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Autore: JeffMG    15/02/2014    1 recensioni
"Cesare e Cicerone. Le iniziali dei nostri nomi si legano ad un'eterna scesa al potere ad una continua lotta per averlo e ad una sete infinita nel bramarlo, come quella del sangue per un guerriero,
come quella di un figlio per una donna"
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità greco/romana
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         Crasso.


"Lascialo parlare" disse Crasso all'uomo.
"Non toccarlo e se possibile non guardarlo, deve sentirsi a suo agio.
D'altronde questa è casa sua e noi siamo umili ospiti" 

Crasso giocò con il suo anello d'oro. 
Che fetore emanava la povertà, ancora più forte di quello delle prostitute, più forte di un uomo morto.

"Ho bisogno di sapere se la tua è la parola d'onore"
"Certo, lo giuro sui miei figli. Avrai il mio voto,Crasso"

Il vecchio balbettava facendo ballare in bocca gli ultimi denti rimasti, 
stringeva un cenco tra le mani, sporco di fango e miseria.
Delle patate e dei ceci erano sparsi sul tavolo, sotto una tinozza d'acqua dell'aglio.
Crasso pensò che quando irruppero in casa sua stava preparando la cena e come improvvisamente le vite di due estranei potessero intrecciarsi in un micro lasso di tempo. Un incontro voluto dal destino o dall'uomo incontrollabile nel suo volere ma svoltosi in un caldo pomeriggio quando in cielo era ancora imprigionato il sole.
S'incontrarono l'uomo dalla sapienza di un falco e l'uomo dall'ignoranza donataglia dal mondo. Il ricco affondò la mano in un sacchetto e ne estrasse tre monete. 

"Questa è la tua ricompensa per la fiducia che riponi in me"

Si alzò sfoggiando l'imponente presenza e un sorriso arcigno. 
Nessun povero rifiuta il denaro, nessuno scambierebbe un sacchetto di rubini per uno di patate. Il voto era stretto nel palmo di Crasso.

"Togliamo il disturbo e pongo fiducia in te, popolano"

Quando Crasso e il suo uomo uscirono, quest'ultimo si sistemò la spada nella fodera e setacciò con lo sguardo la piazza.

"Intendi comprare tutti i cittadini per il voto?"
"Certo che si, ma non sarò io a farlo, voi miei lavoratori distribuirete doni in cambio di appoggio politico. Tu Lucru, avrai l'onore di assicurarti  che le parole che usciranno dalla loro bocche siano quelle giuste. 
Il popolo deve amarmi e non odiarmi"
Crasso scivolò tra le ombre delle strette vie di Roma. 
Il sole calò e la notte giunse repentina tra le strade, ingoiando case e abitanti.

"Non più una perla che seguita il suo corso nella sabbia, non più un granello di essa che svivoli in mare prima di un secolo, non più, non più nulla...
Solo l'estenuante silenzio dell'attesa che gli anni portano."

Crasso sparse dei libri sul tavolo, il buon odore della carta gli persuase le narici ed in seguito quello del legno le viziò.
Dei fiori erano stati ordinati in un vaso e disposti in maniera simmetrica vicino alla porta d'entrata. Ne prese uno ad uno e li spezzò.

"Che la vita sia così fragile come questo petalo, io ne sono a conoscenza...
Ma che non sia così colorata, che bruci se mento.
Essa è solo un incastro di grigiume... 
Oh queste rissose guerre e questi uomini, noi uomini dalle poche parole e dalle lame affilate. Che ci spazzi via il vento annientando l'amico e poi il nemico."

Strinse tra indice e pollice un petalo di rosa e quando afferrò la brocca di vino che gli era stata portata in dono da anonimo, lo versò su di esso, si affievolì sino a diventare il nulla racchiuso tra le sue dita.

"Veleno... Che l'uomo che ha fatto questo paghi al cospetto della sua coscienza. 
Traditori e ingrati, vinti e vittoriosi che non son sazi mai di sangue. 
E' la quinta brocca avvelenata in questi giorni ed io son stanco,
poiché sento persino la vecchiaia levigarmi le costole.
Vogliono frenare il potere, ma il potere non cesserà mai di esistere, 
persino se morirò. Ci sarà un altro Crasso, un altro Cesare, Cicerone o Pompeo. 
I nostri eredi forgiati dal destino sostituiranno le orme dei nostri passi nelle terra.
Allorché dico che è inutile tentar di uccidermi, vivrò nell'uomo finché la terra sarà in moto."

Distolse lo sguardo dagli ultimi petali sparsi a terra e sentì dei passi. 

"Lucru, entra pure e non indugiare all'entrata.
Solo il nemico non oltrepassa un confine"

Egli entrò trascinando dietro di se una lunga toga verde foresta.
Osservò i petali a terra interrogandosi sulla loro caduta,
per poi poggiare gli occhi sul possibile artefice di tale fine.
Egli si muoveva con lentezza attorno alla stanza, toccando oggetti e pareti come se quelle non gli appartenessero.
Studiava Crasso da giorni e i suoi comportamenti sembravano mutare in fretta come le stagioni, attribuiva la colpa alla vecchiaia, Lucru poteva contare centinaia di capelli bianchi su quella testa ma esso sembrava più lucido di un leone a caccia.
Si appoggiò sul busto di una statua in marmo e ne sentì il gelo sfiorare la pelle calda, attendeva le parole di Crasso, egli non ne era mai sprovvisto, eppure stava frenandosi nel professarle. 

"Hai fatto, quello che ti ho chiesto, Lucru?" disse in fine sistemando la lunga tunica sopra il ginocchio nudo.
"Si signore. Il denaro è stato distribuito e i soldati hanno usato giuste parole.
Ad ogni singolo contadino è stata data moneta in cambio di voto e ad ogni singolo aristocratico è stato esaudito il desiderio di un favoro a lungo sospirato.
Con questa tecnica potrò vincere se loro manterranno fede al patto"
"E' qasi certo Lucru, ma sai che nelle strade del potere vi sono sempre ampie pietre che ostacolano il passaggio e alcune di queste pietre son già spuntate nel terreno della mia vita."       "Chi sono costoro?"        
"Cesare e Cicerone. Le iniziali dei nostri nomi si legano ad un'eterna scesa al potere ad una continua lotta per averlo e ad una sete infinita nel bramarlo, come quella del sangue per un guerriero, quella di un figlio per una donna"

Crasso fece scendere la gamba dal triclinio dove era sdraiato e allungò la mano per afferrare un chicco d'uva.
Lo affondò in bocca e parlò solo quando l'ebbe innondata di succo.    

"Io stesso ho finanziato Cesare" 
"Perché l'ha fatto?"

Chiese Lucru assaggiando quell'imponente figura avvolta dalla fievole luce di un fuoco acceso alle sue spalle.

"Non chiedermi mai perché faccio qualcosa, Lucru.
Comunque sia Cicerone è stato eletto console questa mattina"

Lucru si avvicinò ad un tavolo dove albergava una brocca di vino. 
Se ne versò un bicchiere e fece per deglutire la bevanda, quando le parole di Crasso lo fermarono.

"E' un vino portatomi in dono, non lo berrei se fossi in te.
Solo l'uomo che l'ha donato sa che cosa vi è dentro, 
non rischierei la vita per un misero bicchiere di vino. Poggialo e torna ai tuoi doveri."

Lucru lasciò la stanza e Crasso ebbe tempo di far ballare tra le dita il suo anello d'oro. Quando pensava, quando l'agitazione scorreva per il suo sangue, usava far scorrere quel gingillo tra il medio e l'indice.
Ora sostava nel suoi ardui pensieri ove il potere continuava a governare nelle vie di Roma, mentre il suo corpo era fermo a sognare battaglie.

"Che giunga il potere di Cicerone"
  
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