Meraud odiava guardarsi nel grezzo specchio la mattina, perché ogni volta vedeva i ricci rossi sempre più aggrovigliati e lunghi, la barba sempre più incolta ed il viso segnato da tutte le pressioni da parte di sua madre. Da una parte ringraziava di essere nato a DunBroch, perché tutti i valorosi guerrieri qui puzzavano e sembravano dei giganteschi orsi pieni di peli e con un cervello pari a quelli degli antichi uomini; ma sua madre non sembrava così contenta di quell’aspetto.

«Sei un principe» gli ripeteva sempre, «devi prenderti cura di te stesso e del tuo aspetto, che ti piaccia o no».

Meraud indossò la prima casacca che trovò, un kilt verde che forse usava oramai da giorni, si avvolse in un manto di pelle d’orso e s’infilò gli stivali per scendere sotto.

Fu proprio lì, però, che avrebbe desiderato essere in qualsiasi altro luogo.

Sgranò gli occhi alla vista di tre piccole pesti con i suoi stessi occhi azzurri e i suoi stessi ricci rossi.

«Non-vi-azzardate» li minacciò, restando immobile lì dov’era e puntando il dito contro loro.

Per tutta risposta Harriet prese velocemente una focaccia dal vassoio e la divorò. Meraud strinse i pugni, consapevole che se sua madre l’avesse trovato lì avrebbe di certo dato la colpa a lui. Si lanciò sopra al tavolo, scivolando sopra di esso con le braccia distese, cercando di afferrare le sue sorelle. Le tre bambine saltarono all’ultimo momento per sfuggire alla presa del maggiore. Il principe sentì Ruth saltargli sulla testa e camminargli addosso.

Dopo il lieve capogiro, vide Aimee di fronte a sé, col vassoio di focacce in mano.

Meraud scosse la testa, preoccupato. «No, ti prego, non farlo!» lo supplicò, cercando di rialzarsi.

Aimee fece rovesciare il vassoio, in modo che tutte le focacce che aveva preparato la loro madre finisse a terra; dopo di che, con i ghigni stampati sul volto, le tre sorelline scapparono dalla stanza, mentre Meraud sentì il rumore di alcuni passi che si avvicinavano.

 

 

 

 

 

 

 

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