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Autore: rachel_hetfield    15/02/2014    4 recensioni
Presi una boccata d’aria troppo grande, mi girò la testa e mi appoggiai al metallo freddo della capsula. «Come puoi amarmi se mi odi?»
«Non so come dirtelo che non ti odio.»
Lasciai il metallo e mi avvicinai di più a lui. Con la mano destra mi allungai verso il pulsante del timer. Un suono robotico lo fece partire.
«Non fare cazzate» singhiozzò «ti prego. Resta qui. Non ce la farei senza di te.»
Avevo impostato il timer per sessanta minuti, un’ora esatta. Avevo un’ora di tempo per decidere se fare le valigie, o attirare Kevin e rimandarlo indietro, a Oslo.
Evitai le sue labbra che si erano chinate su di me. «Devo... devo restare da sola. Torniamo nella locanda. Devo pensare.»
«Non farlo...» mormorò con la voce strozzata dal pianto.
Scossi la testa mordendomi un labbro. Fortunatamente ero voltata di spalle, perché avevo iniziato a piangere anche io.
«Rachel, ti amo.»
Singhiozzai e mi sentì. Il mio cuore balzò. Mi aveva circondata con le braccia, di nuovo. Solo che stavolta piangevamo entrambi. Il destino ce l’aveva con noi.
«Ti amo anche io, Dan.» [capitolo 16]
Genere: Drammatico, Romantico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Il terreno si faceva troppo rigido per proseguire. Parcheggiò davanti all’uscita di Congledon e mi invitò a scendere e continuare a piedi, ma avevo le gambe a pezzi e non mi ero riposata abbastanza. I seguaci d Kevin avrebbero potuto trovarci in qualunque momento, e restammo sull’attenti ogni singolo momento in ogni singolo passo che facevamo. La boscaglia si infittiva, la stradina era sempre più scoscesa e ripida. Dovevamo stare attenti a non cadere di sotto, o saremmo arrivati a Frodsham con poche ossa intere.
L’ansia e la paura di essere trovati aumentava, e anche la preoccupazione per Woody, Will e Kyle. Sentii dei passi e mi arrestai completamente per il terrore, mentre Dan, più in basso di me, mi prese per la vita e mi fece scendere su un pianerottolo. Posai un piede e mi sedetti, facendo spazio anche a lui. Più dietro c’era una specie di galleria, scavata non molto in profondità, e ci addentrammo. Forse lì avrei potuto provare a contattare Woody.
«Non funziona... c’è una tizia che dice che non va...»
Mi tolse di mano la scatoletta bianca. «Non c’è linea qui, inutile provare. Sarà meglio aspettare che cali il sole, ci muoveremo più facilmente nell’ombra.»
Sospirai e mi accoccolai contro il suo petto socchiudendo gli occhi. Ero distrutta. Le gambe mi bruciavano, sembravano esplodere, e iniziavo ad avere freddo.
«E se ci trovano?» sussurrai avvicinandomi al suo orecchio.
«Non ci troveranno» rispose a bassa voce.
«Ma se fosse?»
Rimase a riflettere. «Ce la caveremo.»
Feci segno di no con la testa. «Se ci trovassero, e questi fossero gli ultimi istanti che trascorriamo insieme-»
«Non dire idiozie» la sua voce tremò «non pensarci nemmeno.»
«Loro vogliono me, Dan, ho messo voi quattro nei guai per colpa mia.»
«Dovevo difenderti prima che fosse troppo tardi.»
«Ti prendi troppe colpe.»
Si mise in ginocchio rompendo il contatto fisico che c’era tra di noi. «Avrei dovuto immaginarlo che sarebbe tornato, potevamo partire subito per Londra, oppure... oppure...»
Sospirai. «Sono io l’errore di tutto questo. Sono io che dovevo andarmene e non tornare più, e forse non sarei mai dovuta venire e basta.»
Si passò una mano tra i capelli annuendo. «Potevi, certo. Ci saremmo risparmiati tanti guai e tanti disastri, ma ci siamo incontrati, e non si può tornare indietro. Quindi dovremmo tenerci questa storia...»
Quel “tornare indietro” mi fu come di illuminazione.
«Dan» lo zittii «se riusciamo a tornare alla macchina del tempo senza che ci vedano, io potrei tornare nel futuro esattamente il giorno prima che decidessi di partire. Potremo dimenticarci del nostro incontro, nessuno saprà dell’esistenza dell’altro.»
Non rispose. Mi guardò allibito.
«Che ne pensi?»
Continuava a stare in silenzio. Sarebbe stata la soluzione migliore per me, per lui, per i ragazzi. Ma non riuscivo a separarmi da lui, sicuramente no. Temevo di perderlo, di sbagliare qualcosa. Di soffire perché ero senza di lui.
«I-io non...»
Mi venne da piangere ma non lo feci. Lo abbracciai e ricambiò in modo incerto.
«Penso che se vogliamo vivere tranquillamente sia io che te non ci rimane altro da fare» dissi drastica, ma mi tappò la bocca con un bacio a cui non seppi resistere. E non avrei resistito mai, nemmeno se avessimo ricominciato tutto daccapo.
«Non voglio che...» mi strinse più forte. Mi sentivo un’emerita stronza a farlo sentire così. Non volevo nemmeno io lasciarlo, perché anche se non sapevo della sua esistenza avrei vissuto uno schifo. Kevin mi avrebbe cercata nel futuro, perché era pazzo. Mi alzai in piedi abbassando un poco la testa per non sbattere contro il soffitto roccioso e camminai verso l’uscita. Era calata la notte, e non c’era nessuno in giro. Gli feci cenno di seguirmi e scesi lungo il fianco della collina ripida. Da lontano potei vedere delle luci di lampioni, oltre la boscaglia. Seguita da Dan, mi addentrai tra gli arbusti e le querce alte e imponenti, facendo scricchiolare le foglie secche sotto di me. Altri passi che non erano i nostri, più veloci, saettavano dietro di noi.
«Rachel» sussurrò Dan nell’orecchio «meglio se alziamo il passo.»
«Inizio a spaventarmi...»
Mi prese forte la mano e camminammo completamente al buio per non farci scoprire. Ero io a guidare lui perché anche senza luce ci vedevo bene. Un’ombra da lontano si mosse velocemente, e il mio cuore smise di battere per mezzo secondo. Gli occhi si gonfiarono di lacrime e mi sfuggì un singhiozzo.
«Shh, va tutto bene» mi accarezzò la guancia, e mi girai abbracciandolo forte. Eravamo fermi. Sentivamo solo il leggero vento. Un altro passo. E un altro, che si avvicinavano.
«Dan, sono vicini» dissi a bassa voce nell’orecchio, quasi con una voce impercettibile.
«Se succede qualcosa» rispose con la stessa voce spezzata «corri più veloce che puoi.»
«Io non me ne vado senza di te.»
Mi lasciò un bacio a fior di labbra. «Al mio tre, inizia a correre verso l’uscita del bosco che sta alle tue spalle. Se non lo fai ci rimetteremo entrambi.»
Singhiozzai e lui iniziò a contare. Strinsi forte i pugni e gli diedi un bacio.
«Due...»
Mi si bloccò il respiro. Mi girai dandogli le spalle, altri passi vicini.
«VAI, CORRI!»
Scappai dalle sue braccia, e delle mani cercarono di afferrarmi ma ero più veloce di loro. Il cuore mi batteva a mille, sentivo il fiato mancarmi, le lacrime che mi scendevano veloci sulle guance, le foglie si sollevavano da terra al mio passaggio e gli alberi frusciavano, insieme al vento che soffiava forte nelle mie orecchie e negli occhi. Vidi da lontano l’uscita del bosco e mi ci fiondai come se avessi trovato un’oasi nel deserto. Quasi mi buttai sull’asfalto freddo della strada. Non c’era nessuno. Avevo ancora la scatoletta nella tasca, ma la batteria era in punto di fine. Lo sbloccai e usai lo stesso procedimento per avviare una chiamata. Woody rispose dopo averci riprovato quattro volte. Sentivo degli urli maschili provenire dall’interno del bosco e piansi tutte le mie lacrime pensando a Dan. Se gli stavano facendo del male, li avrei presi tutti quanti e avrei staccato loro le articolazioni.
Finalmente la voce di Woody disse qualcosa.
«Kyle?» chiese, ma era roca e profonda, quasi distrutta.
«Sono Rachel, Chris» provai a respirare e a scandire le parole «dove sei?»
«Sei arrivata a Frodsham? Dov’è Dan? E Will?»
Mi portai una mano sulla bocca mentre continuavo a piangere per la disperazione. «Non lo so, Chris, hanno preso di nuovo Dan, stavamo venendo a prenderti, ma... ma... lo hanno preso... Will stava fermando Kevin ma io non... non lo so, ho paura che possano fare del male a Dan... Chris dove sei?»
Attimi di silenzio mi fecero impazzire, ma riprese a parlare. «Nasconditi da qualche parte, ci sono i tizi in nero che circolano. Trovati una casa abbandonata o un cassonetto della spazzatura, o ti beccheranno. È passata un’auto nera proprio davanti alla mia postazione. Nasconditi, presto!»
Annuii, ma non chiusi la telefonata. C’era la porta in legno di una casa abbandonata semichiusa, la spinsi e la serratura arrugginita cedette. Irruppi nella casa spenta e mi affacciai di poco dalla finestra per vedere se passasse l’auto nera. Ripresi in mano il cellulare e attirai l’attenzione di Woody.
«Sono nascosta, ora che faccio?»
Un colpo di tosse anticipò la sua voce che si era fatta un sussurro. «Dove ti trovi di preciso? Potrei raggiungerti.»
«Non lo so, Chris, la scatoletta di Kyle sta per spegnersi, io non so dove andare...»
«Assicurati che non ci sia nessuno in giro ed esci, scappa verso l’entrata del bosco.»
«È da lì che sono fuggita! Hanno preso Dan e io non-»
«Rachel, datti una calmata, fai come ti ho detto, vai all’entrata del bosco, ti raggiungo fra pochissimo. Resisti, e se vedi qualcuno nasconditi ovunque.»
Annuii tirando su con il naso e gli dissi di sbrigarsi.
«Andrà tutto bene, fidati.»
Stavo per rispondergli ma lo schermo si fece totalmente nero, si era spento. Non sapevo come avrei fatto se fosse successo qualcosa a lui o a me. Rimisi in tasca la scatoletta e scrutai bene l’orizzonte asfaltato e distrutto di quella che era una Frodsham abbandonata, come Congledon.
Sicura che non potesse passare nessuno corsi verso l’entrata del bosco, dove si interrompeva l’asfalto e comparivano l’erbetta e il terriccio. C’era un cespuglio alto, e mi sedetti tra quello e il tronco di una quercia grossa e alta, riuscendo così a nascondermi. Mi aprii un varco tra le foglie per vedere se ci fosse Chris da qualche parte, e aspettai a lungo.
Un respiro e un fruscìo di foglie mi fecero balzare il cuore. L’adrenalina era sprizzata a mille. Ero terrorizzata e incapace di muovermi. Quando una mano mi sfiorò la spalla urlai, e subito mi tapparono la bocca. I capelli lunghi di Woody gli avevano quasi coperto il viso, e gli tolsi la mano riprendendo a respirare. La mia testa stava esplodendo, così anche il diaframma.
«Alzati, ora vedremo il da farsi» mi ordinò a bassa voce.
«Devo trovare Dan...»
Scosse il capo. «Pensiamo a Kyle, temo che gli abbiano fatto del male. Io sono riuscito a fuggire prima che mi chiudessero in quella cella... era una specie di teca, chiusa, c’erano le sbarre laser, sembravano provenire da un’epoca futura...»
Mi irrigidii. Avevano chiuso Kyle nella cella elettrica. «Chris, dobbiamo muoverci.»
«Ma cosa vogliono da noi? Cosa cercano?»
Tirai su il naso. «Vogliono me. Vogliono riportarmi a casa.»
Mi squadrò per un tempo infinito e in qualche modo stava iniziando ad odiarmi. Mi alzai in piedi e incitai anche lui a farlo, ma per un polso mi ritrascinò giù sotto al cespuglio.
«Rachel, che cazzo succede? Chi sei tu?» domandò infuriato.
Presi un profondo respiro. «Io non sono chi pensate che io sia. Mi chiamo Rachel, questo sì, vengo dalla Norvegia, ma non questa Norvegia.»
«Spiegati» soffiò. Ormai si era fatto duro come la pietra, mi avrebbe picchiata.
«I-io vengo dal terzo millennio.»
Un silenzio di tomba si creò tra noi. Potei sentire il vento che saettava tra i rami degli alberi e faceva cadere le foglie. Nessun rumore di passi, nessun altro respiro se non i nostri. Anzi, il mio, dato che lui aveva smesso di farlo da un po’.
«Tu...»
Annuii.
«Cosa volevi da noi?» invece di essere arrabbiato era diventato solo confuso.
«Non era mia intenzione rimanere, ero solo la cavia di un esperimento scientifico. Avevano progettato la macchina del tempo e sono arrivata qui, ma non avevo intenzione di restare qui, non dall’inizio almeno.»
Digrignò i denti. «Perché non te ne sei stata per fatti tuoi? In Norvegia o dove cazzo abiti? Perché?»
Singhiozzai. «Me lo ha chiesto anche Dan.»
Chissà quante brutte parole e insulti avrebbe voluto lanciarmi, ma perferì restare zitto, e così anch’io. I fari di un’auto avevano illuminato il cespuglio, e poi erano spariti svoltando l’angolo. Sentii stridere le gomme sull’asfalto e degli sportelli sbatterono. Qualcuno era sceso dall’auto.
Dei gemiti chiusi e soffocati mi arrivarono alle orecchie e venne d’istinto alzarmi in piedi. I tizi in nero, l’auto: l’altro ragazzo, più robusto di spalle e incappucciato, scalciava. Era Will.
Kevin scese dall’auto poco dopo guardandosi intorno, e subito mi riabbassai sperando non mi avesse vista. Zittii Chris che mi chiedeva chi fosse, e finalmente l’automobile e i tizi in nero se ne andarono. Dal varco che mi ero aperta nel cespuglio potei vedere Kevin che con la chiave elettronica apriva la cella elettrica, buttandoci dentro Will.
Disse qualcosa, ma non capii niente. Un miscuglio di borbottii e la sua risata malefica che mi aveva perseguitata nei peggiori incubi. Ma questo era un incubo, lo stavo vivendo.
Anche lui si allontanò velocemente aprendo con un calcio una porta in legno poco lontana dalla cella elettrica. Rimasi immobile ad osservare prima che fosse uscito.
Stava per scapparmi uno starnuto, ma subito lo trattenni. Mi ero accorta che stavo congelando, infatti non avevo nessun cappotto addosso.
Woody sottovoce disse che erano le due di notte, l’orario peggiore per svolgere ricerche. Nessuno dei due aveva intenzione di dormire per evitare sorprese spiacevoli, e non avevamo nemmeno intenzione di parlare. Io ero troppo spaventata, lui troppo incazzato per dirmi qualcosa.
E aveva ragione: gli avevo mentito sin dalla prima volta che lo avevo incontrato in quella locanda.
 
Writer’s wall
Non so come, non so con quale forza e con quale benedizione divina sono riuscita ad andare avanti e scrivere questo capitolo che, anche se breve, ha più complicazioni e vicende rispetto agli altri.
No ok, non esagero. Fa letteralmente schifo ma, comprendetemi, ho superato le mie aspettative e ora sono nei casini. In più ho tante cose da fare, e aggiornare sarà difficile.
Scusate se ogni tanto sparisco, ma riappaio quando meno ve l’aspettate.
Vi ringrazio del sostegno e dell’aiuto che mi date, siete sempre assurdi/e.
Un bacio, Angelica.
  
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