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Autore: FairyElise    18/06/2008    8 recensioni
Frank Iero, eccolo lì: il ragazzo più odioso che abbia mai conosciuto. Avrei solo voglia di spaccare quel suo faccino da finto angioletto.... Già. A tutti è capitato di avere compagni insopportabili...spesso però sono proprio questi che per un motivo o l'altro finiscono per essere nostri amici. Forse in un momento di merda, forse proprio quando gli altri spariscono...E poi ci capita di rincontarli anni dopo, con mille cose cambiate... Ennesima Ff sui My chemical romance, su Frank principalmente...un po' malinconica almeno all'inizio...Ma spero vi piaccia. Fatemi sapere ^_^
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Frank Iero, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Buona seeeeera!! Sì, per la serie: a volte ritornano. Come al solito speravo di poter aggiornare prima e invece tra una cosa e l'altra...nada. =| Vabbè, mi dovrò preparare alle frustate (tanto più che il 24 è appena all'inizio e queste tre settimane avrò lo stage perciò credo ci vorrà un bel po' anche per il prossimo) xD Intanto vi rispondo =P

Frytty: Sociaaa!! *O* come hai detto tu, fa sempre piacere leggere commenti...e poi non mi sembra tu sia poi troppo ripetitiva =P L'ho detto ormai centinaia di volte ma non mi stanco di ripeterlo: non c'è niente che mi renda più felice del sapere che leggendo ciò che scrivo riuscite ad avere le immagini in testa <3 Sai, ti dirò che le scene tra la band non mi convincevano moltissimo, al di là degli scherzi tra loro mi sembrava quasi di esagerare mentre descrivevo il video, ma mi fa piacere sentire che sono riuscite davvero bene =** So benissimo che dici la verità, amora ♥♥ spero ti piacerà anche questo, con la sua sorpresa verso la fine =P Grazie mille <3 Ti voglio bene pure io =*

Punkie Vampire: mauahha oddio, non esageriamo adesso x°°D forse è solo la mia parte letterario artistica ad essere più sviluppata di quella scientifica (altrimenti nonavrei 5 in mate xD)
*fiuuu* fortuna che mi perdoni, almeno una frustata me la risparmio =P Sono felice che l'immagine dei pensieri che si incrociano ti sia rimasta impressa e ancora di più che ricolleghi quel dialogo ai funamboli e alla concordanza di idee <3
ghghgh sì, non so come mi sia nata quell'idea assurda del video e in effetti è comica da immaginare xD Grazie mille bella =***

etoil noir: Luvaaah! *O* Che bello rivedere un tuo mega commento *-* Mi mancava dover fare i feedback chilometrici =D
Awww e cominci subito facendomi sciogliere <3 Sì, in effetti nel 21 ho sviluppato alcuni fatti, per esempio il tatuaggio, che non vedevo l'ora di descrivere =) Sono contenta ti piaccia il fatto che a tuo parere ho mantenuto tutto con coerenza, perchè concordo che è gran difficile riuscire ad esserlo ^^
Ehehe, io non posso fare a meno di descrivere tutto in modo poetico e un pelo malinconico/romantico...ma sono contenta perchè riconosco di aver trovato un mio stile di scrittura in questo =) e soprattutto sono ancora più felice che voi lo apprezziate, comprese le espressioni dei vari personaggi, che, ti dirò, spesso non mi convincono. ^^
ghghg e sbava pure <3 Spesso mi è difficile trovare le parole per descrivere il rapporto che ho creato tra loro, tanto voglio renderlo puro, ma sono felice di riuscirci piuttosto bene ^^
Eh, sì, la parte del tatuaggio era particolarmente sentita, come sai, ho cercato di rendere al meglio l'importanza che hanno per me dei segni indelebili sulla pelle =) sì, devo dire che anche a me ha soddisfatto la parte in cui descrivo pure la pelle come una parte di un'opera d'arte ^^
cacchio, sono troppo felice che hai notato il particolare del legnod ella chitarra *-* ma sai che una volta odiavo stare a ricercare tutto nei dettagli? anche i locali ecc, me li inventavo..ora non ci riuscirei più xD Meglio così credo. =P
mauhaha nuooo non voglio che un mio capitolo ti ammazzi, amur =P ♥
apparte gli scherzi, sono contenta che anche questo ti sia piaciuto tanto =D adoro descrivere la musica e i momenti in cui questa viene creata, quindi sono felice che mi sia venuta bene quella parte e che tu abbia trovato l'energia palpabile *-* E hai visto perfettamente, come la immaginavo io, Eliza. <3 Grande amur.
Madonna, quel video di Jonjon *-* Guarda, non potrei essere più felice che proprio una mia cosa ti abbia ricordato quel video, così carico di odio e tristezza, così commovente ç_ç
macchè, amora, so che questa storia ti sta a cuore...non succede nulla anche se perdi uno o due capitoli, tranqui =) uh, avoja che sono entusiasti i nostri irlandesi <3
ghghg, il nome della band è Blood on the rose, comunque tranqui ^^ ahaha, massì, ripeto, non so come mi sia venuta in mente quell'idea del video...mentre lo scrivevo pensavo fosse un po' una cazzata, ma allo stesso tempo mi risultava originale al punto giusto, e poi m'ha preso ^^
eheheh il locale esiste davvero e mi era rimasta impressa leggendo sul sito questa cosa delle mega porzioni e le foto con gli italiani storici, quindi mi sembrava giusto metterla =P
ehhh, sì loro sono sempre dei lovebirds ultra pucci...ebbè, il miele c'entra sempre, fidati, poi leggendo cose dolci vengono in mente gli alimenti più calorici che ci siano xD
Smettila di darti della stronza bastarda ù__ù sennò ti castigo, umh ù_ù
Sono troppo felice di riuscire a farti ridere e di emozionarti. *-* Ti amu e mi manchi troppo ç___ç (Bologna prima o poi sarà nostra ^^) Bacioni e grazie mille ammora =***

SadSong: Awww ammora! *.* Apparte che è troppo che non ci sentiamo (e vediamo) come si deve... Comunque sono felice si 'senta' la loro felicità e di averti coinvolto tanto =D
shì, nella fine tornano più che mai i lovebirds di sempre...e su questo lato, occhio alla fine di questo capitolo xD *sorpresina* eccola, non ti sfugge nulla eh? xD ma chissà che c'è tra Vee e Gee, ehhh =P
addirittura genietta? sei troppo buona, amur ù_ù Grazie mille =****

Greendayana94: sarai pure in ritardo, ma hai comunque fatto prima di me =P awwww sono contenta di essere riuscita a farti ridere con la felicità che traspare da questo capitolo <3 Davvero ho descritto bene l'intesa del gruppo? è spesso un problema per me, a volte ho paura di cadere nel banale o cose simili... Grazie bella ♥
In effetti amo descrivere i momenti musicali, diciamo, amo vedere nella mia mente le band che suonano e poi trasporre il tutto con parole e sono contenta che mi riesca così bene =) Bene, era ciò a cui puntavo rendere tutti i personaggi il più vero possibile, anche quelli che sono identificati per il loro ruolo in una band, più che come persone singole e quindi le tue parole mi rendono davvero soddisfatta. Spero ti piaccia anche questo capitolo =) Grazie mille =**


Ed eccoci qui, al 23...penultimo capitolo... Devo dire che per quanto sia ora che ormai questa storia giunga alla fine un po' mi dispiace sapere di esserci arrivata, perchè scrivendola mi sono resa conto di quanto sono migliorata e ormai mi ci ero legata per le sensazioni che ci ho riversato. Grazie a chi mi seguirà fino alla fine, davvero di cuore. =**
E quindi... ENJOY!! E fatemi sapere che ne pensate in TANTE, mi raccomando ù__ù

23. Crystal ship

Non sono abituata a questo genere di cose.

Sentire il nome della nostra band in un microfono.

Le presentazioni con il conduttore di cui probabilmente tra due secondi non ricorderò nemmeno il nome, dettaglio insignificante che si perde nell’accozzaglia di emozioni che la mia testa continua ad accumulare.

Le telecamere su di noi, con quel grande occhio che amplia il suo campo visivo cercando di contenerci tutti, di inquadrarci per rinchiuderci nello schermo contenuto in quella scatola nera infernale da cui tanti ora ci staranno osservando.

I tecnici di fronte a noi, il microfono tra le mani che serve solo per parlare e non per cantare.

Eppure è tutto questo che ci accoglie appena mettiamo piede negli studi di Fuse.

L’unica cosa a farmi sentire a casa è la nostra musica diffusa da non so bene dove, anche se è tremendamente strano sentirla uscire da un paio di casse, quando sono abituata ad investirmi con essa.

Siamo qui per una semplice intervista, almeno questo è quello che ci ha detto Allison, aggiungendo che è un’occasione per mostrare di che pasta siamo fatti realmente.

Stranamente stavolta non ci ha dato ordini, sapendo che non li avremmo rispettati, se non uno: essere noi stessi.

Cosa che ci riesce abbastanza facile dato che non siamo affatto abituati a fingere. Infondo non siamo soliti andare in tv, nessuno ci ha ancora trattato come pupazzetti istruiti a sorridere alle telecamere e stare immobili per rispondere alla domande semplicemente.

Ed è proprio nei nostri panni che ci presentiamo appena entriamo.

Drew rivolge una linguaccia alla telecamera, per poi spaparanzarsi sul divanetto accanto all’intervistatore, Jake invece fa una pernacchia con la bocca, alla quale io non riesco a trattenere una risata, Virgy si limita a salutare con una mano.

E fanculo se sembreremo bambini e qualcuno non ci considererà artisti seri. Non è il nostro carattere a doverlo dimostrare, ma come suoniamo.

- Salve! Allora oggi siamo qui con i Blood on the rose! – esclama... Steven, credo, nel microfono – Ciao ragazzi – aggiunge dopo.

Gli rispondiamo con un saluto corale e qualche cenno.

- Allora... siete uno dei gruppi emergenti più interessanti qui negli Usa, ma so che in Europa avete già una schiera abbastanza diffusa di fans... – comincia – Venite dall’Irlanda, se non sbaglio... terra che produce ottimi talenti... Il vostro genere però sembra scostarsi da qualsiasi schema. Qual è il concetto che sta dietro alla vostra musica, ai vostri testi? Ed è il punto di vista comune che avete su di essa che vi rende un gruppo? Intendo... c’è un alchimia palpabile tra voi, e si nota soprattutto da come suonate... – fa quindi la prima domanda.

Fortunatamente per lui è partito alla grande. Non avrei sopportato qualche domanda idiota del tipo ‘Pensate di avere lo stesso successo qui in America?’ e simili.

È Jake a prendere la parola per primo.

- Complimenti per la domanda, Steve! – esclama con un sorrisetto.

Nessuno meglio di lui sa rompere il ghiaccio. Scuoto la testa con una risatina, curiosa di sentire che risponderà.

- Comunque ... sai credo ognuno di noi abbia un modo diverso di vedere la musica, perciò non so se si possa davvero parlare di punto di vista in comune. Credo che ciò che ci rende un gruppo sia proprio il fatto che ognuno di noi suona il proprio strumento a modo suo, chi con energia, chi con precisione... Siamo un gruppo perché ciascuno di noi da solista non renderebbe così, ma quando ci intrecciamo e lasciamo dialogare gli strumenti quello che viene fuori ci soddisfa abbastanza spesso. Il concetto dietro ai nostri testi... bhe tentiamo di dipingere la realtà per come sta, senza molti abbellimenti... Non ci interessa raccontare a coloro che ci ascoltano, che siano adolescenti o meno, che tutto andrà bene, ma far capire alla gente che per quanto tutto possa fare schifo c’è sempre un modo di risalire. Per questo tentiamo di infondere una buona dose di ottimismo, nonostante tutto, alle nostre canzoni – mi ritrovo ad annuire ad ogni sua singola parola, condividendo a pieno.

Steven lo segue nei suoi movimenti e nelle parole facendo poi un sorrisino soddisfatto. Lancia un’occhiata al foglio che ha tra le mani, per poi puntare il suo sguardo su di me.

- Secondo i miei informatori personali – fa un sorrisetto ironico, al quale rispondo con un’occhiata di sfida – sei tu a scrivere la maggior parte dei testi. È così? Sono autobiografici? – domanda quindi.

- Bhe, in realtà no, non sono la sola ad avere idee per i testi, tutti contribuiamo alle parole delle nostre canzoni... Capita che ci siano racconti di esperienze passate tra le righe, ognuno di noi scrive qualcosa sull’argomento di cui la canzone tratta e poi insieme lo ampliamo... – rispondo sincera. Non mi va di essere identificata come la leader solo perché sono la cantante quando senza le fondamenta della musica la mia voce crollerebbe clamorosamente.

Annuisce distratto alla mia risposta, partendo subito con un’ennesima domanda.

- In più di qualche vostra canzone sembra ci sia una critica nemmeno troppo velata alle case discografiche... Da dove nasce questa ...umh diciamo antipatia? –

Lasciamo che sia Vee a rispondere. Con la sua parlantina saprà spiegare esattamente come la pensiamo.

- Non è che le case discografiche ci stiano antipatiche, non sono nemmeno quelle in sé il problema. Hai presente la solita frase ‘sono drogato di musica’ ? Ecco, è una metafora, una dipendenza figurata... Ma molti considerano la musica proprio come la droga, qualcosa da vendere e rivendere, passandola di mano in mano... Ed è proprio questo che cerchiamo di affrontare in alcune canzoni, spiegando come non tutto sia rosa e fiori. Molti hanno il sogno di diventare rockstar senza probabilmente rendersi conto che diventare famosi significa essere costretti a far sacrifici pure sulla propria musica se non si è fortunati. Si è costretti a fare tagli sulle canzoni, modifiche per renderle più piacevoli all’ascolto... Tutte cose volute da coloro che vogliono vendere la musica, solo per soldi, per oro che si andrà ad accumulare riempiendo le loro villone dalla facciata ipocrita –

Steven sorride, forse stupito dalla sicurezza della nostra bassista.

- Sembrate molto determinati e pronti ad affrontare qualsiasi tipo di problema o avversità... Credete al famoso detto secondo cui lottando si ottiene sempre ciò che si vuole? –

- Bhe...sicuramente se non ci si muove dalla propria condizione è difficile riuscire a rendere concreto ciò che si sogna, quindi sì... Anche se fa la sua parte pure il fattore fortuna, purtroppo spesso non basta soltanto impegnarsi. Ma in ogni caso, che si prendano pugni nello stomaco o si riesca ad arrivare dritti dove si vuole, non bisogna mai smettere un attimo di darci dentro. La carriera dell’artista non è nulla di assicurato. È sicuramente uno dei lavori migliori al mondo, ma precario più di qualsiasi altro... L’ispirazione è spesso più bastarda di un capo – risponde Drew, con un sorrisetto.

- Un’ ultima domanda.... Come è nata l’idea del video? – chiede infine Steven.

Il video. Un sorriso mi appare sul volto mentre ci penso.

Possiamo decisamente dire sia originale. La musica c’è, sì, ma non è solo la nostra.

Il video è diviso tra noi e i fan. L’idea iniziale di far mandare a chiunque volesse un demo si è poi evoluta quando ci sono arrivati addirittura video dove intere band suonavano la musica per la nostra canzone, chi stravolgendola totalmente, chi azzeccandola quasi...

Ci ha reso così felici vedere come tanti ragazzi si erano impegnati andando alla ricerca di note, tentando di entrare nella nostra testa per capire quale musica doveva vestire quelle parole, che del nostro protagonismo nel video è rimasto poco o nulla. Abbiamo voluto donare uno spazio a loro, dopo tutta la strada che venendo ai concerti e seguendoci ci hanno permesso di fare.

Così quando Steven presenta il clip del primo singolo dal nostro secondo cd, Sky is falling down, la scena non si apre su di noi accartocciati sui nostri strumenti.

Non si apre con noi al centro di un palco. Non si apre con la mia voce.

Appaiono dei ragazzi, forse avranno 19 o 20 anni a testa. Sono tesi, con i loro strumenti stretti tra le mani, gli sguardi che infastiditi sfuggono la telecamera, la sensazione che non ce la faranno mai. Poi altri ancora, che sistemano i jack in una stanza troppo piccola, infine un gruppo interamente formato da ragazze che sorridono beffarde alla telecamera magari ansiose di mostrare come anche il cosiddetto ‘sesso debole’ può essere forte nella musica. Chi lo sa.

E questi gruppi suonano, un pezzo a testa, una musica altisonante e scollegata che si protrae per una trentina di secondi circa. Un riff, un assolo che non c’entra nulla, una...due...tre batterie, tutte sconclusionate tra loro.

Se non sapessi ciò che il video rappresenta probabilmente lo osserverei corrucciata chiedendomi che diavolo è questo collage di suoni diversi, ma visto nell’insieme, per quanto razionalmente assurdo, riesce comunque a risultare melodico. Quei toni diversi, che sembrano litigare, producono comunque una melodia.

Producono un ritmo, che svanisce fino a sfociare in quello della batteria di Jake. Solo ora appariamo noi, sullo sfondo Central Park. Noi senza strumenti e la nostra musica che corre comunque ma che mentre giravamo quel video era solo all’interno di noi stessi, che solo ora si diffonde dalle casse, navigando sulle immagini dei nostri fan, una sequela infinita di fotogrammi fatti scorrere più o meno velocemente.

Fotogrammi che includono centinaia di ragazzi che si danno da fare per noi, con la speranza di avere una piccola parte nel video, o forse con l’unico desiderio che noi li sentissimo anche solo per qualche secondo. E li abbiamo ascoltati, forse non proprio tutti, ma il più possibile.

Troppo curiosi ed entusiasti per non farlo.

E tutti sono finiti nel nostro video, nessuno escluso.

La nostra musica scorre e loro ne suonano una loro, che al momento è silenziosa, sormontata dalle note originali ma che ...chissà, forse non sarebbe nemmeno stata tanto male vestita dalle parole della canzone.

Solo alla fine appariamo noi in azione, al centro dello studio, a versare l’anima negli strumenti, mentre registriamo ufficialmente la canzone.

Una mia occhiata, quella lanciata nell’obbiettivo mentre era Frankie a riprenderci, regista casuale di un originale video, conclude il filmato.

In studio rimane un grande e pesante silenzio appena le note svaniscono.

Steven osserva ancora per un attimo la tv, mentre noi sorridiamo ognuno perso nelle proprie riflessioni, nella sua personale gioia.

- Direi che non c’è molto da aggiungere, i vostri fan saranno più che felici di sentire una vostra canzone mentre sono le loro band ad apparire... – sorride il conduttore, riportandoci alla realtà.

- Era una specie di dovere morale lasciare spazio a loro. Senza i ragazzi che ci seguono non saremmo nemmeno qui... – replico subito io.

- Bene...allora invitiamo tutti coloro che ancora non vi conoscono a prendere il vostro primo cd al volo, in attesa del nuovo lavoro... – aggiunge solo Steven.

- Esatto...mi raccomando: comprate, non scaricate! – fa ironico Jake, agitando un indice contro la telecamera.

Come sempre alla sua uscita seguono delle risate.

- Allora vi saluto, scommetto che sentiremo presto parlare nuovamente di voi! – esclama Steven.

Facciamo dei cenni alla telecamera, salutando, sino a che non ci comunicano che la registrazione è finita. Dopo gli ennesimi ringraziamenti, usciamo dallo studio e appena dietro le quinte veniamo travolti da Allison.

- Grandi ragazzi! Sapevo che non avreste avuto problemi davanti alla telecamera, e poi la sicurezza con cui avete risposto... Mi siete piaciuti, davvero – si congratula la nostra manager.

La guardiamo un po’ increduli. Siamo abituati ai suoi occhi indagatori e ai sorriseti di ghiaccio, è rarissimo vederla dispensare complimenti gratuiti.

- Grazie Allison – risponde per tutti Vee.

- E ora veloci, tra mezz’ora dovete essere nella sede del Rolling Stones... – ci incita.

Diavolo. Quasi lo dimenticavo. Il Rolling Stones.

Scuoto la testa con una risatina, ripensando alle parole di Shirley quando ci siamo viste circa un mese fa. Chissà se sarà proprio lei ad intervistarci...

È tutto tremendamente assurdo.

Probabilmente si tratterà solo di un piccolo paragrafo con una foto allegata, fatto sta che appariremo nella rivista di musica più conosciuta al mondo.

Per quanto me lo ripeta, tutto appare ancora estremamente lontano, sembra ancora una speranza che alimento tra me e me, non una realtà che diventerà concreta tra appena qualche minuto.

Ma questi giorni sembrano un sogno costante: tra le registrazioni dell’album, i servizi fotografici, il video e ora le interviste non riesco a prendere un attimo di respiro per razionalizzare tutto quanto.

Dovrei fermarmi e guardare tutto dall’esterno, come un obbiettivo inquadrare, scattare e poi zoomare al massimo cercando di cogliere tutti i dettagli per rendermi conto di quanto tutto questo sia diventato in fretta realtà. Ok, non è la prima volta che lo proviamo, ma forse ero troppo anestetizzata quando è uscito il nostro primo cd, troppo incerta, troppo poco fiduciosa in me e nel mio sogno per godermi davvero tutto a pieno.

Invece ora mi lascio semplicemente travolgere, senza la paura di essere abbattuta o trascinata chissà dove, ma godendomi quel vortice di sensazioni che pian piano mi risucchia ma non per rubarmi attimi, piuttosto riempiendomi di altre emozioni, altre immagini, altra vita ancora.

E non faccio altro che ritenermi ogni secondo più fortunata, dannatamente e tremendamente fortunata per aver avuto un’altra occasione, per poter provare nuovamente l’effetto che fa vedere un proprio sogno avverato.

Appena usciamo dagli studi, in cui per un attimo siamo stati il centro di quel piccolo microcosmo televisivo, ritorniamo ad essere insetti nella giungla di NY mentre la frenesia che investe la 7th ave avvolge anche noi. Mentre aspettiamo Allison, che come sempre si è fermata per dispendiarsi in complimenti e ringraziamenti, osservo le persone che mi passano accanto.

Uomini d'affari in giacca e cravatta che controllano l’orologio, forse rimproverandosi per non arrivare mai a casa in tempo per vedere la loro moglie preparare la cena; donne di mezza età che stringono nelle mani borsone più pesanti di loro con dentro sicuramente qualche vestito che dovrebbe valorizzarle; bambini a mano dei genitori che con la bocca semi aperta non fanno altro che guardare, soffermandosi ogni tanto su qualche particolare, imprimendoselo nella mente; gruppi di ragazzi che ridendo si spintonano sul grande marciapiede finendo contro anziani che li guardano divertiti o con disapprovazione.

E in tutto questo il sole del tramonto che tinge il cielo di rosso, mentre rimbalza tra i vari palazzi, specchiandosi nei cristalli azzurri dei vetri, saltando tra un grattacielo e l’altro, dando a tutti il bacio della buonanotte prima di sparire definitivamente.

Smetto di perdermi in questa immensa città quando la nostra manager ci raggiunge. Insieme ci abbandoniamo nel flusso di persone che corrono sul marciapiede, camminando verso la 31esima strada. La sede del Rolling Stone è ad appena un km da qui, nella 23esima.

Nemmeno un migliaio di metri che percorriamo abbastanza velocemente, bruciando passi sulla grande strada. Persa nei pensieri e con lo sguardo puntato alle mie vans ormai logore, quasi finisco contro Jake quando all’improvviso ci fermiamo.

Seguo lo sguardo degli altri, portando i miei occhi ad incontrare l’ennesimo grattacielo immenso.

Entriamo e la frenesia che corre sulle strade qui non sembra affatto diminuire. Le receptionist parlano concitate al telefono, dando informazioni di chissà quale tipo o prendendo appuntamenti.

Seguiamo Allison che se ne va dritta dritta all’ascensore senza esitare nemmeno un secondo. È assurdo il numero di tasti che c’è in un ascensore di un grattacielo newyorchese.

La nostra manager preme il numero 51 che si illumina all’istante.

C’è un silenzio teso. Come sempre, ora che mancano pochi secondi, comincio a realizzare e la scarica di emozioni si abbatte su di me incessante rendendomi inevitabilmente nervosa. Mi tormento le mani mentre osservo quei numeri, lanciando un’occhiata fugace alle rare persone che salgono e riscendono soltanto dopo qualche piano, ascoltando discorsi a metà che si perdono appena le porte si richiudono.

Pling. Un suono breve ed acuto, quasi allegro, ci avvisa che la nostra corsa è finita. Le porte si aprono di fronte ad un bancone bianco, dietro a questo una ragazza dai capelli neri e lunghi, con il solito microfono che quasi le entra in bocca, il trucco leggero ma preciso.

Appena siamo abbastanza vicini a lei osservo il cartellino, scoprendo che si chiama Kate. Ci guarda attenta, in attesa.

- Buona sera! Blood on the rose, sono qui per un’intervista – è Allison a parlare, mentre noi continuiamo a guardarci intorno curiosi.

Non sono mai stata nella sede di un giornale prima. Il mio sguardo scivola alle spalle di Kate, a spiare il via vai di gente che si muove tra i cubicoli agitando scartoffie o tenendo stretti al petto interi plichi di fogli probabilmente di grande importanza. C’è un odore di caffè decisamente penetrante.

La segretaria sta per rispondere, ma viene interrotta.

- Mi occupo io di loro, Kate –

Dice una voce che conosco sin troppo bene. Alzo lo sguardo ad incontrare due pozzi di petrolio neri e profondi. Non riesco a trattenere una risatina.

- Rockstar – mi saluta semplicemente Shirley.

- Giornalista – replico solo io.

Mi abbraccia di slancio, quasi stupendomi.

- Te l’avevo detto che ce l’avreste fatta ad ottenere un piccolo spazio pure qui – si compiace.

Anche gli altri devono aver notato che non è una faccia nuova perché la fissano un po’ insicuri, almeno fino a che lei non si presenta stringendo la mano ad ognuno di loro.

- Questa me la devi spiegare – mi sussurra Ali, mentre seguiamo la mia vecchia conoscenza in una sala riunioni.

- Non è nulla di complicato: io vivevo a Newark, lo sai... – spiego con un sorrisino – Era la mia migliore amica – concludo, senza alcun risentimento.

Annuisce, guardandomi incuriosita.

Shirley si ferma e tutti arretriamo in attesa che apra la pesante porta di legno noce che ci si para davanti. Ci sorride, prima di spingerla.

Sbuchiamo in una stanza dall’aspetto decisamente contrastante col resto del piano. Una porta finestra guarda alla strada, da qui le macchine sembrano davvero parte di un videogioco. Di fronte a questa un divano in pelle bordeaux e accanto ad esso una poltrona dello stesso colore e consistenza. È lì che si lascia cadere Shirley, con un blocchetto stretto tra le mani e un sorriso cordiale rivolto a noi.

In qualche secondo ci ritroviamo affondati sul divano, pronti a rispondere ad altre domande.

- Allora ... parto col dire che le mie domande sono giunte direttamente dai fan all’ e mail della redazione, perciò non prendetevela con me se non saranno troppo profonde – comincia con una risatina – Comunque... Christy dall’Oregon vorrebbe sapere a chi è nata l’idea del video, dedicato soprattutto ai ragazzi che vi seguono più che incentrato su di voi –

Stavolta non è Jake a rompere il ghiaccio, ma tutti insieme ci troviamo a rispondere, sormontandoci a vicenda. Dopo una risata generale e un’occhiata, prendo io la parola.

- Bhe...completamente per caso... Il video ha preso vita esattamente come si vede. Eravamo a Central Park e ci stavamo divertendo tra noi, quando Jake ha cominciato a battere le mani a terra, quasi cercando di ricavare un qualche suono, un ritmo... Ci è bastato un attimo per capire che voleva fare... Ovviamente il merito principale è da attribuire a lui – sorrido al nostro batterista, che gongola affondato nel suo angolo di divano – Poi io ho pensato di far interagire i fan e insieme abbiamo deciso come... - aggiungo.

- E i fan ne sono stati decisamente felici – commenta solo Shirley, prima di riposare gli occhi sul suo foglio – Ah...c’è qualche curiosone che vorrebbe sapere chi ha girato le scene a Central Park...-

Gli altri mi guardano di sottecchi con un sorrisetto. Ma che diavolo...?

- Un amico che era lì con noi – mi limito a rispondere, forse troppo lapidaria.

Shirley mi osserva con sguardo di chi la sa lunga e un sorrisetto malizioso dipinto sul volto.

- Okaaay... passiamo alla prossima – aggiunge con una risatina.

È impressionante che dopo anni ancora riesca a capire all’istante ciò che mi passa per la testa... o forse sono solo un libro aperto e una pessima attrice. Probabile.

Continua con altre sette o otto domande. Forse non saranno delle più profonde ma sapere che in questo modo risponderemo direttamente alle curiosità di più fan è divertente.

Riga dopo riga brucia ogni quesito tra i più interessanti, arrivando verso la fine di quel foglio, giocherellando con la sua penna. Esita. Sa che arrivata all’ultima parola ci saluteremo e chissà quando ci rivedremo e ho la netta sensazione che non voglia lasciarci così in fretta.

Sul suo volto c’è un costante sorriso che tenta di reprimere, quasi ci potesse svelare qualcosa, quasi si voglia salvare tenendolo nascosto.

Quando Drew finisce di rispondere all’ultima domanda, l’unico movimento che fa è allungare il braccio a fermare il registratore. La cassetta smette di catturare la nostra voce, risparmiando nastro. Shirley si riappoggia alla poltrona, fa scattare per l’ennesima volta la penna e la pone di fronte a sé, in linea retta accanto al registratore con precisione quasi maniacale. Mi domando che anticipano tutti questi gesti misurati e la mia curiosità aumenta quando il suo sguardo scivola su di noi... I suoi occhi scuri sono sempre stati piuttosto magnetici e in questo momento, in cui sembrano quasi brillare, lo sono ancora di più. Quello è lo sguardo che conoscevo, quello della ragazza 19enne ghiotta di novità e costantemente solare e felice. Bentornata.

Finalmente il sorriso fino ad ora accennato o comunque soppresso costantemente sboccia del tutto, trasformandosi in una semi risatina.

- Che c’è? – chiedo, non del tutto sicura che spezzare il silenzio al momento sia la cosa migliore.

- Ho una notizia per voi – comincia quindi Shirley, misurando le parole.

Ci mettiamo sull’attenti, come bambini di fronte ad un negozio di giocattoli ai quali è stato appena chiesto quale desidererebbero.

- Il mio capo ha sentito il vostro singolo e ne è rimasto impressionato positivamente... Quindi ha deciso che una giornalista di questa rivista vi avrebbe seguito durante la registrazione dell’album, realizzando infine uno speciale tutto su di voi... Bhe, spero non vi dispiacerà se starò a guardarvi fuori dalla sala... Prometto che cercherò di non stare costantemente col blocchetto alla mano ad osservarvi... – sputa quindi la notizia lasciandoci piuttosto sorpresi.

Non so che pensare. Uno speciale su di noi?

- Soprattutto devi prometterci che avremo totale libertà di essere noi stessi, che non filtrerai le nostre parole e non ci dipingerai come un gruppo qualsiasi – dice risoluto Jake – Dì lo giuro...- aggiunge, con un sorrisino.

È ciò che spero anche io, ho sempre un po’ di diffidenza nei confronti della stampa per quanto si tratti di Rolling Stones, ma l’aria quasi indignata di Shirley a queste insinuazioni fa sparire anche i minimi dubbi.

- Lo giuro – promette quindi, con una mano sul cuore – E poi non potrei mai farlo, credetemi... soprattutto tu – aggiunge guardandomi ironica.

Ora che in qualche secondo l’insicurezza è del tutto svanita, dissolta nell’aria, scomparsa... Ora, ci uniamo tra noi, ci abbracciamo, ancora una volta a sorridere. Ancora una volta felici e sorpresi soprattutto, davvero tanto sorpresi.

Mi sciolgo dagli altri per avvicinarmi a Shirley che ci guarda con un sorriso.

- Ti credo... e mi fido – sussurro solo.

- Bene – le sue labbra si incurvano ancora un po’ – Sono felice per voi, davvero... –

Si vede. I suoi occhi non sanno mentire, infondo. Forse anni fa era sparita proprio nel momento in cui avevo bisogno di lei, è vero, ma ora è tornata nel periodo più felice che potessi mai sperare di avere e in qualche modo sono felice ne farà parte.

Mi abbraccia di slancio, lasciandomi ancora una volta attonita.

Dopo qualche secondo la stringo, ricambiando.

Quando si scioglie mi osserva per un attimo, poi quel suo sorrisetto malizioso torna.

- Senti ma...non è che le voci che corrono tra le teenagers arrapate in internet abbiano qualche fondamento? – sembra voglia leggermi nel pensiero – Ti giuro che non c’entra nulla col giornale, figurati... Non pubblicherei stronzate come questa, infatti ho accuratamente evitato le domande sulla sfera sentimentale, è solo curiosità da pura amica – aggiunge in fretta.

- Quali sarebbero queste voci? – chiedo corrucciando lo sguardo.

- Tu e Frank Iero... – dice solo, guardandomi di sottecchi.

Credo di arrossire, mentre cerco di farfugliare qualcosa. Le basta un secondo per dedurre quale sia la risposta tra le due opzioni.

- Allora è vero!! Cavolo io lo sapevo, lo sapevo dall’inizio...Te l’avevo detto, no? – sorride, vittoriosa.

Mi lascio sfuggire una risatina.

- Sì, okay, miss indovina... Però non esaltarti troppo, mi stai facendo preoccupare – cerco di farla calmare.

- È solo che sono felice per te... lo ami eh? – mi guarda per un secondo – Sì, lo ami da morire – aggiunge poi rispondendosi da sola.

Basta davvero guardarmi negli occhi per capirlo?

Sorrido semplicemente. Allison ci viene a richiamare, congratulandosi nuovamente con noi e rivelandoci che non sapeva più come tenere la bocca chiusa, già informata della notizia da giorni.

- Bhe...allora ci rivediamo alla registrazione, giornalista – la saluto al solito modo.

- Okay, rockstar...ci vediamo... – fa un cenno, accompagnato da un sorriso sincero.

Quando usciamo sono ormai le 8. La gente non è diminuita, ma il cielo comincia a scurirsi e le auto aumentano sempre di più. Tra poco la città brillerà mostrando tutta la sua bellezza.

Mi viene da ridere a pensare che credevo sarebbe apparsa solo qualche riga su di noi, mentre ora ci ritroviamo ad essere al centro di uno speciale. Sembra lo stesso pensino gli altri perché nessuno riesce a toglierci questi sorrisini ebeti dal volto. Assomigliamo allo smile gigante di Yahoo che ci guarda dall’altro lato della strada.

Già. È il periodo più felice che potessi mai sperare di avere.

*

Sospiro mentre osservo la strada che pullula di auto, tentando di bloccare un taxi in corsa soltanto con una mano. Per l’ennesima volta ne rimane solo una scia gialla. Le strade qui a Newark stasera non sono troppo intasate e tutti sembrano approfittarne, tentando di superare i limiti di velocità, di provare per una volta la sensazione di avere l’asfalto tutto per sé.

Finalmente il cigolio di un paio di freni che hanno decisamente bisogno di una revisione risuona davanti a me, riportandomi alla realtà. Apro la portiera infilandomi nel veicolo newyorchese per eccellenza.

Il taxista, un uomo sulla quarantina dai capelli brizzolati, si volta verso di me, osservandomi serio in attesa.

- La 94esima, sulla 3rd... New York – come se servisse precisare la città.

Mentre l’autista si infila nel traffico, andando stranamente piano, osservo il mondo al di fuori per distrarmi. Il sole tinge l’orizzonte di rosa, lasciando dietro di sé una scia viola e più in alto un blu intenso che presto dominerà il cielo sopra questi grattacieli.

Adoro il tramonto. Nessuna novità, è vero, sono in pochi a non rimanere affascinati dalla luce di fuoco che il sole getta sul nostro pianeta, ma non è solo quell’intensità che lo rende romantico a farlo diventare uno dei momenti che preferisco; piuttosto vedere come tutto cambia e diventa all’improvviso magico, una grande giostra colorata, come i palazzi grigi e imponenti spariscano sotto le luci dei grattacieli decisamente più mostruosi. È il cambiamento che questa e qualsiasi altra città subisce quando la luce naturale la abbandona a rendere tutto così attraente.

Finalmente l’auto acquista un po’ di velocità, prendendo posizione tra le altre, sfrecciandovi accanto e superandole. Lancio un’occhiata all’orologio: probabilmente Eliza si sarà liberata da appena qualche secondo dalle grinfie di qualche giornalista. Se non sbaglio avevano un appuntamento al Rolling Stones. Sorrido pensando a quanta strada hanno fatto, felice soprattutto che lei ora si renda conto di quello che stringe tra le mani, che ha davanti agli occhi e che sta vivendo. Un sogno avverato non è una cosa da tutti i giorni, decisamente. E riuscire ad avere due occasioni per provarlo è assoluta fortuna, ma lei e gli altri se lo meritano.

Mi infilo gli auricolari dell’i-pod mentre ci ritroviamo incastrati tra il traffico. Ho paura che non riusciremo a metterci meno di un’ora. Lascio le note dei Black Flag a fare da sfondo ai miei pensieri e al paesaggio sul quale ho il tempo di soffermarmi tra una frenata e l’altra.

L’appuntamento per stasera è con Times Square, il manifesto pubblicitario americano, la via tra le più luminose del mondo che è diventata rappresentanza pura e totale di New York. Sembra che in quell’unica strada si sia riversata l’essenza di tutta una città.

Credo sia più o meno impossibile resistere al suo fascino. Forse con grande cinismo si può riuscire a vedere soltanto manifesti, commercializzazione di prodotti già sin troppo conosciuti, consumismo... Ma per lo più i colori vivaci e le luci riescono a mettere il buon umore persino alla persona più cupa sulla faccia della terra.

Così, quando dopo circa tre quarti d’ora arriviamo sulla 3rd chiedo all’autista di aspettare qualche secondo lì.

Smonto dall’auto percorrendo qualche metro. Osservo il palazzo di fronte a me con un sorriso. Risulta come un pugno nell’occhio, qui in mezzo. Si nota a metri di distanza ma lo trovo bello proprio per questo. Mentre gli altri sono inquietanti e sin troppo imponenti, dal grigio cupo e vecchio, questo risplende di un rosso corallo e si ritrova ad essere il nano della situazione... Eppure sembra molto più accogliente degli altri edifici lugubri.

Sto per entrare, quando Eliza mi viene incontro saltellando praticamente sugli scalini, facendoli a grande falcate, probabilmente rischiando di ammazzarsi. È felice, allegra. E bellissima.

- Ti stavo aspettando –

Mi saluta così, accompagnando il tutto con un sorriso e un bacio profondo, stupendomi.

Si vedrebbe lontano un miglio che ha ricevuto qualche bella notizia.

Aspetto solo qualche secondo, giusto il tempo di risalire nel taxi ed ordinare al taxista ormai scocciato l’ennesima strada, prima di farle la fatidica domanda.

- Com’è andata oggi? Le interviste? –

I suoi occhi si illuminano, incorniciati da un sorriso. Come immaginavo: non vede l’ora di svuotare il sacco. La osservo divertito e anche piuttosto curioso.

- Le interviste sono andate benissimo. Al Rolling Stones mi ha intervistato Shirley e ...indovina un po’? – tenta di creare un po’ di suspence, senza riuscire nel tentativo, lasciandosi sfuggire subito la notizia – Ha detto che il suo capo è rimasto impressionato in positivo dalla nostra musica e quindi...faranno uno speciale su di noi! –

Però. Uno speciale sul maggiore magazine di musica.

Sorrido, sinceramente felice per loro.

- Grandi! E quindi...staranno a contatto con voi 24 ore su 24? – chiedo.

Devo ammettere che il suo entusiasmo è riuscito ad accendere persino la mia, di curiosità.

- No, non proprio... Shirley ci osserverà provare per lo più, sarà comunque tutto incentrato sul nostro lavoro e sulla musica, sai che odiamo quando si mischia quello e la vita privata... – mi spiega.

- Bhe, fate bene a stabilire confini... Poi credo verrà un bel lavoro... Buffo che tu abbia ritrovato pure lei – aggiungo con una risatina.

- Non dirlo a me... negli ultimi mesi ho ritrovato così tanti pezzi del puzzle della mia vita che ormai davo per dispersi che ancora me ne devo rendere conto. Sono stata fortunata... –

La stringo a me. È bello sapere di essere uno di quei pezzi.

Osservo il suo viso, riempiendomi lo sguardo dei particolari che ormai conosco a memoria. Non riuscirei nemmeno ad immaginarmi senza di lei. E non credo tutto sia una coincidenza. Appena arrivati a Dublino, ormai mesi fa, l’avevo pensata, ci avevo sperato ad un casuale incontro, anche solo per parlarle, per sapere come stava, che faceva...

Tutto quello che è successo poi in realtà è andato ben oltre le mie speranze e sono dannatamente felice sia così. Nei suoi occhi si specchiano le luci della 7th ave, i mille colori che scintillano fuori dal finestrino, riempiendo i nostri sguardi letteralmente.

Dalla radio del taxi comincia a diffondersi Paradise City dei Guns’n’roses , rovinata da un ronzio di fondo. Quando svoltiamo leggermente a sinistra sulla Broadway l’autista accosta, voltandosi verso di noi.

- Fanno 20 $ - ci informa, lapidario, tendendo una mano verso di noi.

Wow, come se potessimo scappare...

Gli allungo una banconota, finalmente uscendo dall’auto, seguito da Eliza.

Mi sorride. Ha con sé una borsa; scommetto che per stasera non lascerà riposare gli obbiettivi, qui c’è troppo da catturare. Infatti si ferma nel bel mezzo del marciapiede, costringendo la gente ad evitarla, mentre si guarda intorno. La capisco, infondo l’abitudine a vedere certe strade non ci permette di essere indifferenti alla grandezza, alle luci, ai colori, al chiacchiericcio e alla vita che scorre a fiumi, che si fa sentire più che mai qui. Faccio come lei, lasciando che i miei occhi vengano accecati dalle decine e decine di insegne luminose, di tv giganti e pubblicità più o meno divertenti.

La mia attenzione cade subito sull’hard rock, nell’altro lato della strada. Pare che anche Eliza sia stata catturata dalla gente che si aggira lì fuori e fa la coda mentre attende di entrare, ma piuttosto di correre dall’altra parte tentando di guadagnarsi un posto nel locale migliore della città per gli amanti della musica, sta immobile a montare obbiettivi e scattare.

Fotografa la coda informe di persone che chiacchierano e indicano divertite l’insegna, fotografa i sorrisi di sconosciuti, persone che nessuno di noi due vedrà di nuovo o conoscerà mai, fotografa la vita, nella sua forma più semplice. Maneggia quella macchina fotografica come qualsiasi musicista farebbe con il proprio strumento. Con delicatezza, ma anche con precisione. Sa come usarla, come gestirla. Ne accarezza piano le forme, mentre tenta di mettere a fuoco i particolari più lontani. Nel suo sguardo c’è la stessa luce che lo attraversa quando si ritrova sopra il palco.

La stessa passione totale in ciò che fa che sgorga da ogni gesto, da ogni piccola espressione.

Ama tutto questo. Ho capito che per lei non si tratta solo di premere un otturatore e imprimere nella memoria di un oggetto una data immagine. No, la questione è decisamente diversa: vuole catturare vita. E questo è uno dei luoghi migliori per farlo, questa città in cui corre a fiumi.

Per un attimo fa sue le persone, i loro gesti, oppure semplicemente le insegne, oggetti incoscienti di un servizio fotografico, le cattura, appunto, ma le lascia andare subito, accontentandosi di una copia che rimarrà nel tempo, di un ricordo.

La foto è uno dei ritratti che più si avvicina alla perfezione.

Poco dopo si volta verso di me, imprigionandomi in quel vetro nero, schiacciando a ripetizione. La guardo sorridendo, avvicinandomi così tanto alla macchina che finisce per inquadrare soltanto un mio occhio.

Fa una risatina, prima di riporla in borsa, non dopo aver smontato nuovamente quegli occhi artificiali.

- C’è qualcosa di magico in questa strada – dice solo, non smettendo un secondo di guardarsi intorno – E poi come immaginavo al buio è tutta un’altra cosa – aggiunge con un sorrisino.

- Bhe...sempre che di buio si possa parlare – ironizzo.

Persino il cielo qui non è abbandonato alla sua notte, viene anch’esso tormentato dal riflesso costante delle luci, assumendo sfumature blu e violacee.

- Già... – concorda.

Fa scivolare la sua mano nella mia, legandoci. Nonostante il fascino di questa strada, la mia attenzione è rivolta soprattutto a lei; amo vedere com’è attratta e incuriosita da tutto, come costantemente si guarda intorno e i suoi occhi rimbalzino tra i mille locali. A sinistra in particolare sembra che ogni secondo appaiano nuove insegne.

La pubblicità di uno degli ultimi film in uscita che invita insistentemente a vederlo; la scritta luminosa della Virgin, paradiso per chiunque sia alla ricerca di cd più o meno introvabili; uno schermo gigante su cui al momento è proiettato uno sguardo: solo due occhi che guardano su, giù, a destra o a sinistra. Buffo.

Eliza fa una risatina, seguendo il mio sguardo.

- Questa strada è assurda... – decreta – Ma la adoro proprio per questo – aggiunge poi, senza smettere di riempirsi gli occhi di immagini.

Si ferma all’improvviso davanti al negozio della Billabong, affascinata credo dal disegno presente su una tavola da surf: una diavoletto alta circa 2 metri dai colori assurdamente abbaglianti.

Però disegnata davvero benissimo. Ogni particolare dello strumento è definito con precisione quasi maniacale.

- Dev’essere una figata aerografare una tavola come questa... – osserva Eli.

- Già, è uno dei tanti lavori che devi amare davvero... –

- Di sicuro chiunque l’abbia dipinta ama la musica, quindi 10 punti per lui – sorride, mentre riprendiamo a camminare – Tu che avresti fatto se il progetto di fare la rockstar fosse andato in fumo? – mi chiede poi, all’improvviso.

Non ci devo nemmeno pensare più di tanto, a dire il vero.

- Avrei amato creare le maschere per il cinema o per il teatro, cose rigorosamente macabre, che potrebbero sempre essere riutilizzate ad Halloween, credo sia stupendo fare qualcosa di artistico ma che comunque si può indossare... – le rispondo sincero – A te non serve nemmeno chiederlo, no? Basta vedere come la tieni in mano quella macchina fotografica... – aggiungo poi, con una risatina.

- Sì, ora che ci penso i due lavori che ho sempre sperato di fare, li ho provati entrambi... non finirò mai di ritenermi sfacciatamente fortunata... –

- Bhe, hai avverato tutto ciò che desideravi, te lo meriti –

È ciò che penso davvero.

- Soprattutto sono fortunata ad avere un ragazzo così unico – sussurra quindi.

Mi sorride, avvicinandosi ancora un po’ a me, posandomi un bacio sulla guancia. Non so come ci riesce ma ogni suo piccolo gesto, ogni semplice parola o frase, fa sì che quel piccolo muscolo mi rimbalzi contro il petto.

- In realtà credo di essere io il fortunato – replico con una risatina.

- Na, Frankie, stavolta non cedo. Sono io – ribadisce lapidaria, ma accompagnando il tutto con il suo solito sorriso. Vorrei vederlo per tutto il tempo possibile.

Ed è proprio mentre la osservo che per la mente mi balena un’idea. Deve notare il mio sorrisetto riapparire perché mi guarda curiosa.

- Tu stai tramando qualcosa... – deduce, studiandomi.

Alzo le mani in segno di resa, senza aggiungere altro.

- Okay, farò finta di nulla – decide infine, senza smettere di fissarmi con quella strana espressione.

È buffa.

- Hey, sei inquietante – scherzo, fingendomi preoccupato.

- Scemo! - esclama, dandomi una leggera spintarella.

Quasi finisco contro una vecchietta che mi impreca contro, maledicendo queste 'nuove generazioni di delinquenti'. Eliza mi osserva per qualche secondo, scoppiando poi a ridere.

- Capito Frankie? Non si fanno i delinquenti con le vecchiette! - assume un tono di rimprovero puntandomi contro un indice.

- Perchè? Vuoi punirmi? - sussurro avvicinandomi a lei.

- Frank! - esclama solamente, tentando invano di reprimere un sorrisino – Forse... - aggiunge poi, lanciandomi un'occhiata di sottecchi.

Scoppio a ridere, divertito dalla sua espressione.

- Chissà cosa direbbe ora la vecchietta... - mi domando.

- Questa generazioni di pervertiti! - esclama Eli, di nuovo agitando un indice nell'aria, tentando di imitare una voce gracchiante.

- Adoro vederti ridere – sussurro, quasi stupendo anche me stesso.

Mi guarda, con quei suoi occhi costantemente illuminati dalle luci e dalla sua stessa felicità. Lega le sue braccia dietro al mio collo, avvicinandosi a me fino a che i nostri corpi non si scontrano, incurante di tutte le persone costrette a scartarci. Arriva a sfiorare le mie labbra.

- E' merito tuo se lo faccio – sussurra, prima di baciarmi.

Comincia giocando dolcemente con le mie labbra, posandovi piano più e più baci approffondendoli non appena la stringo ancora di più a me. La vocina che prima mi suggeriva quell'idea ora comincia ad urlare addirittura.

Dopo qualche secondo ci risvegliamo dalla nostra dolce apnea, senza smettere per un secondo di guardarci negli occhi. Amo perdermi in quel colore profondo.

Riprendiamo a camminare, scivolando in un mare di gente e sentendoci comunque isolati da tutto questo.

- Che dici...andiamo a bere qualcosa? Mi mancano le Guinnes di Dublino – rompe il silenzio Eli, accennando ad un pub irlandese poco più in là.

E' difficile non notarlo, dato il numero di insegne e luci che indicano che lì c'è un locale. In un arancione accecante infatti splende il nome del pub, O'Lunney's, affiancato da un ennesimo neon verde fosforescente che va a formare i contorni di un trifoglio.

- Ci sto – sorrido, mentre ci avviamo in quella direzione.

All'esterno non c'è coda, solo qualche persona che chiacchiera allegramente con in mano una sigaretta. Meglio così.

Non appena entriamo la musica dei The Doors ci accarezza dolcemente, come il tepore in contrasto con il leggero vento fresco che sta cominciando a soffiare tra le immense strade della città.

Eliza mi segue al bancone. Ci sediamo su due sgabelli, sui quali appoggiamo le nostre giacche.

Mi osservo per un po' intorno, perlustrando la gente seduta ai vari tavoli. C'è un clima gioioso qui dentro, è impossibile non sentirsi a proprio agio all'istante.

Un flash riporta la mia attenzione sulla mia ragazza. Fa un sorrisetto, studiando la foto che mi ha appena scattato.

- Non ti stancherai mai, eh? - sorrido.

- Già – dice solamente, con un piglio soddisfatto.

Allungo una mano, sperando di ottenere con facilità quell'oggetto che ama tanto.

- Posso divertirmi un po' anche io? - chiedo, tentando di montare un'espressione da cane bastonato, sporgendo il mio labbro inferiore.

Ride e mi immortala un'ennesima volta prima di cedermi finalmente la macchina.

Soddisfatto comincio subito a tentare di catturarla, mentre lei si diverte a sfuggire all'obbiettivo.

Non ho la sua bravura nell'inquadrare ma con un po' di pazienza riesco finalmente a rinchiuderla in quel piccolo schermo. Continuo così, scattandole quattro o cinque foto, sino a che un uomo sulla cinquantina si rivolge a noi.

Ha un viso cordiale, il suo sorriso mette di buon umore. Indossa una polo giallo canarino davanti alla quale riesco a stento a trattenere una risata.

- Cosa vi posso portare? - si rivolge a noi.

- Due Guinness – ordino, senza nemmeno il bisogno di consultare Eliza.

Lei annuisce solamente in direzione del barista, che fila all'istante a stillare due birre.

Before you slip into

unconsciousness, I'd like to have

another kiss...

- Adoro questa canzone – sussurra Eli.

Chiude gli occhi, stando ad ascoltare la voce profonda di Jim che si diffonde per il locale. Oscilla piano su quelle note delicate, mormorando le parole.

Le prendo una mano, facendola scendere dallo sgabello. Mi guarda curiosa, con un lieve sorriso, mentre comincio a canticchiare insieme a lei.

La stringo tra le mie braccia, ondeggiando piano sulla canzone. Lei mi segue facendo una risatina.

Quella voce continua a gridare, così decido di esporle la mia idea.

- Sai mi stavo domandando ... - comincio, forse sin troppo insicuro.

Si allontana giusto un po', fino a che riesce a specchiarsi nei miei occhi.

- Cosa Frankie? - mi incita a continuare.

- Eliza – faccio un respiro profondo – Verresti a vivere con me? - le chiedo, accatastando le parole, nemmeno tanto sicuro che abbia capito.

- Dici sul serio? - chiede incredula.

Il fatto che tentenni non mi è d'aiuto. Annuisco con forza osservandola, in attesa.

- E me lo chiedi anche? Certo che sì, Frankie! - sorride finalmente, facendomi tirare un sospiro di sollievo – Quando posso portare le mie cose da te? - chiede subito, scherzosa.

- Quando vuoi – le rispondo, felice.

Mi avvicino a lei, baciandola appassionatamente, stringendola a me, mentre la canzone che ci fa da sfondo cambia ancora una volta.

È Touch me ora a diffondersi dalle casse.

And I'm gonna love you

till the heavens stop the rain

I'm gonna love you

till the stars fall from the sky

For you and I.

- Ti amo Frank – sussurra sulle mie labbra.

- C'è bisogno di dire che ricambio? - replico soltanto, prima di annullare nuovamente le parole.

Perchè al momento sono totalmente inutili, è ogni singolo contatto a parlare per noi.

  
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