Frytty: Sociaaa!! *O* come hai detto tu, fa sempre piacere leggere commenti...e poi non mi sembra tu sia poi troppo ripetitiva =P L'ho detto ormai centinaia di volte ma non mi stanco di ripeterlo: non c'è niente che mi renda più felice del sapere che leggendo ciò che scrivo riuscite ad avere le immagini in testa <3 Sai, ti dirò che le scene tra la band non mi convincevano moltissimo, al di là degli scherzi tra loro mi sembrava quasi di esagerare mentre descrivevo il video, ma mi fa piacere sentire che sono riuscite davvero bene =** So benissimo che dici la verità, amora ♥♥ spero ti piacerà anche questo, con la sua sorpresa verso la fine =P Grazie mille <3 Ti voglio bene pure io =*
Punkie Vampire: mauahha oddio, non esageriamo adesso x°°D
forse è solo la mia parte letterario artistica ad essere più
sviluppata di quella scientifica (altrimenti nonavrei 5 in mate xD)
*fiuuu* fortuna che mi perdoni, almeno una frustata me la risparmio
=P Sono felice che l'immagine dei pensieri che si incrociano ti sia
rimasta impressa e ancora di più che ricolleghi quel dialogo ai
funamboli e alla concordanza di idee <3
ghghgh sì, non so come mi sia nata quell'idea assurda del video e
in effetti è comica da immaginare xD Grazie mille bella =***
etoil noir: Luvaaah! *O* Che bello rivedere un tuo mega
commento *-* Mi mancava dover fare i feedback chilometrici =D
Awww e cominci subito facendomi sciogliere <3 Sì, in effetti nel 21
ho sviluppato alcuni fatti, per esempio il tatuaggio, che non
vedevo l'ora di descrivere =) Sono contenta ti piaccia il fatto che
a tuo parere ho mantenuto tutto con coerenza, perchè concordo che è
gran difficile riuscire ad esserlo ^^
Ehehe, io non posso fare a meno di descrivere tutto in modo poetico
e un pelo malinconico/romantico...ma sono contenta perchè riconosco
di aver trovato un mio stile di scrittura in questo =) e
soprattutto sono ancora più felice che voi lo apprezziate, comprese
le espressioni dei vari personaggi, che, ti dirò, spesso non mi
convincono. ^^
ghghg e sbava pure <3 Spesso mi è difficile trovare le parole per
descrivere il rapporto che ho creato tra loro, tanto voglio
renderlo puro, ma sono felice di riuscirci piuttosto bene ^^
Eh, sì, la parte del tatuaggio era particolarmente sentita, come
sai, ho cercato di rendere al meglio l'importanza che hanno per me
dei segni indelebili sulla pelle =) sì, devo dire che anche a me ha
soddisfatto la parte in cui descrivo pure la pelle come una parte
di un'opera d'arte ^^
cacchio, sono troppo felice che hai notato il particolare del
legnod ella chitarra *-* ma sai che una volta odiavo stare a
ricercare tutto nei dettagli? anche i locali ecc, me li
inventavo..ora non ci riuscirei più xD Meglio così credo. =P
mauhaha nuooo non voglio che un mio capitolo ti ammazzi, amur =P ♥
apparte gli scherzi, sono contenta che anche questo ti sia piaciuto
tanto =D adoro descrivere la musica e i momenti in cui questa viene
creata, quindi sono felice che mi sia venuta bene quella parte e
che tu abbia trovato l'energia palpabile *-* E hai visto
perfettamente, come la immaginavo io, Eliza. <3 Grande amur.
Madonna, quel video di Jonjon *-* Guarda, non potrei essere
più felice che proprio una mia cosa ti abbia ricordato quel video,
così carico di odio e tristezza, così commovente ç_ç
macchè, amora, so che questa storia ti sta a cuore...non succede
nulla anche se perdi uno o due capitoli, tranqui =) uh, avoja che
sono entusiasti i nostri irlandesi <3
ghghg, il nome della band è Blood on the rose, comunque tranqui ^^
ahaha, massì, ripeto, non so come mi sia venuta in mente quell'idea
del video...mentre lo scrivevo pensavo fosse un po' una cazzata, ma
allo stesso tempo mi risultava originale al punto giusto, e poi
m'ha preso ^^
eheheh il locale esiste davvero e mi era rimasta impressa leggendo
sul sito questa cosa delle mega porzioni e le foto con gli italiani
storici, quindi mi sembrava giusto metterla =P
ehhh, sì loro sono sempre dei lovebirds ultra pucci...ebbè, il
miele c'entra sempre, fidati, poi leggendo cose dolci vengono in
mente gli alimenti più calorici che ci siano xD
Smettila di darti della stronza bastarda ù__ù sennò ti castigo, umh
ù_ù
Sono troppo felice di riuscire a farti ridere e di emozionarti. *-*
Ti amu e mi manchi troppo ç___ç (Bologna prima o poi sarà nostra
^^) Bacioni e grazie mille ammora =***
SadSong: Awww ammora! *.* Apparte che è troppo che non ci
sentiamo (e vediamo) come si deve... Comunque sono felice si
'senta' la loro felicità e di averti coinvolto tanto =D
shì, nella fine tornano più che mai i lovebirds di sempre...e su
questo lato, occhio alla fine di questo capitolo xD *sorpresina*
eccola, non ti sfugge nulla eh? xD ma chissà che c'è tra Vee e Gee,
ehhh =P
addirittura genietta? sei troppo buona, amur ù_ù Grazie mille =****
Greendayana94: sarai pure in ritardo, ma hai comunque fatto
prima di me =P awwww sono contenta di essere riuscita a farti
ridere con la felicità che traspare da questo capitolo <3 Davvero
ho descritto bene l'intesa del gruppo? è spesso un problema per me,
a volte ho paura di cadere nel banale o cose simili... Grazie bella
♥
In effetti amo descrivere i momenti musicali, diciamo, amo vedere
nella mia mente le band che suonano e poi trasporre il tutto con
parole e sono contenta che mi riesca così bene =) Bene, era ciò a
cui puntavo rendere tutti i personaggi il più vero possibile, anche
quelli che sono identificati per il loro ruolo in una band, più che
come persone singole e quindi le tue parole mi rendono davvero
soddisfatta. Spero ti piaccia anche questo capitolo =) Grazie mille
=**
Ed eccoci qui, al 23...penultimo capitolo... Devo dire che per
quanto sia ora che ormai questa storia giunga alla fine un po' mi
dispiace sapere di esserci arrivata, perchè scrivendola mi sono
resa conto di quanto sono migliorata e ormai mi ci ero legata per
le sensazioni che ci ho riversato. Grazie a chi mi seguirà fino
alla fine, davvero di cuore. =**
E quindi... ENJOY!! E fatemi sapere che ne pensate in
TANTE, mi raccomando ù__ù
23.
Crystal ship
Non sono abituata a questo genere di
cose.
Sentire il nome della nostra band in un
microfono.
Le presentazioni con il conduttore di
cui probabilmente tra due secondi non ricorderò nemmeno il nome, dettaglio
insignificante che si perde nell’accozzaglia di emozioni che la mia testa
continua ad accumulare.
Le telecamere su di noi, con quel grande
occhio che amplia il suo campo visivo cercando di contenerci tutti, di
inquadrarci per rinchiuderci nello schermo contenuto in quella scatola nera
infernale da cui tanti ora ci staranno osservando.
I tecnici di fronte a noi, il microfono
tra le mani che serve solo per parlare e non per cantare.
Eppure è tutto questo che ci accoglie
appena mettiamo piede negli studi di Fuse.
L’unica cosa a farmi sentire a casa è la
nostra musica diffusa da non so bene dove, anche se è tremendamente strano
sentirla uscire da un paio di casse, quando sono abituata ad investirmi con
essa.
Siamo qui per una semplice intervista,
almeno questo è quello che ci ha detto Allison,
aggiungendo che è un’occasione per mostrare di che pasta siamo fatti realmente.
Stranamente stavolta non ci ha dato
ordini, sapendo che non li avremmo rispettati, se non uno: essere noi stessi.
Cosa che ci riesce abbastanza facile
dato che non siamo affatto abituati a fingere. Infondo non siamo soliti andare
in tv, nessuno ci ha ancora trattato come pupazzetti istruiti a sorridere alle
telecamere e stare immobili per rispondere alla domande semplicemente.
Ed è proprio nei nostri panni che ci presentiamo
appena entriamo.
Drew rivolge una linguaccia alla
telecamera, per poi spaparanzarsi sul divanetto accanto all’intervistatore, Jake invece fa una pernacchia con la bocca, alla quale io
non riesco a trattenere una risata, Virgy si limita a
salutare con una mano.
E fanculo se
sembreremo bambini e qualcuno non ci considererà artisti seri. Non è il nostro
carattere a doverlo dimostrare, ma come suoniamo.
- Salve! Allora oggi siamo qui con i Blood on the rose! – esclama... Steven, credo, nel
microfono – Ciao ragazzi – aggiunge dopo.
Gli rispondiamo con un saluto corale e
qualche cenno.
- Allora... siete uno dei gruppi
emergenti più interessanti qui negli Usa, ma so che in Europa avete già una
schiera abbastanza diffusa di fans... – comincia –
Venite dall’Irlanda, se non sbaglio... terra che produce ottimi talenti... Il
vostro genere però sembra scostarsi da qualsiasi schema. Qual è il concetto che
sta dietro alla vostra musica, ai vostri testi? Ed è il punto di vista comune
che avete su di essa che vi rende un gruppo? Intendo... c’è un alchimia
palpabile tra voi, e si nota soprattutto da come suonate... – fa quindi la
prima domanda.
Fortunatamente per lui è partito alla
grande. Non avrei sopportato qualche domanda idiota del tipo ‘Pensate di avere
lo stesso successo qui in America?’ e simili.
È Jake a
prendere la parola per primo.
- Complimenti per la domanda, Steve! –
esclama con un sorrisetto.
Nessuno meglio di lui sa rompere il
ghiaccio. Scuoto la testa con una risatina, curiosa di sentire che risponderà.
- Comunque ... sai credo ognuno di noi
abbia un modo diverso di vedere la musica, perciò non so se si possa davvero
parlare di punto di vista in comune. Credo che ciò che ci rende un gruppo sia
proprio il fatto che ognuno di noi suona il proprio strumento a modo suo, chi
con energia, chi con precisione... Siamo un gruppo perché ciascuno di noi da
solista non renderebbe così, ma quando ci intrecciamo e lasciamo dialogare gli
strumenti quello che viene fuori ci soddisfa abbastanza spesso. Il concetto
dietro ai nostri testi... bhe tentiamo di dipingere
la realtà per come sta, senza molti abbellimenti... Non ci interessa raccontare
a coloro che ci ascoltano, che siano adolescenti o meno, che tutto andrà bene,
ma far capire alla gente che per quanto tutto possa fare schifo c’è sempre un
modo di risalire. Per questo tentiamo di infondere una buona dose di ottimismo,
nonostante tutto, alle nostre canzoni – mi ritrovo ad annuire ad ogni sua
singola parola, condividendo a pieno.
Steven lo segue nei suoi movimenti e
nelle parole facendo poi un sorrisino soddisfatto. Lancia un’occhiata al foglio
che ha tra le mani, per poi puntare il suo sguardo su di me.
- Secondo i miei informatori personali –
fa un sorrisetto ironico, al quale rispondo con un’occhiata di sfida – sei tu a
scrivere la maggior parte dei testi. È così? Sono autobiografici? – domanda
quindi.
- Bhe, in
realtà no, non sono la sola ad avere idee per i testi, tutti contribuiamo alle
parole delle nostre canzoni... Capita che ci siano racconti di esperienze passate
tra le righe, ognuno di noi scrive qualcosa sull’argomento di cui la canzone
tratta e poi insieme lo ampliamo... – rispondo sincera. Non mi va di essere
identificata come la leader solo perché sono la cantante quando senza le fondamenta della musica la mia voce
crollerebbe clamorosamente.
Annuisce distratto alla mia risposta,
partendo subito con un’ennesima domanda.
- In più di qualche vostra canzone
sembra ci sia una critica nemmeno troppo velata alle case discografiche... Da
dove nasce questa ...umh diciamo antipatia? –
Lasciamo che sia Vee
a rispondere. Con la sua parlantina saprà spiegare esattamente come la
pensiamo.
- Non è che le case discografiche ci
stiano antipatiche, non sono nemmeno quelle in sé il problema. Hai presente la
solita frase ‘sono drogato di musica’ ? Ecco, è una metafora, una dipendenza
figurata... Ma molti considerano la musica proprio come la droga, qualcosa da
vendere e rivendere, passandola di mano in mano... Ed è proprio questo che
cerchiamo di affrontare in alcune canzoni, spiegando come non tutto sia rosa e
fiori. Molti hanno il sogno di diventare rockstar senza probabilmente rendersi
conto che diventare famosi significa essere costretti a far sacrifici pure
sulla propria musica se non si è fortunati. Si è costretti a fare tagli sulle
canzoni, modifiche per renderle più piacevoli all’ascolto... Tutte cose volute
da coloro che vogliono vendere la musica, solo per soldi, per oro che si andrà
ad accumulare riempiendo le loro villone dalla
facciata ipocrita –
Steven sorride, forse stupito dalla
sicurezza della nostra bassista.
- Sembrate molto determinati e pronti ad
affrontare qualsiasi tipo di problema o avversità... Credete al famoso detto
secondo cui lottando si ottiene sempre ciò che si vuole? –
- Bhe...sicuramente
se non ci si muove dalla propria condizione è difficile riuscire a rendere
concreto ciò che si sogna, quindi sì... Anche se fa la sua parte pure il
fattore fortuna, purtroppo spesso non basta soltanto impegnarsi. Ma in ogni
caso, che si prendano pugni nello stomaco o si
riesca ad arrivare dritti dove si vuole, non bisogna mai smettere un
attimo di darci dentro. La carriera dell’artista non è nulla di assicurato. È
sicuramente uno dei lavori migliori al mondo, ma precario più di qualsiasi
altro... L’ispirazione è spesso più bastarda di un capo – risponde Drew, con un
sorrisetto.
- Un’ ultima domanda.... Come è nata
l’idea del video? – chiede infine Steven.
Il video. Un sorriso mi appare sul volto
mentre ci penso.
Possiamo decisamente dire sia originale.
La musica c’è, sì, ma non è solo la nostra.
Il video è diviso tra noi e i fan.
L’idea iniziale di far mandare a chiunque volesse un demo si è poi evoluta
quando ci sono arrivati addirittura video dove intere band suonavano la musica
per la nostra canzone, chi stravolgendola totalmente, chi azzeccandola quasi...
Ci ha reso così felici vedere come tanti
ragazzi si erano impegnati andando alla ricerca di note, tentando di entrare
nella nostra testa per capire quale musica doveva vestire quelle parole, che
del nostro protagonismo nel video è rimasto poco o nulla. Abbiamo voluto donare
uno spazio a loro, dopo tutta la strada che venendo ai concerti e seguendoci ci
hanno permesso di fare.
Così quando Steven presenta il clip del
primo singolo dal nostro secondo cd, Sky is falling down, la scena non
si apre su di noi accartocciati sui nostri strumenti.
Non si apre con noi al centro di un
palco. Non si apre con la mia voce.
Appaiono dei ragazzi, forse avranno 19 o
20 anni a testa. Sono tesi, con i loro strumenti stretti tra le mani, gli
sguardi che infastiditi sfuggono la telecamera, la sensazione che non ce la
faranno mai. Poi altri ancora, che sistemano i jack in una stanza troppo
piccola, infine un gruppo interamente formato da ragazze che sorridono beffarde
alla telecamera magari ansiose di mostrare come anche il cosiddetto ‘sesso
debole’ può essere forte nella musica. Chi lo sa.
E questi gruppi suonano, un pezzo a
testa, una musica altisonante e scollegata che si protrae per una trentina di
secondi circa. Un riff, un assolo che non c’entra nulla, una...due...tre
batterie, tutte sconclusionate tra loro.
Se non sapessi ciò che il video
rappresenta probabilmente lo osserverei corrucciata chiedendomi che diavolo è
questo collage di suoni diversi, ma visto nell’insieme, per quanto
razionalmente assurdo, riesce comunque a risultare melodico. Quei toni diversi,
che sembrano litigare, producono comunque una melodia.
Producono un ritmo, che svanisce fino a
sfociare in quello della batteria di Jake. Solo ora
appariamo noi, sullo sfondo Central Park. Noi senza
strumenti e la nostra musica che corre comunque ma che mentre giravamo quel
video era solo all’interno di noi stessi, che solo ora si diffonde dalle casse,
navigando sulle immagini dei nostri fan, una sequela infinita di fotogrammi
fatti scorrere più o meno velocemente.
Fotogrammi che includono centinaia di
ragazzi che si danno da fare per noi, con la speranza di avere una piccola
parte nel video, o forse con l’unico desiderio che noi li sentissimo anche solo
per qualche secondo. E li abbiamo ascoltati, forse non proprio tutti, ma il più
possibile.
Troppo curiosi ed entusiasti per non
farlo.
E tutti sono finiti nel nostro video,
nessuno escluso.
La nostra musica scorre e loro ne
suonano una loro, che al momento è silenziosa, sormontata dalle note originali
ma che ...chissà, forse non sarebbe nemmeno stata tanto male vestita dalle
parole della canzone.
Solo alla fine appariamo noi in azione,
al centro dello studio, a versare l’anima negli strumenti, mentre registriamo
ufficialmente la canzone.
Una mia occhiata, quella lanciata
nell’obbiettivo mentre era Frankie a riprenderci, regista casuale di un
originale video, conclude il filmato.
In studio rimane un grande e pesante
silenzio appena le note svaniscono.
Steven osserva ancora per un attimo la
tv, mentre noi sorridiamo ognuno perso nelle proprie riflessioni, nella sua
personale gioia.
- Direi che non c’è molto da aggiungere,
i vostri fan saranno più che felici di sentire una vostra canzone mentre sono
le loro band ad apparire... – sorride il conduttore, riportandoci alla realtà.
- Era una specie di dovere morale
lasciare spazio a loro. Senza i ragazzi che ci seguono non saremmo nemmeno
qui... – replico subito io.
- Bene...allora invitiamo tutti coloro
che ancora non vi conoscono a prendere il vostro primo cd al volo, in attesa
del nuovo lavoro... – aggiunge solo Steven.
- Esatto...mi raccomando: comprate, non
scaricate! – fa ironico Jake, agitando un indice
contro la telecamera.
Come sempre alla sua uscita seguono delle
risate.
- Allora vi saluto, scommetto che
sentiremo presto parlare nuovamente di voi! – esclama Steven.
Facciamo dei cenni alla telecamera,
salutando, sino a che non ci comunicano che la registrazione è finita. Dopo gli
ennesimi ringraziamenti, usciamo dallo studio e appena dietro le quinte veniamo
travolti da Allison.
- Grandi ragazzi! Sapevo che non avreste
avuto problemi davanti alla telecamera, e poi la sicurezza con cui avete
risposto... Mi siete piaciuti, davvero – si congratula la nostra manager.
La guardiamo un po’ increduli. Siamo
abituati ai suoi occhi indagatori e ai sorriseti di ghiaccio, è rarissimo
vederla dispensare complimenti gratuiti.
- Grazie Allison
– risponde per tutti Vee.
- E ora veloci, tra mezz’ora dovete
essere nella sede del Rolling Stones...
– ci incita.
Diavolo. Quasi lo dimenticavo. Il Rolling Stones.
Scuoto la testa con una risatina,
ripensando alle parole di Shirley quando ci siamo viste circa un mese fa.
Chissà se sarà proprio lei ad intervistarci...
È tutto tremendamente assurdo.
Probabilmente si tratterà solo di un
piccolo paragrafo con una foto allegata, fatto sta che appariremo nella rivista
di musica più conosciuta al mondo.
Per quanto me lo ripeta, tutto appare
ancora estremamente lontano, sembra ancora una speranza che alimento tra me e
me, non una realtà che diventerà concreta tra appena qualche minuto.
Ma questi giorni sembrano un sogno
costante: tra le registrazioni dell’album, i servizi fotografici, il video e ora
le interviste non riesco a prendere un attimo di respiro per razionalizzare
tutto quanto.
Dovrei fermarmi e guardare tutto
dall’esterno, come un obbiettivo inquadrare, scattare e poi zoomare al massimo
cercando di cogliere tutti i dettagli per rendermi conto di quanto tutto questo
sia diventato in fretta realtà. Ok, non è la prima volta che lo proviamo, ma
forse ero troppo anestetizzata quando è uscito il nostro primo cd, troppo
incerta, troppo poco fiduciosa in me e nel mio sogno per godermi davvero tutto
a pieno.
Invece ora mi lascio semplicemente
travolgere, senza la paura di essere abbattuta o trascinata chissà dove, ma
godendomi quel vortice di sensazioni che pian piano mi risucchia ma non per
rubarmi attimi, piuttosto riempiendomi di altre emozioni, altre immagini, altra
vita ancora.
E non faccio altro che ritenermi ogni
secondo più fortunata, dannatamente e tremendamente fortunata per aver avuto
un’altra occasione, per poter provare nuovamente l’effetto che fa vedere un
proprio sogno avverato.
Appena usciamo dagli studi, in cui per
un attimo siamo stati il centro di quel piccolo microcosmo televisivo,
ritorniamo ad essere insetti nella giungla di NY mentre la frenesia che investe
la 7th ave avvolge anche noi. Mentre aspettiamo Allison,
che come sempre si è fermata per dispendiarsi in
complimenti e ringraziamenti, osservo le persone che mi passano accanto.
Uomini d'affari in giacca e cravatta che
controllano l’orologio, forse rimproverandosi per non arrivare mai a casa in
tempo per vedere la loro moglie preparare la cena; donne di mezza età che
stringono nelle mani borsone più pesanti di loro con dentro sicuramente qualche
vestito che dovrebbe valorizzarle; bambini a mano dei genitori che con la bocca
semi aperta non fanno altro che guardare, soffermandosi ogni tanto su qualche
particolare, imprimendoselo nella mente; gruppi di ragazzi che ridendo si
spintonano sul grande marciapiede finendo contro anziani che li guardano
divertiti o con disapprovazione.
E in tutto questo il sole del tramonto
che tinge il cielo di rosso, mentre rimbalza tra i vari palazzi, specchiandosi
nei cristalli azzurri dei vetri, saltando tra un grattacielo e l’altro, dando a
tutti il bacio della buonanotte prima di sparire definitivamente.
Smetto di perdermi in questa immensa
città quando la nostra manager ci raggiunge. Insieme ci abbandoniamo nel flusso
di persone che corrono sul marciapiede, camminando verso la 31esima strada. La
sede del Rolling Stone è ad appena un km da qui,
nella 23esima.
Nemmeno un migliaio di metri che percorriamo
abbastanza velocemente, bruciando passi sulla grande strada. Persa nei pensieri
e con lo sguardo puntato alle mie vans ormai logore,
quasi finisco contro Jake quando all’improvviso ci
fermiamo.
Seguo lo sguardo degli altri, portando i
miei occhi ad incontrare l’ennesimo grattacielo immenso.
Entriamo e la frenesia che corre sulle
strade qui non sembra affatto diminuire. Le receptionist parlano concitate al
telefono, dando informazioni di chissà quale tipo o prendendo appuntamenti.
Seguiamo Allison
che se ne va dritta dritta all’ascensore senza
esitare nemmeno un secondo. È assurdo il numero di tasti che c’è in un
ascensore di un grattacielo newyorchese.
La nostra manager preme il numero 51 che
si illumina all’istante.
C’è un silenzio teso. Come sempre, ora
che mancano pochi secondi, comincio a realizzare e la scarica di emozioni si
abbatte su di me incessante rendendomi inevitabilmente nervosa. Mi tormento le
mani mentre osservo quei numeri, lanciando un’occhiata fugace alle rare persone
che salgono e riscendono soltanto dopo qualche piano, ascoltando discorsi a
metà che si perdono appena le porte si richiudono.
Pling. Un suono breve ed acuto, quasi
allegro, ci avvisa che la nostra corsa è finita. Le porte si aprono di fronte
ad un bancone bianco, dietro a questo una ragazza dai capelli neri e lunghi,
con il solito microfono che quasi le entra in bocca, il trucco leggero ma
preciso.
Appena siamo abbastanza vicini a lei
osservo il cartellino, scoprendo che si chiama Kate. Ci guarda attenta, in
attesa.
- Buona sera! Blood
on the rose, sono qui per un’intervista – è Allison a
parlare, mentre noi continuiamo a guardarci intorno curiosi.
Non sono mai stata nella sede di un
giornale prima. Il mio sguardo scivola alle spalle di Kate, a spiare il via vai
di gente che si muove tra i cubicoli agitando scartoffie o tenendo stretti al
petto interi plichi di fogli probabilmente di grande importanza. C’è un odore
di caffè decisamente penetrante.
La segretaria sta per rispondere, ma
viene interrotta.
- Mi occupo io di loro, Kate –
Dice una voce che conosco sin troppo
bene. Alzo lo sguardo ad incontrare due pozzi di petrolio neri e profondi. Non
riesco a trattenere una risatina.
- Rockstar – mi saluta semplicemente
Shirley.
- Giornalista – replico solo io.
Mi abbraccia di slancio, quasi
stupendomi.
- Te l’avevo detto che ce l’avreste
fatta ad ottenere un piccolo spazio pure qui – si compiace.
Anche gli altri devono aver notato che
non è una faccia nuova perché la fissano un po’ insicuri, almeno fino a che lei
non si presenta stringendo la mano ad ognuno di loro.
- Questa me la devi spiegare – mi
sussurra Ali, mentre seguiamo la mia vecchia conoscenza in una sala riunioni.
- Non è nulla di complicato: io vivevo a
Newark, lo sai... – spiego con un sorrisino – Era la mia migliore amica –
concludo, senza alcun risentimento.
Annuisce, guardandomi incuriosita.
Shirley si ferma e tutti arretriamo in
attesa che apra la pesante porta di legno noce che ci si para davanti. Ci
sorride, prima di spingerla.
Sbuchiamo in una stanza dall’aspetto
decisamente contrastante col resto del piano. Una porta finestra guarda alla
strada, da qui le macchine sembrano davvero parte di un videogioco. Di fronte a
questa un divano in pelle bordeaux e accanto ad esso una poltrona dello stesso
colore e consistenza. È lì che si lascia cadere Shirley, con un blocchetto
stretto tra le mani e un sorriso cordiale rivolto a noi.
In qualche secondo ci ritroviamo
affondati sul divano, pronti a rispondere ad altre domande.
- Allora ... parto col dire che le mie
domande sono giunte direttamente dai fan all’ e mail della redazione, perciò
non prendetevela con me se non saranno troppo profonde – comincia con una
risatina – Comunque... Christy dall’Oregon vorrebbe
sapere a chi è nata l’idea del video, dedicato soprattutto ai ragazzi che vi
seguono più che incentrato su di voi –
Stavolta non è Jake
a rompere il ghiaccio, ma tutti insieme ci troviamo a rispondere, sormontandoci
a vicenda. Dopo una risata generale e un’occhiata, prendo io la parola.
- Bhe...completamente
per caso... Il video ha preso vita esattamente come si vede. Eravamo a Central Park e ci stavamo divertendo tra noi, quando Jake ha cominciato a battere le mani a terra, quasi
cercando di ricavare un qualche suono, un ritmo... Ci è bastato un attimo per
capire che voleva fare... Ovviamente il merito principale è da attribuire a lui
– sorrido al nostro batterista, che gongola affondato nel suo angolo di divano
– Poi io ho pensato di far interagire i fan e insieme abbiamo deciso come... - aggiungo.
- E i fan ne sono stati decisamente
felici – commenta solo Shirley, prima di riposare gli occhi sul suo foglio –
Ah...c’è qualche curiosone che vorrebbe sapere chi ha girato le scene a Central Park...-
Gli altri mi guardano di sottecchi con
un sorrisetto. Ma che diavolo...?
- Un amico che era lì con noi – mi
limito a rispondere, forse troppo lapidaria.
Shirley mi osserva con sguardo di chi la
sa lunga e un sorrisetto malizioso dipinto sul volto.
- Okaaay...
passiamo alla prossima – aggiunge con una risatina.
È impressionante che dopo anni ancora
riesca a capire all’istante ciò che mi passa per la testa... o forse sono solo
un libro aperto e una pessima attrice. Probabile.
Continua con altre sette o otto domande.
Forse non saranno delle più profonde ma sapere che in questo modo risponderemo
direttamente alle curiosità di più fan è divertente.
Riga dopo riga brucia ogni quesito tra i
più interessanti, arrivando verso la fine di quel foglio, giocherellando con la
sua penna. Esita. Sa che arrivata all’ultima parola ci saluteremo e chissà
quando ci rivedremo e ho la netta sensazione che non voglia lasciarci così in
fretta.
Sul suo volto c’è un costante sorriso
che tenta di reprimere, quasi ci potesse svelare qualcosa, quasi si voglia
salvare tenendolo nascosto.
Quando Drew finisce di rispondere
all’ultima domanda, l’unico movimento che fa è allungare il braccio a fermare
il registratore. La cassetta smette di catturare la nostra voce, risparmiando
nastro. Shirley si riappoggia alla poltrona, fa scattare per l’ennesima volta
la penna e la pone di fronte a sé, in linea retta accanto al registratore con
precisione quasi maniacale. Mi domando che anticipano tutti questi gesti
misurati e la mia curiosità aumenta quando il suo sguardo scivola su di noi...
I suoi occhi scuri sono sempre stati piuttosto magnetici e in questo momento,
in cui sembrano quasi brillare, lo sono ancora di più. Quello è lo sguardo che
conoscevo, quello della ragazza 19enne ghiotta di novità e costantemente solare
e felice. Bentornata.
Finalmente il sorriso fino ad ora
accennato o comunque soppresso costantemente sboccia del tutto, trasformandosi
in una semi risatina.
- Che c’è? – chiedo, non del tutto
sicura che spezzare il silenzio al momento sia la cosa migliore.
- Ho una notizia per voi – comincia
quindi Shirley, misurando le parole.
Ci mettiamo sull’attenti, come bambini
di fronte ad un negozio di giocattoli ai quali è stato appena chiesto quale
desidererebbero.
- Il mio capo ha sentito il vostro
singolo e ne è rimasto impressionato positivamente... Quindi ha deciso che una
giornalista di questa rivista vi avrebbe seguito durante la registrazione
dell’album, realizzando infine uno speciale tutto su di voi... Bhe, spero non vi dispiacerà se starò a guardarvi fuori
dalla sala... Prometto che cercherò di non stare costantemente col blocchetto
alla mano ad osservarvi... – sputa quindi la notizia lasciandoci piuttosto
sorpresi.
Non so che pensare. Uno speciale su di noi?
- Soprattutto devi prometterci che
avremo totale libertà di essere noi stessi, che non filtrerai le nostre parole
e non ci dipingerai come un gruppo qualsiasi – dice risoluto Jake – Dì lo giuro...- aggiunge, con un sorrisino.
È ciò che spero anche io, ho sempre un
po’ di diffidenza nei confronti della stampa per quanto si tratti di Rolling Stones, ma l’aria quasi
indignata di Shirley a queste insinuazioni fa sparire anche i minimi dubbi.
- Lo giuro – promette quindi, con una
mano sul cuore – E poi non potrei mai farlo, credetemi... soprattutto tu –
aggiunge guardandomi ironica.
Ora che in qualche secondo l’insicurezza
è del tutto svanita, dissolta nell’aria, scomparsa... Ora, ci uniamo tra noi,
ci abbracciamo, ancora una volta a sorridere. Ancora una volta felici e
sorpresi soprattutto, davvero tanto sorpresi.
Mi sciolgo dagli altri per avvicinarmi a
Shirley che ci guarda con un sorriso.
- Ti credo... e mi fido – sussurro solo.
- Bene – le sue labbra si incurvano
ancora un po’ – Sono felice per voi, davvero... –
Si vede. I suoi occhi non sanno mentire,
infondo. Forse anni fa era sparita proprio nel momento in cui avevo bisogno di
lei, è vero, ma ora è tornata nel periodo più felice che potessi mai sperare di
avere e in qualche modo sono felice ne farà parte.
Mi abbraccia di slancio, lasciandomi
ancora una volta attonita.
Dopo qualche secondo la stringo,
ricambiando.
Quando si scioglie mi osserva per un
attimo, poi quel suo sorrisetto malizioso torna.
- Senti ma...non è che le voci che
corrono tra le teenagers arrapate in internet abbiano
qualche fondamento? – sembra voglia leggermi nel pensiero – Ti giuro che non
c’entra nulla col giornale, figurati... Non pubblicherei stronzate come questa,
infatti ho accuratamente evitato le domande sulla sfera sentimentale, è solo
curiosità da pura amica – aggiunge in fretta.
- Quali sarebbero queste voci? – chiedo
corrucciando lo sguardo.
- Tu e Frank Iero...
– dice solo, guardandomi di sottecchi.
Credo di arrossire, mentre cerco di
farfugliare qualcosa. Le basta un secondo per dedurre quale sia la risposta tra
le due opzioni.
- Allora è vero!! Cavolo io lo sapevo,
lo sapevo dall’inizio...Te l’avevo detto, no? – sorride, vittoriosa.
Mi lascio sfuggire una risatina.
- Sì, okay, miss indovina... Però non
esaltarti troppo, mi stai facendo preoccupare – cerco di farla calmare.
- È solo che sono felice per te... lo
ami eh? – mi guarda per un secondo – Sì, lo ami da morire – aggiunge poi
rispondendosi da sola.
Basta davvero guardarmi negli occhi per
capirlo?
Sorrido semplicemente. Allison ci viene a richiamare, congratulandosi nuovamente
con noi e rivelandoci che non sapeva più come tenere la bocca chiusa, già
informata della notizia da giorni.
- Bhe...allora
ci rivediamo alla registrazione, giornalista – la saluto al solito modo.
- Okay, rockstar...ci vediamo... – fa un
cenno, accompagnato da un sorriso sincero.
Quando usciamo sono ormai le 8. La gente
non è diminuita, ma il cielo comincia a scurirsi e le auto aumentano sempre di
più. Tra poco la città brillerà mostrando tutta la sua bellezza.
Mi viene da ridere a pensare che credevo
sarebbe apparsa solo qualche riga su di noi, mentre ora ci ritroviamo ad essere
al centro di uno speciale. Sembra lo stesso pensino gli altri perché nessuno
riesce a toglierci questi sorrisini ebeti dal volto. Assomigliamo allo smile
gigante di Yahoo che ci guarda dall’altro lato della strada.
Già. È il periodo più felice che potessi
mai sperare di avere.
*
Sospiro mentre osservo la strada che
pullula di auto, tentando di bloccare un taxi in corsa soltanto con una mano.
Per l’ennesima volta ne rimane solo una scia gialla. Le strade qui a Newark
stasera non sono troppo intasate e tutti sembrano approfittarne, tentando di
superare i limiti di velocità, di provare per una volta la sensazione di avere
l’asfalto tutto per sé.
Finalmente il cigolio di un paio di
freni che hanno decisamente bisogno di una revisione risuona davanti a me,
riportandomi alla realtà. Apro la portiera infilandomi nel veicolo newyorchese
per eccellenza.
Il taxista, un uomo sulla
quarantina dai capelli brizzolati, si volta
verso di me, osservandomi serio in attesa.
- La 94esima, sulla 3rd... New York –
come se servisse precisare la città.
Mentre l’autista si infila nel traffico,
andando stranamente piano, osservo il mondo al di fuori per distrarmi. Il sole
tinge l’orizzonte di rosa, lasciando dietro di sé una scia viola e più in alto
un blu intenso che presto dominerà il cielo sopra questi grattacieli.
Adoro il tramonto. Nessuna novità, è
vero, sono in pochi a non rimanere affascinati dalla luce di fuoco che il sole
getta sul nostro pianeta, ma non è solo quell’intensità che lo rende romantico
a farlo diventare uno dei momenti che preferisco; piuttosto vedere come tutto
cambia e diventa all’improvviso magico, una grande giostra colorata, come i
palazzi grigi e imponenti spariscano sotto le luci dei grattacieli decisamente
più mostruosi. È il cambiamento che questa e qualsiasi altra città subisce
quando la luce naturale la abbandona a rendere tutto così attraente.
Finalmente l’auto acquista un po’ di
velocità, prendendo posizione tra le altre, sfrecciandovi accanto e
superandole. Lancio un’occhiata all’orologio: probabilmente Eliza
si sarà liberata da appena qualche secondo dalle grinfie di qualche
giornalista. Se non sbaglio avevano un appuntamento al Rolling
Stones. Sorrido pensando a quanta strada hanno fatto,
felice soprattutto che lei ora si renda conto di quello che stringe tra le
mani, che ha davanti agli occhi e che sta vivendo. Un sogno avverato non è una
cosa da tutti i giorni, decisamente. E riuscire ad avere due occasioni per
provarlo è assoluta fortuna, ma lei e gli altri se lo meritano.
Mi infilo gli auricolari dell’i-pod mentre ci ritroviamo incastrati tra il traffico. Ho
paura che non riusciremo a metterci meno di un’ora. Lascio le note dei Black Flag a fare da sfondo ai
miei pensieri e al paesaggio sul quale ho il tempo di soffermarmi tra una
frenata e l’altra.
L’appuntamento per stasera è con Times Square, il manifesto
pubblicitario americano, la via tra le più luminose del mondo che è diventata
rappresentanza pura e totale di New York. Sembra che in quell’unica strada si
sia riversata l’essenza di tutta una città.
Credo sia più o meno impossibile
resistere al suo fascino. Forse con grande cinismo si può riuscire a vedere
soltanto manifesti, commercializzazione di prodotti già sin troppo conosciuti,
consumismo... Ma per lo più i colori vivaci e le luci riescono a mettere il
buon umore persino alla persona più cupa sulla faccia della terra.
Così, quando dopo circa tre quarti d’ora
arriviamo sulla 3rd chiedo all’autista di aspettare qualche secondo lì.
Smonto dall’auto percorrendo qualche
metro. Osservo il palazzo di fronte a me con un sorriso. Risulta come un pugno
nell’occhio, qui in mezzo. Si nota a metri di distanza ma lo trovo bello
proprio per questo. Mentre gli altri sono inquietanti e sin troppo imponenti,
dal grigio cupo e vecchio, questo risplende di un rosso corallo e si ritrova ad
essere il nano della situazione... Eppure sembra molto più accogliente degli
altri edifici lugubri.
Sto per entrare, quando Eliza mi viene incontro saltellando praticamente sugli
scalini, facendoli a grande falcate, probabilmente rischiando di ammazzarsi. È
felice, allegra. E bellissima.
- Ti stavo aspettando –
Mi saluta così, accompagnando il tutto
con un sorriso e un bacio profondo, stupendomi.
Si vedrebbe lontano un miglio che ha
ricevuto qualche bella notizia.
Aspetto solo qualche secondo, giusto il
tempo di risalire nel taxi ed ordinare al taxista ormai scocciato l’ennesima
strada, prima di farle la fatidica domanda.
- Com’è andata oggi? Le interviste? –
I suoi occhi si illuminano, incorniciati
da un sorriso. Come immaginavo: non vede l’ora di svuotare il sacco. La osservo
divertito e anche piuttosto curioso.
- Le interviste sono andate benissimo.
Al Rolling Stones mi ha
intervistato Shirley e ...indovina un po’? – tenta di creare un po’ di suspence, senza riuscire nel tentativo, lasciandosi
sfuggire subito la notizia – Ha detto che il suo capo è rimasto impressionato
in positivo dalla nostra musica e quindi...faranno uno speciale su di noi! –
Però. Uno speciale sul maggiore magazine
di musica.
Sorrido, sinceramente felice per loro.
- Grandi! E quindi...staranno a contatto
con voi 24 ore su 24? – chiedo.
Devo ammettere che il suo entusiasmo è
riuscito ad accendere persino la mia, di curiosità.
- No, non proprio... Shirley ci
osserverà provare per lo più, sarà comunque tutto incentrato sul nostro lavoro
e sulla musica, sai che odiamo quando si mischia quello e la vita privata... –
mi spiega.
- Bhe, fate
bene a stabilire confini... Poi credo verrà un bel lavoro... Buffo che tu abbia
ritrovato pure lei – aggiungo con una risatina.
- Non dirlo a me... negli ultimi mesi ho
ritrovato così tanti pezzi del puzzle della mia vita che ormai davo per
dispersi che ancora me ne devo rendere conto. Sono stata fortunata... –
La stringo a me. È bello sapere di
essere uno di quei pezzi.
Osservo il suo viso, riempiendomi lo
sguardo dei particolari che ormai conosco a memoria. Non riuscirei nemmeno ad
immaginarmi senza di lei. E non credo tutto sia una coincidenza. Appena
arrivati a Dublino, ormai mesi fa, l’avevo pensata, ci avevo sperato ad un
casuale incontro, anche solo per parlarle, per sapere come stava, che faceva...
Tutto quello che è successo poi in
realtà è andato ben oltre le mie speranze e sono dannatamente felice sia così.
Nei suoi occhi si specchiano le luci della 7th ave, i mille colori che
scintillano fuori dal finestrino, riempiendo i nostri sguardi letteralmente.
Dalla radio del taxi comincia a diffondersi
Paradise City dei Guns’n’roses , rovinata da un ronzio di fondo. Quando svoltiamo
leggermente a sinistra sulla Broadway l’autista accosta, voltandosi verso di
noi.
- Fanno 20 $ - ci informa, lapidario,
tendendo una mano verso di noi.
Wow, come se potessimo scappare...
Gli allungo una banconota, finalmente
uscendo dall’auto, seguito da Eliza.
Mi sorride. Ha con sé una borsa;
scommetto che per stasera non lascerà riposare gli obbiettivi, qui c’è troppo
da catturare. Infatti si ferma nel bel mezzo del marciapiede, costringendo la
gente ad evitarla, mentre si guarda intorno. La capisco, infondo l’abitudine a
vedere certe strade non ci permette di essere indifferenti alla grandezza, alle
luci, ai colori, al chiacchiericcio e alla vita che scorre a fiumi, che si fa
sentire più che mai qui. Faccio come lei, lasciando che i miei occhi vengano
accecati dalle decine e decine di insegne luminose, di tv giganti e pubblicità
più o meno divertenti.
La mia attenzione cade subito sull’hard
rock, nell’altro lato della strada. Pare che anche Eliza
sia stata catturata dalla gente che si aggira lì fuori e fa la coda mentre
attende di entrare, ma piuttosto di correre dall’altra parte tentando di
guadagnarsi un posto nel locale migliore della città per gli amanti della musica,
sta immobile a montare obbiettivi e scattare.
Fotografa la coda informe di persone che
chiacchierano e indicano divertite l’insegna, fotografa i sorrisi di
sconosciuti, persone che nessuno di noi due vedrà di nuovo o conoscerà mai,
fotografa la vita, nella sua forma più semplice. Maneggia quella macchina
fotografica come qualsiasi musicista farebbe con il proprio strumento. Con
delicatezza, ma anche con precisione. Sa come usarla, come gestirla. Ne
accarezza piano le forme, mentre tenta di mettere a fuoco i particolari più
lontani. Nel suo sguardo c’è la stessa luce che lo attraversa quando si ritrova
sopra il palco.
La stessa passione totale in ciò che fa
che sgorga da ogni gesto, da ogni piccola espressione.
Ama tutto questo. Ho capito che per lei non
si tratta solo di premere un otturatore e imprimere nella memoria di un oggetto
una data immagine. No, la questione è decisamente diversa: vuole catturare
vita. E questo è uno dei luoghi migliori per farlo, questa città in cui corre a
fiumi.
Per un attimo fa sue le persone, i loro
gesti, oppure semplicemente le insegne, oggetti incoscienti di un servizio
fotografico, le cattura, appunto, ma le lascia andare subito, accontentandosi
di una copia che rimarrà nel tempo, di un ricordo.
La foto è uno dei ritratti che più si
avvicina alla perfezione.
Poco dopo si volta verso di me,
imprigionandomi in quel vetro nero, schiacciando a ripetizione. La guardo
sorridendo, avvicinandomi così tanto alla macchina che finisce per inquadrare
soltanto un mio occhio.
Fa una risatina, prima di riporla in
borsa, non dopo aver smontato nuovamente quegli occhi artificiali.
- C’è qualcosa di magico in questa
strada – dice solo, non smettendo un secondo di guardarsi intorno – E poi come
immaginavo al buio è tutta un’altra cosa – aggiunge con un sorrisino.
- Bhe...sempre
che di buio si possa parlare – ironizzo.
Persino il cielo qui non è abbandonato
alla sua notte, viene anch’esso tormentato dal riflesso costante delle luci,
assumendo sfumature blu e violacee.
- Già... – concorda.
Fa scivolare la sua mano nella mia,
legandoci. Nonostante il fascino di questa strada, la mia attenzione è rivolta
soprattutto a lei; amo vedere com’è attratta e incuriosita da tutto, come
costantemente si guarda intorno e i suoi occhi rimbalzino tra i mille locali. A
sinistra in particolare sembra che ogni secondo appaiano nuove insegne.
La pubblicità di uno degli ultimi film
in uscita che invita insistentemente a vederlo; la scritta luminosa della
Virgin, paradiso per chiunque sia alla ricerca di cd più o meno introvabili;
uno schermo gigante su cui al momento è proiettato uno sguardo: solo due occhi
che guardano su, giù, a destra o a sinistra. Buffo.
Eliza fa una risatina,
seguendo il mio sguardo.
- Questa strada è assurda... – decreta –
Ma la adoro proprio per questo – aggiunge poi, senza smettere di riempirsi gli
occhi di immagini.
Si ferma all’improvviso davanti al
negozio della Billabong, affascinata credo dal
disegno presente su una tavola da surf: una diavoletto alta circa
Però disegnata davvero benissimo. Ogni
particolare dello strumento è definito con precisione quasi maniacale.
- Dev’essere
una figata aerografare una
tavola come questa... – osserva Eli.
- Già, è uno dei tanti lavori che devi
amare davvero... –
- Di sicuro chiunque l’abbia dipinta ama
la musica, quindi 10 punti per lui – sorride, mentre riprendiamo a camminare –
Tu che avresti fatto se il progetto di fare la rockstar fosse andato in fumo? –
mi chiede poi, all’improvviso.
Non ci devo nemmeno pensare più di
tanto, a dire il vero.
- Avrei amato creare le maschere per il
cinema o per il teatro, cose rigorosamente macabre, che potrebbero sempre
essere riutilizzate ad Halloween, credo sia stupendo fare qualcosa di artistico
ma che comunque si può indossare... – le rispondo sincero – A te non serve
nemmeno chiederlo, no? Basta vedere come la tieni in mano quella macchina
fotografica... – aggiungo poi, con una risatina.
- Sì, ora che ci penso i due lavori che
ho sempre sperato di fare, li ho provati entrambi... non finirò mai di
ritenermi sfacciatamente fortunata... –
- Bhe, hai
avverato tutto ciò che desideravi, te lo meriti –
È ciò che penso davvero.
- Soprattutto sono fortunata ad avere un
ragazzo così unico – sussurra quindi.
Mi sorride, avvicinandosi ancora un po’
a me, posandomi un bacio sulla guancia. Non so come ci riesce ma ogni suo
piccolo gesto, ogni semplice parola o frase, fa sì che quel piccolo muscolo mi
rimbalzi contro il petto.
- In realtà credo di essere io il
fortunato – replico con una risatina.
- Na, Frankie,
stavolta non cedo. Sono io – ribadisce lapidaria, ma accompagnando il tutto con
il suo solito sorriso. Vorrei vederlo per tutto il tempo possibile.
Ed è proprio mentre la osservo che per
la mente mi balena un’idea. Deve notare il mio sorrisetto riapparire perché mi
guarda curiosa.
- Tu stai tramando qualcosa... – deduce,
studiandomi.
Alzo le mani in segno di resa, senza
aggiungere altro.
- Okay, farò finta di nulla – decide
infine, senza smettere di fissarmi con quella strana espressione.
È buffa.
- Hey, sei
inquietante – scherzo, fingendomi preoccupato.
- Scemo! - esclama, dandomi una leggera
spintarella.
Quasi finisco contro una vecchietta che
mi impreca contro, maledicendo queste 'nuove generazioni di delinquenti'. Eliza mi osserva per qualche secondo, scoppiando poi a
ridere.
- Capito Frankie? Non si fanno i
delinquenti con le vecchiette! - assume un tono di rimprovero puntandomi contro
un indice.
- Perchè? Vuoi
punirmi? - sussurro avvicinandomi a lei.
- Frank! - esclama solamente, tentando
invano di reprimere un sorrisino – Forse... - aggiunge poi, lanciandomi
un'occhiata di sottecchi.
Scoppio a ridere, divertito dalla sua
espressione.
- Chissà cosa direbbe ora la
vecchietta... - mi domando.
- Questa generazioni di pervertiti! -
esclama Eli, di nuovo agitando un indice nell'aria,
tentando di imitare una voce gracchiante.
- Adoro vederti ridere – sussurro, quasi
stupendo anche me stesso.
Mi guarda, con quei suoi occhi
costantemente illuminati dalle luci e dalla sua stessa felicità. Lega le sue
braccia dietro al mio collo, avvicinandosi a me fino a che i nostri corpi non
si scontrano, incurante di tutte le persone costrette a scartarci. Arriva a
sfiorare le mie labbra.
- E' merito tuo se lo faccio – sussurra,
prima di baciarmi.
Comincia giocando dolcemente con le mie
labbra, posandovi piano più e più baci approffondendoli
non appena la stringo ancora di più a me. La vocina che prima mi suggeriva
quell'idea ora comincia ad urlare addirittura.
Dopo qualche secondo ci risvegliamo
dalla nostra dolce apnea, senza smettere per un secondo di guardarci negli
occhi. Amo perdermi in quel colore profondo.
Riprendiamo a camminare, scivolando in
un mare di gente e sentendoci comunque isolati da tutto questo.
- Che dici...andiamo a bere qualcosa? Mi
mancano le Guinnes di Dublino – rompe il silenzio Eli, accennando ad un pub irlandese poco più in là.
E' difficile non notarlo, dato il numero
di insegne e luci che indicano che lì c'è un locale. In un arancione accecante
infatti splende il nome del pub, O'Lunney's,
affiancato da un ennesimo neon verde fosforescente che va a formare i contorni
di un trifoglio.
- Ci sto – sorrido, mentre ci avviamo in
quella direzione.
All'esterno non c'è coda, solo qualche
persona che chiacchiera allegramente con in mano una sigaretta. Meglio così.
Non appena entriamo la musica dei The Doors ci accarezza dolcemente, come il tepore in contrasto
con il leggero vento fresco che sta cominciando a soffiare tra le immense
strade della città.
Eliza mi segue al bancone. Ci
sediamo su due sgabelli, sui quali appoggiamo le nostre giacche.
Mi osservo per un po' intorno,
perlustrando la gente seduta ai vari tavoli. C'è un clima gioioso qui dentro, è
impossibile non sentirsi a proprio agio all'istante.
Un flash riporta la mia attenzione sulla
mia ragazza. Fa un sorrisetto, studiando la foto che mi ha appena scattato.
- Non ti stancherai mai, eh? - sorrido.
- Già – dice solamente, con un piglio
soddisfatto.
Allungo una mano, sperando di ottenere
con facilità quell'oggetto che ama tanto.
- Posso divertirmi un po' anche io? -
chiedo, tentando di montare un'espressione da cane bastonato, sporgendo il mio
labbro inferiore.
Ride e mi immortala un'ennesima volta
prima di cedermi finalmente la macchina.
Soddisfatto comincio subito a tentare di
catturarla, mentre lei si diverte a sfuggire all'obbiettivo.
Non ho la sua bravura nell'inquadrare ma
con un po' di pazienza riesco finalmente a rinchiuderla in quel piccolo
schermo. Continuo così, scattandole quattro o cinque foto, sino a che un uomo
sulla cinquantina si rivolge a noi.
Ha un viso cordiale, il suo sorriso
mette di buon umore. Indossa una polo giallo canarino davanti alla quale riesco
a stento a trattenere una risata.
- Cosa vi posso portare? - si rivolge a
noi.
- Due Guinness – ordino, senza nemmeno
il bisogno di consultare Eliza.
Lei annuisce solamente in direzione del
barista, che fila all'istante a stillare due birre.
Before you slip into
unconsciousness, I'd like to have
another kiss...
- Adoro questa canzone – sussurra Eli.
Chiude gli occhi, stando ad ascoltare la
voce profonda di Jim che si diffonde per il locale. Oscilla piano su quelle
note delicate, mormorando le parole.
Le prendo una mano, facendola scendere
dallo sgabello. Mi guarda curiosa, con un lieve sorriso, mentre comincio a
canticchiare insieme a lei.
La stringo tra le mie braccia,
ondeggiando piano sulla canzone. Lei mi segue facendo una risatina.
Quella voce continua a gridare, così
decido di esporle la mia idea.
- Sai mi stavo domandando ... - comincio,
forse sin troppo insicuro.
Si allontana giusto un po', fino a che
riesce a specchiarsi nei miei occhi.
- Cosa Frankie? - mi incita a
continuare.
- Eliza –
faccio un respiro profondo – Verresti a vivere con me? - le chiedo,
accatastando le parole, nemmeno tanto sicuro che abbia capito.
- Dici sul serio? - chiede incredula.
Il fatto che tentenni non mi è d'aiuto.
Annuisco con forza osservandola, in attesa.
- E me lo chiedi anche? Certo che sì,
Frankie! - sorride finalmente, facendomi tirare un sospiro di sollievo – Quando
posso portare le mie cose da te? - chiede subito, scherzosa.
- Quando vuoi – le rispondo, felice.
Mi avvicino a lei, baciandola
appassionatamente, stringendola a me, mentre la canzone che ci fa da sfondo
cambia ancora una volta.
È Touch
me ora a diffondersi dalle casse.
And I'm gonna love you
till the heavens stop
the rain
I'm gonna
love you
till the stars fall
from the sky
For you
and I.
- Ti amo Frank – sussurra sulle mie
labbra.
- C'è bisogno di dire che ricambio? -
replico soltanto, prima di annullare nuovamente le parole.
Perchè al momento sono
totalmente inutili, è ogni singolo contatto a parlare per noi.