Libri > I Miserabili
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Autore: Letz    15/02/2014    1 recensioni
"L’idea era venuta ad Enjolras. Per la prima volta il ragazzo si era letteralmente innamorato di qualcosa che non fosse la Francia e voleva rendere partecipi di questo sentimento tutti i suoi amici. Lei era rossa, con dei bottoni dorati. Non una giacca, si diceva Enjolras, ma LA giacca per eccellenza."
Enjolras obbliga gli Amis a comprarsi delle giacche coordinate. non immagina di certo che per colpa di questa giacca rossa le relazioni all'interno del gruppo cambieranno per sempre e l'amore arriverà a bussare anche alla sua porta.
e/R, Courfeyrac/Jehan, amicizia R/Jehan
AU, ambientazione moderna. Personaggi OOC (spero non eccessivamente)
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Enjolras, Grantaire
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Tutto è bene quel che finisce bene





“Vattene Courf”. La voce di Jehan era rotta per le lacrime. “Questa è ancora la mia stanza, e ho tutto il diritto di starci da solo”.
“Ti prego, ti prego Jehan parliamone. Io non volevo dire…”
“Che sono una specie di prostituta che salta da un letto all’altro? Quella definizione credo si adatti perfettamente a te”.
Courfeyrac incassò il colpo. “Io non potevo credere che uscissi con Grantaire e non me lo avessi detto. Ero ubriaco e l’alcool fa fare le peggiori cazzate”.
“Come venire a letto con me”, replicò gelido il rosso. “Tranquillo, ti sei spiegato benissimo quella mattina. Per tua informazione io NON vado a letto con Taire. Ma forse dovrei, visto che lui fa di tutto per farmi star bene mentre tu non fai altro che rovinare la mia vita”.
“E cosa vorresti dire con questo? Per te ci sono sempre stato. Cristo Jehan, siamo amici da quando eravamo ancora dei mocciosi. Ho anche cercato di sistemare il nostro rapporto dopo quella cosa”.
“Sistemare? Lo hai fatto molto bene infatti. Mi hai detto in faccia che ero la perfetta scopata di riserva, quando le tue amichette facevano le preziose” urlò Jehan a pieni polmoni. “Mi hai trattato peggio di una puttana. E non hai avuto uno straccio di senso di colpa a venire a letto con me quando ero così ubriaco da faticare a ricordarmi il mio nome”.
Courfeyrac era sconvolto: solitamente il suo amico non diceva parolacce e di certo non gridava come se le loro faccende private fossero di competenza dei vicini. Ma quando tentò di farlo capire al rosso si scatenò un vero uragano.
“Cosa credi che mi importi dei nostri vicini? Hai paura che si sappia che sei venuto a letto con me? Che ti dicano alle spalle che sei gay? Tranquillo, tra pochissimo questo non sarà più un problema perché loro non saranno più i MIEI vicini”.
“Che cosa credi di fare Jehan? Non puoi andartene! Dove starai?”
“Da Taire. Uso la stanza degli ospiti da un pezzo e alcune mie cose sono già da lui. Non ti sei mai chiesto dove andassi tutte le notti che ti portavi a casa una di quelle oche urlanti?”, e mentre parlava il rosso buttava i suoi vestiti in una valigia. “Non intendo restare un minuto di più in questa casa con te”.
Da Courfeyrac nessuna replica. La cosa era curiosa: quell’idiota solitamente non perdeva occasione per parlare. Oddio. Stava piangendo. Courfeyrac, grande e grosso com’era stava piangendo. Per un secondo Jehan dimenticò quanto fosse arrabbiato con lui e si bloccò in mezzo alla stanza con la valigia traboccante di vestiti in mano.
“Ero geloso marcio. Di Grentaire intendo. Non potevo nemmeno pensare che tu e lui… Quando siamo andati a letto insieme, quella è stata la notte più bella della mia vita Jehan. Non avevo mai provato niente di simile. E non è perché sei un uomo ed era la prima volta per me. Credo di essere innamorato di te. Se tu ora te ne vai io mi ammazzo. Giuro che lo faccio. Non posso nemmeno lontanamente immaginare di vivere qui senza di te. E mi dispiace di aver detto quelle cose ieri. E anche quella volta. Credevo che sarebbe stato più facile per te dimenticare tutto. Io sono la persona più sbagliata con cui potresti stare. Non sono nemmeno capace di dichiararmi senza dire delle enormi cazzate e…”. Courfeyrac non finì mai la frase, che fu prontamente soffocata dalle labbra di Jehan. Perfetto, ora stavano piangendo entrambi.
 
~
 
Disegnare solitamente lo aiutava a scaricare la tensione. Ma al terzo foglio bucato per la troppa foga con cui calcava la matita Grantaire dovette arrendersi. Per quel giorno niente disegno-terapia, meglio passare direttamente all’alcool-terapia. Quella di solito non falliva mai. Aveva appena aperto la seconda bottiglia quando un bussare insistente alla porta lo costrinse a separarsi dalla sua fedele amica. Probabilmente era Jehan che aveva di nuovo dimenticato le chiavi ed era probabilmente più ubriaco di lui.
“Tesoro non c’è bisogno di continuare a suonare quel dannato campanello” gridò, “lo sai benissimo che la porta è aperta”. Forse avrebbe dovuto sospettare qualcosa, Jehan non suonava MAI, si limitava ad entrare in casa cinguettando frasi come “ecco la colazione” o “di nuovo ubriaco Taire?”.
“Non sono Jehan”.
La voce sembrava proprio quella di Enjolras ma poteva benissimo essere frutto del vino. E invece no, era proprio lui, in tutta la sua irritante bellezza che si guardava in giro come fosse spaventato dalla sua stessa ombra.
“La mia casa non morde Enjolras. E neppure io. Solitamente”. Ecco, che si spaventasse per davvero quell’idiota.
“Posso?”, disse il biondo con voce sicura, per nulla impressionato dalle minacce dell’amico.
“Tecnicamente ti ho invitato io ad entrare quindi sarei scortese a cacciarti via. Hai cinque minuti per dire quello che vuoi. Ma prima vatti a dare un’asciugata, che stai innaffiando il mio tappeto”.
Enjolras era infatti bagnato fradicio e l’acqua gli scendeva a rivoletti giù dai vestiti. Evidentemente fuori pioveva, si disse Grantaire. Non che la cosa lo preoccupasse più di tanto: fino a che fosse rimasto rintanato nel suo appartamento il mondo fuori poteva anche crepare.
Con la faccia di uno a cui hanno appena investito il cane sotto gli occhi il biondo corse verso il bagno senza nemmeno guardare Grantaire.
 
~
 
Cinque minuti erano decisamente passati, e non aveva intenzione di aspettare un secondo di più. Quell’idiota di Enjolras doveva andarsene. E in fretta. Si diresse con passo pesante verso il bagno, che si rivelò essere desolatamente vuoto. Un pensiero orribile gli attraversò la mente: se non era in bagno poteva essere solo in…camera sua!
Lo trovò in piedi al centro della stanza, senza maglietta –particolare che solo 24 ore prima gli avrebbe fatto venire la tachicardia- e ancora piuttosto bagnato. E per tutti i santi del Paradiso stava fissando quella cosa che assolutamente non avrebbe mai, mai, mai dovuto vedere. L’intera parete era occupata da un ritratto di Enjolras. Gli ci erano voluti mesi per completarlo ed era così somigliante che a volte ci parlava, immaginandosi la voce del biondo che rispondeva alle sue domande. Dio, quanto era patetico.
“È stupendo Taire. Non credevo avessi così tanto talento. Ma io non credo di essere così…”
“Perfetto?”
“Avrei voluto dire serio, ma mi rendo conto che sarebbe stato stupido da parte mia”, sospirò Enjolras. “Sono davvero così senza cuore?”.
“Con me lo sei. Non credo proprio tu ce l’abbia un cuore, mio bel marmo”. Accidenti, ora il vino stava facendo il suo dovere: Grantaire si sentiva la bocca impastata e una gran voglia di piangere. La verità, quello schifo di verità, non ne voleva sapere di starsene al suo posto. Era il momento di parlare.
“Sai avevo immaginato tutta la scena. Ti avrei invitato per la cena di San Valentino, avremmo bevuto, riso e scherzato. Saresti stato sciolto, a tuo agio. Come non sei mai quando in giro ci sono io. E poi ti avrei portato qui, a vedere il quadro. E poi ci saremmo baciati, e avremmo fatto l’amore e io avrei smesso di sentirmi così di merda ogni volta che mi guardi ma in verità non mi guardi davvero e ti limiti a sorvolarmi e…”, ecco, le lacrime erano arrivate. Grazie tante vino.
“Noi…noi possiamo farlo comunque. Anche se non è San Valentino e le cose sembrano così incasinate. E io ti guardo, ti guardo sempre Grantaire, più di quanto dovrei. E quando eri ubriaco, e mi hai baciato, ho avuto paura. Di lasciarmi andare con un altro essere umano, paura di sentirmi debole perché ogni volta, ogni dannata volta che ti penso, il mio cervello si ferma”. Enjolras prese un respiro profondo: la verità era qualcosa di spaventoso da dire, persino a se stessi.
“Non sono bravo quando si parla di sentimenti perché non ho mai, mai provato niente di simile per una persona. Io non ho idea di cosa sia l’amore ma se amore è sognarti tutte le notti, cercarti ogni volta che non ci sei, e comprare stupide giacche solo per fare pace allora è amore il mio. Credo di amarti Grantaire. E giurami che non sei andato a letto con Jehan, perché non potrei sopportare di averti detto tutte queste cose e di essermi reso ridicolo per poi vederti stare con un altro”.
Grantaire si avvicinò lentamente a quello strano essere che non poteva in alcun modo essere Enjolras. Perché il vero Enjolras non avrebbe mai detto quelle cose. Doveva essere frutto del vino, se no come si spiegava che l’apparizione ritta in mezzo alla sua stanza fosse mezza svestita? Tanto valeva approfittarne. Si gettò sulle labbra dell’apparizione e fu il bacio migliore della sua vita, rotondo, tutto lingua e cioccolato –come diavolo faceva a sapere di cioccolato?- e miele e perfezione. Fu solo quando la voce dell’angelo sospirò “ti prego Taire lasciami respirare solo per un secondo” che Grantaire realizzò che quello tra le sue braccia era proprio Enjolras.
Le cose andarono esattamente come Grantaire aveva sognato, cena esclusa. Parlarono fino a notte fonda di tutto e di niente e si persero uno nei baci dell’altro e l’alba, con tutti quei dannati uccellini che cantavano, li sorprese nel letto a fare l’amore. 


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Eccomi giunta alla fine di questa mio primo racconto. Ho amato alla follia scrivere questo capitolo, che è decisamente più mieloso di quanto mi aspettassi all'inizio *-*  Finalmente le cose si sitemano, tutti sono felici, anche se per arrivarci ci sono voluti una mezza rissa e fiumi di lacrime. Ah, quanto amo il dramma :D
Spero che il risultato non sia una schifezza totale e ringrazio chiunque leggerà/recensirà.
Alla prossima,
Letz
  
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