un ringraziamento speciale ad AleJackson, che supporta tutti i miei progetti pazzi ♥
14
febbraio
Annabeth
non aveva nemmeno realizzato che giorno
fosse.
Non
che le importasse comunque.
Terminate
le vacanze di Natale era dovuta tornare
a scuola, e non le era possibile recarsi al Campo ogni weekend, anche
se
avrebbe voluto.
Poi
si era imposta di andare a
trovare Sally il più possibile, ed al momento il suo
obiettivo principale era
quello. Per quanto amasse i suoi rumorosi amici del Campo, preferiva la
quiete
dell’appartamento alla confusione della Collina Mezzosangue.
Preferiva guardare
Sally piangere e confortarla, singhiozzare con lei, piuttosto che dover
fingere
di stare bene ed indossare una maschera.
Comunque
quel giorno Annabeth
fu chiamata con un messaggio Iride (mentre era nel bel mezzo dei
compiti di
trigonometria) da una Piper molto emozionata.
“Annabeth!”
“Hey
Piper.”
“Oggi
devi venire
assolutamente”
“Come,
scusa?”
“Vieni
al Campo, dobbiamo
mostrarti una cosa!”
Il
cuore di Annabeth mancò un
battito. “E’ successo qualcosa? Ci sono
novità? Dall’altro camp—“
“No,”
Piper la interruppe. “Ma ci vieni a trovare lo
stesso.”
“Piper,
ho un mucchio di
compiti e —“
“Niente
scuse, Butch ti sta già venendo a prendere con
Blackjack, perché suppongo tu preferisca il pegaso alla
metropolitana…”
“D’accordo,”
concluse Annabeth sconfitta.
Durante
il tragitto, Blackjack si comportò stranamente. Annabeth
capì che cercava di dirle qualcosa, e appena scesa gli
accarezzò la folta
criniera. Il pegaso nitrì.
“Sì,”
gli disse lei, “manca anche a me.”
Fantastico,
ora anche i cavalli mi parlano di Percy.
Piper
la stava aspettando,
mano nella mano con Jason.
Quel
semplice gesto strappò ad
Annabeth un sorriso, ma poi fu colta da un’ondata di gelosia
per il semplice
fatto che lei non stringeva la mano del suo
ragazzo da ormai due mesi, e non sapeva quando (e se)
l’avrebbe stretta di nuovo.
Che
depressione.
Solitamente
non si lasciava
cogliere da quel tipo di pensieri. Non
sono mica una figlia di Afrodite, si diceva.
Ma
non sei neanche un automa,
le rispondeva una vocina nella sua testa.
Sentire
due voci contrastanti
nella propria testa non era mai da considerarsi un buon segno.
Piper
la abbracciò, Jason si
limitò a stringerle la mano. Quel ragazzo era sempre
così maledettamente
formale. Così romano.
“Allora,”
cominciò la figlia
di Atena, “ditemi perché sono qui. Cosa volevi
mostrarmi, Pipes? L’Argo II è
pronta? Avete bisogno di una
mano?” chiese impazientemente. Quando Jason, Piper e Leo
erano tornati dalla
loro impresa a dicembre, era risultato chiaro che Percy si trovasse al
campo
romano, ma anche che non potevano fare un passo verso di lui
finché la nave che
Leo stava costruendo non era pronta.
“Frena,
frena. Non è niente
che non possa aspettare. Va’ a salutare Chirone, gli manchi
un sacco. E’ molto
preoccupato per te, sai?”
Annabeth
sorrise amaramente.
“Sì,
ma poi…?”
“Poi
hai tempo per passare a
salutare chi vuoi, farti un giro… mettiti comoda insomma.
Passo a prenderti per
cena.”
Annabeth
sbuffò, pensando che
se non si trattava di nulla di urgente allora sarebbe potuta rimanere
comodamente nel dormitorio della scuola.
Passò
da Chirone, ma l’argomento
Percy fu prontamente evitato da entrambi. C’erano pochissimi
campeggiatori,
quasi nessuno rimaneva al Campo durante l’inverno.
Incontrò
Clarisse e Chris che
andavano a duellare con la spada.
Ad
Annabeth risultava ancora
strano vedere Clarisse innamorata, e soprattutto, quasi dolce
con qualcuno.
Sembrava
che oggi incontrasse
solo coppiette.
Clarisse
le chiese quanto si
sarebbe trattenuta e Annabeth le rispose onestamente di non saperlo.
La
figlia di Ares accolse la
risposta con un’occhiatina complice al fidanzato e una risata
consapevole.
Dopo
essersi congedata, stanca
e scocciata, Annabeth decise di rifugiarsi nella sua cabina fin quando
Piper
non si fosse fatta viva.
Entrò
nell’edificio grigio
riprogettato personalmente da lei, e fu sorpresa di trovarvi ben tre
dei suoi
fratelli. Malcolm corse ad abbracciarla e lei realizzò solo
allora quanto le
era mancato il suo fratellone.
“Annie!
Hai saput—cioè,
volevo dire, quando sei arrivata?”
“Cosa
avrei dovuto sapere?” chiese sospetta.
“Niente!”
Malcolm
dovette sostenere lo sguardo indagatore della sorella, e
chissà come ci riuscì.
“Non
me la conti giusta,” gli
disse Annabeth tenendolo puntato con l’indice mentre salutava
gli altri
fratelli. Malcolm arrossì, poi si fece più serio.
“Allora,”
si schiarì la gola,
“come stai? Intendo sul serio.”
Annabeth
abbandonò la maschera
che indossava e rispose semplicemente, “Uno
schifo.”
“Come
dovrei stare? Percy è
sparito… ora abbiamo anche una vaga idea di dove possa
essere ma non posso
raggiungerlo! Sto uno schifo. Sono frustrata.
Non so nemmeno perché sono qui. Pensavo che Piper avesse
qualche novità riguardo
l’Argo, qualcosa che
potesse in
effetti farmi sentire più vicina a lui..
non sai quanto è frustrante stare seduta nella mia camera
tutto il tempo, andare
a scuola, fingere che non sia successo nulla… gli dei che
non rispondono, Gea…”
fece un profondo respiro.
“Siamo
sull’orlo di un’altra
guerra, e credo anche che siamo più preparati rispetto a
quella contro Crono.
Abbiamo passato tantissimi momenti difficili, abbiamo perso tanti eroi,
ma
sembrava tutto più facile, e sai perché?
Perché lui era
lì. Noi.. litigavamo spesso, per gelosia, per
caparbietà,
ma alla fine lui tornava sempre. Adesso è tutto diverso. Mi
sento sola, Mal. So che stai per
dirmi che non
sono sola, perché qui tutti mi vogliono bene, ed
è vero, lo so che siete tutti
con me. Ma mi sento tanto la bambina che scappò di casa a
sette anni. Sola ed
impotente.”
Malcolm
si limitò a fissarla,
consapevole che non avrebbe potuto dire nulla per consolarla.
Annabeth
uscì senza nemmeno salutare,
smaniosa di raggiungerlo.
La
cabina 3 era vuota da così
tanto tempo che sembrava riflettere tristezza.
Appena
entrata, Annabeth poté
finalmente sentire quel perenne profumo di mare che le era mancato
tanto.
Si
rannicchiò sul letto di
Percy cercando di riempirsi le narici di quel profumo. Era come se
fosse stato
lì la notte precedente.
Annabeth
si ritrovò a
sussurrare il nome di Percy, ancora e ancora, come un mantra. Non si
accorse
delle lacrime che silenziose le rigavano il volto finché non
posò la testa sul
cuscino bagnato.
Piper
passò a prenderla dopo
quella che sembrava un’eternità. Fuori era buio e
faceva decisamente freddo. Annabeth
non le chiese come sapeva che era nella cabina di Percy invece che
nella
propria.
“Hai
saltato la cena,” le fece
semplicemente notare la figlia di Afrodite.
“Volevo
stare un po’ da sola.
E poi non ho molta fame…”
“D’accordo.
Ora datti una
sistemata e andiamo.”
“Dove?”
“Sorpresa.
Forza.” Posò sul
letto la borsa che portava e ne cacciò una spazzola.
“I tuoi capelli sono un
disastro e hai le labbra tutte screpolate.” Le
passò uno stick di burro di
cacao alla vaniglia. “E non puoi girare a maniche corte,
Annabeth, siamo a
febbraio! Sai almeno che giorno è oggi?”
Annabeth
ci pensò su. No, non
sapeva che giorno era. Tutto quello che sapeva è che erano
passati due mesi
dalla sparizione di Percy, ma aveva perso il conto delle ore dopo tre
settimane
e dei giorni dopo un mese. Sapeva che il giorno dopo aveva un compito
di
trigonometria che sarebbe sicuramente andato malissimo visto che Piper
aveva
avuto la brillante idea di farla venire al Campo piuttosto che
lasciarla
studiare in pace, apparentemente per nessun motivo valido. Scosse la
testa e
l’altra sospirò.
La
borsa di Piper sembrava la
risposta a tutti i suoi problemi. La mora ne tirò fuori una
felpa azzurra e
gliela passò.
“No,
aspetta,” disse Annabeth
dirigendosi verso l’armadio. I vestiti di Percy erano ancora
lì. Un po’
stropicciati, ma c’erano. Prese una felpa rossa con la
scritta Goode High e la
indossò. Inutile dire
che portava ancora il suo profumo.
Piper
sorrise. In un paio di
minuti Annabeth fu quantomeno decente.
“Possiamo
andare.”
Giunsero
al grande falò
attorno al quale erano seduti tutti.
Leo
Valdez andò incontro ad
Annabeth e la salutò. “Allora,
dolcezza,” Annabeth gli lanciò
un’occhiataccia a
quell’appellativo. “Sai che giorno è
oggi?”
E’
diventata la domanda preferita di tutti?
Vediamo…
metà febbraio. Il mio compleanno è a luglio.
Quello di Percy ad agosto. La nave
non è pronta. Natale è passato da due mesi, per
Pasqua manca ancora un po’…
Oh.
Metà
febbraio...
“Oggi
è San Valentino,” le
disse Leo nel momento in cui Annabeth terminava il suo ragionamento
giungendo
alla medesima conclusione.
Non
aveva mai festeggiato San
Valentino. Era una festa stupida. E poi con chi avrebbe dovuto
festeggiarlo?
Non è che avesse avuto un ragazzo, prima di Percy. E ora
Percy non c’era.
Chissà per quanto non ci sarebbe stato ancora…
Annabeth
scartò l’ipotesi
formulatasi nella sua mente che Leo potesse chiederle di uscire
perché, per
quanto strano, quel ragazzo non era del tutto cretino e sapeva
sicuramente che
Annabeth gli avrebbe fatto assaggiare il suo gancio destro ad una
simile
proposta.
Quindi…?
“Quindi,”
prese a parlare
Piper dal momento che Annabeth non aveva dato alcuna risposta e Leo non
aveva
più continuato, “Abbiamo pensato di sottrarti alla
tua sicuramente noiosa
giornata di studio chiusa nel dormitorio della scuola, per festeggiare
qui
tutti assieme…” Piper le sorrise.
“Sappiamo che Percy ti manca da morire e
probabilmente vorresti essere con lui in questo momento, ma abbiamo
pensato ad
una consolazione.”
Piper
si spostò dalla visuale
di Annabeth permettendole di mettere bene a fuoco tutti coloro che
erano seduti
attorno al falò…
“Hanno
tutti qualcosa da
darti.”
…e
notare che ognuno di loro
aveva un fiore in mano. Rose, primule, asfodeli, gerani, gigli e
qualche specie
variopinta che non riconobbe. Leo prese un mazzo di asfodeli dalla sua
cintura
magica e glielo porse. Will Solace le sorrideva radioso, Jake Mason
starnutiva
ogni volta che avvicinava il naso alle primule che teneva in mano,
Chris
Rodriguez si guardava intorno con aria circospetta, come se stesse
cercando
qualcosa che gli era sfuggito.
“Ringrazia
la casa di Demetra
per i fiori!” le disse Piper.
“Piper,
ragazzi… non so cosa
dire. Siete la mia famiglia.”
Qualcuno
le tamburellò sulla
spalla.
“Ti
eri scordata di noi?” disse
Connor Stoll.
“Già,
altro che famiglia,” appoggiò
Travis.
“Mascalzoni!”
esclamò Annabeth
affettuosamente. “Da quanto tempo non ci vediamo?”
Essendo
gli Stoll figli di
Hermes e fratelli di Luke, Annabeth aveva passato molto tempo con loro
da
piccola. Non solo le estati, ma anche gli inverni, visto che Travis e
Connor
stavano al Campo tutto l’anno.
“Più
o meno da quando sei
tornata a scuola e non ti sei più fatta sentire,
Annabeth.”
“Comunque
abbiamo qualcosa per
te anche noi.”
I
fratelli le porsero una rosa
blu ciascuno e poi le diedero un bacio sulla guancia. Annabeth mise un
braccio
attorno alle loro spalle.
“Devo
andare a ringraziare
Katie e la cabina di Demetra e poi mi raccontate delle vostre ultime
malefatte,
okay?”
“Ti
accompagniamo,” offrì
Travis.
“Poi
ci aiuti a pianificare
uno scherzo geniale a Clarisse?” chiese Connor.
Annabeth
rise.
“Va
bene, tanto domani torno a
scuola e la sua rabbia non potrà
raggiungermi…”
“E’
bello sfruttare le tue
genialità da figlia di Atena per i nostri piani
malefici,” confessò Connor.
“Già,
c’eri mancata, Annabeth,”
ammise Travis.
Annabeth
li strinse a sé.
Angolo
autrice: è un bel po’
che non ci vediamo. Grazie a tutti quelli che sono arrivati fin qui!
Francamente, la causa principale per cui sto aggiornando
così a rilento sono le
poche recensioni. Poi ci si mette anche la scuola e comunque negli
ultimi tempi
ho scritto e pubblicato parecchie one-shot, per cui Missing
al momento non è la mia priorità…
comunque, spero che questo
capitolo vi sia piaciuto. Fatemi sapere che ne pensate e magari il
prossimo
arriverà presto.
Grazie
ancora a chi segue e
recensisce la storia, sappiate che la continuo per voi.
Alla prossima,