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Autore: lucabovo78    13/02/2014    1 recensioni
« La magia è dentro di noi, fa parte della nostra natura. Dobbiamo solo trovare il modo giusto per usarla. »
Se la magia fosse una cosa naturale come respirare, tutti sarebbero in grado di usarla. Invece, questo "privilegio" è affidato a pochi individui, dotati di grande potere e chiamati Stregoni.
Questa è la storia di un giovane stregone e del prezzo che dovrà pagare per questo potere.
« Non è bene sottovalutare le trame del destino, potrebbe rivoltarsi contro di noi. »
Copyright © 2013 Luca Bovo, tutti i diritti riservati
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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11. Folletti e cinghiali

 

Mise a tracolla lo zaino, uscì dalla stanza e scese le scale. Gli venne voglia di svegliare i due manovali per chiedergli se avessero visto o sentito qualcosa di strano mentre erano li. Poi rifletté sulla cosa e concluse che sarebbe stato inutile, per cui decise di evitare la scocciatura di sorbirsi le intemperanze di quelle creature. Sephyr lo aveva avvisato, ma sapeva bene che un folletto infastidito era quanto di più irritante ci potesse essere. Era stato scottato, in tal senso, quella volta che il Maestro ne aveva ingaggiato uno come giardiniere. L’avesse mai fatto. L’aveva incontrato tornando da scuola, in un pomeriggio d’estate di qualche anno prima. Arrivato al vialetto di casa, si accorse che una figura piccola e ricurva stava armeggiando con i cespugli che si trovavano sul lato est del giardino. Incuriosito, si avvicinò e si accorse che la figura in questione era un folletto, armato di forbicioni, e stava potando i fiori.

   «Buongiorno! »

Forse aveva esagerato con il volume della voce ma tant’è che la reazione del giardiniere fu quanto mai inaspettata. Si girò di scatto con le forbici in mano e gli occhi fuori dalle orbite.

   «E tu chi è? Cerca guai? Ghrob da a te guai! Indietro! Vuoi che buca pancia con forbice? »

Aveva fatto un balzo indietro, sorpreso e spaventato.

   «Calma…Ghrob, giusto? Ti stavo solo salutando, mi chiamo Lind e abito qui. »

   Il folletto lo guardò storto.

«Non interessa me se tu abita qui, tu non deve dare fastidio a me, capito? »

   «Va bene, mi dispiace, me ne vado subito. »

Girò sui tacchi e si diresse verso la porta di casa, bofonchiando su quanto fosse maleducato.

   «Io sentire te! Sta attento a quello che dice, altrimenti Ghrob si arrabbia davvero, capito? Non venire più a disturbare Ghrob! »

   «Va bene, va bene, ho capito! »

   «Ghrob è qui per lavorare, non ha tempo per stupidi ragazzini. Ghrob deve tagliare piante e sistemare giardino. Ghrob vuole essere lasciato in pace. Se stupido ragazzino da fastidio a Ghrob, Ghrob non finisce il lavoro! »

   «Ti ho detto che ho capito! Adesso entro in casa e ti lascio in pace.»

   «Ecco! Stupido ragazzino fannullone va in casa e Ghrob lavora, trova te qualcosa da fare invece di dare fastidio a Ghrob!»

   «Veramente sarei appena tornato da scuola…»

   «Allora ragazzino va a studiare e non infastidisce Ghrob. Ghrob non è andato a scuola. Ghrob sempre lavorato come mulo. Stupido ragazzino non ha rispetto per chi lavora!»

   «Ma se ti ho solo salutato?»

«Tu hai spaventato Ghrob, fatto apposta, io so! Stupidi ragazzini tutti uguali! Sempre fare scherzi a…»

   Sbatté la porta alle sue spalle entrando in casa. Decise di lasciar correre e si diresse verso la cucina per farsi un panino. Il Maestro e Shayra non c’erano. Si sedette a tavola, davanti alla finestra. Sistemò pane, salame e una caraffa di acqua fresca. Si versò un bicchiere e incominciò a bere.

   Il folletto si affacciò dalla finestra.

   «Ecco! Il ragazzino mangia mentre Ghrob lavora! Prima disturba Ghrob e poi si riempie pancia alla faccia sua! Ragazzino crudele! »

L’acqua gli andò di traverso, tossì e sputò a fontana su pane e salame. 

   « Il ragazzino non è capace di bere e spreca acqua, mentre Ghrob muore di sete e fame lavorando. »

   Senza girarsi e aprire bocca appoggiò il bicchiere, si alzò e si diresse verso il bagno. Si spogliò e s’infilò nella vasca. Appoggiò la testa sul bordo, incrociò le gambe fuori dall’acqua e sospirò. Cominciava a rilassarsi. La sagoma del molesto essere comparì alla finestra, attraverso le tende.

   « Adesso fa bagno! Mentre Ghrob sta sudando e faticando per lui! Ragazzino è insensibile! »

   Scivolò dentro l’acqua con la testa, rischiò di affogare non riuscendo a riemergere poiché le mani scivolavano. Alla fine ce la fece e tossì per un paio di minuti. Cominciava ad averne abbastanza. Si asciugò in fretta, s’infilò i vestiti e salì in camera sua. Almeno lì non sarebbe potuto arrivare. La stanza era rovente, il sole fuori era ancora alto e la finestra era chiusa. La spalancò per far passare un po’ di aria e si distese sul letto. Dopo qualche minuto, cullato dal canto delle cicale e dal frusciare delle foglie sugli alberi, stava per appisolarsi, quando, dalla finestra, giunsero le urla.

   « Ragazzino cattivo si riposa! Ghrob si rompe schiena e lui dorme su comodo letto! Ghrob sfortunato a incontrare persone così! »

Spalancò gli occhi e digrignò i denti.

   «Adesso basta… »

Scattò in piedi e tolse la spada dal suo fodero, appeso al muro, e si precipitò giù dalle scale. Uscì in giardino come una furia brandendo l’arma e si diresse verso il folletto, che aveva ricominciato a potare sempre borbottando qualcosa, con sguardo omicida. Un secondo prima di affondargli la lama nella schiena, fu investito da un’onda d’urto e scaraventato a terra. Il Maestro era arrivato appena in tempo. Non sa se si sarebbe pentito di quello che stava per fare. Fortunatamente, dopo quell’incidente, fu deciso che, per il bene di tutti, sarebbe stato meglio se Ghrob si fosse tenuto a distanza dal giardino e da lui. Si accorse che, ripensando a quei fatti, aveva messo la mano sull’elsa della spada e stava osservando il collo di uno dei due addormentati, quello che sembrava più somigliante al molesto giardiniere.

   “Non ne vale la pena…”

Tolse la mano dall’impugnatura dell’arma e si diresse verso la porta della locanda. Poco prima di uscire uno dei due folletti grugnì e si agitò nel sonno. Per un secondo ebbe il terrore che si fosse svegliato e si bloccò. Fortunatamente era un falso allarme, uscì in strada. Fuori, Sephyr lo stava aspettando seduta sui gradini della veranda. Quando lo sentì aprire la porta si alzò.

   «Tutto a posto? »

   «Non proprio, c’è qualcosa di strano, come se non bastasse quello che è successo finora. »

Al che gli venne un’idea.

   «Riusciamo ad arrivare sul retro della locanda, dove si affaccia la finestra della nostra camera? »

La ragazza lo guardò sorpresa.

   «Certo, bisogna arrivare alla fine della strada e poi tornare indietro costeggiando la foresta, perché? »

   «Devo provare a scoprire chi ha portato via lo zaino del Maestro.»

«Cosa? E perché qualcuno avrebbe dovuto rubarlo?»

   «Non lo so, ma ormai evito di stupirmi di qualsiasi cosa. Andiamo, accompagnami. »

   S’incamminarono verso il municipio, situato vicino all’entrata nord del paese. Gli edifici erano costruiti, lungo entrambi i lati della strada, attaccati uno all’altro, per cui l’unico modo di accedere al retro era girare intorno all’ultimo, passando per la piazza del palazzo comunale. Nel centro della piazza capeggiava una grossa statua di bronzo, posta sopra un basamento di pietra bianca. Raffigurava un uomo in atteggiamento fiero, come sono in genere rappresentati i famosi condottieri, ma vestito come il sindaco: tunica con cappuccio, camicia e scarpe pelose. Lind si fermò a osservarla. Anche il viso era somigliante a quello del sindaco. Sephyr lo anticipò.

   «Si, è lui. Usanza alquanto discutibile del paese. Viene eretta una statua ad ogni nuovo primo cittadino, utilizzando il metallo di quella precedente. La tradizione vuole che la cosa sia nata poiché non c’è nessun nome sulla targa fissata al basamento, infatti, quella è la stessa da secoli. La scritta recita solo “Eminente sindaco di Pineswood”. L’ego umano ha fatto il resto. »

   «Questa mi mancava… »

Ripresero il cammino, costeggiarono la piazza e presero il viottolo sterrato che passava tra le case e la foresta. Quasi nessuna delle abitazioni aveva una porta da quella parte, d’altro canto non ce ne era granché bisogno, il terreno era quasi immediatamente ripido e gli alberi erano molto fitti, per cui, anche volendo, non si sarebbe potuto ricavare un minimo di giardino. Tutte, invece, avevano finestre che davano sulla foresta.

   «Qui dobbiamo fare piano. Questo lato è il più riparato sia d’inverno che d’estate, quindi le stanze da letto sono tutte da questa parte.»

   La ragazza parlava sottovoce e camminava senza fare rumore. “Ecco un’altra caratteristica che ha ereditato dalla madre” pensò Lind che, invece, ad ogni passo schiacciava un ramoscello o faceva rotolare dei sassi.

   «Ok, ma se non vedo dove metto i piedi è difficile… »

Infatti, la luce della luna era coperta dai tetti delle case, per cui il buio era quasi totale. Dopo qualche metro il ragazzo inciampò in qualcosa, che poteva essere una radice o una roccia che spuntava dal terreno, e, senza rendersene conto, urlò un improperio cadendo a terra. Immediatamente si accese la luce della camera sotto alla quale si trovavano, si spalancò la finestra e una secchiata d’acqua lo investì in pieno mentre si stava rialzando. Sephyr riuscì a scansarsi in tempo e non le arrivò addosso neanche una goccia.

   «Oh, Sephyr, sei tu tesoro?»

La vecchia alla finestra indossava un camicione da notte bianco, quasi della stessa tonalità dei capelli, imprigionati da dei bigodini.

   «Sì, signora Vinn. Mi dispiace se l’abbiamo svegliata.»

La signora Vinn guardò nella direzione in cui aveva lanciato l’acqua e vide Lind che, fradicio, stava strizzando la camicia. Dopodiché si rivolse nuovamente alla ragazza.

   «Pensavo fosse il solito cinghiale che viene tutte le notti a cercare cibo da queste parti. Mi tiene sveglia con i suoi grugniti e facendo baccano raspando nella terra. Mi dispiace, giovanotto.»

Ecco, scambiato per uno stupido cinghiale. Se trovo quell’ungulato, me lo faccio alla griglia.” 

   «Non c’è problema signora, per fortuna non fa freddo, tra poco sarò asciutto. E poi è stata colpa mia che sono inciampato e ho fatto rumore. »

   «Comunque, ragazza mia, ci sono posti più comodi dove portare un uomo. Qui dietro è pieno d’insetti e animaletti selvatici, la prossima volta trovatevi una stanza, va bene tesoro? Ah, e stai tranquilla, io non ho visto nulla. »

Detto questo, chiuse la finestra e spense la luce. Sephyr non fece a tempo a ribattere.

   «Ma, veramente… »

Lind era rimasto di sasso.

   «Ok, spero che sia una persona di cui fidarsi, perché, se arrivano strane voci a Corgh, io sono sul serio un uomo morto, questa volta.»

   «Mi sa di si… »

Non era riuscito a capire se scherzasse o no, ma a giudicare dal tono, temeva che la seconda possibilità fosse quella esatta.

   «Vedi di stare attento adesso, evitiamo altri guai, va bene?»

La ragazza riprese a camminare verso il retro della locanda, senza fare il minimo rumore, lui la seguì camminando rasente ai muri, tenendo una mano in avanti e tastando il terreno, ad ogni passo, con la punta dei piedi. Finalmente, dopo un tempo indefinito, arrivarono sotto le finestre della locanda. Lind si tolse lo zaino e lo appoggiò al muro.

   «E adesso cosa vuoi fare? Con questo buio è impossibile vedere delle tracce, forse avremmo dovuto aspettare la luce del sole. »

Il ragazzo controllò di essere esattamente sotto la finestra della loro camera, si girò verso il bosco e s’inginocchiò posando una mano a terra.

   «Se mi riesce questa cosa, le tracce le vedremo ancora meglio, con il buio. »

   Chiuse gli occhi e inspirò profondamente. Dopo qualche secondo, la mano che era appoggiata a terra incominciò a brillare di una luce calda e color dell’oro, sembrava si fosse ricoperta di sabbia illuminata dal sole. Il bagliore incominciò a estendersi sull’erba e sulla terra. Man mano che si espandeva, questa specie di sabbia cominciava a modellarsi in figure luminose che prendevano vita. Una grossa mosca volò da un ciuffo d’erba, uno scoiattolo si arrampicava sull’albero, un uccello becchettava nella terra alla ricerca di semi. Muovendosi lasciavano scie di luce e tutto intorno il bagliore illuminava la notte. Queste forme restavano visibili fintantoché erano all’interno dell’area creata dalla mano del ragazzo, appena ne uscivano scomparivano, dissolvendosi. Sephyr era incantata dallo spettacolo. Aveva gli occhi sbarrati e sorrideva avvicinandosi a quelle creature. L’uccello prese il volo nella sua direzione, cercò di toccarlo con una mano, ma si dissolse in una fontana di scintille. Lind, senza togliere la mano da terra, incominciò a spiegare.

   «Tutti gli esseri viventi, quando si muovono, rilasciano energia nello spazio che li circonda. Questa energia rimane immagazzinata nella terra per qualche tempo. Utilizzando questo particolare incantesimo sono in grado di renderla visibile. Se non sono passati troppi giorni, dovremmo riuscire a vedere anche chi è uscito dalla camera con lo zaino del Maestro.»

«Incredibile. Questa è una delle cose più belle che abbia mai visto. » 

   «Effettivamente l’effetto scenico è notevole. Con il buio, poi, è anche meglio, te l’avevo detto no? »

   Una grossa figura stava prendendo forma.

«Ci siamo! »

   Un cinghiale che raspava la terra e si guardava intorno.

«Ah no, questo è l’amico della signora Vinn.»

Improvvisamente, l’animale luminoso guardò verso l’alto e fuggì. Un’altra figura si materializzò, questa volta più grande. Un uomo che portava uno zaino sulle spalle. Era vestito con una tuta aderente, aveva delle protezioni sugli avambracci e sugli stinchi. Sulla testa portava un cappuccio che lasciava scoperti solo gli occhi. Con movimenti leggeri e furtivi, si diresse verso l’interno della foresta, svanendo. L’aspetto minaccioso dell’apparizione aveva spezzato la magia del momento. La sabbia rifluì verso la mano del ragazzo e tutto tornò nelle tenebre.

   «E quello chi era? »

Lo stregone si alzò in piedi con espressione seria e preoccupata.

   «Non ne ho idea, ma di sicuro non era il Maestro. »

  
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