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Autore: Drew Bieber    15/02/2014    1 recensioni
Summer è una ragazza di 12 anni, vive in Canada a Stratford in una grande e lussuosa villa, ha perso la madre quando aveva 5 anni e ora vive col padre che però non c'è mai a causa del lavoro. Frequenta una scuola privata. Ha una grande passione per la musica e un giorno mentre passeggia per strada viene attratta dal suono di una chitarra e la voce di un ragazzo che suona per strada,Justin. Ben presto diventano amici ma Justin è un ragazzo povero e quando la madre muore deve andare in un orfanotrofio, ma Summer non volendo lasciare il suo amico supplica il padre di adottare Justin. Justin è felice ora ma Summer a 15 anni riceve una borsa di studio per andare a studiare in un conservatorio di Londra molto importante ma vuole rifiutare per non lasciare Justin, ma il ragazzo sa che è un occasione da non perdere e convince Summer a partire. Justin diventa famoso un anno dopo. I due non si vedono per molto tempo, ma nel periodo di Natale si incontrano per caso a Stratford.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Io: senti come posso fare per sdebitarmi?
Michael: per cosa?
Io: per la tua gentilezza
Michael: non scherzare io lo faccio perché ti voglio bene
Io: ma anch’io ti voglio bene quindi dimmi cosa vuoi che faccia
Michael: beh ci sarebbe qualcosa
Io: cosa?
……………
BEH CI SAREBBE QUALCOSA
………………..
CI SAREBBE QUALCOSA
……………………
QUALCOSA
Cerco inutilmente di prestare attenzione alla lezione di storia ma … questa frase non fa altro che rimbombarmi  nella testa. Sto facendo di tutto di ascoltare il professore ma è più facile a dirsi che a farsi, soprattutto se il ragazzo che ti ha detto queste parole è a neanche un banco di distanza e non smette di fissarti e sorriderti rendendomi le cose ancora più difficili. Per fortuna la campanella mi salva e mi alzo subito  per correre al mio armadietto. Cammino a passo svelto per tutto il corridoio facendo attenzione a non scontrarmi con tutte le persone che mi ritrovo d’avanti e, ovviamente, a non incontrare Michael, è da ieri sera che non ci parlo e non voglio farlo proprio ora, mi vergogno troppo per quello che è successo. Arrivata a destinazione apro l’armadietto e mi ci nascondo dentro per paura che qualcuno mi trovi, ma mi ero totalmente dimenticata che vicino al mio c’era quello di Justin, infatti appena mi riconosce mi saluta con assoluta calma senza notare la mia agitazione. Esco la mio rifugio segreto e mi guardo un po’ intorno per vedere se ci sono nemici in arrivo e vado in mensa con Justin. Mentre camminiamo non faccio altro che muovere la testa a destra e a sinistra facendo finta di sentire cosa sta dicendo, entriamo, prendiamo un vassoio e facciamo la fila per il pranzo. Prendo un hamburger con le patatine fritte, un bicchiere di coca cola e del gelato, Justin una fetta di piazza e anche lui la coca cola. Cerchiamo un posto per sederci e la mia attenzione viene attratta da Michael che ci ha segno di sederci al tavolo con lui, Justin parte subito in quarta mentre cerco di fermarlo inventandomi mille scuse una più stupida dell’altra del tipo “non voglio sedermi lì perché il tavolo è troppo al centro” oppure “lì fa troppo caldo e si sta troppo scomodi”, insomma di tutto e di più ma avrei fatto prima a stare zitta. Nel momento in cui mi sono seduta mi sono letteralmente autocondannata a morte, avere Michael proprio d’avanti agli occhi non era di certo quello che avevo in mente, soprattutto se il mio piano iniziale era quello di evitarlo nel modo più assoluto. Ero così impegnata a tenere lo sguardo fisso sul pavimento che mi era passata totalmente la voglia di magiare, mentre quei due facevano comodamente salotto, sento la campanella e senza perdere tempo scappo via, in quel momento non ero mai stata così felice di fare matematica. Mentre attraversavo il corridoio venni spinta verso il muro e iniziò a girarmi la testa, stavo quasi per cadere quando vidi che Michael mi stava chiamando e feci di tutto per riprendermi e continuare a camminare fino alla mia classe. Il professore era già lì, come al solito, che aspettava l’arrivo di tutti i ragazzi, c’era già qualcuno e in pochi minuti iniziammo la lezione. Aprii il quaderno per fare le equazioni.
Prof.: Michael che dici di venire alla lavagna per risolvere l’equazione?
Michael: si ecco
Prof.: voi intanto risolvete da posto
Michael si alza e va verso la cattedra dove era appoggiato il gesso, lo prende, e  inizia a scrivere alla lavagna. Io copio la traccia e inizio, passammo così una buona mezz’ora chiamando a turno qualcuno da posto, ma più tempo passava e più non ci capivo niente di quello che scrivevo, cosa molto strana perché in matematica sono la prima della classe, avevo un forte mal di testa che di minuto in minuto aumentava sempre di più. Poi il professore chiamò anche me alla lavagna, presi il gesso e scrissi ciò che mi dettava, quando iniziai i primi calcoli non trovai grandi difficoltà, poi però, mentre scrivevo veloce i risultati delle operazioni mi fermai, il mal di testa era fortissimo e mi girava tutto in torno, mi cadde il gesso delle mani e mi appoggiai alla cattedra per non cadere, tutti si stavano preoccupando da posto e stavo diventando sempre più pallida.
Prof: Sam ti senti bene? Che ti succede?
Non capii niente di quello che mi stava dicendo e preoccupato mi fece accompagnare in infermeria.
A casa
Michael: ciao Sam, come ti senti?
Io: ciao, sto meglio non ti preoccupare
Michael: che hanno detto in infermeria?
Io: avevo un po’ di febbre tutto qui
Michael: forse è meglio se domani resti a riposo a casa
Io: no non ce n’è bisogno sto già molto meglio per domani mi passa tutto
Michael: no per favore non venire a scuola devi riguardarti
Io: okay come vuoi
Michael: comunque per quello che è successo l’altra sera …
Io: si ...
Michael: ti ha dato fastidio? C’è ti sei arrabbiata?
Io: no no
Michael: sai oggi a scuola ti sei comportata in modo strano
Io: in modo strano che intendi?
Michael: cercavi di evitarmi
Io: oh già
Michael: perché?
Io: ecco io … io non volevo parlarne
Michael: ah … capisco … scusa
Io: no non è per te è solo che … è stato strano … non riesco ancora a rendermene conto
Michael: ma ti è piaciuto?
Io: io … io credo si
Michael: bene
Io: solo che non voglio che Justin lo sappia … tutto qui
Michael: come mai?
Io: so che non lo renderebbe felicissimo
Michael: si può sapere il perché?
Io: no … meglio di no
Michael: va bene non sei costretta a dirmelo se non vuoi, io devo andare ora ciao
Io: ciao
Chiudo la chiamata e poso il telefono sul comodino vicino al letto, non capisco cosa mi sia successo stamattina, eppure stavo bene, ora non ci voglio pensare, mi sta già ritornando il mal di testa. Amanda mi chiama per dirmi che è pronta la cena e, anche se con poco entusiasmo, scendo a mangiare, tutti aspettano solo me e appena mi siedo e vedo un enorme piatto di carne mi viene subito la nausea, mi passa subito la fame, costretta da Amanda mangio solo qualche verdura e un po’ di insalata con il termometro sotto il braccio, e nel frattempo mi ha l’interrogatorio, non la sopporto più è da quando ho chiamato da scuola per farmi venire a prendere e le ho detto “ho dei capogiri, sono pallidissima e ho la febbre” che mi perseguita per tutta la casa per fare la super protettiva, anche Justin è contro di me, mi era andata a nascondere nella sua stanza, più precisamente nel suo armadio, per sfuggire alle grinfie di una governante/infermiera/rompi scatole e lui le dice dove sono, perché si preoccupa così tanto per me? Mangio un ultimo boccone e mi alzo per tornare in camera mia ma appena sono i piedi sento un dolore fortissimo al fianco sinistro, è così forte che non ce la faccio e cado sullo schienale della sedia me cercare di reggermi. Amanda subito si alza preoccupatissima e prova a reggermi, Justin mi viene vicino e mi prende in braccio per portarmi di sopra, mi appoggia sul letto e mettendomi la mano sulla fronte vede se mi sta salendo la febbre, infatti scotto, e mi metto sotto le coperte, ma dopo un po’ inizio a morire dal caldo e le tolgo di dosso. Prendo il telefono per guardare l’ora: 21:46, “sarà meglio dormire un po’” penso e cerco di addormentarmi.
All’improvviso mi sveglio, mi alzo e  mi guardo in torno, è tutto buio, solo la luce della luna che entra dalla finestra illumina un po’ la stanza, mi sdraio e appoggio una mano sulla fronte e sono tremendamente sudata, scendo dal letto e lentamente vado verso il bagno, ho un forte dolore alle gambe e non riesco a camminare. Apro la porta e vado vicino lo specchio appoggiandomi sul lavandino, sono bianca da far paura, a quel punto mi serviva solo un bel bagno rilassante, così riempio la vasca di acqua calda e schiuma, e prendo l’accappatoio e un asciugamano. Tolgo il pigiama e l’intimo e mi immergo nell’acqua bollente, chiudo gli occhi e cerco di rilassarmi, dopo un po’ però inizio ad avere caldo e mi gira la testa, quindi mi alzo ed esco stringendomi nell’accappatoio e asciugandomi bene con l’asciugamano, ritorno in camera mia, ma mentre cammino vedo Justin che esce dalla sua stanza e mi chiede dove sto andando, vedendomi debole mi accompagna e mentre mi metto un altro pigiama lui va in cucina per prepararmi un the caldo, scendo anch’io, la luce forte del lampadario quasi mi acceca, mi siedo su una sedia e Justin vicino a me, prendo la tazza tra le mani e fisso quell’acqua calda aromatizzata con qualche cucchiaio di zucchero dentro, Justin intanto è li che mi fissa in silenzio come se volesse studiare i miei movimenti, provo ad alzare la tazza ed è più pesante di quello che pensavo, quasi non ce la facevo, riuscii a bere giusto qualche sorso e mi sentii subito piena,pensavo di aver bevuto più mezza tazza, invece mi sembrava di non averla proprio toccata. Alzai la testa e Justin era rimasto immobile.
Io: Justin non ce la faccio … puoi accompagnarmi su per favore …
Quasi non riuscivo a parlare, per aver detto quelle poche parole mi sentivo svenire, Justin  mi si avvicina e con un braccio mi stringe i fianchi e io mi appoggio sulla sua spalla.
Justin: vieni dai
Piano saliamo le scale e arriviamo alla porta della mia stanza, lui la apre e ci sediamo sul mio letto, io metto la testa nell’incavo del suo collo e respiro un po’ affaticata, Justin si appoggia sui cuscini distendendosi e io appoggiata a lui, sento gli occhi pesanti e li socchiudo metto una mano sul petto di Justin e gli stringo la maglia come posso, prima di chiudere gli occhi riesco a vedere l’ora, 02:50, Justin prende la mia mano nella sua e mi addormento.
Il giorno dopo
Il giorno dopo mi sveglio nella mia stanza, sul letto sotto le coperte, ma senza Justin. Mi alzo per andare a chiudere le tende per il troppo sole e mentre apro l’armadio per prendere un jeans e una T-shirt sento dei passi, mi siedo sul letto e mi tolgo il pigiama, ma non trovo la maglia e mi accorgo che è caduta sul pavimento, non faccio in tempo a prenderla che arriva Justin come una furia e inciampa nella maglietta. Apro gli occhi e mi ritrovo mezza nuda distesa sul mio letto con Justin addosso che si mantiene sulle braccia e che mi fissa, in quel momento non ho il coraggio di muovere un muscolo, neanche di respirare, anche perché stranamente mi sentivo più debole del solito, restiamo così in silenzio a contemplare l’uno il viso dell’altra.
Amanda: Justin sbrigati o farai tardi a scuola
Volevo quasi piangere, un momento così bello e perfetto rovinato dalla voce stridula di Amanda. Justin subito si alza da me e mi dà le spalle per non guardarmi, io ne approfittai e presi subito una coperta per coprirmi.
Io: guarda che puoi girati
Si girò con imbarazzo.
Justin: scusa
Io: non preoccuparti … che volevi?
Justin: niente è che prima di andare a scuola volevo vedere come stavi e volevo salutarti
Disse mettendosi la mano dietro la testa con lo sguardo basso e con la faccia tutta rossa. Il modo in cui lo aveva detto e la sua espressione lo rendevano così dolce che non riuscii a non sorridergli.
Io: non preoccupati sto meglio ora
Justin: bene allora vado ciao
Mentre era sull’uscio della porta gli dico di fermarsi e gli prendo il braccio, mi avvicino la suo orecchio e gli sussurro: Grazie per ieri; e gli lascio un bacio sulla guancia.
Allora Justin se ne è andato a scuola già da qualche oretta e io sto sul letto con le coperte sul pavimento, ancora col pigiama e sto morendo di caldo. Fino a pochi minuti fa congelavo. Odio avere la febbre. Mi guarda intorno continuamente non sapendo cosa fare, accendo la tv, ascolto la musica, gioco col telefono ma niente sembra che il silenzio e la solitudine mi facciano da compagnia, loro e Amanda che passa davanti camera mia ogni cinque secondi per tenermi d’occhio. Ma sono sempre nella stessa posizione. Continuo a rimanere distesa, i capelli stravolti sul cuscino, le braccia e le gambe mi sembra di non averle più, e guardo fisso la finestra dalla quale si vede il ramo fiorito dell’albero piantato il giardino, non so perché ma guardando lì provo una strana sensazione, come un peso, mi sento impotente, e mi viene da pensare che prima o poi morirò, presto. Giro per qualche secondo lo sguardo e sospira, non per noi, ma mi sento triste, estremamente triste. Mi sa che divento depressa. Mi giro mettendomi a pancia in già con la testa metà sul bordo del letto e metà sul cuscino, un braccio schiacciato sotto la mia pancia e l’altro che penzola dal letto toccando appena il parquet. Sto quasi per addormentarmi che sento un rumore provenire dalla finestra come se qualcuno stesse bussando, alzo la schiena voltandomi piano verso la finestra.
Io: Michael ?
 
 
  
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