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Autore: Cesca91    14/02/2014    3 recensioni
Dopo la fine della quinta stagione di Squadra Antimafia, ho pensato di ingannare l'attesa per la nuova stagione scrivendo un seguito della storia per chi, come me, sta immaginando e costruendo momenti e scene nella propria testa. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate voi, premettendo che sono una fan della coppia Rosy - Domenico quindi la mia storia si concentra principalmente su loro due, MA NON SOLO ;) Buona lettura!
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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18. Esserci
 
Quattro ore prima.

Rosy si muove fra gli alberi che abbracciano gli appartamenti dei ragazzi dell’antimafia, è come casa sua quel posto. Le emozioni più grandi, gli occhi tanto desiderati. Li ha trovati fra quelle foglie, un giorno come un altro, con la paura nelle tasche e l’amore stretto nelle mani sudate. Calcaterra dovrebbe essere già rientrato, la sua auto parcheggiata fuori così fa sperare. E se fosse con Rachele? Sarebbe una pessima idea farsi trovare lì, traditrice innamorata. Quindi ripone l’orgoglio nella tasca del giubbotto di pelle e fa per andar via, quando la canna gelata di una pistola le blocca la testa. Magari è soltanto Domenico, che vuole giocare come lei ha fatto con lui quella volta. Magari sta avendo paura a vuoto, perché nessuno vorrebbe uccidere una mafiosa latitante che ha perso tutto, anche qualcosa per cui continuare a lottare veramente.
- Abate… Che sorpresa. Non fare un passo o giuro che ti ammazzo.
Lara stringe i polsi di Rosy nella sua mano sinistra, quindi la fa voltare e senza mai allontanare l’arma dal punto in cui si incrociano i suoi occhi tira fuori dalla tasca le manette.
- Era il mio sogno arrestarti, stronza. Adesso ce ne andiamo alla Duomo e ci facciamo una bella chiacchierata, ti va?
Rosy non distoglie lo sguardo dalla poliziotta, è un misto di rabbia e disprezzo nel suo viso. E’ lo schifo che prova per la sorella della donna che ha sepolto suo figlio sotto cumuli di terra nera, mentre il vulcano piangeva lava contro la morte di un bambino. Non parla, non risponde. Nessuna frase ha senso, in questo momento. Quindi si fa ammanettare e la segue ovunque la Colombo decida di andare.

- E’ stato anche troppo facile, mi sembra così assurdo -, si pavoneggia Lara, contenta di aver riportato la preda nella tana dei lupi. I colleghi la riempiono di domande, qualcuno entra nella stanza degli interrogatori in cui Rosy è tenuta da più di venti minuti senza parlare con nessuno. Poi Calcaterra si fa spazio fra tutti, strattona la collega dal braccio e la porta nel suo studio, con la rabbia che gli cola dalla fronte come sudore acido dopo alcune ore di sesso senza stimoli.
- Cosa ti è saltato in mente?
- Innanzitutto non alzare la voce con me, so quel che faccio.
- No, Lara, tu sapevi che avevamo un piano!
- E tu sapevi che le mie intenzioni erano quelle di non partecipare al tuo piano.
- Il fatto che tu decida di non stare dalla nostra parte non significa che sei autorizzata a mandare in merda i nostri progetti.
- Nostra parte, nostri progetti… Ma lo vuoi capire che sono tutte idee tue? Hai costretto tutti a fare quel che volevi tu, o dentro o fuori.
- Noi siamo una squadra, Lara, cazzo!
- Domenico siamo una squadra quando torna comodo a te! Siamo una squadra perché tu hai deciso che avevi bisogno di altre braccia per salvare la vita ad una mafiosa che da anni lasci fuggire come se non avesse importanza il suo passato!
- Rosy era l’unica strada per arrivare a De Silva, perché non lo capisci?
- Perché non rispetti le regole, Domenico, fai di testa tua e a me non sta bene. Fai quel che ti pare, esci con chi vuoi, salvi la vita a chi vuoi. Io non faccio il poliziotto per questo, io ho degli ideali, delle regole.
- E’ questo il problema? Che ti ho piantata senza una motivazione? Che la nostra storia non ha avuto futuro? E’ questo che ti turba, Lara?
- Non mi interessa più, puoi stare con quante donne vuoi, tanto vedo che non ci metti molto a rifarti no?
- Quella ragazza lavora per De Silva…
- De Silva?
- Sì, il piano prevede che arrivi a me non so a quale scopo… Rosy mi ha detto tutto, quindi devo stare al gioco se voglio capirci di più.
- Rosy, certo… Da quando Rosy si è pentita e lavora per noi?
- Da quando è l’unico modo che ci resta per prendere quei bastardi, lo vuoi capire?
- No, Domenico, io non capisco te, invece. Non capisco come fai tu a lavorare sporco. Preferisco metterci il doppio del tempo per prenderli, ma per lo meno sono pulita e non proteggo nessuno.
- Il doppio del tempo significa il doppio dei morti, è questo che vuoi? Eh? Avanti, rispondimi! Ti sembra che io abbia mai aiutato Rosy ad andare dall’altra parte del mondo? Pensi che, se avesse voluto, non se ne sarebbe già andata chissà in quale altro continente? Invece è rimasta qua e c’è una ragione, perché vuole aiutarci veramente. E quando i giochi saranno finiti tornerà in carcere, come è già successo.
- Rosy è rimasta a Catania per aiutare te, per te, perché è legata a te. Dove pensi che l’abbia trovata, Domenico? Nascosta fra i cespugli di fronte a casa tua. Non penso che era lì per me.
- E perché non l’hai lasciata andare, cazzo?
- Perché io non sono te, non ho i tuoi principi di merda e non sono innamorata di una mafiosa.
Lara volge le spalle al suo collega, quindi se ne va lasciando nella stanza solo la lunga scia di un silenzio pesante come calcinacci che piovono dal cielo. Domenico non dice nulla, è un tasto così dolente, bollente. Continua a scottarsi e lo sanno tutti, glielo dicono tutti. Ma non si arrende Domenico testa dura Calcaterra. Arriverà fino alla fine dei suoi piani, anche a costo di rimanere solo. La sua lotta ha ragioni ben precise e non si arrenderà.
Raggiunge la sala interrogatori, quindi spalanca la porta con rabbia e violenza e Rosy rinsavisce sulla sedia. Gli occhi grandi, adesso sorridono. Non c’è più niente al mondo che le offra un pizzico di gioia come quando incontra Domenico. Perché al di là di tutto, dei baci, dei contatti, loro sono vicini con uno sguardo. E a pensarci bene, nonostante le fughe, i nascondigli e le pistole, Domenico è l’unico che sia riuscito a cambiarla. E a pensarci bene, è assurdo che adesso Rosy lavori veramente per lui, seppure a modo suo.
- Che diavolo ti è saltato in mente, Rosy? -, sentenzia Mimmo fra un misto di preoccupazione e nervosismo.
- Perché, che ho fatto? E’ la poliziotta che mi ha beccato, non mi sono mica costituita.
- Non ho voglia di scherzare -, le parole di Domenico cambiano il sapore delle cose, adesso. Lo sguardo di Rosy si fa più serio, è quasi spaventata. Perché sa benissimo dove lui vuole arrivare. Chè se non si fosse messa in testa di raggiungerlo a casa sua ancora una volta, lei non sarebbe lì.
- Minchia Domenico, che ne potevo sapere che quella stava là?
- E’ pieno di sbirri là, Rosy, e tu lo sai benissimo! Che cosa pensavi di fare? Lo capisci che non sei più nella condizione di giocare a nascondino? Se scoprono… -, Domenico si ravvede, quindi abbassa il volume della voce per non essere sentito - Se scoprono che più di una volta ti ho fatta scappare ancora, finisco nei casini, lo sai questo si?
- Lo so, ma non lo verrà a sapere nessuno, stai tranquillo.
- Domenico scusami…
- Sandro bussa prima di entrare!
- Ho bussato, forse non hai sentito…
- Ha bussato…
- Grazie! -, risponde con sarcasmo Sandro, rivolgendosi a Rosy - E’ arrivato Licata, lo faccio entrare?
- Sì, fallo entrare.
- Prego, sono di qua -, replica Sandro, quindi il questore entra nella stanza senza neppure rivolgere lo sguardo all’Abate.
- Dottor Calcaterra.
- Questore.
- Bene, vedo che la prima preda l’abbiamo recuperata. Ci vuole dire qualcosa, signora Abate?
- Niente.
- Non ha niente da dire? Magari il nome di chi l’ha fatta scappare dal carcere?
- Nessuno.
- Rosy se tu non aiuti noi, noi non possiamo aiutare te.
- Calcaterra, da quando noi siamo diventati complici? No è che non me lo ricordo, sai mi sfugge.
- Signora Abate non stiamo qui a scherzare, le conviene parlare.
- Mi rifiuto di parlare.
- Va bene, tanto la galera aspetta solo lei.
- Rosy ti prego, dicci quello che sai. Lo sappiamo che è stato De Silva a farti uscire da lì… Cosa vuole da te?
- De Silva? Ma se è da un pezzo che non lo vedo! Ancora vivo è?
- Sì, è ancora vivo e pensiamo che lei lo abbia aiutato in qualcosa… O sbaglio?
- Signor questore io non ho aiutato nessuno a far niente.
- Quindi mi sta dicendo che è scappata da sola dal carcere? Sarebbe una maggiore aggravante questa, giusto dottor Calcaterra?
- Giusto.
- Non parlo, inutile.
- Non avevamo dubbi… Non ho tempo da perdere qui con lei, se ha intenzione di collaborare è sempre in tempo, ma sono consapevole che parlo a vuoto. Arrivederci.
- Dottor Licata mi ci faccia provare ancora, un ultimo tentativo -, Licata osserva un istante Calcaterra, fermi entrambi sulla porta della stanza, quindi gli concede un ultimatum.
- Calcaterra lei non è nella migliore delle posizioni, lo sa questo si? Non facciamo scherzi.
- Nessuno scherzo. Uscirò da questa sala con qualche informazione, si fidi di me.
- L’ultima volta che l’ho fatto ho scoperto che nascondeva l’Abate un po’ ovunque, adesso cosa dovrei aspettarmi?
- Non sono più quell’uomo, dottore.
- Infatti, è peggiorato.
- Grazie della fiducia -, sentenzia Domenico con un piccolo sorriso scoraggiato, quindi chiude la porta alle spalle di Licata e si siede dall’altro lato del tavolo, incolla i suoi occhi sul viso di Rosy e si aspetta che lei parli.
- E’ inutile Domenico, lo sai che non ci sto a questo gioco.
- Ma perché Rosy? Cosa è cambiato? Fino a qualche ora fa mi aiutavi, perché adesso ti rifiuti di parlare?
- Collaboro solo con te, dovresti saperlo.
- Allora parlami, Rosy, parla con me -, Domenico prende le mani di Rosy fra le sue, un calore immenso scorre fra i loro corpi, riporta alla mente l’ultima volta in cui si sono sfiorati, a casa sua.
- Ho perso colpi, Domenico. Non so più come si faccia, ormai, mi faccio beccare come una ragazzina.
- Perché sei cambiata, Rosy, la vita ti ha cambiata.
- E’ anche colpa tua, lo sai.
- Sono contento di questo -, lui sorride e, Dio, quant’è bello. I capelli sempre per i fatti loro, come se di spazzolarli non ne volesse sapere. Lo sguardo verde, l’anima calda, il cuore acceso. Domenico guarda negli occhi Rosy, intravede fra le sue cose la tristezza, un senso di vuoto che la pervade - Che c’è?
- Niente, Domenico, non c’è niente… E’ che…
- Cosa? -, lui stringe forte la sua mano, come per infonderle il coraggio di parlare, di confidarsi con lui come se non fosse più il poliziotto col quale si rifiuta di collaborare.
- Mi sento così vuota, insignificante… -, Rosy tira fuori la sua angoscia, come un bambino dall’utero di sua madre. Le parole si fanno strada fra le corde vocali piegate dalla voglia di piangere, di crollare una volta e per sempre, chè tanto quella forte che non ha paura più di niente ormai non c’è più. Resta una donna, che ha perso tutto e che di andare avanti forse non ne ha più voglia.
- Non lo sei, Rosy, lo sai che non lo sei.
- Lavorare per De Silva era un modo per distrarmi, per non pensarci… Facevo quello che voleva, senza nemmeno chiedermi come e perché. Aspettavo poi di vederti o sentirti anche solo un attimo, perché poi tornavo a sentirmi viva. Mi sento come una persona che sta morendo tutti i giorni, tutti i minuti, come se non fossi più al mondo. Poi, quando ci vediamo, sento il sangue scorrermi di nuovo in tutto il corpo, posso riascoltare il battito del mio cuore, mi ricordo ancora che il mio corpo vive e funziona. Ma quando poi… Quando poi te ne vai, ce ne andiamo, mi sembra di sparire. Come se… Se un serpente mi stesse mangiando la pelle a pezzetti -, le lacrime iniziano a scorrere lungo il viso di Rosy, che non se ne vergogna, non se ne cura affatto - Adesso che sono di nuovo qua, che là fuori non servo più a niente, mi torna tutto alla mente. Leo, i suoi sorrisi, la sua voce… Io non ce la faccio Domenico, non ce la faccio a vivere.
Domenico resta immobile, perché ogni parola di Rosy accompagnata dal temporale di ogni sua lacrima lo uccide come l’eruzione di un vulcano sotto i suoi piedi. Non può fare niente, non c’è frase che tenga. Può solo starle accanto e stringerle le dita fredde fra le sue grosse mani, chè così lei si sente viva ancora un po’. Vorrebbe dirle che lui ha bisogno di lei, ha bisogno che continui a vivere perché lui non sarebbe più nulla senza la donna della sua vita, ma forse Rosy questo già lo sa. Resta semplicemente in silenzio, a fissare le sue labbra che si lasciano bagnare dalle lacrime salate di un dolore potente. Come si sopravvive alla perdita di un figlio? Come si sopravvive al pensiero di essere una madre senza un figlio? Rosy non smette di domandarselo, Domenico non trova risposte. La verità è che la vita ha servito il conto a quella donna che tempo fa ha sbagliato strada. E’ quella la vera Rosy, quella che riuscivano a vedere gli occhi di Claudia, la stessa che Domenico ha poi scoperto con i suoi. Lui ha capito che la verità nelle persone non è mai in superficie e allora ha scavato, è andato a fondo, si è sporcato le braccia, ci ha provato e si è sporcato anche il cuore, pur di conoscerla veramente. E adesso sente che, con lei, ha perso in fondo anche lui. Puniti dalla vita allo stesso modo, senza più le persone che amavano, senza figli. Chi altri poteva unire, Dio, se non loro due? E a dirla tutta loro sono rimasti, sempre, tutte le volte. Non si sono mai allontanati, neppure quando erano distanti quanto l’immensità o anni luce, chè magari nemmeno sanno esattamente quanto grande sia un anno luce, ma nonostante tutto loro si trovavano sempre, in ogni modo, in ogni caso. Quando il sole era alto in cielo o sotto il più violento degli acquazzoni. Nell’assenza più grande dell’universo o in un mercato di gente che aumenta a dismisura. E si trovano perché sono due che si cercano, loro. Chi si ama si cerca, nonostante tutto. E molto spesso chi si cerca non sa nemmeno di amarsi. E quanto costa nascondersi l’amore? Quanto ne vale la pena? Chè tanto da un giorno all’altro la vita cambia il colore delle lenzuola e resti a fissare la finestra con le parole fra le mani, perché ormai è troppo tardi e che ti sei innamorato non gliel’hai detto più.
- Leo non c’è più… -, Rosy guarda Domenico negli occhi, questa volta, distruggendo il chiasso dei suoi pensieri numerosi nella testa. Lo guarda dritto negli occhi con i suoi bagnati di rancore e sofferenza, bagnati di domande che non troveranno mai pace. Una lacrima scivola lungo il viso, esplodendo sul punto in cui si incontrano le loro mani, dove termina la sua corsa. E’ una lacrima grigia, suggella ogni male. Allora Domenico molla la presa, si alza dalla sedia e raggiunge la sua donna dall’altro lato del tavolo, poi l’afferra per un braccio e la trascina con forza fra le sue braccia, dove Rosy si lascia morire per alcuni istanti lunghi tutta una vita. Continua a piangere, non si ferma, non si calma. Perché il battito del cuore del suo bambino suona forte nel suo petto e Domenico stringe forte sul suo cuore il dolore di lei, lasciandosi bagnare il collo dal suo viso. E’ un momento in cui va in pausa il mondo, perché non è più importante dove sono adesso e quanti sbirri ci sono là fuori, non è importante che ce ne sia uno in quella stanza e che stringa fra le braccia una mafiosa il cui posto nell’universo è un letto scomodo di una piccola cella dietro le sbarre. Domenico lo sa, sa bene che Rosy ci tornerà là dentro, ma ci sono delle volte in cui cade ogni rigore, cadono le distinzioni e le appartenenze, perché di fronte a due corpi nudi quel che resta è soltanto l’amore.
- Leo non c’è più, Domenico, Leo non c’è più… Cosa faccio io, ora che Leo non c’è più?
Resta soltanto l’amore, in quella stanza fredda come i ghiacci. Resta l’amore, una frase che non smette di risuonare, troppe lacrime si infrangono sul pavimento e due cuori che battono all’unisono. E Domenico la stringe sempre di più, per spegnere dentro di sé il dolore di lei, per farla smettere di singhiozzare, per annullare dalla sua testa il ricordo di un figlio che non c’è più e di una vita che ha perso colore e significato. E’ il conto da pagare, Rosy Abate. E paga con l’amore di Leo che se n’è andato chiamando mamma troppe volte, paga con l’amore per un uomo così diverso da lei eppure troppo uguale, paga con la sua vita, che continua nonostante tutto ricordandole quanto male ha fatto e quanto, adesso, è costretta a subirne. Se fosse un brutto sogno, se si risvegliasse a tanto tempo fa, lascerebbe le pistole e le camurrie al loro posto, eccome se lo farebbe. E’ solo che, ora, nemmeno tutto il bene del mondo potrebbe riportarle indietro quello che ha perso. Le rimane soltanto Domenico e questa volta non molla la presa. Questa volta lo sente addosso a sé e con le sue braccia stringe forte la sua schiena, il suo corpo. Si cercano, si amano. Non serve dirselo, non sempre. Chi si ama si vive, con tutte le difficoltà, con tutte le distanze. Si vivono nell’eternità di un abbraccio concesso loro una volta e chissà quando, è il loro modo di parlarsi, quello. Scambiarsi la pelle è come fare l’amore tutte le notti e tutta la notte. Esserci è amarsi, per due come loro. E va bene così, chè in una vita così complicata un abbraccio come quello è tutto ciò che serve. 
 
 
  
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