Sono davvero pochi i posti in cui riusciamo a sentirci
veramente a casa, i posti in cui avvertiamo un’aura di sicurezza che ci
protegge, i posti in cui non percorri pochi metri della via principale senza
salutare chiunque ti capiti a tiro.
Certo, c’è gente che si trova bene ovunque, ama viaggiare e
fa subito di una nuova città la propria casa.
E infine, c’è chi, come me, non si sentirà mai a casa.
Il motivo? È comune al 17% dei ragazzi italiani: il divorzio
dei genitori. Si stima siano circa 1 su 10 milioni i matrimoni che arrivano ai
cinquant’anni, 1 su 7 milioni quelli che arrivano ai venticinque.
Mi posso ritenere fortunato, i miei hanno compreso il loro
errore già al quinto. Indossavo ancora il pannolino quando i miei presero
questa drastica scelta. Bevevo ancora il biberon quando mia madre,
insoddisfatta della vita a Messina, decise di trasferirsi a La Spezia.
Per ben nove anni ho trascorso i nove mesi scolastici a
scuola a La Spezia e i tre mesi estivi a Messina, secondo il verdetto del
giudice, affrontando così più di mille chilometri ogni giugno e settembre.
Ebbene sì, avevo due vite. Nel vero senso della parola. Al nord ero il tipico
ragazzo da liceo, buoni voti a scuola, compagnie serie, un motorino verde che
rivestiva il ruolo di migliore amico. Al sud ero il tipo da discoteche,
sigaretta fissa tra le mani e divertimento sfrenato.
Nulla poteva rovinare la mia quiete e la mia doppia
personalità, se non…
“Ale, Ale, oddio come sono eccitata! Ale, dove sei? Ho una
notizia, ho una notizia!” mia madre spalancò la porta di camera mia e mi si
piazzò davanti. Misi pausa alla Play svogliatamente e mi concentrai su di lei.
Il suo viso era il ritratto della felicità, le stessa espressione che ha un
bambino quando la mamma gli offre una caramella. Rabbrividii. Avevo paura di
sapere già di cosa si trattasse.
“Guarda!” disse esultante, stendendomi la sua mano da
quarantenne davanti agli occhi.
Mi sforzai di non guardare, ma il diamante Swarowsky era
troppo evidente. Sentii torcermi le budella.
“Non è bellissimo, Ale?”
Il mio silenzio non smorzò il suo entusiasmo.
“Mi ha chiesto di sposarlo! Ci credi? Mi ha chiesto di
sposarlo!”
E mi abbracciò. Mi costrinsi a ricambiare con la stessa
irruenza, ma non fui molto convincente. Ma lei non se ne accorse.
Ebbene sì, mia madre si risposava, mio padre gongolava
(niente più alimenti da pagare e una brasiliana che lo attendeva ogni notte nel
suo letto) e io non avevo più un posto dove stare. Certo, ce l’avevo: la stanza
accanto a mia madre e a quello. Così, sacrificandomi per il bene di mia madre,
presi una decisione, forse la più drastica di tutta la mia vita.
Era
falso il tono di mia madre quando le annunciai la mia decisione. Disse che
avrebbe potuto sacrificare le notti con lui, ma era meno convinta di me. Così,
impacchettai tutte le mie cose, promisi alle mie conoscenze che mi sarei fatto
vivo e presi il treno, lasciandomi alle spalle un velo di amarezza.