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Autore: Pearlice    13/02/2014    4 recensioni
Prima classificata al contest "Una sana risata!" indetto da Amahy sul forum di EFP.
“Oh sì, Aragorn vecchio mio sei proprio nei guai…” si autocommiserò tra sé e sé, dopo essersi reso conto, per qualcosa come la ventesima volta in quella giornata, che i suoi occhi erano rimasti fissi sul didietro di Legolas per un arco di tempo che aveva iniziato ad essere quantomeno imbarazzante. Certo, anche l’Elfo non gli facilitava la vita chiedendogli di guardargli le spalle quando si allontanava dal gruppo per aprire il sentiero, ovvio che se gli porgeva l’occasione così su un piatto d’argento il suo sguardo scivolasse ben più in basso delle spalle.
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash | Personaggi: Aragorn, Boromir, Gimli, Legolas
Note: Missing Moments, Movieverse, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Quella sera, come erano soliti fare, si erano riuniti tutti nello spiazzo sottostante il loro flet. Gimli affilava la sua ascia, Merry e Pipino fumavano accatastati su una radice particolarmente atta ad accoglierli, Frodo e Sam si scambiavano parole sommesse e Boromir li rendeva poco finemente partecipi del processo digestivo del suo ultimo pasto.
I disagi mentali di Aragorn, in tutto questo, si erano inverosimilmente accresciuti e così le sue difficoltà nell’elaborare quella che aveva deciso sarebbe stata una confessione sobria e contenuta. Il fatto che l’elfo fosse sparito chissà dove già da troppo tempo infatti, non lo aiutava nei suoi costruttivi propositi. Insomma aveva passato giorni interi a braccarlo come un segugio, lasciandolo solo giusto quando decideva di andarsi a bagnare nelle acque del lago dove Aragorn, per ovvi motivi, si era sempre tassativamente rifiutato di seguirlo ed ora che gli serviva, lui non c’era?
Per di più il signorino aveva pensato bene di lasciarlo alle amorevoli cure di Gimli, senza specificare il fatto che in realtà sarebbe più plausibilmente dovuto essere Aragorn a curarsi di lui. Sembrava difatti che quello spiritosone di Boromir avesse indotto il nano a mangiare un fungo dai devastanti poteri afrodisiaci, con conseguenze di discutibile gradevolezza. Sotto tale nefasto l’influsso, quello sembrava aver dissennatamente deciso di tentare un’incursione notturna all’onorabilità della regina e pretendeva altrettanto dissennatamente di sapere da Aragorn quali fossero le pratiche erotiche preferiti dagli elfi, per esser certo di poterla compiacere. Ovviamente, il fatto che Sire Celeborn avrebbe eseguito nei suoi confronti pratiche ben meno piacevoli se l’avesse scoperto ad intrattenere in tal modo la sua donna, non sembrava turbarlo più di tanto.
Oltre a ciò, quello che più di tutto che stava letteralmente sbriciolando a poco a poco quel minimo di buon senso rimasto al Ramingo era il fatto che nel corteo di elfi che lentamente passava lì accanto cantando un lamento funebre per Gandalf non era riuscito ad intravedere Haldir. E sì, questa consapevolezza l’aveva portato alle scontate conclusioni che chiunque potrebbe immaginare.
Non gli era sfuggito il modo in cui Haldir avesse tentato di sedurre Legolas da quando erano giunti a Lothlòrien. Quando lo vedeva avvicinarsi al suo elfo, Aragorn sentiva l’improvviso bisogno di mettere alla prova il filo della lama della sua spada, per poi ripetersi come un mantra che erano stati cordialmente ospitati in quel luogo e non sarebbe stato saggio incrinare i rapporti tra i Galadhrim ed il regno di Gondor su cui in futuro si sarebbe erto a capo.
Nulla in quel momento lo tormentava tanto quanto il pensiero che quello che aveva arbitrariamente eletto come suo rivale numero uno potesse esser intento a fare inopportune avances all’oggetto della loro contesa.
«Avanti Aragorn… so che tu sai come far perdere la testa ad un'elfa.»
Ripensandoci, nulla a parte Gimli.
Il Ramingo indirizzò al nano la sua miglior occhiata di sufficienza senza degnarlo di una risposta che in ogni caso non sarebbe stata cordiale, per poi decidere di impegnare le proprie energie in qualcosa di più edificante, come l’elaborazione della sua imminente dichiarazione, ad esempio.
Il problema era che era maledettamente difficile trovare parole che gli risultassero adatte ad esprimere quel sentimento che da giorni aveva sbaragliato ogni sua precedente certezza o, perlomeno che non gli apparissero troppo imbarazzanti.
Non aveva mai affrontato una situazione tanto difficile nella sua vita. Si trattava di mettere da parte ogni orgoglio, di denudarsi completamente ed esporsi a ferite che sarebbe stato difficile rimarginare. Se anche non provava alcun timore di veder scorrere il proprio sangue, quando a testa alta si lanciava contro numeri improponibili di nemici, era molto più cauto nel rendersi vulnerabile a quel genere di lesioni, considerato che perdere l'amicizia di Legolas l'avrebbe distrutto.
Si era però giurato che l’avrebbe fatto e nonostante quella spaventosa prospettiva, non aveva nessuna intenzione di rimandare; tutto stava nel trovare le parole giuste ecco, cosa che, visto il notevole grado di stress psicologico a cui era sottoposto in quel momento, stava risultando più difficile del previsto.
«Gli piace esser legate con la barba?» lo importunò la voce di Gimli, pervasa da un’insana quanto raccapricciante speranza.
«No!» latrò avvelenato il Ramingo senza nemmeno guardarlo, meditando le più atroci vendette nei confronti del nano, di Boromir che l’aveva ridotto in quello stato e già che c’era pure di Legolas che si era raccomandato proprio con Gimli di non lasciarlo da solo nemmeno un secondo. Ma fu un breve attimo di appagante sadismo, dopo il quale tornò zelantemente al suo discorso.
Per quanto si sforzasse però, non riuscì ad elaborare nulla di nulla, con la categorica esclusione di un paio di squallidissime frasette, in cui assai infelicemente paragonava il suo attaccamento a lui a quello di Gollum per l’anello e che era stato già abbastanza abominevole formulare col pensiero, figuriamoci dire a voce. Tutto ciò non rendeva affatto onore alla vena artistica che da qualche parte doveva pur tener nascosta, dato che per Arwen aveva scritto fior di poesie.
La sua coscienza che, per l’occasione, aveva curiosamente assunto il timbro di voce di Sire Elrond, lo invitò cortesemente a rivalutare la sua definizione di “poesia”.
«E giocare a “trova la pipa”?» chiese di nuovo Gimli, riportandolo per l’ennesima volta alla realtà ed ottenendo uno scandalizzato «Nemmeno!» dal fascio di nervi parlante che un tempo era stato un uomo.
Roba da pazzi, come poteva uscirgli qualcosa di meno aberrante di quanto non avesse già partorito, se era circondato da tanto degrado? Effettivamente, in seguito, di meno aberrante non riuscì a formulare nulla, in compenso quella terribile metafora sulla spada e sul suo fodero lo era decisamente di più.
Emise un sospiro scoraggiato, mentre tornava ad immaginare l’irritante figura di Haldir e quella di Legolas in atteggiamenti inequivocabili, convincendosi del fatto che l’unico modo in cui gli sarebbe venuto spontaneo iniziare una conversazione con lui, una volta che fosse tornato, sarebbe stato un acuto ed inquisitorio “Con chi sei stato finora??” di dubbia virilità.
No, così non andava davvero, doveva calmarsi. Tutto sarebbe finito di lì a poco, doveva solo saper attendere. E per quanto riguardava il discorso beh… non era mai stato bravo con le parole d’amore, doveva ammetterlo. Forse però non sarebbero servite, forse sarebbe bastato prendere la mano dell’elfo e posarsela al petto per lasciare che fosse il suo stesso cuore a rivelare ciò che a voce rischiava solamente di rovinare.
«Dai Aragorn allora dimmi qualcosa tu!» insistette il nano, che evidentemente aveva esaurito tutte le inqualificabili pratiche di sua conoscenza da proporre. Peccato che non avesse esaurito allo stesso modo anche la volontà di accompagnare passo dopo passo il suo sventurato interlocutore oltre il limite della propria pazienza.
Facendo appello a tutto il suo autocontrollo, l’uomo riuscì egregiamente a trasformare il suo primo impulso di fargli ingoiare a forza l’ascia partendo dalla lama, in un controllato e quantomeno innocuo sospiro seccato. Dopodiché si convinse a beneficiarlo di una risposta, se non altro per metterlo a tacere una volta per tutte e poter poi decidere con calma se continuare a deprimersi pensando alla sua disastrosa incompetenza in fatto di dichiarazioni, o alla torbida tresca che Haldir e Legolas tentavano di tenergli nascosta.
Come avrebbe potuto però dirgli che come prima cosa non avrebbe dovuto essere un nano per poter minimamente indurre in tentazione Galadriel? Come avrebbe potuto dirgli che prima avrebbe dovuto come minimo lavarsi, radersi e già che c’era buttare giù una ventina di chili? Insomma fargli notare che perfino un Nazgûl -con tutto che l’intangibilità comportasse svariati problemi tecnici- avrebbe avuto più probabilità di successo di lui, avrebbe portato a nuove estenuanti discussioni che non aveva nessuna voglia di ascoltare. Così preferì vigliaccamente cedere la gatta da pelare o, in quel caso, il Gimli da pelare, a qualcun altro.
«Io non sono un elfo, perché non lo chiedi a Legolas quando torna?» gli suggerì, cercando di adottare un’intonazione che lasciasse intendere che anche se era una domanda non era proprio il caso di disturbarsi a rispondere. Nel contempo si appropriò della pietra affilatrice che quello stava precedentemente usando e prese ad arrotare la già tagliente lama della sua spada, pronto ad andare a caccia di Haldir selvatici dal momento che, a tal proposito, Legolas ancora non si faceva vivo.
«A Legolas?» fu la sbigottita risposta del nano, che evidentemente non aveva capito di dover tacere allora e per sempre ed assunse un’espressione sbalordita come se Aragorn avesse detto la più impudente delle blasfemie. «Ma che vuoi che ne sappia quello! Per me non vede una donna nuda dal giorno in cui sua madre l’ha partorito, ecco» inveì con convinzione «Tu invece…» riprese, lanciandogli uno sguardo complice che fece guizzare pericolosamente un muscolo sotto lo zigomo dell’uomo e lo spinse a troncare quanto prima quella conversazione.
«Ora basta Gimli, non una parola di più» lo avvertì minaccioso: una discussione in cui erano contemporaneamente presenti gli argomenti “Aragorn”, “Legolas” e “sesso” l’avrebbe esposto a frecciatine che non era certamente il momento più propizio per ricevere. I suoi nervi tesi a cogliere il minimo segnale per far esplodere tutto il malcontento accumulato, erano stati abbastanza chiari in proposito.
A quelle parole il nano, probabilmente intuendo finalmente quale pericolo stesse correndo, si fece subito più conciliante, borbottando un risentito «Scusa tanto se credevo che tra voi due fossi tu quello do…» -
«E vorrei vedere che tra me e Legolas sarei io quello dominante!» gridò l’uomo, saltando su con gli occhi che lanciavano dardi infuocati, mentre un perplesso Gimli dalle sopracciglia più corrugate che mai ripeteva sottovoce “dominante” quasi fosse una parola mai sentita prima, cercando di afferrare come il suo intenzionale “dotto in materia” potesse esser stato trasfigurato a quel modo.
Prima però che il nano potesse in qualche modo tentare di migliorare la sua posizione, Aragorn aveva già irrevocabilmente deciso che quello era stato l’ultimo affronto che avrebbe subito perché era semplicemente, definitivamente e furiosamente stufo di tutta quella storia.
Nulla in quel momento sarebbe stato in grado di calmare la sua collera. Non solo Legolas si era sicuramente appartato con Haldir da qualche parte, ma in più doveva anche tollerare le provocazioni che quelli non si erano ancora stancati di lanciargli! Mentalmente ripercorse tutte le volte che aveva dovuto mettere da parte l’onore e lasciar correre con l’equilibrata tempra che tanto lo caratterizzava, sentendo il fuoco dentro di sé ardere sempre di più ad ogni umiliante battuta che gli tornava alla mente. Era ormai chiaro che tutti sapessero! E allora che senso aveva nascondere i suoi sentimenti se tanto questi sembravano esser diventati l’argomento preferito della compagnia? Dicevano che sarebbe dovuto diventare re un giorno eppure non si preoccupavano di riservargli un briciolo di rispetto! Erano giunti perfino a fare vergognose supposizioni sui loro presunti ruoli sotto le lenzuola! Ma li avrebbe messi al loro posto una volta per tutte.
«Ascoltatemi bene, tutti quanti» esclamò minaccioso, con una particolare enfasi sulle ultime parole, a richiamare inutilmente l'attenzione di Boromir e degli hobbit, che dalla sua ultima, sconvolgente, esclamazione, si erano già chetati nel più religioso dei silenzi girandosi increduli verso di lui a cogliere gli sviluppi della sua conversazione con Gimli. Calpestando rabbioso il terreno e puntando ferocemente gli occhi su ognuno di loro, si portò al centro dello spiazzo.
«Qualcuna di voi malelingue può forse giurare di avermi visto con i propri occhi in atteggiamenti ambigui con Legolas?» chiese masticando furibondo ogni parola, con le mani che tremavano dalla rabbia e dalla voglia di impugnare l’elsa della sua spada. Quelli si guardarono con circospezione tra di loro, come chiedendosi tacitamente se fosse il caso di mettere mano alle armi, per poi tornare a fissare Aragorn lasciando trasparire distintamente la forte speranza che il Ramingo gridasse “pesce d’Aprile!” o qualcosa del genere.
Splendido, fanno anche i finti tonti ora… 
Avendo compreso dal ringhio ferino con cui aveva risposto a quegli sguardi interrogativi che no, Aragorn non scherzava affatto, nessuno fu tanto sprovveduto da rispondere in alcun modo giacché sembrava che il Ramingo sarebbe stato seriamente capace di mozzare il capo al primo che avesse aperto bocca, qualunque fosse la risposta che era intenzionato a dare.
Quel silenzio carico di tensione, in cui il Dùnedain cercò faticosamente di elencare tutti i motivi per cui non era bene che uno sterminio di massa gli apparisse un’opzione tanto allettante in quel momento, si protrasse fino a quando un Legolas quanto mai ignaro di tutto, fece la sua eterea comparsa nella scena, con l’aria svaporata di chi era appena reduce da un (altro!) lungo bagno rilassante.
Probabilmente qualcuno si arrischiò perfino ad aprir bocca per gridare all’elfo di fare attenzione, ma l’uomo fu più lesto di qualunque parola ad aggredirlo.
Nel vederselo camminare accanto in quel fatidico istante infatti, Aragorn fu illuminato da un’idea che in quel momento passò nella sua mente come “geniale” e, veloce quanto lo era nell’infilare la sua lama nelle budella di qualche orchetto, ed invero non con minor rudezza, afferrò il braccio dell’elfo ed ignorando completamente le sue esclamazioni sorprese assaltò la sua bocca con la propria.
Bere il nettare degli dei non sarebbe stato probabilmente altrettanto dolce come la tanto attesa sensazione di quelle labbra sottili che si schiudevano tra le proprie e quel respiro sorpreso contro il suo viso. Dal loro gentile pubblico, si levò qualche esclamazione costernata (Gimli), qualche invocazione a divinità varie (hobbit), ed un fischio d’incitazione (Boromir, manco a dirlo), nonché un collettivo trattenimento di fiato. Aragorn però non vi fece caso, troppo impegnato ad assaporare quelle sensazioni così elettrizzanti da cui a malincuore si dovette separare, per concludere il suo breve, ma incisivo discorso.
«Ora potrete dire di avermi visto in atteggiamenti ambigui con Legolas giacché, signor Peregrino Tuc, nonostante le voci tendenziose da te messe in giro non avevo mai fatto mie quelle labbra prima d’ora!» Indicò l’elfo, evitando ostinatamente il suo sguardo, che non sapeva come avrebbe trovato e che temeva gli avrebbe fatto perdere la baldanza di dire tutto quello che aveva da dire.
Pipino, che dallo stupore aveva lasciato cadere la pipa a terra, tralasciando perfino di raccoglierla, sentendosi tirato in causa si era improvvisamente riscosso ed aveva assunto un’espressione indispettita. Stava giusto per intervenire in propria difesa quando Aragorn stroncò il suo discorso sul nascere, riprendendo a sbraitare:
«Ora potrete pensare a ragione di provocarmi facendo apprezzamenti indecorosi, ma veritieri, sulle sue grazie o speculando sui nostri ruoli in situazioni che non vi competono» proseguì, fulminando con gli occhi dapprima un abbacinato Boromir, poi un Gimli dalla mandibola più snodata di quanto non ricordasse.
«Perché solo ora avete potuto vederlo davvero, invece che fidarvi di pettegolezzi quanto mai infondati. Forse riterrete che ho perso la ragione per fare ciò che ho appena fatto, ebbene è proprio così.» Come se ci fosse stato bisogno di sottolinearlo… «Io l’ho persa nel momento stesso in cui mi sono innamorato dell’elfo al mio fianco!» concluse, sentendosi invaso dal terrore delle sue stesse parole nel momento stesso in cui terminava di pronunciarle. Innamorato? Aveva detto proprio così! Ma come gli era saltato in mente?! Nemmeno nei suoi pensieri aveva mai avuto prima di quel momento il coraggio di pronunciare quella parola ed ora l’aveva appena scandita davanti a tutti.
E per fortuna che doveva essere una confessione sobria e contenuta…
Sollevò lo sguardo, divenuto spaurito, sugli astanti, respirando a fatica, improvvisamente conscio di cosa avesse rivelato in quell’attimo di follia. Percorse tremante il ghigno che Boromir non aveva nemmeno tentato di celare, lo sguardo vagamente confuso di Gimli, che ancora scandiva sottovoce la parola “dominante”, ed i sorrisetti che gli Hobbit si stavano scambiando, per notare infine il corteo di elfi che, poco distante da loro, fissava sconcertato la scena. Maledizione ma da quanto esattamente avevano smesso di cantare? Credeva se ne fossero andati da un pezzo!
Nell’incontrare lo sguardo mortificato di Aragorn, un Sire Celeborn dall’aria esterrefatta, e in parte anche inspiegabilmente delusa, si affrettò imbarazzato a dar loro le spalle, muovendo le mani come un direttore d’orchestra e facendo immediatamente riprendere il canto, che si allontanò dalle loro orecchie ad una velocità quantomeno sospetta, visto il tempo che ci avevano messo prima a fare appena un paio di metri.
Quando la compagnia venne finalmente lasciata sola, la vergogna di Aragorn si era pressappoco centuplicata, mentre gli altri membri sembravano aver superato lo shock iniziale, tanto che Pipino ardì pure riprendere il discorso:
«Comunque io non avevo detto nulla di quello che avevo visto quel giorno» assicurò, avendo compreso quale fosse stata l’origine del grosso equivoco, portandosi l’indice al petto con fare particolarmente compiaciuto e guadagnandosi così gli sguardi meravigliati dell’intera compagnia, se possibile ancor più sconvolta che dalla precedente rivelazione.
«Perché che cosa avevi visto?» lo incalzò Merry, assetato di particolari e particolarmente contrariato per non esser stato messo a parte di quel segreto dall’inseparabile amico.
«N-non è possibile» mormorò Aragorn, rifiutandosi di credere a quelle parole, perché ciò avrebbe comportato la perdita irrimediabile della propria credibilità, ai suoi stessi occhi. Non poteva essersi immaginato tutto! Le risate equivoche degli hobbit, Boromir che si improvvisava estimatore di fondoschiena maschili, l’occhiolino di Gandalf…! Pipino doveva aver parlato.
«E invece sì, caro il mio Grampasso!» fu la fiera risposta di quello, che incrociò le braccia affermando: «So riconoscere quando è meglio tenere il becco chiuso io e quello sembrava proprio un affare di massima segretezza!» concluse, guadagnandosi le battute scettiche di molti dei suoi amici, seguite da nuove incalzanti domande, stavolta provenienti nientepopodimeno che dal figlio del sovrintendente di Gondor, che non sembrava nient’affatto desideroso di lasciar decadere l’argomento proprio sul più bello:
«E cosa stavano facendo?» chiese sghignazzante, con lo stupore ormai tramutato nel più perfido dei divertimenti.
«Loro stavano…» iniziò Pipino, con un’espressione estremamente appagata dal veder concentrato su di sé l’interesse di tutti, ma Legolas ebbe il buonsenso di interromperlo prima che Aragorn potesse azzannarlo alla giugulare.
«Stavamo solo giocando!» esclamò, scoppiando in una risata argentina che lasciò il Dùnedain più attonito che mai: no, ora doveva spiegargli cosa diamine ci trovasse di così divertente. Insomma loro due erano lì, esposti al pubblico ludibrio e quello se la rideva?
Valar però se è bello quando ride…
All’affermazione dell’elfo seguirono una serie di dubitative espressioni monosillabiche trascinate come i belati di un ovino che la dicevano lunga sulla credibilità che quelle parole avevano assunto alle orecchie della compagnia. Dopodiché i loro compagni, colti da una perspicacia come minimo sorprendente, sembrarono decidere all’unanimità di lasciargli la dovuta privacy, optando per ritirarsi tutti all’interno dei flet.
Come se non avesse già provato un desiderio abbastanza grande di scomparire dalla faccia della Terra di Mezzo per la vergogna, Aragorn non poté non notare la sgomitata di congratulazioni che Gimli diede a Legolas prima di allontanarsi con gli altri e che dipinse un tenue rossore ed un sorrisetto compiaciuto sul viso dell’elfo.
Ancora peggio però fu quando sentì il nano e Boromir discutere sottovoce se l’essersi prestato a quel bacio potesse esser considerata condizione sufficiente a decretare l’omosessualità dell’Eldar, per poter riscuotere da Frodo la vincita di una scommessa che avevano fatto a tal proposito (“Dammi retta quello è gay fino alla punta delle orecchie, Frodo non ha più scusanti!” “Povero piccolo hobbit e pensare che dopo di noi dovrà pagare anche Elrond e Glorfindel!”).
Beh, se non altro nessuno di loro si era permesso di oltraggiarlo scommettendo suo orientamento sessuale.
Merry e Pipino però, furono meno gentili, giacché non si preoccuparono nemmeno di abbassare la voce mentre decidevano se storpiare il suo nome in un –doveva ammettere- più che meritato Grampazzo od in un decisamente più azzardato Grampassivo.
Ho parlato troppo presto…

  
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