Takeru è steso sul letto,
le braccia sono incrociate dietro la testa e il corpo è abbandonato mollemente
sotto le coperte. Un rumore alla sua sinistra gli fa voltare la testa; sorride
vedendo Hikari distesa accanto a lui, una mano sotto al cuscino, gli occhi
chiusi e le labbra semiaperte. Un lieve movimento delle palpebre gli anticipa
il suo risveglio, e quando apre gli occhi li poggia subito sul ragazzo. Quel
marrone intenso è tutto per lui, e si crogiola nella sensazione di benessere
che gli da. La ragazza sorride e si puntella sui gomiti, cercando di coprirsi
il seno con le lenzuola, si allunga e bacia delicatamente Tk “buongiorno” lo
saluta con voce calda, ma prima che possa rispondere uno squillo insistente lo
distrae. Lo sguardo che rivolge alla moretta è incuriosito; non capisce da dove
provenga “è il tuo cellulare?” ma sul suo viso delicato non sparisce quel
sorriso stupendo “no, ma non mi importa, lascialo squillare” lo prega
appoggiandosi sul suo petto e accarezzandogli le tempie. Nonostante la sua
richiesta quel suono non cessa,e anzi,
sembra aumentare “non credi che dovremmo controllare che cosa è? Magari è
importante” ma la ragazza sembra fregarsene “più importante di noi? No, non
credo” così dicendo gli sale addosso, facendo passare una gamba dall’altra
parte. Una voce potente lo scuote, facendolo sobbalzare; gli è familiare, ma
non riesce ad afferrare chi sia “Takeru!” sua madre continua a chiamarlo, quasi
arrabbiata, ma voltando la testa non la vede. C’è qualcosa che non quadra, e la
sensazione aumenta quando, tornando a guardare Hikari, non la trova più. Apre
gli occhi improvvisamente quando la madre lo scrolla per una spalla, e solo
adesso capisce che era tutto un sogno. Solo quando si trova sotto a doccia
capisce da dove arriva lo squallore che si sente addosso: si è ridotto a fare
sogni semi-pornografici sulla ragazza che gli piace. I ricordi sembrano
sbiadire con il passare del tempo, così tenta di aggrapparsi alle poche cose
che è sicuro di ricordare, i capelli arruffati sul cuscino, il suo corpo
sinuoso sul suo, gli occhi,la sua voce dolce. Ma tutto questo sta scappando,
fugge veloce e non riesce ad afferrarlo. Quando cerca di ricordare i dettagli
del sogno, di lei, si rende conto che tutto è sfumato, indefinito, impreciso.
Anche la sensazione del suo tocco sulle tempie, così forte durante il sogno, è
scomparsa, come se non fosse accaduto nulla. Certo, infatti non è successo
niente; era tutto un sogno, e adesso che ci pensa si rende conto di quanto
fosse palese che tutta la situazione era alquanto… bizzarra? No, impossibile
sarebbe più appropriato! Il letto nel quale si trovavano era suo, ma allo
stesso tempo non lo era; infatti lui possiede un letto singolo, non un
matrimoniale. E la sua voce, così dolce mentre parlava con lui, non esiste
nella realtà; o per lo meno lui non l’ha mai sentita. Ma quel bacio che si sono
dati, anzi, che lei gli ha strappato a tradimento, quello che, ci può mettere
la mano sul fuoco, è accaduto per davvero… perché l’ha fatto? Non può essere
quel tipo di ragazza che bacia sulle labbra chiunque, come segno d’affetto. No,
l’ha fatto per un motivo, ma quale? Nessuno è a conoscenza di ciò che è
accaduto durante la lezione di lunedì a casa di Hikari, e Takeru è fortemente
interessato a mantenere il segreto tale; ma nei due giorni seguenti la ragazza
non si è vista, ne a scuola ne altrove. Adesso cosa deve fare quando la
rincontrerà?
A scuola Davis sta
bofonchiando qualcosa fra se e se. Non c’è nessuno con lui, e questo lo rende
ancora più strano “hai imparato a comunicare con le presenze invisibili, Dai?”
domanda il biondo “no, stavo maledicendo quella stronzetta” indica una ragazza
troppo lontana per essere riconosciuta “perché?” domanda poco curioso l’amico:
sa che se gli da corda potrebbe cominciare a parlare a vanvera, come oramai è
solito fare “ce l’hai presente quella tizia che mi aveva portato il messaggio
da parte di mia sorella?” cercando di fare mente locale, Tk riesce a
focalizzare la ragazza che aveva interrotto il sacro pasto di Daisuke, lunedì
in mensa “è appena passata con due sue amiche” continua senza aver neppure
ricevuto una risposta “mi stava indicando, e rideva!” inveisce come uno poco
sano di mente “mi piacerebbe sapere cosa aveva da ridere, quella lì! Che venga
qui a dirmi le cose in faccia, se ha il coraggio! Glielo tolgo io quel
sorrisino dalla faccia, a quella lì!” continua imperterrito, senza curarsi
delle ormai troppe persone che lo guardano e ridono in maniera non troppo
malcelata “Picchieresti una ragazza?” domanda Tk, sorprendendosi ad immaginarlo
come un bullo, che stringe la preda contro un muro, picchiando un pugno contro
il palmo dell’altra mano. La reazione del moro lo fa scoppiare a ridere: lo sta
guardando con degni occhioni innocenti da cucciolo e il labbro inferiore
leggermente in fuori “no! Non intendevo questo!”. Decidendo di non voler
continuare questo sciocco discorso, lascia perdere l’amico, ancora leggermente
sorpreso dalla domanda di Tk.
È quel pomeriggio
che, uscendo da scuola dopo gli allenamenti, incontra Tsubaki all’uscita
“sembravi aspettarmi” attira la sua attenzione Takeru “già, infatti” ribatte la
biondina tirandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Il silenzio cala
fra loro due, fino a che la ragazza non si fa avanti “non so se ti ricordi
quella festa a casa mia a cui ti avevo invitato” comincia “comunque i piani
sono cambiati: abbiamo deciso di trovarci all’ Odaiba cafè per decidere dove
andare” Tk continua a fissarla, e, si rende poi conto, di metterla così in
imbarazzo, come gli suggeriscono gli occhi che continuano a passare ad una
velocità fulminante dal viso del ragazzo, alle sue mani intrecciate, ai piedi;
tutto sempre evitando lo sguardo di ghiaccio del ragazzo “se vuoi unirti a noi
ci troviamo alle nove” conclude con le gote leggermente infuocate. “ok, vedrò
di esserci, così possiamo stare un po’ insieme” la tranquillizza. Solo dopo
essersi salutati Takeru si rende conto che probabilmente le sta prolungando le
pene: quello che le ha detto, che sarebbero stati un po’ insieme, avrebbe
potuto essere frainteso, e il fatto di illuderla è meschino. Speriamo che prima
o poi mi dimentichi per qualcun altro, se lo merita, pensa.
“Oggi pomeriggio a casa mia per fare
storia, d’accordo?” Nessuno si è accorto di lei prima che aprisse bocca, e
sembra non curarsi della sua irruenza. Hikari si trova di fronte a Takeru, in
mensa, mentre lui e i suoi amici aspettano per prendersi da mangiare. Il
ragazzo che sembra fare da guardia del corpo alla ragazza rimane a pochi passi
da lei, e fissa Takeru con uno sguardo troppo intenso. Dopo la secca frase
entrambi si voltano e se ne vanno, lasciando tutti un po’ allibiti.
“cominciavo a pensare
che avremmo fatto una sola lezione a settimana” la saluta Tk al cancello della
scuola. Hikari sembra stanca, ha lo sguardo spento e parecchio trucco che le
nasconde a stento due occhiaie parecchio marcate. Si passa una mano sugli
occhi, senza mai guardarlo “sono stata occupata; motivi familiari” sembra
volersi giustificare “Lunedì ho il compito, e tu devi farmi prendere un buon
voto, hai capito?” improvvisamente la furia che le invadeva lo sguardo torna ad
accendersi, fulminandolo e creando un improvviso brivido alla schiena “posso
provarci, ma con una sola lezione facciamo quanto possibile”. Per fortuna oggi
non c’è nessuno a casa, così almeno Tk può evitarsi sconvenienti figuracce. Si
mettono subito al lavoro, ma purtroppo il ritmo che avevano tenuto il lunedì
recedente è lontano anni luce: Hikari è lenta ad imparare le date, scorda i
nomi e i luoghi degli avvenimenti più importanti e continua a confondere le
varie guerriglie. Dopo quasi un ora e mezza e poca strada fatta Takeru si
decide a metterle per iscritto, sotto forma di schema, gli avvenimenti
principali. Compilato il foglio glielo porge e comincia a spiegarglielo con
calma, come se stesse parlando con un bambino, ma purtroppo anche questo non
funziona “senti, prendi una penna e aggiungi accanto a quello che ti ho scritto
io delle note che ti possano aiutare” le suggerisce. Questa operazione porta
via più tempo del previsto, e il biondo è costretto a seguirla passo a passo da
sopra una spalla. Nel silenzio più assoluto, mentre che la ragazza cerca di raccapezzarsi
da quel casino, Tk prova ad appoggiare la sua mano su quella di Hikari. O la
va, o la spacca, è la sola frase che continua a frullarli per la testa, ma per
sua sfortuna l’alunna è più perspicace del professore, e non appena una dito a
sfiora appena scansa la mano, portandola sotto al tavolo. Entrambi continuano
il loro lavoro, facendo come se nulla fosse successo, ma solo Takaishi riesce a
sentire il boato che gli invade la testa. “Ma perché questo idiota non se ne è
stato a casa sua dalla moglie, anziché avere manie di importanza e girare il
continente a dichiarare guerra a chicchessia?” sbotta alla fine la povera mora
distrutta. Per l’ennesima volta si sfrega gli occhi, si guarda la mano
macchiata di matita e mascara e impreca a mezza voce. Il trucco le ha invaso
metà del viso e i capelli sono un rovo di spine, ma anche così sembra
affascinante agli occhi di Takeru. “Fanculo la prof, quello che sono riuscita a
studiare oggi le deve bastare, altrimenti può andarsene amabilmente affanculo!”
Entrambi restano muti immersi nei propri problemi, quando a Takeru balza un
idea in mente “Che ne dici se domani sera esci con noi?” azzarda con il battito
del cuore improvvisamente accelerato. La sguardo confuso che gli rivolge la fa
raggelare “Chi sarebbe noi?” Nonostante
l’innocua domanda il ragazzo si costringe a respirare regolarmente “Tsubaki ha
invitato me e i miei amici fuori, ma non sappiamo ancora dove. Se vuoi unirti a
noi…” … sei la ben venuta, ma questo si vieta di dirlo; sia mai che si
mostrandosi troppo dipendente da lei ottenga l’effetto contrario. In tutta
risposta prende una penna dall’astuccio e strappa un foglietto, su cui comincia
a scrivere “non credi che la tua spasimante non mi voglia in mezzo ai piedi?”
chiede con la voce coperta dalla posizione cui è costretta “non è la mia
spasimante!” si affretta a risponderle, cercando di evitare tremiti nella voce.
Finalmente Hikari torna a guardarlo, allungandogli il foglio e alzando le
spalle con noncuranza “bhe, comunque sia sarà divertente vedere la sua faccia
quando mi vedrà” il sorriso maligno le fa risplendere il viso struccato.
Abbassando gli occhi nota che sul foglio che le sta porgendo c’è un numero di
cellulare, e, cercando di non farsi illusioni, trattiene il fiato “è il mio
numero, così mi dici dove ci possiamo trovare” lo informa, continuando a
sventolargli sotto il naso la carta.
Se rimane fedele alla
sua parola, per lo meno ho la certezza di rivederla domani sera, continua a
pensare sotto le coperte fresche Takeru. L’unico problema è Tsubaki, ma in
fondo non può incolpare me di avere invitato Hikari, sempre che qualcuno non le
spifferi tutto. Stranamente l’unica persona che può mettergli dei dubbi è
Hikari stessa, visto che sembra divertirsi un mondo a stuzzicare la povera
“ragazza innamorata”. Che voglia dimostrarle che se vuole può avere tutti i
ragazzi, compreso Takeru, ai suoi piedi? Ah bhe, di certo se la moretta
chiedesse qualsiasi cosa a lui, di certo lo avrebbe ai suoi piedi.
Kari è appoggiata al davanzale della
finestra, un gomito appoggiato sul cemento a reggerle la testa, l’altra mano a
trattenere la sigaretta fra l’indice e il medio, portandosela periodicamente
alla bocca. Lo sguardo ormai è offuscato dalla stanchezza, ma la stessa le
impedisce di dormire. Ormai assomiglio più a uno zombie che a un essere umano,
pensa. Questa settimana è stata deleteria, se non fosse che devo essere
promossa per non cambiare scuola1 starei a casa tutta la settimana
prossima. L’unico è sperare che Takeru riesca a farmi prendere voti decenti.
Sempre che papà non decida di mettermi i bastoni fra le ruote. La mente della
ragazza comincia a vagare, passando da ciò che potrebbe succedere la settimana
prossima al passato.
Quella sera era
rientrato più tardi del solito, ma nessuno ci aveva fatto caso. Hikari aveva
otto anni, Tai dodici. La mamma aveva chiamato tutti a tavola in maniera troppo
rigida,ma a quell’età non s fa caso a certi dettagli. A scuola era andato tutto
bene, e anzi, la medaglia di cartone che aveva vinto durante la gara di
tabelline l’aveva messa di buon umore. Dopo cena, mentre suo fratello asciugava
i piatti, lei continuava a saltare per la sala ridendo di quella risata
cristallina che hanno i bambini. Saltava e ripeteva alcune tabelline, cercando
di far sorridere i suoi. Mamma sembrava non voleva guardare, e papà aveva uno
sguardo strano, vacuo. Sembrava che qualcuno gli avesse attaccato con lo scotch
gli angoli esterni degli occhi verso il basso, la bocca rimaneva sempre in un
ghigno serio e le labbra semiaperte. Tutta questa atmosfera le stava davvero
rovinando l’umore, così si impose di fare qualcosa. Avvicinandosi al papà gli
gettò le braccia a collo “vuoi che ti dia un bacione che ti faccia di nuovo
contento?” gli chiede con voce squillante avvicinandosi al suo viso. Un odore
pungente la travolge, dolce e intenso, e in quel momento perde l’equilibrio,
proprio mentre il padre si volta con uno scossone verso di lei, allontanandola
da se “Piantala Hikari, mi hai rotto! Non voglio nulla da te, stammi lontano!”
gli urla con voce alta e arrabbiata, come quando ha fatto un malanno brutto
brutto. La spinta l’ha mandata per terra, e adesso le manine sono rosse per
l’impatto e le bruciano. Le lacrime arrivano veloci e la voce si rompe, mentre
si scusa “non volevo farti arrabbiare, eri così serio e io volevo solo darti un
bacino. Scusami papà!” le urla della piccola sono inudibili, sovrastate da
quelle della mamma “che cosa le hai fatto? Sei imbecille a fare del male alla
piccola?” domanda la donna dirigendosi velocemente verso la minore. Tai, anche se
è grande e forte, sembra spaventato quanto la sorellina. La mamma la alza
dolcemente mentre le urla del padre invadono la casa “che cosa vuoi donna, non
le ho fatto nulla! È scivolata e si è fatta male da sola” i tentativi di difesa
sono inutili, urlati in quella maniera. La mamma chiama il figlio e gli ordina
di portare la piccolina in camera sua e calmarla, date le lacrime, ormai non
più provocate dal dolore ma per quello che sta succedendo. Il padre si alza
incollerito, e mentre i due bimbi vanno in camera un colpo li fa girare
entrambi: la mamma si tiene una guancia e guarda papà; sembra parecchio
infuriata. Malgrado Suo fratello abbia chiuso la porta della camera sentono
comunque tutto quello che si dicono i genitori: “Mai nessuno mi aveva messo le
mani addosso, e tu non sarai di certo il primo: vattene di casa” “Io non vado
da nessuna parte, fai tu le valige, io non mi muovo!”. Le urla continuano per
tutta la sera, e Kari non smette di piangere, neppure quando in casa cade il
silenzio più assoluto. Si risveglia la mattina imbambolata, la pelle intorno
agli occhi che le tira tutta e pizzica. Apre piano piano la porta e trova la
mamma che cucina come al solito la colazione per lei e suo fratello; chissà,
forse si è tutto risolto! “ciao mamma!” la saluta allegra, ma lo sguardo che le
rivolge è serio; brutto segno! “Hikari, vai a svegliare tuo fratello, devo
parlarvi” la intima. Papà e mamma si separano, in buoni rapporti, dice lei, ma
solo col tempo impareranno tutti quanti quanto veramente buono sia, il loro
divorzio. Mamma se ne va a vivere da sola, perché il papà si è impuntato e ha
vinto la causa per tenere con se i bambini. Altre poche volte i figli hanno
visto il padre così sbronzo, ma per lo meno non ha più alzato un dito su nessuno,
anche se effettivamente quella volta non voleva veramente fare del male alla
piccola. Mamma si è risposata con un uomo più vecchio di lei, e spesso è
costretta a girare con gli occhiali da sole e coperta fino ai polsi; quindi non
è poi così vero che papà sarebbe stato l’ultimo a picchiarla. Il padre, al
contrario, evitò qualsiasi storia con altre donne, o almeno è quanto ne sa
Hikari, e davvero cerca di non interessarsi alla vita sentimentale dei suoi.
Sua madre le ha spesso chiesto di passare la notte da lei, ma lo sguardo di suo
marito le ha sempre fatto venire i brividi giù per la schiena; dunque ha
accuratamente evitato. Ora papà si è dovuto operare ad un ginocchio, e questo
inconveniente si è ripercosso anche sulla frequentazione scolastica, fra le
altre cose. Con un cricco getta il mozzicone dalla finestra e finalmente si
decide a coricarsi.
“Der Disco; sai dov’è,no?” annaspa
cercando di tenere il passo del gruppo di ragazzi che lo precede “Tk, io vivo
qui da più tempo di te!” lo zittisce Hikari all’altro capo del telefono
“Scusa!” la rimprovera del suo tono poco cordiale, ma invece delle sue sentite
scuse per il suo tono scortese, riceve un “Ci troviamo lì” lapidario e il
segnale che indica che la ragazza ha riattaccato. La maggior parte di quei
ragazzi conoscono Takeru solo di vista, ma fanno di tutto per integrarlo nel
gruppo, parlando, scherzando e ballando con lui. Le luci stroboscopiche puntate
negli occhi lascino accecati per un momento, ma la cecità rende ancora più
euforici “Meno male che sei venuto, avevo voglia di passare un po’ di tempo
insieme” lo richiama Tsubaki che gli balla davanti “è molto bello qui. Mi
piace!” le comunica. Un attimo di silenzio anticipano lo sguardo di traverso
della bionda “solo il posto?” la sua voce carezzevole fa venire un enorme
dubbio a Tk. Ma perché quegli stronzi di Davis e Ken non sono voluti venire?
“anche la compagnia. Sono simpatici i tuoi amici” butta lì sperando che la
ragazza non insista sulla stessa strada. come previsto è costretta a demordere,
e a sbiascicare un “già” poco euforico. Chissà, prima o poi si renderà conto
che non ha speranze con lui? Ti prego Tsubaki, accetta il fatto che per te non
sarò mai qualcosa più che un semplice amico, pensa con una nota di malinconia
il biondo. “andiamo a bere” lo invita, e con i bicchieri colmi di succo si
dirigono alle poltroncine di bordo pista “voglio venire a vederti giocare,
questa settimana” lo sorprende la ragazza, tanto che un po’ di liquido rischia
di finire nella trachea “oh, non credo che sarebbe il caso: potresti rimanere
delusa” prova a farla demordere, ma la risata che segue non promette bene “ma
se ho sentito dire in giro che sei un bravo giocatore! Sai, questa falsa
modestia potrebbe nuocerti” non trovando di che ribattere decide per il
silenzio. “No, aspetta…” torna in carica Tsubaki, guardandolo divertita “non è
forse che lo fai apposta?” chiede sorridendo in maniera forse un po’ eccessiva
“a fare cosa?” chiede confuso, ma la distanza fra loro due che continua a
diminuire lo distrae troppo “a diminuire le tue capacità”, ma malgrado gli
sforzi, Takaishi non riesce ad afferrare il concetto. In che senso, le chiede
prima di tremare alla vista della sua reazione: Tsubaki lo guarda dal basso,
gli occhi semi socchiusi e un sorriso a fior di labbra; ciò che potrebbe essere
definito tentativo di ammaliazione. “Stai per caso cercando di attirare le
attenzioni su di te? Sai, le ragazze hanno un debole per i ragazzi modesti;
come te” aggiunge dopo una breve pausa. Inghiottendo rumorosamente la saliva si
alza come se fosse stato punto da un ago “Devo buttare il bicchiere” dice
indicando con un gesto sbrigativo la plastica che ormai ha distrutto con le
dita per l’agitazione e si dirige verso i cestini. Lei gli è subito dietro, e
in grande silenzio tornano sulla pista. Il ragazzo prova a muoversi sciolto
come prima, ma la precedente esperienza con Tsubaki lo ha lasciato scosso.
Proprio mentre sta entrando un nuovo gruppo di ragazzi gli cade l’occhio sulla
nuova arrivata; allunga le braccia per darsi notare, e quando gli è più vicino
resta senza parole: Hikari lo sta raggiungendo a passo deciso, fasciata in un
abito che la rende a bellissima, sandali alti che le avvolgono la caviglia e i
capelli raccolti. “Che cosa ci fa lei qui?” sibila la bionda che, si accorge
solo adesso, gli è ancora accanto. L’aveva detto Hikari che Tsubaki si sarebbe
arrabbiata. Non c’è bisogno di parole, tanto che lo guarda sorpresa, finché il
suo sguardo diventa infuriato “l’hai chiamata tu?” il fatto di non ricevere una
risposta conferma l’accaduto, e borbottando un “devo andarmene al bagno” si
allontana a passo spedito nella direzione opposta a quella della mora. “L’ho
detto che si sarebbe infuriata” commenta Kari appena raggiunge il biondo, ma il
sorriso che ha sulle labbra si direbbe quasi che sfiori la gioia pura. Ridendo
fra se e se Takaishi intuisce la famosa gelosia fra donne di cui si parla
tanto. “sei arrivata, allora” ma lo sguardo gelido che gli rivolge gli fa
pensare dove abbia sbagliato “se sono qui! Non mi piace qua, è pieno di
marmocchi. Io esco, tu vieni?” e senza neppure attendere una risposta eccoli
che si dirigono verso l’uscita “ho voglia di qualcosa da bere di più forte che
una Fanta” lo aggiorna prima di girare l’angolo “pensavo che ai minorenni non
potessero vendere alcool da bere” chiede ingenuamente “certo, altrimenti ci
sarebbero troppe persone ubriache, non credi? Bisogna sempre fare ciò che la
legge impone!”. Ok, certe parole non lo avrebbero smosso minimamente, se dette da
qualcun altro, ma se è Kari a parlare allora c’è sicuramente qualcosa sotto!
Sempre camminando si volta per guardarlo in viso e gli rivolge quello che
potrebbe sembrare un sorriso sincero “vuoi unirti a noi?” chiede prendendolo
per mano e trascinandolo verso un gruppo di ragazzi e ragazze che stanno
proprio dietro l’angolo che hanno svoltato. Non appena notano la ragazza in
arrivo partono urla di giubilo e fischi di contentezza “e brava la nostra Kari
che ha portato un amico. Vuoi favorire?” domanda il tipo con una bottiglia di
Vodka e pera in mano. Evidentemente l’espressione di Takeru è molto buffa,
perché la ragazza che l’ha trascinato lì scoppia a ridere prima di afferrare la
bottiglia e portarsela alle labbra. Sempre guardandolo fisso negli occhi trangugia
due lunghe sorsate di liquido prima di porgerla a lui. con più lentezza del
dovuto avvicina il collo della bottiglia, quando gli balena nella testa che ci
ha appena bevuto Hikari; anche lei ha appoggiato le sue labbra lì: sarà come
baciarsi per la seconda volta! realizza. Il liquido freddo e dolce brucia
leggermente la gola, ma è buono (sa davvero di pera) e non è potente come
credeva. La prima sorsata è seguita dalla seconda, poi dalla terza, Finché due
mani delicate gliela portano via delicatamente. Hikari lo sta guardando
sorridente, mentre passa l’alcool alle altre persone che ridono mentre lo
fissano “ehi, vacci piano, non ci sei solo tu! Capisco che ti senti finalmente
libero, ma non esagerare!” lo canzona sospingendolo verso una cassetta di plastica
su cui si siedono, uno accanto all’altra.
“… e quindi io credo che è ingiusto,
chiaro?” alle parole del biondo seguirono vari echi e parole frammezzate. La
testa era leggera e girava leggermente ad ogni movimento, e le parole uscivano
dalla sua bocca non appena gli giungevano al cervello. Dopo vodka e pera era
stato aperto il rum, seguito da … e così cinque
bottiglie si erano ammucchiate ai loro piedi. I sette ragazzi sembravano tutti
allegri, ma Tk era quello messo peggio. “Forza belli, facciamo un po’ di Maria
Giovanna?” riesce a dire uno quando finalmente le voci tornano ad un volume
normale. Fra i consensi generali un “cos’è la Maria?” li fa voltare tutti
esterrefatti “è così che chiamiamo la Marijuana” lo aggiorna una ragazza sulla
ventina; così, mentre tutti parlottavano fra loro l’attenzione del ragazzo fu
rapita dal processo di rollare la canna: grattare il panetto, mettere la
polvere sulla cartina, aggiungere il tabacco e chiudere il tutto. Gli occhi del
tipo che sta facendo su la canna incrociano quelli del biondo “vuoi favorire?”
domanda, ma una risata dolce fa voltare entrambi “no, ha già bevuto abbastanza,
ci manca solo questo” lo blocca subito Hikari “è meglio se io e te andiamo a
bere acqua e facciamo due passi” così dicendo lo afferra sotto un braccio e lo
incita ad alzarsi “ma io non ho bevuto molto” si giustifica alzandosi, e a
dimostrazione rischia di cadere per terra non appena si alza sulle sue gambe
“no infatti, però è meglio così. Ci vediamo in giro ragazzi” saluta la ragazza,
seguita da baci lanciati nella sua direzione e vari “ciao bellezza”. Anche Tk
viene salutato calorosamente, ciò gli fa intuire di stare simpatico alla
combriccola. “perché in giro? Non vengono a scuola?” domanda non appena sono
fuori portata d’orecchio “no, sono tutti più grandi e frequentano l’università”
dice lasciandogli andare il braccio. I passi non sono troppo precisi, e ogni
tanto rischia di incrociare le gambe in maniera pericolosa. In silenzio segue
la ragazza verso una fontana, dove si ferma, incrociando le braccia “devo bere,
giusto?” chiede scioccamente prima di allungare le mani a coppa verso il getto
continuo. Un tot di sorsate dopo l’arsura che non si era accorto dominasse la
sua gola si placa, tanto che sta per allontanarsi, ma una forza esterna gli
spinge la testa sott’acqua. Afferra il bordo della fontana con entrambe le mani
e prova ad far forza per tirare la testa fuori; il tempo di tirare un respiro
profondo che torna sott’acqua. Pochi secondi dopo la forza sulla sua nuca cessa
e può alzarla tossendo acqua “ma ti sei bevuta il cervello oltre che l’alcool?”
domanda inorridito guardandola come fosse E.T. In tutta risposta Kari scoppia a
ridere di gusto “scommetto il mio vestito che ora stai meglio”, un secondo per
pensarci ed effettivamente si rende conto che le vertigini sono nettamente
diminuite2. Lei lo sta guardando con un sopracciglio alzato “è vero!
Sto meglio, grazie!” “dovere” si schernisce con un gesto della mano, poi d’un
tratto realizza: “Come sarebbe che ti giocavi il tuo vestito?” chiede perplesso
quando la ragazza fa una risata secca “si, se perdevo me lo sarei sfilato e te
lo avrei dato” continua sempre sorridendo sorniona. Takeru abbassa gli occhi
mentre, per un secondo, gli balena la scena in testa. Uno spintone lo obbliga a
tornare al presente, e Kari che lo fissa lo fa preoccupare “viaggia poco di
fantasia, e non saltare su con frasi tipo se lo avessi saputo prima” lo
ammonisce. Il buio nasconde il rossore diffuso sul viso del biondo. Lei si
siede su un muretto basso, seguita a ruota dal ragazzo “vuoi che ti
riaccompagni a casa?” domanda lui cavallerescamente “la notte è il mio
elemento, fra i due, chi rischia a girare adesso sei tu”. Nessun
ringraziamento, niente riferimenti a quanto sia stato gentile a offrirsi … la
solita freddezza che allontanerebbe, se non fosse che il ragazzo che si trova
di fronte è diverso da molti ragazzi. “non credi che adesso dovremmo cominciare
ad essere più constanti con gli incontri pomeridiani?” domanda senza preavviso
il biondo. Hikari si volta a guardarlo, le braccia rigide e le mani appoggiate
al muretto “pensavo che avessi degli allenamenti di calcio” “basket” la
corregge con un sopracciglio alzato “e comunque possiamo trovarci dopo le
attività dei club” ovvia, ma il silenzio che segue mette in dubbio la sua idea
“e tu quando studi?” domanda semplicemente, sorprendendolo: se si sta
preoccupando per lui è un buon segno, no? “io non faccio i compiti per te, ne
studio al tuo posto: posso venire a studiare a casa tua, così io non rimango
indietro e tu usufruisci del mio aiuto”. Il sorriso che le si apre sul volto è
solare, risplende alla luce dei lampioni “sai, a volte sembri quasi
intelligente!” lo stuzzica, ottenendo un muso lungo “ehi, ti ricordo che fra i
due sono io quello che insegna, non tu!” fa l’altro con tono risentito. Kari
scoppia a ridere dandogli una spallata contro il braccio “sto scherzando,
permaloso!” così da ottenere anche la sua risata. Il silenzio cala Finché
“Kari, posso farti una domanda?” e il suo sguardo attento lo fa continuare
“perché l’altra volta mi hai baciato?” decide di buttarsi, temendo comunque le
conseguenze. Il suo viso si fa serio e fissa i suoi piedi, prima di tornare a
guardarlo con espressione superiore “non l’ho fatto per altro motivo, se non
per il mio ego. Volevo solo farlo, senza altra motivazione” quelle parole
rimangono nell’aria finché non riprende a parlare, appoggiandogli una mano sul
braccio e facendolo sussultare “Io e te non siamo altro che amici” lo informa,
notando la delusione che affiora dai suoi occhi. Inspirando bruscamente, Tk
alza lo sguardo, leggermente fiero “d’accordo, l’importante era chiarirci”
prova ad arginare la situazione. Salta giù dal muro e per un pelo non finisce
sull’asfalto, giusto perché all’ultimo riesce ad aggrapparsi al muro. Hikari lo
segue agilmente “non avevi mai bevuto tanto alcool prima d’ora?” malgrado la
domanda è chiaro che già entrambi conoscono la risposta “era la prima volta, veramente”
confessa in totale imbarazzo. La ragazza alza le spalle “ok, ora puoi dire di
aver provato qualcosa di veramente emozionante!” nonostante suonasse come
un’offesa, Takaishi non se ne ebbe a male “domani mattina prova con le
frittelle3 e un analgesico” concluse prima di voltarsi e alzare la
mano in segno di saluto, dandogli le spalle. Il biondo rimase a fissarla finché
il buio non l’ebbe inghiottita. Cosa intendeva poi con le frittelle? Insomma,
lui stava bene, e la mamma è già a letto, quindi non deve neppure fingere o
inventarsi strane scuse. È il giorno dopo che capirà cosa intendeva!
1Se si viene bocciati o sospesi si è costretti a cambiare
scuola
2Chiedo scusa, per chiunque l’abbia
notato, per il plagio: la scena è praticamente la stessa del libro “Dark Eden”,
se non fosse che nel libro il pseudo affogamento avviene il giorno dopo la
sbornia
3Nuovamente perdono per il plagio,
questa volta però viene da “Una mamma per amica”, la volta in cui Lorelay
prende la sbronza quando va a casa di Christopher per consolarlo della morte
del papà(di Christopher). Vabbè, se sapete di cosa parlo capirete!