Anime & Manga > Dragon Ball
Segui la storia  |       
Autore: giambo    15/02/2014    3 recensioni
Plant, alcuni anni dopo la sconfitta di Goku per opera di Baby.
Un uomo privato della donna che ama.
Un tiranno perverso e privo di ogni scrupolo.
Un androide diviso tra l'amore per una sorella da tempo perduta e la ricerca disperata di vendetta.
E poi c'è Lui.
Lo spirito, il demone delle anime dannate. L'essere più depravato e malvagio dell'intero universo.
La sua venuta cambierà ogni cosa. Compresa la lotta per il potere che si sta consumando tra il potente re Baby, e il disperato Crilin.
Genere: Azione, Drammatico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: 17, 18, Baby, Crilin, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 7
 
Goten osservò con disgusto l’uomo che aveva davanti a sé.
I lunghi capelli neri, raccolti in un’elegante coda, i tratti del volto affilati e decisi, che lo facevano assomigliare ad un grosso felino, i vestiti logori e di un colore ormai indefinito, stinti dalla pioggia, dal sole e dalle altre intemperie. Ogni cosa di lui lo rivoltava, persino il semplice fatto che stesse lucidando una grossa pistola metallizzata. Goten sapeva che quel modello di arma da fuoco era in dotazione dell’esercito, e che probabilmente il cyborg l’aveva rubata, ma preferì andarci sopra. Lo odiava, ma ora gli serviva.
“Dunque, hai parlato di due prede: chi sono?”
Riluttante, lo tsufuru alzò lo sguardo, incrociando i propri occhi scuri con quelli gelidi del cyborg. Nonostante odiasse ammetterlo, ogni volta che fissava l’androide numero 17 negli occhi provava una forte sensazione di disagio. Gli sembrava quasi che fosse lui ad avere il coltello dalla parte del manico. Nonostante Goten potesse ricattarlo con un semplice cenno della mano, quest’ultimo non era tranquillo.
“Credo tu sappia di chi sto parlando.” Esordì con voce sicura. “Crilin e della mocciosa mezzosangue che si porta sempre dietro.”
Le sopracciglia sottili del cyborg numero 17 si alzarono lievemente verso l’alto.
“Interessante.” Mormorò con voce vellutata, ma il supremo generale poteva percepirne il veleno contenuto in essa a metri di distanza. Decise di sorvolare anche su quello: voleva chiudere quella penosa discussione in fretta.
“Non so cosa ci trovi di interessante…” rispose scrollando le spalle lo tsufuru. “In ogni caso, qui dentro ci sono tutte le informazioni che abbiamo sui loro ultimi spostamenti. Gradirei che tu le leggessi.” Aggiunse con disprezzo il guerriero, buttando di malagrazia una busta sul semplice tavolo di legno che separava il cacciatore ed il generale.
C17 appoggiò con cura la propria arma e lo strofinaccio con cui l’aveva strofinata finora sul tavolo, si stiracchiò con espressione annoiata, e si accasciò mollemente sullo schienale della propria sedia. Osservando con un leggero sorrisetto sulle labbra il proprio ospite.
“D’accordo.”
Goten rilassò impercettibilmente le spalle. Ogni volta che doveva impartire ordini a quello stramaledetto androide non sapeva mai prevedere le sue intenzioni. Era uno dei motivi per cui odiava richiedere i suoi servizi: era troppo imprevedibile, non ci si poteva fidare di lui.
“Molto bene, spero riuscirai a trovarli in breve tempo…posso fidarmi?” aggiunse lo tsufuru con voce tombale.
C17 assunse un’espressione di finto stupore.
“Vi ho mai deluso, supremo generale?” domandò calcando untuosamente il titolo militare del secondogenito di Goku.
Goten contrasse la mascella, ma non rispose alla provocazione sottointesa dell’altro: non voleva dargli quella soddisfazione.
“Molto bene. Ti darò due uomini che ti aiuteranno nelle ricerche. Mi auguro che ti saranno di aiuto.”
Per la prima volta da quando la loro conversazione era iniziata, C17 sembrò adombrarsi.
“Non ho bisogno dei tuoi uomini.” Replicò gelido.
Goten sogghignò.
“Pensi che io mi fidi totalmente di te?” sussurrò con voce velenosamente dolce lo tsufuru. “Ti facevo più furbo, mio caro numero 17.”
“I tuoi inutili sottoposti mi sarebbero solo d’intralcio.” Rispose con calma gelida il moro. “Mi rallenterebbero. E tu non vuoi questo supremo generale, vero?”
“E tu vuoi per caso che io faccia stuprare tua sorella da tutti i miei uomini uno dopo l’altro?” rispose sghignazzando l’altro.
C17 rimase immobile, l’unica cosa che il cyborg fece fu quella di spostarsi lentamente una ciocca corvina di capelli, usciti dalla coda, di fronte. Il sorriso di Goten si allargò nel constatare di essere riuscito a far arrabbiare l’androide.
“Il tuo padrone non te lo permetterebbe.” Rispose sempre algido l’androide.
“Cosa sai di cosa pensa il mio signore, androide?” domandò con voce pacata il guerriero. “Magari si è stancato di fottersi quella cagna di tua sorella, e ha deciso che debbano godere del calore della sue cosce anche i suoi fedeli soldati. Sarebbe un’azione degna di un sovrano generoso come lui, non credi androide?
C17 non disse nulla. Con estrema calma, il cyborg prese a grattarsi il mento, osservando distrattamente il soffitto della sua casa. Sembrava quasi che Goten per lui non ci fosse più. Quest’ultimo lo prese come il segno di aver raggiunto il limite della pazienza dell’androide.
“Hai due mesi di tempo per trovarli.” Proseguì con voce fredda lo tsufuru. “E voglio rapporti e notizie dettagliate delle ricerche ogni settimana. Per ogni rapporto che mancherai di farmi pervenire, renderai estremamente felice un mio soldato per una notte.”
C17 smise di grattarsi il mento e riprese ad osservare con calma glaciale il guerriero di fronte a lui.
“D’accordo.” Rispose con voce pacata.
“I soldati che ti porterai dietro saranno cinque. Saranno qui tra due ore esatte.”
“Avevi detto due.” Osservò con calma l’altro.
“Ho cambiato idea.” Replicò con un sorrisetto di sfida Goten. Lo tsufuru ora sembrava divertirsi nel cercare di far perdere le staffe al cyborg, ma quest’ultimo si limitò a fare un altro cenno di assenso.
Il sorriso di Goten divenne più largo.
“Ti tengo per le palle, androide.” E con quest’ultima frase, il supremo generale prese congedo ed uscì dall’abitazione del cyborg.
 
Una volta uscito Goten, C17 rimase immobile a fissare il soffitto della sua abitazione per parecchi minuti. La sua espressione era di granito, i suoi occhi erano più gelidi del solito, ma dentro di essi si poteva leggerci una rabbia sopita.
Poi, infine, il moro si alzò con un grugnito.
“Avrei dovuto ucciderlo anni fa…” borbottò mentre scioglieva i muscoli delle spalle. “Forse adesso non ci troveremmo in questa merda, se gli avessi spaccato quella testa pelata quando ne avevo l’occasione.”
Prese il proprio revolver e si incamminò verso una stanza secondaria della sua abitazione. Mentre giocherellava con il cane dell’arma, il cyborg prese ad immergersi in ricordi lontani. Lasciando da parte, momentaneamente, i propri problemi presenti.
 
“Quindi ora sei sposata?”
C18 guardò il fratello a disagio. Il cyborg maschio non avrebbe saputo dire per quale motivo. Forse perché era la prima volta che si vedevano da anni e lei aveva cominciato una relazione con quel tappetto di Crilin, oppure perché lei, in quel preciso istante, era vestita con uno splendido vestito da nozze bianco, con filamenti d’argento ad impreziosire il tutto. Ma C17 credeva che la ragione fosse principalmente un’altra: sua sorella non sapeva più dove collocarlo nella sua nuova vita.
“Sì.” Si limitò a borbottare la bionda mentre giocherellava con un pezzo della gonna. Al moro faceva uno strano effetto vederla con addosso un vestito, C18 li aveva sempre detestati, eppure, per amore di quel piccoletto, ne aveva indossato uno per un intero giorno, sfilando davanti ad un sacco di persone per ore ed ore.
Era esterrefatto. Si domandava cosa diavolo avesse fatto quell’idiota di Crilin per riuscire a cambiare così tanto sua sorella.
“Cosa c’è? Ti vergogni ad avere addosso quella roba in mia presenza?”
C18 girò la testa, mentre un leggero colorito rosastro andò a tingere le sue guancie.
“Che cosa sei venuto a fare, C17? Perché sei qui?” domandò con voce imbarazzata la bionda.
“Volevo vedere mia sorella…ti dispiace?”
“No…ma non credo che sia una coincidenza che tu sia sbucato fuori proprio oggi che mi sposo.”
“No, non lo è.” Mormorò il moro mentre si sedeva affianco alla sorella sulla spiaggia davanti alla Kame House.”Volevo capire.”
“Capire cosa?”
“Cosa ti ha cambiata così tanto.”
C18 prese ad osservare il mare illuminato dalla luce argentea della luna. I suoi capelli dorati sembravano catturare la luce delle stelle.
“Non lo so cosa è successo.” Rispose alla fine dopo lunghi minuti in cui era regnato il silenzio tra lei e suo fratello.”E’ accaduto…l’impossibile. Ma non sono delusa o arrabbiata per questo. Io…sono felice.”
C17 non rispose subito. Rimase lì, immobile, accanto alla sorella, mentre il mare si infrangeva con dolcezza sulla battigia davanti a loro.
“Credi di essere innamorata?”
Davanti a quella domanda, C18 portò la testa all’indietro, scoppiando in una delle sue rare risate.
“Cos’è, adesso sei geloso di lui fratellino?”
“Può essere.” Replicò con un sorrisetto inquietante il moro. Nell’osservarlo sorridere, la bionda tornò subito seria.
“So cosa stai pensando, pensi che io mi stia approfittando di lui per qualche oscuro motivo, dico bene?”
“L’hai detto tu…” dichiarò alzando le mani C17.
“Pensi veramente che, per ottenere ciò che voglio, andrei a letto con un uomo per cui non provo nulla, facendomi mettere incinta da lui?”
Per la prima volta dall’inizio della loro conversazione, C17 ebbe uno scatto incontrollato. Osservò con stupore sua sorella per qualche istante, per poi rivolgere il suo sguardo alla casa dietro di sé.
“Non pensarci neanche per un istante, fratellino. Lui non lo sfiori neanche con un dito.”
“E chi lo dice?” mormorò con voce carica di collera l’androide maschio continuando a fissare l’oscura Kame House.
“Lo dico io.” Ribatté gelida l’altra. “Crilin è mio marito, e non ho l’abitudine di far toccare agli altri le mie cose.”
“Quindi lo vedi come un oggetto? Un semplice passatempo?”
“Certo che no.” Rispose con rabbia l’altra. “Il modo con cui lo vedo è soltanto mio, fratello.”
Tra di loro calò di nuovo il silenzio. I due androidi ripresero a fissare il mare senza dirsi nulla per parecchi minuti.
“Non hai ancora risposto.” Disse ad un tratto C17, rompendo di nuovo il silenzio della spiaggia.
C18 sbuffò irritata.
“Perché ti interessa sapere se lo amo o meno?”
“Mi interessa perché sei mia sorella.” Replicò con voce gelida l’altro. “E non ho passato l’inferno per tutti questi anni affianco a te soltanto per poi lasciarti cadere tra le lenzuola del primo idiota che ti fa gli occhi dolci.”
 “Mi stai dando della puttana, fratello?” mormorò con tono altrettanto freddo la bionda.
“No, però voglio una risposta. E tu non me l’hai ancora data.”
C18 prese un profondo respiro, cominciando a massaggiarsi le tempie con le mani.
“Sei veramente insopportabile!” esclamò con tono esasperato.
“Sono tuo fratello per un motivo.”
Lei lanciò un’occhiataccia al gemello, poi si mise di nuovo a fissare la linea dove il manto della notte si fondeva con il mare.
“Tu mi domandi se lo amo?” mormorò alla fine dopo altri minuti di silenzio. “Non lo so C17. Non so cosa significa la parola ‘amore’. Durante tutta la nostra vita, la parola amore è stata una cosa astratta, lontana, che non ci doveva riguardare.”
C17 ascoltava la sorella in silenzio, tenendo lo sguardo fisso sulle proprie ginocchia.
“Ma ti posso dire una cosa: con Crilin sto bene. Mi sento protetta, curata e libera di vivere la mia vita come voglio. Non so se questo è amore, ma se lo è allora ti posso dire che sì, amo Crilin.”
C17 rimase impassibile per molti minuti. Poi, all’improvviso, si alzò in piedi, subito seguito dalla sorella.
“Cosa farai?” gli domandò lei fissandolo negli occhi.
Lui le sorrise mestamente.
“Non ne ho idea…ma di certo non mi farò abbindolare dalla prima donna che sarà gentile con me.”
C18 sorrise. Aveva capito che suo fratello aveva accettato la sua scelta.
“Non gli farai da zio, vero?”
“No.”
“Va bene.” Replicò impassibile lei. Le dispiaceva, ma decise di non mostralo.
Poi lui se ne andò. Lasciandola libera di vivere la sua nuova vita con quel goffo terrestre che le aveva rapito il cuore.
 
C17 prese a mettere in un sacco alcune cose per il viaggio. Era un’operazione meccanica per lui. In fondo, quella non era la prima volta che dava la caccia a qualche ribelle del regno lontano dalle zone abitabili. Ma la cosa non gli dispiaceva. In quel momento usare il cervello non gli pareva una buona cosa, meglio perdersi nella meccanica ripetitiva dell’abitudine.
Improvvisamente, il cyborg si trovò in mano un libro. Lo soppesò perplesso. Ne aveva sempre avuti pochi dato che leggere non rientrava tra i suoi passatempi preferiti, ma ciò che più l’incuriosiva di quel tomo era un foglio che fuoriusciva dalla copertina.
Una volta tirato fuori, il moro comprese perché l’aveva messo in quel tomo anonimo, disperso nel disordine della sua casa.
Quello che all’inizio gli era parso un semplice foglio era in realtà una fotografia di una bambina di circa cinque anni che sorrideva felice all’obbiettivo. Aveva lucenti capelli biondi raccolti in due codini, guance paffute ed occhi azzurri. Sotto, due semplici parole che lo colpirono allo stomaco con la violenza di un maglio.
“Tua nipote”
L’androide fissò con fare impassibile la foto per parecchi minuti. Sua sorella aveva voluto a tutti i costi che avesse almeno una foto di quella nipote che, per lui, aveva sempre significato meno di zero. Stranamente l’aveva conservata, anche se non sapeva darsi un motivo logico per averlo fatto, ma la cosa che più lo colpiva era che lui, quella bambina, l’aveva già vista una volta.
Solo che non era più una bambina.
 
Il corpo di una donna giaceva scomposto, affianco alla porta sfondata della casa, sopra una pozza di sangue nero. Gli occhi chiusi, il volto pallido, i capelli fradici ed uno squarcio nel petto.
 
Già, lei. Quella donna era sua nipote. Lo sapeva quando ne aveva visto il cadavere? Sì, certo che lo sapeva visto le circostanze in cui si stava muovendo. Ma all’epoca aveva avuto la precedenza un’altra persona a sua nipote. Non ci aveva fatto troppo caso a quel cadavere, l’aveva semplicemente scavalcato.
Ma ora non era più sicuro di poter fare la stessa cosa. Sapere che la bambina nella foto sarebbe morta dissanguata nel pieno della giovinezza gli lasciava una sensazione strana nel petto. Quasi di dolore, come se lo trovasse estremamente ingiusto.
Riprese a fissare la foto, constatando che quella bambina aveva i suoi stessi occhi azzurri.
La donna aveva gli occhi chiusi…quella bambina no. Lei li teneva aperti, desiderosa di vivere la propria vita.
Proprio come sua madre.
C17 alzò lentamente lo sguardo al soffitto, soppesando il tumulto di emozioni che si dibattevano in lui.
Infine, fece per mettere la foto di sua nipote nel sacco da viaggio, ma all’ultimo ci ripensò e la tolse. Riponendola in un luogo più sicuro.
Terminò la propria sacca da viaggio, tirando fuori la carabina e le munizioni e preparandole attentamente. La lettera di Goten invece la ignorò.
Le due ore trascorsero velocemente. Quando l’androide vide i soldati arrivare, comprese che era tempo di muoversi.
Si mise il sacco in spalla, prese il proprio revolver, si infilò a tracolla la cartucciera insieme al fucile ed uscì di casa.
Gli uomini che lo attendevano fuori erano cinque umani dal volto duro, segnato dalla vita in caserma. Indossavano giubbotti mimetici ed avevano a tracolla ognuno una propria borsa. Di armi invece, non c’è ne era l’ombra.
Il più anziano dei cinque, un tipo segalino sulla trentina, si avvicinò all’androide appena uscì dalla propria abitazione. Il cyborg, che di solito trovava l’atmosfera del bosco attorno a casa sua gradevole, questa volta la trovò estremamente fastidioso con quei cinque cupi umani che doveva portarsi appresso.
“Siamo pronti.” Furono le uniche parole che uscirono dalla bocca del tipo segalino.
“Bene.” Osservò distrattamente.
Fuori era sera. L’aria era profumata dagli odori del bosco, mentre l’udito sviluppato dell’androide percepì gli animali diurni ritirarsi nelle tane, mentre quelli notturni prepararsi alla nottata.
Sospirò, mettendosi meglio il peso in spalla.
Era pronto. Aveva fatto la sua decisione.
La caccia poteva cominciare.
 
Attorno era buio.
Non capiva perché, ma quel buio non le piaceva. Sapeva di marcio, di ammuffito e di bruciato. Come se qualcosa di andato a male venisse bruciata per essere purificata.
Fuori era buio? Dove era la luce? Perché la lasciavano in balia dell’oscurità?
Non le piaceva.
Ma come faceva a capire chi era lei? Chi era? Cosa era? Un essere umano? Un animale? Un mostro? Un alieno?
Cosa era? Perché non capiva cosa le stava accadendo?
“Sei sicuro…viva?”
Parole sfuocate squarciarono la sua oscurità. Le accolse con gioia, come un morente nel deserto accoglierebbe dell’insperata acqua.
“Ma sì, non vedi?...”
“Può…ma…sicuro…giusta?”
Non afferrava il significato completo di quelle parole, ma non le importava. Tutto quello che desiderava era che quelle parole non smettessero di echeggiare nella sua oscurità, che non la lasciassero di nuovo sola.
Sola…perché si rivolgeva a sé al femminile? Che fosse una femmina, una donna?
Non se lo ricordava.
Una grande rabbia divampò, bruciando il suo buio ed illuminando di una bianca e cruda luce le sue tenebre. Ne rimase accecata, ma la cosa che più la stupì fu che quella luce sparì subito, quasi che qualcosa, o qualcuno, stesse controllando le sue emozioni.
Lei non era più arrabbiata.
Qualcosa non voleva che lei fosse arrabbiata.
“Non credi che dovremmo coprirla? Sì, insomma, non vedi che è completamente nuda? Inoltre quelle ferite non mi piacciono.”
“Lo sai anche tu che non si può. La polizia ha detto che chiunque venga ritrovato nel luogo dell’esplosione deve essere lasciato esattamente nella posizione in cui viene ritrovato, morti compresi.”
“Mmm…”
Le voci le giungevano più nitide ora, quella rabbia misteriosa e la sua repentina scomparsa l’avevano resa più lucida. Si accorse di avere un corpo, delle membra, che lei poteva guidare e comandare, ma erano pesanti, terribilmente pesanti. Anche solo sollevare un dito le costava uno sforzo immenso.
“Guarda! Si sta muovendo!”
“Speriamo che la polizia arrivi presto, non so cosa fare se questa comincia a muoversi.”
Provò ad aprire gli occhi, ma lo sforzo richiestole dal suo fisico era eccessivo. Tuttavia, cominciò a riprendere possesso degli altri suoi sensi. Percepiva della dura terra sotto di lei, un forte odore di bruciato le pizzicava le narici, in bocca aveva un sapore ferroso ed aspro che lei identificò come quello del sangue, mentre l’unico suono che percepiva erano quelle due voci maschili.
“Ah, eccoli!”
“Giusto in tempo!”
Giusto in tempo? Per cosa? Cosa stava accadendo attorno a lei? E perché continuava a darsi del lei?
Cominciò ad avere paura, provò di nuovo ad aprire gli occhi, ma anche stavolta lo sforzo risultò eccessivo per lei.
“L’avete trovata voi?”
“Sì, signore. Era proprio sotto queste rovine.”
“E non l’avete toccata, vero?”
“No, signore. Ci siamo limitati a spostare le macerie che la ricoprivano e basta.”
“Molto bene.”
Una nuova voce risuonò. Era una voce fredda, dura. Una voce che non le piaceva, anche se le risuonò familiare. Non il tono, quanto la cadenza. Era come se quella voce provenisse da un ambiente che lei conosceva molto bene.
“Portatela via.”
Delle mani la afferrarono in maniera rude e la sollevarono. La mancanza del terreno sotto di lei le provocò un forte conato di nausea. L’acida bile provò ad uscire dalla sua bocca, ma aveva le labbra come incollate. Pertanto essa si limitò a bruciarle la gola.
Un mugolio di dolore le uscì.
Poi, tutto tornò buio e silenzioso.
 
CONTINUA
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Dragon Ball / Vai alla pagina dell'autore: giambo