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Autore: Smile_Storm    15/02/2014    0 recensioni
La guerra tra Cacciatori e Demoni detta i movimenti del mondo da anni e solo una persona ha il potere di porvi fine. Jade è la chiave della maledizione che se spezzata può regalare l'immortalità ai demoni e far invertire il processo della vita ai Cacciatori ,o viceversa ,in modo tale che chi possiede l'immortalità ,faccia estinguere l'altra razza. Un'avventura che farà tornare a galla dettagli di un intricato passato e durante la quale si intreccerà una difficile storia d'amore.
Jade Holst potrebbe essere la svolta o la fine. La maledizione o la benedizione.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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L’odore del cappuccino che ho davanti mi solletica le narici mentre continuo a girare il cucchiaino nella sostanza marrone chiaro davanti a me ,facendo scomparire il disegnino a forma di cuore fatto con la polvere di cacao che il barista ogni tanto mi dedica. Ha un bel sorriso ,ma le nostre conversazioni non sono mai andate oltre le ordinazioni e i “ciao, come va?” ,quindi non penso ci sarà mai nulla. Nella mia mente nel frattempo continuano a riapparire sporadiche le frasi dette da mio zio. Non posso ancora credere che mi voglia mandare a finire gli studi a Londra. Lui non può farmi questo ,io ho una vita qui ,ho dei ricordi e non posso lasciare tutto e partire così in fretta. So che non gli è mai importato gran che di me e che mi ha presa sotto la sua tutela solo perché era l’ultimo parente che mi rimaneva ,ma non pensavo arrivasse a tanto.
<< Hey, ci sei ancora? >> mi chiede la mia migliore amica Eddy, ovvero Edith Laursen. E’ di origini danesi ,ma a vederla sembra una vera e propria newyorkese con la sua ciocca blu che emerge dalla chioma corvina di capelli che le arrivano lisci fino alle spalle. Ha gli occhi marroni della madre ,grandi e con lunghe ciglia , la bocca carnosa e i tratti del viso delicati ,come la sua pelle chiara. Il suo sguardo è vispo ora più che mai ,dopo averle detto delle intenzioni di mio zio e come me , ne è rimasta stupita. Mentre gesticola noto le sue clavicole muoversi sotto la pelle e istintivamente il mio pensiero va alla sua magrezza ,che io non ritengo esagerata ,ma che anzi le invidio. Tutti dicono che io non ho di questi problemi e probabilmente i miei fianchi stretti ,le cosce magre e la pancia piatta dovrebbero esserne testimonianza ma io mi sento troppo piccola nel mio corpo ,come una bambina, mentre lei è a proprio agio nel suo. Ho gli occhi grandi verdi e i capelli rossi naturali ,che mi ricadono mossi oltre le spalle e mi arrivano sotto il seno, le lentiggini dello stesso colore dei capelli sulla pelle pallida ,ma non troppo, la bocca sottile e il naso un po’ allungato ,all’insù. A vederci vicine le nostre origini sembrano invertite. << Parlo da sola? >> tenta di riportarmi al mondo reale Eddy ,seduta di fronte a me al tavolo del nostro bar preferito a New York.
<< No, ti ascolto. >> le rispondo io ,come se solo adesso le sue parole si fossero fatte chiare e comprensibili.
<< Pensavi al trasferimento ,vero? >> riesce subito a capire lei ,per lo meno in parte.
<< Beccata. >> annuisco. << E’ solo che mi sembra assurdo , non può mandarmi a studiare a Londra ,questo è l’unico posto che.. >> sbatto velocemente le lunghe ciglia con il mascara nero ,per evitare di farlo colare con le lacrime. << è l’unico ricordo che ho dei miei genitori. >> termino la frase, fissando gli occhi nei movimenti circolari che faccio compiere al cucchiaino nel cappuccino. I miei genitori sono morti in un incidente stradale quando ero molto piccola, tanto che di loro non ricordo praticamente niente e non mi hanno lasciato molto in loro ricordo ,quindi questa città è l’unico posto che me li ricorda ed è come se mi tenessero compagnia ogni giorno, o almeno è così che mi piace pensarla. Mi passo la mano all’altezza dello sterno per assicurarmi che almeno l’unica testimonianza che materialmente ho dei miei genitori, la collanina con incisi i loro nomi ,sia ancora lì. Sotto la maglietta riesco a sentire la superficie liscia a forma di cuore all’interno della quale vi sono scritti i nomi delle mie origini : Emma e Andrew.
<< Lo so. Mi dispiace Jade, io.. vorrei poter fare qualcosa, ma.. >> la interrompo con un gesto sbrigativo della mano, staccandola improvvisamente dalla collanina sotto la maglia.
<< Non puoi fare nulla, non è colpa tua. >> lei abbassa per un secondo gli occhi e io bevo qualche sorso del mio cappuccino. << Non parliamone più però, ti prego. Luke ha detto che partirò tra una settimana e ciò significa che abbiamo ancora sette giorni circa da vivere normalmente ,perciò.. >> vengo interrotta dalla sua voce.
<< Cosa?! Solo una settimana!? >> esclama lei ,allarmata, sgranando gli occhi. Io le lancio un’occhiataccia dato che le ho detto di non voler affrontare nuovamente l’argomento e lei capisce al volo ,tornando ad assumere un’espressione meno sconvolta e più naturale possibile.

Restiamo ancora una mezz’ora abbondante e poi ,dopo un largo giro per tornare a casa che passa per Central Park , mi incammino sola verso la mia via, dato che Eddy abita prima di me ed è già tornata.
Il freddo mi fa racchiudere nella mia giacca e il vento di fine ottobre si insinua tra i miei capelli ,intrecciandoli e sferzandomi il viso. Quando dopo una decina di minuti arrivo al mio portone lo apro e mi incammino su per le scale ,ma avverto che c’è qualcosa di sbagliato e una strana sensazione si fa largo sotto il mio sterno. Quando arrivo al mio pianerottolo scuoto la testa come per far scomparire quel senso di inquietudine ,ma quando sono più vicina alla porta di casa ,noto che il chiavistello è saltato ed è a terra ,lasciando la porta accostata. Un brivido mi percorre la schiena e il freddo che provavo prima scompare improvvisamente ,lasciando spazio alla paura. Apro la porta in legno e di fronte a me si para uno spettacolo mai visto: Il divano e le poltrone sono rovesciati e il tavolino da tè tra loro è spaccato a metà, sulla scrivania non c’è più nulla dato che il computer, le penne e le varie cianfrusaglie che ci tenevamo sono tutte riversate sul pavimento ,la maggior parte rotte o rovinate. Sbatto più volte le palpebre pensando di sognare e spalanco meccanicamente la bocca. Mi faccio forza dopo qualche momento e mi dirigo nelle altre stanze, notando che nel corridoio tutti i quadri delle pareti sono a terra ,in una distesa tagliente di vetri rotti. Apro la porta della cucina e anche qui regna il caos: le pentole appese sopra i fornelli sono a terra ,alcune di loro piegate -“non possono essere stati dei semplici ladri a fare questo” è il primo pensiero che balena fulmineo nella mia mente- ,il tavolo dove mangiamo, la maggior parte delle volte in un silenzio imbarazzante, ha le gambe di legno rotte e le sedie sono tutte ribaltate qua e la, il frigo è aperto e il suo contenuto riversato a terra. Sento il cuore accelerare i battiti e un tremito che mi scende dai polsi ,ai palmi ,fino alla punta delle dita. Stringo i pugni per fermarlo.
<< Zio! >> lo chiamo ,prima a bassa voce ,come se le parole facessero fatica ad uscire dalle mie labbra secche.  << Luke! >> lo chiamo per nome, stavolta con più forza ed energia. Improvvisamente stare ferma diventa faticoso, come se le gambe sentissero il bisogno fisico di muoversi e io inizio a camminare freneticamente per la casa. Mi passo le dita nei capelli rossi intrecciati dal vento e mi stringo forte le tempie, come per ragionare in modo più efficace e rapido. “Non posso perdere anche lui ,non l’ultimo mio parente ,non posso” al riecheggiare di queste parole nella mia mente sento la paura mista ad ansia e preoccupazione pervadermi. Mi dirigo verso la sua stanza e apro violentemente la porta appena socchiusa. Stringo i denti e le mie mani allentano la presa sui miei capelli quando lo vedo ,disteso a terra come se fosse svenuto. << Zio! >> continuo a chiamarlo, ma non da cenni di sentirmi, quindi mi avvicino a grandi e frettolose falcate ,dopo aver tirato un sospiro di sollievo per aver pensato che forse è solo svenuto a causa di ..un calo di zuccheri? L’idea mi sembra quasi assurda ,ma in questo momento qualsiasi magra consolazione ha il potere di farmi respirare in maniera più regolare. Sono vicina al suo corpo inerme ed è solo ora che vedo chiaramente i segni violacei sul collo ,appena sopra il bordo della maglietta. Riprendo a respirare freneticamente ,come se in ogni respiro non ci fosse abbastanza ossigeno. Sposto velocemente la mano sul suo polso per sentire il battito. Indugio sulla sua pelle per qualche secondo ,sperando che abbia solo il battito rallentato ,ma non ci sono segni di attività cardiaca. Lui è.. morto. La realizzazione mentale di questo pensiero ,mi fa salire le lacrime agl’occhi, oscurandomi la visuale. Lui era la mia famiglia! Non può essersene andato anche lui! Mi chino sul suo corpo per il dolore e le lacrime iniziano a scorrere copiose, mentre sento il suono dei miei singhiozzi che riempie il silenzio della stanza. Sento il viso umido e le dita che stringono la stoffa del golf che porta mio zio. Sento il suo profumo sulla mia pelle e per un istante mi sento a casa ,come se quel profumo mi portasse in luoghi sicuri ,ma poi torno alla realtà e mi scosto dal suo corpo senza vita. Sento dei rumori provenire dal salotto e un brivido mi percorre la schiena. Mi asciugo gli occhi ormai impiastrati di mascara sciolto e mi dirigo con cautela verso la fonte del suono anomalo.  Mi porto una mano alla collana che ora sembra più calda e mi rassicura quel poco che basta per muovere le gambe passo dopo passo. Svolto l’angolo e tento di non fare rumore. Nel mio –disastrato- salotto si muove sinuosamente una figura femminile ,con un fisico slanciato e delle gambe da modella fasciate da stretti pantaloni neri  lucidi. I suoi capelli biondo cenere lisci e lunghi fino al sedere oscillano un poco quando faccio il primo passo nel grande vano di fronte a me, come se mi avesse sentita.
<< Ciao Bambolina. >> esordisce lei ,con tono beffardo. La vedo girare la testa di lato e abbassare gli occhi ,come per sentire meglio la mia risposta. Ha lunghe ciglia nere e ,da quello che riesco a scorgere, un lungo naso affilato, appena sopra la piccola bocca coperta elegantemente di rossetto rosso.
<< Chi sei tu? Perché lo hai ucciso? >> domando aggressivamente e subito mi chiedo da dove è uscita tutta l’energia che ci ho messo. Sarà la mescolanza di adrenalina ,shock e istinto di sopravvivenza.  Lei si volta e noto che è davvero una bella ragazza, ma nei suoi occhi blu innaturale ,quasi suoi toni di un azzurro evidenziatore brillante, noto una scintilla sinistra e mi ritraggo impercettibilmente. Probabilmente sono solo lenti a contatto colorate ,ma mi inquietano. Sulle sue labbra femminili compare un ghigno. Sento la collana pizzicarmi contro la pelle, come se stesse per prendere fuoco. Non ho teorie per giustificare una cosa simile.
<< Faccio questo effetto? Pensavo di essere più carina.. così mi offendi. >> si burla della mia reazione lei.
<< Perché lo hai ucciso?! >> stringo i denti e con più decisione di prima ribadisco l’argomento.
<< D’accordo, calma Bambolina..  Ti voleva far volare in Europa e non poteva farlo, quindi bisognava eliminarlo e ,anche se devo confessare che non demordeva >> si guarda intorno per sottolineare il caos che ha creato << sono soddisfatta del mio lavoro. >> conclude lei, con espressione soddisfatta.
<< Cosa te ne importa di dove finisco gli studi? Non puoi averlo ucciso per uno stupido viaggio! >> la mia rabbia è al limite ,ma tengo saldi i miei piedi a terra e evito di saltarle al collo. Lei avrebbe la meglio.
<< Oh certo che posso ,lo ho fatto. >> dice con un tono di sufficienza. << Ma perché nessuno mai apprezza il mio lavoro? Mi ci impegno anche io. >> Non posso credere a ciò che sta succedendo. E’ surreale e probabilmente sto impazzendo. Resto in silenzio e le lancio un occhiata talmente carica di odio che per un attimo credo che la incenerirà ,ma ovviamente non è così. << Ok, va bene, non mi ci impegno.. sono naturalmente portata a dire la verità! >> dice lei come per autocompiacersi, mentre sulle sue labbra si apre un sorriso divertito.
<< Tu sei matta! Un pazza psicopatica che se ne va in giro a uccidere la gente.>> ascolto le mie stesse parole mentre mi escono dalle labbra come un fiume in piena e al sentire “uccidere la gente” faccio fatica a ricacciare le lacrime per non mostrarmi debole.  << Ora chiamo la polizia. >> non so perché ma mentre lo dico mi sento ridicola.
<< Vedi, il fatto è che il mio lavoro ancora non è finito: devo portarti con me. >> Al sentir pronunciare quelle parole sgrano gli occhi e un brivido di terrore si impadronisce per un frazione di secondo del mio corpo teso.
<< Cos.. >> non faccio in tempo a finire la frase che lei è già di fronte a me. Non so cosa aspettarmi e proprio quando mi sto per allontanare mi abbraccia e mi sento come in assenza di gravità ,nel vuoto. Mi gira la testa e so di non potermi staccare dalla mia carnefice o cadrò nel baratro apertosi sotto i miei piedi. Sento il cuore rallentare fino quasi a fermarsi. Chiudo gli occhi e cerco di non pensare. Tutto questo non può essere vero ,sto sicuramente avendo un incubo. Improvvisamente sotto le mie suole sento la durezza del suolo e mi stacco dalla pazza bionda. Apro gli occhi e scuoto la testa per levarmi di dosso quel senso di irreale e mi accorgo di essere in una stanza grande e luminosa. La parete che da sull’esterno è interamente di vetro e la luce che ne filtra illumina la stanza bianca facendola sembrare quasi asettica. C’è un letto ,con lenzuola bianchissime ,un comodino con una sveglia ,un tavolo con due sedie di legno chiaro sopra il quale vi è un cesto di frutta fresca e un piatto ricco con carne ben condita, verdure grigliate e anche un po’ di pasta. Sposto lo sguardo ,un po’ per incredulità e un po’ per curiosità e vedo  una cassettiera dello stesso legno in fondo alla stanza ,dalla parte opposta al mio letto. La quarta parete ,quella che da all’interno, è spoglia e a dominarla interamente vi è una porta blindata con un rettangolo vuoto attraversato da sbarre di ferro. E’ una prigione con tutti i comfort. Da quello spioncino allargato vedo spuntare due occhi blu evidenziatore e un sorriso beffardo ormai a me noto. Non mi ero accorta che lei non fosse più a pochi centimetri da me.
<< Ora puoi chiamare la polizia quanto vuoi. >> richiama la mia attenzione la bionda.
<< Si può sapere cosa vuoi da me? Cosa hai contro la mia famiglia? >> domando al limite della frustrazione. Mi sento in gabbia e in pericolo. Il cuore riprende a battermi velocemente e irregolarmente. Una lacrima di nervosismo mi riga il viso, ma nel mio sguardo faccio ben in modo che non ci sia traccia di debolezza.
<< Tu non mi hai fatto nulla ,ma la tua morte può fare tanto per me e per la mia specie. >> confessa lei. Vogliono uccidermi . Questa consapevolezza fa scendere una seconda e una terza lacrima sui miei zigomi. << Oh, non piangere.. Almeno stasera avrai un buon pasto ,non come quelli che preparava tuo zio Luke. Sai, teniamo molto al concetto dell’ultima cena qui. >> fa posare gli occhi irreali sul pasto che ho trovato sul tavolo e poi li fa tornare su di me.
<< Non nominarlo! >> le ordino con durezza ,quasi urlandolo.
<< Come sei permalosa.. Va bene, non lo dirò. >> si blocca per un attimo lei e poi riprende. Ma come fa ad essere tanto fredda e distaccata?  Solo quando riprende a parlare mi ricordo che è una sorta di sicario e che mi sono posta una domanda stupida. << Ti vengo a prendere domani alle nove per il grande evento, metti ciò che trovi nell’armadio. >> si ferma di nuovo ,forse per vedere una mia possibile reazione ,ma rimane delusa. Sono impassibile esternamente ,mentre dentro sto morendo. << Un ultima cosa: quel vetro non può rompersi e questa porta è ben più che blindata, quindi non cercare di scappare. >> alzo il mento in segno di sfida e forza. << Peccato, avevi dei bei capelli. >> esclama e poi se ne va, sparendo dalla mia visuale, come se niente fosse e il mio omicidio facesse solo parte della routine quotidiana. Sento le gambe tremare e faccio appena in tempo a raggiungere il letto, per poi crollarci sopra. Sento l’adrenalina che abbandona il mio corpo ,portando con se anche le mie ultime forze. D’un tratto la collana inizia a bruciarmi contro la pelle e me la tolgo immediatamente. Tenendola per la catenina ,guardo il ciondolo in cerca del conforto dei miei genitori ,ma ciò che vedo non è ciò che mi aspettavo: il ciondolo è quasi incandescente, brilla nel suo metallico splendore. Non cosa diavolo stia succedendo e questa è la goccia che fa traboccare il vaso. Sento le energie andarsene, la testa girare e pulsare sulle tempie e svengo, senza quasi accorgermene. 
  
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