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Autore: raganellabyebye    14/02/2014    0 recensioni
Roma 1880-2007 – Può un soggetto essere colpito due volte dalla sindrome di Stendhal a causa della medesima “opera”? Evidentemente si.
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Nord Italia/Feliciano Vargas, Nuovo personaggio, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Red Carnations'
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Quanti mesi sono passati dall’ultimo capitolo? Bah, le dita di una mano non bastano per contarli. Scusanti non ne ho, ma spero mi perdonerete – o sarete meno inclini ad uccidermi – una volta saputo che è tutta colpa di Harry Potter e delle centinaia di ff – più o meno belle – che hanno come protagonisti lui, la sua famiglia, e la miriade di personaggi che la Rowling ha evocato negli anni. In particolare, mi hanno preso i viaggi nel tempo e le dimensioni parallel- Vabbè, basta così, ecco il V capitolo!
 
Colpo di Stendhal
Capitolo 5
Il Siero del Superdeficiente
 
Quei cretini – adorabili, ma pur sempre cretini – dei miei fratelli sono in ritardo. Il motivo non è nemmeno tanto arcano: Feli, oltre che cretino, è pure un po' scemo, Lovi – povero Lovi, che pena mi fa, dover star sempre dietro a Feli e, con un po' di “fortuna”, al crucco – non gliene frega un cazzo, ma sarebbe forse meno stronzo se non dovesse fare da baby-sitter a Feli. L'abbiamo sottoposto a quello stress troppo improvvisamente, gli ci sarebbe voluto del rodaggio, invece... Bah, se non altro adesso andiamo da Strega: potrei uccidere per una carbonara, magari con un calice di Cerveteri rosso.
Butto un occhio all'orologio, pregustando il momento in cui potrò sedermi – mi ha fatto rimanere in piedi, a parlare, quel bastardo del contabile! – davanti a un piatto di pasta fumante, poi a casa a fare un riposino: stanotte avrò dormito quanto, due ore? Ho visto e rivisto e ricontrollato i piani di sicurezza per l'arrivo della delegazione americana da quando l'Air Force One si stava preparando a decollare – grazie al cielo le occhiaie non sono brutte quanto avevo temuto. Fra un impegno e l'altro, non riuscirò a vedere America nemmeno questa volta.
Ma che peccato.
Non che abbia rancori personali, con il ragazzo – niente di paragonabile alla bile che Francis e il crucco mi stanno facendo salire da una ventina d'anni a 'sta parte – ma anche escludendo i commenti pervenutimi – non sono quelli negativi di Lovi, a preoccuparmi, quanto piuttosto quelli entusiasti di Feli e gli occasionalmente positivi di Toni (nonostante per la guerra per le colonie oltreoceano se la sia proprio legata al dito) – ho preso il lavoro di Feli almeno una decina di volte (leggi “l'ho sbattuto fuori dallo studio prima che potesse farci fare una figura ancor più di merda”), e dalle mail di America posso affermare, senza ombra di dubbio, che il poveretto sia un totale, completo, assoluto, certificato, patentato deficiente.
Gli chiedo dei dati e lui o mi chiede di specificargli “quali dati” (stiamo parlando dell'incremento dell'attività piratesca nell'Oceano Indiano, secondo te che “dati” voglio? Le statistiche che il tuo governo ha fatto e per cui hai speso un totale di milioni, magari?), o mi manda dieci messaggi perché gli allegati superano la soglia massima consentita, della serie: non so cosa vuoi, quindi ti spedisco tutto e te li spulci da te. Magari s'impegna pure, ma ha la capacità intuitiva di un piccione tramortito.
Tiro fuori il cellulare, sperando forse che segni un orario diverso da quello del mio orologio: se qualche minuto in più o in meno non saprei, ma rimango comunque delusa, le 13 e 48 sono, le 13 e 48 rimangono. Leggo – per la centesima volta – il manifesto della programmazione del mese, sperando di trovare qualcosa di interessante; non che, una volta trovato, avrò comunque modo di andarci, figurarsi.  È una vita che non vado all'opera: qualcuno mi guasta sempre i piani all'ultimo minuto: Feli che si rompe una gamba, Feli chiuso in bagno, Lovi che chiude Feli fuori casa perché rompe, una relazione da consegnare all'ultimo minuto perché “ops, mi sono dimenticato di dirtelo, sorellona, mi serve per domani”. Non voglio nemmeno pensare alle volte che, invece di un Vargas qualsiasi, è stato uno dei miei datori di lavoro a chiamarmi, come se fossi l'unica capace di pulire dopo che hanno pestato una merda (figuratamente parlando, voglio dire).
Aaahhh... che stanchezza.
Essere la sorella maggiore è uno schifo.
Soprattutto quando sei circondata da tarati mentali.
Il mio sguardo riprende a vagare per la hall, provando a ricordarla fra un cambiamento e l'altro: 1990, dopoguerra, ventennio... e sempre più indietro nel tempo, con le vernici che cambiavano assieme ai colori indossati dagli spettatori.
Parrà una cosa ridicola, ma mi ha sempre divertito vedere le improbabili tolette sfoggiate dall'alta borghesia romana. L'opera era uno dei tanti posti di frequentazione in cui noi gentildonne gareggiavamo in sfarzo ed eleganza. Rimpiango di non essermi divertita di più, quando i vestiti andavano ancora lunghi e i ventagli i piume erano d'uso corrente. Singolare come oggi, nell'era della libertà d'espressione, in cui una donna può andare in giro come neanche una poco di buono avrebbe osato fare allora, la fantasia si sia così ristretta. La scelta è ormai ridotta a vestito+stola o, per le “ribelli”, giacca e pantalone “maschile”, sfiancati nei punti giusti.
Il vestito che indossavo la prima volta che entrai qui non aveva nulla a che fare con queste banalità. Modello relativamente classico, con gonna dritta sul davanti e pesante strascico dietro; l'avevo raccolto in modo che le pieghe, arricchite, dessero più volume allo strascico, che avevo fatto fermare dalla sarta in modo un po' particolare: volevo che nel punto all’inizio della schiena assomigliasse a una rosa. Maniche corte, scollatura tondeggiante a leggermente a V, lasciando scoperta un po' troppa pelle, ma la collana che volevo mettermi sarebbe altrimenti caduta sulla stoffa, mentre io volevo che il ciondolo facesse contrasto con la pelle. Mi piaceva particolarmente la seta damascata che avevo scelto, un borgogna tono su tono, decorata con ricami e passamanerie illuminate da sottilissimi fili dorati, invisibili, se non per il caldo luccichio che facevano sotto le luci. Al di sotto della seta damascata, trasparivano vari strati scalati di chiffon sovrapposto, ricamato con un motivo che richiamava il damasco sia nella forma che nel colore. Mi ero dimenticata i guanti a casa, purtroppo, ma in pochi soffermavano lo sguardo sulle mie mani.
Ora che ci penso, a proposito di sguardi insolenti...
Un rumore alle mie spalle mi riporta al presente, ma il suono non mi sorprende troppo: a qualche livello dell'inconscio, dovevo essermi accorta di non essere sola, nella hall.
“Ehm, excuse me-”
Mi giro.
L'armadio – perché definire “uomo” quello che mi trovo davanti sarebbe fuorviante – in completo blu notte che mi ha parlato si blocca, forse incerto sulle mie capacità di comprensione della lingua inglese o per il precipitare delle sue capacità comunicative nella mia scollatura: avendo lui la faccia in ombra non posso esserne certa. Sì, è vero, sta guardando verso il basso, ma con venti/trenta centimetri di differenza non ha molta scelta, a meno di non parlarmi fissando la porta alle mie spalle.
“I-I... am, no... you... th....“
I dubbi che avevo su di lui spariscono con l'inizio del suo balbettio benché – adesso che il mio sguardo si è abituato un po' di più al buio – mi sembra mi stia guardando in faccia, o quantomeno un po' più in alto del seno.
“May I help you? Posso aiutarla?”
Esordisco, senza potermi impedire un mezzo sorriso. Non sono ancora certa di dove si sia puntato il suo sguardo, ma vedo perfettamente la sua bocca aprirsi e chiudersi, a volte senza emettere verbo, cercando disperatamente di formulare una frase di senso compiuto. L'americano – per parlare, ha parlato poco, ma il suo accento è caratteristico almeno quanto di Lovi – sembra uno appena colpito da un fulmine, ancora stordito dal colpo e nemmeno sulla buona strada per riuscire a riprendere il controllo. Provo una narcisistica soddisfazione nel costatare che, nonostante l'età – sì, insomma, dimostro circa trent'anni, che per una nazione non è poco – sono ancora in grado di stendere un uomo senza nemmeno sforzarmi. Non che non succeda spesso, ma manifestazioni così palesi sono rare, negli ultimi tempi. Prima ancora di riuscire a distinguerne i lineamenti, è proprio questa considerazione a farmi pensare che “l'uomo” sia in realtà un “ragazzo”, nonostante la taglia. D'altronde, oltreoceano sembrano esistere solo pertiche, ma ne ignoro la ragione: spazi aperti e contaminati? Invadente eredità nordica? Cucina inglese? I misteri della genetica.
Levo il capo, guardandolo in faccia: ora che mi sono abituata alla scarsità di luce, distinguo persino l'azzurro dei suoi occhi dietro le lenti degli occhiali. Oddio, non che ci voglia una vista d'aquila: oltre ad essere spalancati, sono grandi come quelli di un cucciolo di Cavalier. La prima cosa a colpirmi è il realizzare quanto sia giovane: avrà sì e no vent’anni, e mai il termine “sbarbatello” è calzato così bene a qualcuno. Mi levo subito il sorriso dalla faccia, prima che la receptionist torni e chiami la polizia. Santo Cielo, posso sopportare di farmi chiamare La Lupa, ma rifiuto una qualsiasi associazione con Antonio, a qualsivoglia livello!
“Uh...”
Esordisce, in un ultimo tentativo di avviare la conversazione. Qualcosa, nella sua aria smarrita, risveglia un ricordo non troppo sbiadito finito fra i meandri del mio cervello, in qualche modo collegato a ciò cui stavo pensando prima di essere interrotta. Gli “levo” gli occhiali, “annerisco” il suo abito, gli “cambio” la cravatta...
La rabbia inizia a ribollirmi dentro prima ancora che abbia capito esattamente chi sto guardando.
 
 
 
Note
_Il vestito di Nina ricorda un po’ l’ultimo che vedete in questa pagina web
http://ladamedesroses.blogspot.it/2013/01/vestiti-per-sognare.html
Ovviamente, dovete “apportare” le “modifiche” descritte, in primis il colore, ovviamente – no, giusto per essere chiara, è più che comprensibile che pensiate che abbia sbagliato pagina o abbia problemi di personalità multipla. Quando ho parlato di “rosa”, intendevo: avete presente che lo strascico inizia all’altezza dei buchi di venere (quelle due piccole rientranze che abbiamo appena sopra il di dietro, ai lati della spina dorsale)? Ecco, lì il tessuto è come “arrotolato”, formando una sorta di rosa, per poi “distendersi” normalmente, dal sedere fino alla fine.
_Il siero del supersoldato è quello che diedero a Capitan America per trasformarlo in un superbona- ehm, in un supereroe che – per inciso – sembra la versione reale di Alfred, ci avete fatto caso? Comunque, il perché dello storpiamento del nome mi sembra abbastanza ovvio.
byebye
  
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