolaresche di serie D. In realtà continuo a pensarla in una sola maniera da questa mattina: il collegio di Santa Barbara pullula di persone incapaci di fare il proprio lavoro.
Ormai rassegnata tanto alla promessa che ho fatto a mio padre sul restare quanto ai brontolii del mio corpo adocchio la fine del corridoio in quello che sembra un ampio portico, e senza pensarci due volte vado per varcare la soglia, quando qualcosa mi viene addosso impedendomelo. 

-MALEDIZ- soffoco l'imprecazione mentre mi aggrappo alla parete al mio fianco per non precipitare sul pavimento. Lancio uno sguardo infuocato al proiettile che mi si è lanciato contro: una ragazza mingherlina e piuttosto bassa, coi capelli che non le arrivano alle spalle e di un colore inquietantemente vicino al blu e al viola. Riesco solo a sentire un singhiozzo fragoroso provenire dalla sua gola e qualche balbettio che dovrebbe suonare come una scusa prima che il proiettile dai capelli blu si dilegui correndo come prima il più lontano possibile. La mia bocca, che si era aperta col probabile intento di fare uscire una replica, si richiude impercettibilmente, e più sordita di prima mi abbasso per raccogliere la cartella che nell'urto è stata catapultata a qualche metro da me.
Scuoto la testa, come per cacciare gli utimi avvenimenti, e nella speranza di incontrare un vero essere umano entro nel portico. Un'ondata di aria decisamente troppo frizzante mi sferza le guance, mentre le mie orecchie vengono raggiunte da delle risa femminili. Una serie di colonne e archi funge da perimetro a un giardino interno, dove trovo la sorgente di quel vociare allegro: tre ragazze, in tenuta studentesca, stanno al centro del giardino, circondate da qualche orribile papavero e dall'erba bassa.
Vaglio l'ipotesi di continuare per la mia strada -qualunque essa sia- come se non le avessi viste, ancora intimorita dallo scontro con la ragazza di poco fa. Un'altra fitta allo stomaco mi riporta dolorosamente alla realtà, e senza indugi cerco l'ingresso al piccolo spazio verde per avvicinarmi al gruppetto.
Mentre avanzo, le due che mi danno le spalle non sembrano notarmi: una ragazza alta in piedi, dalla chioma rossa e ribelle e una di statura apparentemente più piccola, con la testa bionda, seduta sul prato.
La terza, una brunetta dagli occhi grandi, alza lo sguardo su di me e mi fissa con faccia stralunata. Quando si voltano al mio -Scusate- penso bene di non interloquire con la tipa stralunata e mi rivolgo allo sguardo rassicurante della biondina, che si mette in piedi. Come avevo dedotto è una ragazza minuta, che la rossa sovrasta in stazza e -lo intuisco dallo sguardo che l'ultima mi volge- temperamento. Quando credo che la rossa stia per rispondermi lei lascia il testimone alla biondina minuta per scoccare un'occhiata apprensiva alla stralunata dietro, che non si è mossa né, sembrerebbe, ha battuto ciglio.
-Ciao, sei nuova? Io sono Gaia- il suo sorriso disteso mi dice che dopotutto la giornata può migliorare, e, con l'intenzione di protrarmi nei convenevoli solo lo stretto necessario le rispondo ricambiando il sorriso.
- Ciao, piacere, sapresti dirmi dove posso trovare la- un lamento sofferente del mio stomaco interrompe la mia frase e, riesco quasi a vederlo, mi causa un rossore di vergogna sulle guance. Io fisso l'erba colta dall'imbarazzo. Lei ride timidamente, mentre la rossa, che ora torna a posare gli occhi su di me ridacchia - la mensa è da quella parte!-
Mi porta un braccio sulla spalla al quale il mio corpo risponde con un sussulto mal celato, e con l'altro, avvicinando sin troppo il suo viso al mio, mi indica un corridoio al limitare del portico. Ha la mia stessa statura, e adesso che mi è così vicina riesco a distinguere la manciata di lentiggini che ha sul naso e sulle guance.
- prendi subito a destra e segui l'odore di arrosto! A proposito, te lo consiglio!- conclude vivacemente, staccandosi da me. Proprio in quell'istante mi accorgo di un gruppetto disordinato di ragazze che viene proprio da quella parte. Mi volto verso le tre con l'intento di congedarmi e placare le mie interiora.
- Grazie- e prima che me ne renda conto sono fuori dal giardino. Sento la voce della rossa blaterare qualcosa su un coniglio, e il suono della risata di Gaia.
Scrollo di nuovo la testa per liberarmi dai pensieri,
e per dirigermi il più leggera possibile verso il mio meritato arrosto, che mi auguro sia quanto più ordinario possibile.









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Ok, la disperazione da sessione d'esami mi vuole illudere che questa roba andrà da qualche parte, E io sono troppo debole per non crederle, almeno mentre scrivevo questo capitolo lo ero.
Se qualcuno segue la storiella me lo può far sapere, magari anche consigliandomi il punto di vista da usare. Perché  negli ultimi due capitoli, come avete visto, è cambiato. Potrei alternarlo, o tornare a prima, o tornare a studiare e basta, insomma, ditemi! :3
Intanto le solite tante belle cose.

Iokyko



  
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