La chiesa di Dark Lake non era
grandissima ma incredibilmente riusciva a contenere l'intera cittadina,
accogliendola sulle panche di legno chiaro. Non era una chiesa molto decorata
ma le sue numerose statue in pietra dei santi compensavano la mancanza di
dipinti ai lati della navata. La bara di Trent era davanti all'altare, cosparsa
di fiori. In prima fila, i genitori del ragazzo, sorretti psicologicamente
dalla band del chitarrista. Il silenzio regnava sovrano, mentre il reverendo recitava
il suo sermone. Le porte della chiesa si aprirono di colpo, rivelando una
figura dietro di esse. Era un uomo di quasi trent'anni, alto, vestito con
un abito scuro su cui risaltava una cravatta verde. I suoi capelli erano neri
come la pece ma alcune ciocche erano dello stesso colore della cravatta. Il suo
viso era coperto di piercing e il lobo destro era adornato da ben due
orecchini. I suoi occhi però erano il particolare che colpiva di più: erano di
color acquamarina, con la sclera quasi assente, capaci di gelarti e di
scioglierti, a seconda del volere del loro proprietario. Un solo nome saltò
nella mente della gente presente, un nome che era scomparso per ben quattordici
anni.
Duncan
Il punk avanzò lentamente,
stringendo tra le mani una chitarra quasi nuova su cui era stato inciso un nome
sulla superficie lignea: Trent.
Percorse a passi sostenuti
l'intera lunghezza del corridoio, lo sguardo fisso davanti a sé. Intorno a lui
si elevava una cappa di brusii velenosi e occhiate assassine. Persino il reverendo
aveva interrotto il suo sermone e ora guardava minaccioso l'uomo davanti a sé.
- Il figliol prodigo è tornato
alla casa paterna. - Esclamò a gran voce l'uomo, appena Duncan fermò la sua
processione davanti alla bara. I due si fissarono a lungo e sembrava che gli
occhi azzurro-nebbiosi del reverendo stessero analizzando l'anima di quel
fedele, assistendo a tutti i peccati che aveva commesso.
Gravi e meno gravi.
Duncan rimase in silenzio, si
limitò solamente ad appoggiare la chitarra alla bara, posizionandola tra i
fiori.
- Voleva accompagnarti anche in
quest'ultimo viaggio. Sono sicuro che anche tu lo desideravi... - Sussurrò lui,
carezzando la sua superficie in mogano. Il moro si voltò, diede le sue
condoglianze alla famiglia e andò ad assistere la cerimonia in un angolo della
chiesa, in disparte da tutti. Rimase lontano dalla gente durante tutta la
cerimonia e anche durante la sepoltura, ma egli era sempre presente e
partecipe, come l'ombra che silenziosa e obbediente ti segue ovunque tu vada.
A fine cerimonia, quando anche
la famiglia se ne era andata avvistando le nuvole di un grosso temporale,
Duncan era sempre là, come un'ombra con il suo padrone.
Si guardò in giro e poi prese
una rosa da un mazzo portato dalla band.
- Me la presti? Non posso presentarmi
a mani vuote da lei. - Disse lui, per poi incamminarsi per le strade del
cimitero.
- Ecco qua mamma, come promesso
ti ho portato una rosa. - Mormorò lui, poggiando il fiore a terra la lapide di
Evelyne.
- Sapevo di trovarti qui. - La
voce famigliare di Gwen precedette la sua figura affianco all'uomo.
I due rimasero in silenzio per
un po', prima che la mora pronunciasse la domanda che aleggiava nell'area
carica di pioggia di quella mattina.
- Perché sei uscito allo
scoperto proprio adesso? Cosa ti ha fatto cambiare idea? -
- Lo sceriffo. -
*Inizio flashback*
I polsi gli facevano un male
cane. Si sentiva le braccia come invase dalle fiamme. Per il dolore si erano
anche addormentate le mani e quel formicolio era insopportabile. Era steso sul
letto a fissare il soffitto e, a volte, la bottiglia che gli aveva dato Dawn
che era sul comodino. Non l'aveva ancora usata e non ne aveva neanche
l'intenzione. Quel dolore, anche se fastidioso, riusciva a sopportarlo e non
voleva rischiare di drogarsi per sbaglio perché gli formicolavano le mani.
Doveva rimanere lucido. All'improvviso, la porta si aprì mostrando la figura di
Geoff. - Scendi, hai visite. - Il tono e l'espressione seria del biondo, fecero
nascere in lui un terribile presentimento.
- Chi mi cerca amico, dimmelo.
- Ordinò il moro, alzandosi velocemente dal letto. L’amico esitò per qualche
istante, evitando addirittura quello sguardo di ghiaccio, poi rispose: - Lo
sceriffo, a quanto pare qualcuno gli ha detto che eri in città... - A quelle
parole, il mondo gli cadde addosso. La terribile paura che potessero accusarlo
della morte di Trent ricominciò a serpeggiargli dentro. - Arrivo subito, devo
fare prima una cosa. - Disse e l'altro lo lasciò solo. Duncan si passò una mano
tra i capelli mentre sentiva il dolore ai polsi aumentare moltissimo.
Esasperato dal dolore e dal formicolio alle mani, dalla situazione che presto
si sarebbe andata a creare con lo sceriffo e del fatto che, entro il giorno
dopo, tutta la città sarebbe venuta a conoscenza del suo ritorno prese adirato
la bottiglia. Si tolse le bende e osservò attentamente le ferite. Da esse erano
comparse le pietre del suo segno, ma intorno al taglio si era creato un sottile
alone rosso. Stappò il tappo e ne prese una piccola quantità. Il liquido era di
consistenza vischiosa e, appena l'uomo lo spalmò sui polsi, sentì un
piacevolissimo sollievo. Sospirò sollevato, mentre sentiva le mani riprendersi
dal loro formicolio. Chiuse la bottiglia e si fasciò i polsi. Poi si alzò dal
letto e si diresse verso l'armadio. Si tolse la maglia a maniche corte e prese
una felpa, nascondendo per bene i polsi fasciati con le maniche. Prese un
respiro profondo e uscì dalla sua stanza. Era pronto ad affrontarlo. Arrivò in
salotto e non trovò la rotonda e famigliare figura dello sceriffo, ma quella di
un uomo della sua età, dalla pelle ambrata e dalle iridi color smeraldo.
- Tu devi essere Duncan
Brown... - Disse lui, venendogli incontro e stringendogli la mano. - Io sono
Alejandro Burromuerto, lo sceriffo. - L'uomo guardava sorridente Duncan, che
continuava ad osservarlo con sguardo serio.
- Possiamo parlare... In
privato? - Propose all'improvviso, spostando il suo sguardo su Geoff e
Brigette.
I due, capendo di essere di
troppo, salutarono lo sceriffo e andarono al piano di sopra, nella stanza del
bimbo.
- Siediti per favore. - Disse
Alejandro con un forte accento spagnolo e indicando la poltrona dietro il punk,
come se lui fosse il padrone di casa che sta accogliendo un ospite.
I due si sedettero uno di
fronte all'altro, faccia a faccia.
- Stamattina ci è arrivata una
lettera anonima. Diceva che dovevamo tenerti molto d'occhio. - Cominciò il
latino con tono lento e pacato. - Potevo anche non tener conto di quello che
diceva, ma il cadavere del povero Trent e questa mi hanno incuriosito molto...
- Lo sceriffo tirò fuori dalla tasca una fotografia e a quella vista il moro
sbiancò all'improvviso.
La foto mostrava lui in quel
maledetto vicolo, con il corpo ormai senza vita di Trent ai suoi piedi.
Chi mai l'aveva scattata?!?
- Era all'interno della
lettera. Questa foto e le tue impronte trovate sulla vittima mi fanno nascere
due domande nella mente... - Egli si alzò e si avvicinò all'uomo, guardandolo
dritto negli occhi. - Perché eri lì quella notte è perché hai tenuto nascosto a
tutti il tuo ritorno? - Tra i due si formò un silenzio assordante, che pulsava
nelle orecchie del moro. Egli deglutì più volte, cercando di calmare il battito
accelerato del suo cuore. Alla fine prese un bel respiro, si alzò e disse:
- Ero in piazza quella notte,
fumando una sigaretta. All'improvviso ho sentito delle urla e sono corso dove
provenivano quei suoni. Quando sono arrivato lì ho trovato il corpo di Trent e
ho controllato inutilmente se fosse ancora vivo. - Duncan lanciò uno sguardo
deciso e sicuro di sé allo sceriffo. - Mi sono solo trovato nel posto sbagliato
al momento sbagliato... - Il latino l'osservò per chissà quanto tempo, cercando
ogni piccolo dettaglio che potesse fargli capire che stava mentendo. Dopo un
tempo che a Duncan era sembrato eterno, lo sceriffo gli sorrise e si posizionò
il cappello in testa, che prima era sul tavolo.
- Be' a me sembra che non stai
mentendo, ma devo comunque inserirti nella lista degli indagati... Sai come
funzionano queste cose... -
- Ne so molto più di lei che fa
questo lavoro da poco. - Rispose di rimando lui, ghignando leggermente.
Il moro accompagnò il latino,
con un immenso dubbio nella mente.
- Questo vuol dire che presto
tutti sapranno che sono qui, vero? - Domandò all'improvviso e Alejandro rispose
immediatamente a tale domanda.
- Ovviamente si. Capisco che
non vuoi, quasi tutta la città ti odia e ti ritiene un pericoloso
criminale, come mi ha sempre ripetuto il mio predecessore… ma stai tranquillo,
se sei innocente nessuno può accusarti di niente. -
"No sceriffo, su questo ti
sbagli... " pensò, mentre la porta d'ingresso si chiudeva davanti ai suoi
occhi.
*Fine flashback*
- Se proprio doveva uscire
fuori la notizia del mio ritorno, questa doveva essere un entrata ad effetto. -
Concluse lui, mentre osservava Gwen perdersi ad ammirare pensierosa
l'orizzonte.
- Non sono d'accordo con la tua
idea... Potrebbero rivolgertela contro questa tua "entrata ad
effetto" -
Non aveva tutti i torti, ma
Duncan non aveva voglia di pensarci, non in quel momento.
Si avvicinò a lei e lentamente
le asciugò una lacrima che solcava la sua guancia.
- Come ti senti? -
- Distrutta. È stato come
rivivere la morte di mio fratello... - mormorò la mora, gettando un occhiata
alla lapide dietro di loro. L'uomo abbassò lo sguardo, notando che la donna si
stava massaggiando i polsi.
- Ti hanno fatto tanto male? -
Chiese all'improvviso lui. Gwen lo guardò con un'espressione confusa, ma poi
capì cosa intendesse.
- Non molto, ma non sono
riuscita a dormire comunque. Adesso non mi fanno niente però non sono abituata
ad avere due pietre nei polsi... - Rise lei, mentre Duncan le alzava le maniche
del suo vestito lungo e con le dita percorreva il perimetro di quei tagli,
riempiti da due luminose pietre.
La prima era un diamante e la
sua inconfondibile brillantezza ne era una prova. L'altra non la conosceva ma
era molto curiosa per la sua colorazione rossiccia.
I due rimasero immobili per un
tempo interminabile, mentre il vento li accarezzava costantemente e con
dolcezza.
- Hai visto Scott? - Chiese
all'improvviso Duncan, interrompendo quel silenzio tra di loro.
- In chiesa l'ho visto, ma
quando sono uscita sembrava sparito. - Il moro sospirò rassegnato, guardandosi
intorno.
E adesso, dove era andato a
finire?
***
Un grosso temporale si stava avvicinando, ma Scott non gli
dava tanta importanza. Rimaneva lì, sulle sponde del lago, lanciando sassi. La
sua mente ripercorreva gli avvenimenti della notte scorsa e in particolare
l’attacco di panico che aveva avuto Dawn.
Com’era possibile che un misero, piccolo ricordo potesse
fargli così male?
Avere sotto gli occhi quella ragazza era come un veleno per
lui. I sensi di colpa gli attanagliavano il cuore ogni volta che i suoi occhi
incontravano quei pozzi blu cobalto.
Un ramoscello spezzato lo fece voltare, rivelandogli
l’arrivo di Raggio di luna.
- Da piccola eri più silenziosa. – Constatò il rosso,
dandole le spalle e continuando a lanciare sassi.
- Lo sono ancora, ma oggi ho deciso di farmi notare… - La
ragazza avanzò verso di lui, sedendosi sull’erba verde.
- Sei andato al funerale? – Chiese all’improvviso lei,
osservando rapita le nuvole grigie in cielo.
- Si e Duncan ha organizzato a tutti una bella sorpresa. –
Vedendo lo sguardo confuso della bionda, egli le spiegò la geniale idea che
aveva avuto il punk. Alla fine del racconto, Dawn si limitò a scuotere il capo
sconsolata. – Questo a Dana non piacerà affatto… -
- Per me quella donna deve darsi una calmata… E’ isterica. –
Sibilò lui, ricevendo uno sguardo di rimprovero dalla ragazza.
- Se avessi anche la metà delle responsabilità che quella
donna ha sulle proprie spalle, la capiresti… - Sospirò. – Ma non posso
nasconderti che non mi fidi tanto di lei. –
- Come mai? –
Dawn aprì la bocca per dire qualcosa, ma la richiuse subito
dopo.
- Sesto senso. – Si limitò a dire, prima di alzarsi.
- Ero venuta qui per chiederti scusa… per l’incidente
dell’altra notte. – Disse lei, pulendosi la gonna.
Scott non la rispose, smise soltanto di lanciare sassi e si
girò verso di lei.
- Non devi sentirti in colpa per il mio attacco di panico… -
- Io non mi sento in colpa. – Sputò lui sulla difensiva,
dandole di nuovo le spalle.
Dawn si avvicinò a lui, lentamente. – E invece si Scott. Non
devi sentirti così, tu non hai fatto niente… - Appena la mano candida di Raggio
di luna sfiorò la spalla di Scott, egli si girò e furioso le diede uno schiaffo
in pieno viso.
La bionda rimase a guardarlo, mentre la sua mano era
poggiata sulla guancia lesa.
Ella abbassò lo sguardo e prima di andarsene disse: -
Domani, casa della Strega, stessa ora. Non mancate. -
Il rosso si pentì amaramente di quel gesto. Suo padre non
era stato molto presente nella sua educazione, ma fin da piccolo gli aveva
insegnato solo una cosa, che riteneva di vitale importanza.
Mai mettere la mani addosso ad una donna o a un bambino,
MAI.
Lui, in solo una manciata di secondi, era riuscito a dare
l’ennesimo dispiacere a suo padre.
Forse il più grave.
Fuori di sé, diede un forte pugno alla corteccia di un
albero, ferendosi così le nocche che cominciarono leggermente a sanguinare.
Ma la rabbia era tale che non se ne accorse e continuò a
prendere a pugni quell’albero, finché il dolore alle mani non lo costrinse a
fermarsi. Solo in quel momento si accorse della pioggia che da qualche minuto
il temporale aveva liberato. Furioso, dolorante e bagnato fradicio Scott girò i
tacchi e si diresse con sguardo basso verso casa.
Angolo dell'Autrice
Se Dana deve prendersi un tranquillante, Scott se ne deve prendere due -.-
Qui dentro sono tutti nervosi...
Salve a tutti! Si sono ancora qua e no, purtroppo non vi siete ancora liberati di me.
Quest'anno sembra che l'universo faccia di tutto per impedirmi di aggiornare con regolarità
Ma io resisto e continuo a scrivere.
Questo capitolo è venuto su abbastanza lunghetto, quasi non ci credo. :D
E invece è vero...
La storia originale è quasi pronta, ancora poche cose e la pubblicherò
Anzi! vi do una data:
Tenete gli occhi aperti sulla sezione originali il 1 Marzo, e troverete la mia prima storia originale.
Questo è un appuntamento che non dovete perdervi!
Per quanto riguarda le recensioni, stasera e domani provvederò a rispondere
Scusate ragazzi ma non riesco mai a trovare tempo per rispondervi, ma
ho letto le vostre recensioni e posso solo dirvi grazie per tutto
l'appoggio che mi date
anche se adesso su questo fandom siamo rimasti in pochi :
Adesso vi lascio con le immagini delle pietre di Gwen