A distanza di un mese erano tante le cose che nella vita di Izzy avevano subito un cambiamento. Una strana sensazione si era impossessata di lei quando si era resa conto che probabilmente tra lei e Jenny sarebbe potuta nascere un’amicizia. Non era abituata a fidarsi completamente di un perfetto sconosciuto anzi, non era abituata a fidarsi di qualcuno in generale. Eppure nel sorriso di Jennyfer c’era qualcosa di rassicurante. Per la prima volta in tanto tempo Izzy non avrebbe ascoltato ciò che la sua mente rigida le ripeteva come se fosse stata una radio rotta, bensì avrebbe ascoltato ciò che le avrebbe suggerito il destino.
Come ogni mattina da tre settimane a
quella parte, Isabelle
uscì di casa molto presto e si recò alla fermata
della metro. Scese nei pressi
del solito Starbucks, da considerare ormai la sua terza casa
–dopo la sua
abitazione e la libreria- e
vi entrò,
per ordinare il solito. Quattro brioches in un sacchetto di carta.
Mentre
usciva si preoccupò di lanciare uno sguardo al suo orologio,
ma non riportò in
tempo l’attenzione sulla porta, urtando qualcuno.
Quando i suoi occhi incontrarono quelli di Josh, le nacque
un sorriso e salutò il suo compagno di risate della domenica
mattina. Lui
lavorava lì e ormai si era abituato ad avere Izzy in giro
per il locale che
blaterava qualcosa di incomprensibile mentre faceva il pieno di ogni
tipo di
dolce presente.
« Ciao Izzy. Stai
già andando via?» chiese il ragazzo indicando il
sacchetto nelle mani di
Isabelle.
«Già..anche se Will
mi adora non voglio arrivare tardi. Mi ucciderebbe comunque!»
esclamò lei
ironicamente. Will era decisamente troppo buono con “i suoi
ragazzi”, non dava
mai ordini e lasciava che fossero loro ad organizzarsi il lavoro. Per
loro era
come un padre, ormai anche Izzy aveva imparato a considerarlo tale e
soprattutto era passata dal formale “signor
William” al semplice “Will”. Era
difficile non adorare una persona come lui.
Salutando
allegramente Josh, la ragazza si diresse verso la libreria, distante
solo qualche
isolato.
Trovare
il locale
aperto alle sette e mezza di mattina poteva apparire come un miracolo.
Sicuramente non era opera di Chris, né tantomeno di Will,
entrambi affetti
dalla cosiddetta “malattia del ritardo”. La
risposta era ovvia, infatti al suo
ingresso Izzy trovò solo Jenny, intenta a catalogare i nuovi
arrivi.
«Mia salvatrice!» esclamò
Jenny da dietro al bancone, mentre implorava l’amica di
liberarla
dall’innumerevole quantità di cartoni colmi di
libri.
Isabelle le rivolse
uno sguardo, capendo al volo la situazione, e sorrise nel vedere il
volto
disperato della ragazza. «Non ci provare»
l’ammonì «questa volta non ci
casco»
ed entrambe si lasciarono andare ad una risata.
Izzy si liberò della
giacca di pelle e la appese ordinatamente nel piccolo ufficio sul
retro,
poggiando sul tavolo il sacchetto con la colazione per tutti.
Chris degnò le
ragazze della sua presenza circa mezz’ora dopo quando, con
poca delicatezza,
spalancò la porta e si esibì in uno dei suoi
sospiri frustrati migliori. Quel
ragazzo era un attore nato. Ogni mattina aveva una scusa per
sgattaiolare sul
retro appena arrivava, concedendo ai presenti un piccolo saluto e
riapparendo
magicamente dopo un lasso di tempo indeterminato. Izzy
l’aveva visto solo una
volta durante quelle sue lunghe pause, mentre era intento a consumare
la sua
sigaretta nel vialetto privato accanto ai cassonetti dei rifiuti. Però si era
limitata ad osservarlo con una
punta di curiosità e ad andare via il più
silenziosamente possibile. Aveva
quasi timore di quella figura così imponente, di quegli
occhi castani così
scuri e profondi, ma soprattutto il suo ghigno le faceva perdere
facilmente la
pazienza. Si era infatti ritrovata svariate volte a desiderare di
levarglielo,
in qualunque modo.
Ricordava
perfettamente
quando, meno di un mese prima, aveva conosciuto il ragazzo e il suo
attuale
datore di lavoro. Jenny dopo il loro incontro l’aveva
praticamente trascinata
nella stanza sul retro, dove un uomo sulla quarantina compilava fogli
minuziosamente. Aveva alzato lo sguardo, si era tolto gli occhiali e
aveva
sorriso ad una Izzy un tantino imbarazzata.
«Will, ho una
notiziona» aveva esordito Jenny mentre ancora sorrideva.
«Isabelle è qui per
l’annuncio!» doveva essere molto felice, oppure una
brava attrice, ma Izzy
aveva voluto credere alla prima opzione.
«Non c’è nessun
problema. Quando vuoi iniziare, sai dove trovarmi.» aveva
risposto l’uomo, per
poi presentarsi «Comunque,
io sono Will.
Benvenuta! »
La prima volta che
aveva visto Chris non era stata così piacevole, e lui non
era stato affatto
così gentile, anzi. Le aveva rivolto un semplice “ Cristopher”
borbottato con aria di superiorità e poi era sparito
tra gli scaffali. Di tutta risposta, anche lei si era girata a aveva
dato
inizio a quel suo fatidico primo giorno di lavoro. Sembrava essere
passato
molto tempo, invece dopo tre settimane si sentiva pienamente a suo agio
e
adorava tutto della libreria.
Tra una
riflessione
e l’altra iniziarono ad arrivare i primi clienti, per lo
più tutti adulti con
l’eccezione di qualche ragazzo che aveva preferito quel
negozio al posto della
scuola. Izzy non poteva biasimarlo, aveva fatto la stessa cosa anche
lei, forse
per motivi diversi, ma l’aveva fatto. Anche se si dimostrava
forte, aveva una
personalità fin troppo debole e quando le critiche e le voci
infondate su di
lei viaggiavano per i corridoi dell’istituto, puntualmente
scappava, non
presentandosi a scuola. O meglio, una volta davanti al cancello le
passava
completamente la voglia di trascorrere il suo tempo a sopportare
mormorii
sommessi e sguardi indagatori. Non era mai scappata da scuola per un
compito in
classe, una difficile interrogazione, o semplicemente per noia. Izzy
scappava
da scuola perché in realtà voleva illudersi di
poter scappare dalla gente.
Per questo non si
presentò davanti ai giovani clienti con
un’espressione di rimprovero sul viso,
bensì con un sorriso di comprensione. Probabilmente tra di
loro c’era qualcuno
fuggito solo per colpa di un professore o una materia, ma era sicura
che molti
avevano scelto di aggirare ben altri tipi di ostacoli.
Tra un cliente e
l’altro, Izzy si concesse qualche occhiata di qua e di
là. Jenny, sempre con il
solito sorriso, era intenta a cercare tra gli scaffali un libro,
probabilmente
sotto richiesta della signora che le stava al seguito. Will era
arrivato con
calma, ma finalmente si era messo al lavoro. Parlava animatamente a
telefono,
probabilmente stava facendo qualche ordine o era nel bel mezzo di una
chiamata
per discutere il ritardo di qualche consegna. E poi c’era
Chris. Chris che se
ne stava in un angolo con un ragazzino di non più di tredici
anni, mentre gli
mostrava diversi romanzi. Per la prima volta Izzy lo vide ridere. Il
ragazzino
aveva detto qualcosa di buffo, forse, perché Chris aveva
inizialmente fatto una
smorfia, trasformandola poi in risata. In una bellissima risata.
E così, tra un
romanzo di letteratura ottocentesca e il nuovo libro del più
grande autore
fantasy del momento, trascorreva un’altra giornata. Il giorno
prima, Will aveva
detto di avere un grande annuncio, quindi quella sera,
all’orario di chiusura,
tutti erano pronti per ascoltarlo.
«Gente,» iniziò con
fare teatrale «domani
purtroppo
guadagnerò un altro anno di vita.» aggiunse questa
volta drammaticamente. Izzy
dedusse quindi che il giorno seguente sarebbe stato il compleanno di
quel
simpatico -e strambo- capo.
«Il massimo
che posso offrirvi è una cena da McDonald’s
quindi, sareste così gentili da
accettare?» terminò così il suo
annuncio. «Ovviamente» rispose Izzy, «E
me lo
chiedi pure? » fu la reazione di Jenny,
«Okay.» fu il risultato della mente di
Chris. Iniziava a non sopportare più quel ragazzo,
decisamente.
Rientrare
a casa
dopo una lunga giornata e non trovare la cena pronta era una delle cose
a cui
Isabelle non riusciva ad abituarsi, eppure cercava di mettere insieme
le sue
forze ed evitare di ricorrere ai cari amici fast-food, ancora di
salvezza dei
ragazzi indipendenti. Quella sera il suo menu prelibato prevedeva un
sandwich
con burro di arachidi e, forse, una mela. Non amava cenare
abbondantemente,
soprattutto se doveva cucinare, e quella sera non sarebbero di certo
cambiate
le cose. Abbandonò la giacca sul divano e filò
dritta a levarsi gli anfibi,
sostituendoli con i suoi calzini. Salì al piano di sopra ed
indossò una tuta,
per poi liberare i capelli dall’elastico e fermarli con una
bandana nera.
Estrasse dalla custodia il suo bel paio di occhiali e
combatté contro le lenti
a contatto che aveva da poco iniziato ad usare. In realtà
preferiva i suoi
occhiali vecchio stile neri, ma aveva voluto fare una prova con le
lenti, che
sicuramente non avrebbe ricomprato mai più. Si diresse in
cucina e preparò il
tanto atteso sandwich mentre il televisore del salotto era sintonizzato
sul
canale di musica e poi si posizionò comodamente sul divano,
con un buon libro a
farle compagnia. Lesse fino a mezzanotte, quando si prese una pausa e
notò
l’orario. Quella sera fu felice di potersi nascondere sotto
le coperte leggere
del suo letto e di poter addormentarsi.
Lei e la
sveglia non
erano mai state in buoni rapporti sin dalla tenera età, ma
ormai Izzy aveva
imparato a conviverci. Si concesse una doccia per svegliarsi e poi si
preparò
per uscire.
Considerando gli
standard di New York, si poteva dire che alle sette di mattina la metro
non era
molto popolata. Qualche signora diretta chissà dove, una
decina di impiegati in
abito elegante, un bel numero di studenti in uniforme che si
accingevano a
trascorrere l’ennesima giornata di quel primo mese di scuola,
un gruppo di
ragazzi a cui Izzy avrebbe dato non più di
vent’anni, ovvero suoi coetanei.
Fece la sua solita
sosta al bar, acquistando però anche una torta gelato
confezionata per Will.
Prima di andare via il giorno precedente, Jenny aveva dichiarato che si
sarebbe
presa lei il compito di procurare un regalo entro quella sera, per
questo lei
pensò solo ad un dolce per il pranzo.
Una volta davanti al
negozio trovò ancora una volta aperto, quindi
entrò convinta di trovarsi
davanti la sua amica intenta in qualcosa di estremamente noioso.
È
impossibile
descrivere la sua sorpresa nel vedere Chris che leggeva dietro il
bancone,
mentre lo stereo riproduceva un CD dei Linkin Park, il suo gruppo
preferito.
Entrò sorridente canticchiando qualche pezzo della canzone
che stava ascoltando
e salutò allegramente il ragazzo. In effetti Izzy sapeva di
essere facilmente
condizionabile dalla musica, riuscendo addirittura ad essere simpatica
e
gentile con tutti. «Buongiorno!» esclamò
spaventando Chris, il quale fece un
balzo sulla sedia e sgranò gli occhi. Poi accadde
l’impossibile, sorrise e
ricambiò il saluto «Ciao Izzy, come
va?». Lei rimase un attimo interdetta,
notando solo in quel momento quanto gli donassero i capelli lunghi sul
viso.
Lei adorava i capelli lunghi sui ragazzi, era l’unica cosa
che riusciva a farla
impazzire come tutte le ragazze della sua età, ma Chris era
sempre stato solito
legarli, era la prima volta che li vedeva così.
«Bene, grazie. Cosa stai
leggendo?» indicando il libro, Izzy si avvicinò di
più al bancone,
meravigliandosi per quella che sembrava essere la loro prima
conversazione da
persone civili. Lui alzò il libro e le mostrò la
copertina, poi sorrise ancora
« È il mio autore preferito, se ti piace
l’horror te lo consiglio».
Continuarono a parlare per un po’, lei si era avvicinata e si
era seduta accanto
a lui, scoprendo una persona completamente diversa dal solito. Senza
accorgersene finirono per trasferirsi nel vialetto sul retro,
probabilmente
Izzy aveva espresso il desiderio di una sigaretta, il suo vizio perenne
e Chris
aveva acconsentito approfittandone anche lui. E così si
ritrovarono lì, seduti
per terra uno accanto all’altra a discutere di tutto, Izzy
non avrebbe mai
immaginato che dietro quell’insofferenza si nascondesse un
ragazzo così
intelligente e simile a lei.
«Sai, Izzy, mi piace
parlare con qualcuno che mi capisce. Forse scopriremo di essere uguali
e di
avere un passato piuttosto simile» disse ad un tratto lui,
ormai preso dalla
conversazione. «Sai invece cosa piace a me?»
domandò retoricamente lei «Non
essere giudicata» aggiunse dopo. Poi sorrise ancora e lui le
rivolse uno
sguardo strano che non riuscì ad interpretare
«Piace anche a me, credimi. È la
prima volta che qualcuno riesce ad andare oltre
l’apparenza.»
fu questa frase che scosse un po’ Izzy, che
fino a una mezz’oretta prima non gli avrebbe nemmeno rivolto
la parola. Anche
se non era una questione di apparenza, lui aveva iniziato ad essere
scortese e
le aveva chiaramente dimostrato che non intendeva stabilire alcun
rapporto.
Forse avevano sbagliato entrambi, mostrando solo la loro corazza, ma
tutte le
esperienze passate erano così numerose da poterli
giustificare.
«Chris?
Izzy? Ci
siete?» le
loro risate furono interrotte
da una voce proveniente dall’ingresso del negozio,
sicuramente appartenente a
Jenny. Si alzarono spolverandosi i jeans e rientrarono, chiudendo la
porta e
salutando la ragazza e Will, che se ne stava poggiato al bancone.
«’Giorno a
tutti!» esclamò Isabelle, mentre Chris rivolgeva
loro un cenno del capo e un
“ciao” borbottato. Aveva rialzato le difese, Izzy
riconosceva
quell’attegiamento che per anni aveva caratterizzato anche
lei. Nonostante
questo, tutti e tre saltarono addosso a Will urlando in coro e
intonando la
classica canzone di buon compleanno. L’uomo sorrise, per
niente sorpreso, poi
abbracciò e ringraziò i ragazzi che lo
accerchiavano.
«Vi avviso, mi state
facendo sentire terribilmente vecchio» sentenziò
al termine di tutti i
convenevoli, poi decisero che era tempo di mettersi al lavoro e
girarono il
cartello “chiuso” su “aperto”,
non prima di aver consumato la colazione e
tagliato la torta.
La giornata aveva inizio.
«Ciao,
scusami, è
arrivato il libro che avevo ordinato?» Izzy distolse lo
sguardo dal pc e lo
spostò sul ragazzino che stava di fronte a lei e che la
fissava speranzoso. Inserì
il suo nome e il titolo del libro nel modulo del computer ed
effettuò la
ricerca, trovando il romanzo disponibile. «Dovrebbe essere
arrivato ieri, vado
a prenderlo.» si congedò e si recò nel
magazzino, cercando direttamente il
volume nello scaffale delle prenotazioni. Quando lo trovò lo
portò al ragazzo,
che sorrise entusiasta e pagò in fretta, pregustando
già il momento in cui
avrebbe potuto iniziare quel romanzo tanto atteso. Izzy sorrise nel
vederlo,
sicuramente era appena uscito da scuola, data l’ora, e non
aveva pensato ad
altro se non al suo libro, era bello vedere ragazzi di circa tredici
anni così
affezionati alla lettura.
Il tempo passò in
fretta quel giorno, in attesa della serata. Chiusero il negozio alle
sei, come
facevano solitamente il mercoledì, e si diedero appuntamento
per le dieci. Will
decise che le ragazze non avrebbero preso la metro, quindi si
accordarono per
accompagnarle. Lui e Chris avevano la moto, Jenny solitamente usava
l’auto ma
quella mattina serviva a sua madre, quindi era arrivata in treno e
allora
accettò anche lei il passaggio. «Io abito
praticamente a pochi minuti da casa
tua, quindi direi che puoi venire con me» disse Will rivolto
ad Izzy, la quale
si limitò ad annuire e a salutare gli altri due, che si
preparavano a partire.
Indossò il casco che l’amico le stava porgendo e
si posizionò dietro di lui,
poi si avviarono verso casa. Durante il viaggio Izzy osservò
la città che le
scorreva attorno e decise che avrebbe messo i soldi da parte per poter
acquistare anche lei un motorino, simile a quello che usava a Londra,
ereditato
dal cugino. Una volta arrivati, scese e ringraziò Will, che
le sorrise. «Mi ha
fatto molto piacere stamattina vedere che stai iniziando a legare anche
con
quell’orso di Chris» le disse. «Ci sto
provando, non mi piace essere antipatica
a qualcuno» rispose
lei. Ringraziò
ancora l’uomo e si ricordarono a vicenda
l’appuntamento di quella sera. «A
dopo» le disse lui prima di partire nuovamente.
Isabelle
entrò in
casa e, come di routine, accese lo stereo. Subito dopo volò
verso la doccia per
rinfrescarsi dopo un’altra giornata. L’acqua che
scorreva sul suo corpo le
ricordò che le sarebbe piaciuto molto andare a nuotare,
qualche volta, e decise
che si sarebbe informata. Quando uscì trovò sul
cellulare una telefonata di sua
madre e la richiamò. «Izzy!» le arrivò
subito dall’altro capo del telefono. Capì che in
Inghilterra doveva essere
molto presto, perché sua madre stava parlando con un tono di
voce piuttosto
basso. «Ciao mamma, che fai?»
le chiese
«Mi sono appena svegliata» rispose la madre.
Continuarono così per un pò, poi
si salutarono e la ragazza tornò a prepararsi.
Indossò una maglia
bianca con una croce stampata in nero, poi vide nell’armadio
un jeans sempre
nero a cui attaccò un paio di bretelle che aveva comprato di
recente. Le lasciò
scivolare lungo i fianchi e completò tutto con i suoi soliti
anfibi. Asciugò i
capelli, notando che la tinta non aveva ancora iniziato a rovinarsi,
poi li
fermò con la sua adorata bandana nera. La voglia
scarseggiante di lottare
ancora una volta con le maledette lenti a contatto la convinse ad usare
finalmente i suoi occhiali, così terminò di
prepararsi e si concesse un po’ di
tempo libero.
Chiusa
nel suo
rifugio, Izzy diede libero sfogo alle sue idee, alle sue paure e
soprattutto
alla sua arte. Seduta su uno sgabello dietro la tastiera si
divertì a
pasticciare sul primo pentagramma che aveva trovato nella miriade di
fogli
sparsi sul pavimento qualche nota in fila. Di solito otteneva dei
risultati
mediocri, non erano meravigliosi, ma nemmeno da buttare. Quella volta
però
erano più soddisfacenti del solito, si avvicinavano quasi
alla sua idea di
musica.
Il tempo lì dentro
si fermava, ciò che si trovava fuori perdeva importanza e
gli strumenti e le
bombolette spray diventavano il centro del mondo di Isabelle. Il sogno
di
tutti, in poche parole. Probabilmente qualcuno l’avrebbe
definita pazza o
asociale, però lei era fermamente convinta di quello che
faceva, dedicando sé stessa
sempre. E poi era risaputo che i pazzi sono sempre i migliori.
Quando rivolse lo
sguardo all’orolgio a forma di disco in vinile appeso al muro
si rese conto di
essere in tremendo ritardo per l’appuntamento con Jen.
Volò al piano inferiore
e indossò la giacca in tempo record, chiudendosi la porta di
casa alle spalle
dopo solo cinque minuti.
Lasciarono l’auto al
parcheggio del McDonald’s in perfetto orario, incamminandosi
tranquillamente
verso l’ingresso.
«Allora, prima che
arrivino, voglio tutti i dettagli di stamattina» ed ecco che
Jenny tornò nei
panni dell’agente 007, sicuramente sarebbe stata meglio di
lui. Quando si
metteva in testa che voleva una cosa, Izzy aveva scoperto che non si
sarebbe
arresa fino ad ottenerla.
«Jen» esordì Izzy
pazientemente «ti ripeto per la centesima volta che stavamo
semplicemente
parlando» ancora non capiva la curiosità
dell’amica riguardo alla sua
chiacchierata con Chris.
Non aveva dubbi.
Furono costretti ad
aspettare un bel po’ prima che Christopher potesse degnarli
della sua presenza.
Arrivò rumorosamente sulla sua moto nera che aveva fatto
letteralmente perdere
la testa ad Izzy, che impazziva per le moto. Scese con calma, come se
non fosse
in un terribile ritardo, poi si diresse tranquillamente dal resto della
comitiva, passando una mano tra i capelli nell’intento di
sistemarli, e secondo
Izzy di mettersi in mostra.
«Ho dovuto lasciare
mio fratello a casa, scusatemi» almeno quel giorno aveva una
scusa credibile.
Isabelle non riuscì
a spiegarsi perché tutto quello che aveva pensato quella
mattina stava
lentamente svanendo, era consapevole che sotto quell’aria da
idiota si
nascondeva qualcosa, ma voleva vedere ancora una volta cosa. Voleva
parlare
ancora una volta con quel Chris nascosto, quello soppresso dal Chris
della
quotidianità.
A dire il vero, non
riuscì a spiegarsi nemmeno questo, ma iniziava a provare una
certa curiosità. Non
si sarebbe più accontentata, lei adesso voleva la
verità. Sarebbe arrivata fino
in fondo, avrebbe continuato a scavare anche nei punti in cui gli altri
si
erano fermati. Si sarebbe gettata a capofitto nella scoperta del vero
Christopher, a qualunque prezzo.
Purtroppo non sapeva
che sarebbe rimasta prigioniera delle sue scoperte, per sempre.
Il primo
spazio
autore che scrivo!! Yee!!
Perdonatemi se le
altre volte non ho dedicato nemmeno un secondo a questo spazio ma avevo
pochissimo tempo per pubblicare e non ho potuto scrivere qualcosa di
decente. Comunque,
arriverete presto a rimpiangere i momenti in cui non scrivevo.
Nonostante questo ho
spegato un po’ qualcosa di più sulla trama
generale nelle risposte alle
recensioni (a proposito, mi scuso con Sara_Lau21, ho appena letto la
tua
recensione e ti ringrazio infinitamente. Corro a risponderti per bene).
Un grazie va anche a
MissPanda310, che dal primo capitolo mi ha convinta ad andare avanti.
Voglio ringraziare
anche tutti i lettori silenziosi, le 32 visite al primo capitolo e le
18 del
secondo mi hanno aiutata moltissimo.
Dopo questi
ringraziamenti perfetti per la cerimonia degli Oscar, passerei oltre.
La storia è stata il
frutto del lavoro dei miei neuroni sotto sforzo nel mese di agosto,
quando ho
scritto il primo capitolo sul mio pc. Spero vi piaccia, ma soprattutto
mi
auguro che possa rimanervi qualcosa.
Tengo particolarmente
al personaggio di Isabelle perché è un
po’ il mio alter-ego, quello che sono e
quello che vorrei essere. Qualche aspetto del personaggio e della
storia
rispecchia di più la mia situazione, per il resto
è sempre colpa dei neuroni
che non ho mandato in ferie e si sono vendicati.
Forse può sembrare
una trama un po’ scontata, vorrei renderla diversa con
l’avanzare degli
avvenimenti.
Ad essere sincera
non so più cosa scrivere, quindi andrei a rispondere alla
recensione di cui
parlavo sopra.
Grazie ancora anche
a chi ha solo aperto la pagina e l’ha chiusa disgustato,
chiedo scusa per il
terribile ritardo con cui è arrivato questo capitolo, ma ho
veramente voluto
dare del mio meglio.
Per qualsiasi
domanda sulla storia o su altro potete lasciarmi una recensione
(starò più
attenta a rispondere per tempo) oppure mandarmi un messaggio.
Alla prossima