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Autore: Felem    16/02/2014    10 recensioni
Jayne Davies era una brava persona ed era giovane, forse troppo.
Jayne Davies imparò a non dare nulla per scontato, a non passare la propria vita ad odiare qualcuno, ma a concentrarsi sull'amore che era in grado di dare e ricevere.
Jayne Davies moriva ogni giorno senza rendersene conto e visse appieno la propria morte.
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sovrannaturale
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                      La Città delle Anime
 
 
                                               






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                                             Capitolo I



 
 





Quella sera il cielo era coperto e soffici fiocchi di neve cadevano dal blu come fossero stati delle delicate bolle di sapone. 

Jayne Davies si stava preparando per la festa che, quella sera, avrebbe segnato l' "avvio della fine" della sua vita da liceale. Era il nove Dicembre e, come ogni anno, gli studenti erano soliti festeggiare l'arrivo del Natale con un ballo scolastico. Quello sarebbe stato il suo ultimo Natale da studentessa del liceo. Aveva già deciso di passarlo in serenità con i propri amici, senza voler a tutti i costi provare qualcosa di nuovo, come di solito facevano i ragazzi dell'ultimo anno, tanto per fare nuove esperienze.

Si affrettò ad indossare un vestito semplice ed elegante che si addiceva perfettamente al suo carattere pacato. Era blu, come il cielo coperto di quella sera, corto poco sopra il ginocchio e con una deliziosa scollatura che lasciava intravedere le clavicole, per poi terminare con un paio di maniche di pizzo blu, lunghe fino al gomito. Sotto a questo indossava un paio di calze scure e delle scarpe comode con un tacco non troppo alto. Fissò attentamente la propria figura riflessa nello specchio della sua stanza e ritenne opportuno truccarsi un pochino, dal momento che il freddo e le notti insonni le avevano conferito due leggere e macabre occhiaie violacee al di sotto degli occhi scuri. Impiegò un po' di tempo prima di riuscire, quasi del tutto, a levare dal proprio viso quel dettaglio inquietante che le dava un'aria triste e malinconica. Scosse i capelli castani corti fino sopra le orecchie ed accennò un flebile sorriso, infilandosi la giacca lunga fino al ginocchio e prendendo la propria borsa. 

Prima di scendere le scale guardò fuori dalla finestra quei delicati fiocchi di neve scendere giù dal celo ed osservò rapita quella tranquillità celestiale e pregò che anche lei in futuro potesse sentirsi così quieta. 
Scese le scale facendo attenzione a non cadere ed andò a salutare la propria famiglia prima di uscire. Nel salone, sul divano di pelle che il gatto aveva ridotto a brandelli, sedevano intenti a guardare un programma in tv suo padre, sua madre e sua sorella Kate. 
Non appena mise piede nel salone nessuno le badò molto, così diede un colpo di tosse per annunciare la sua presenza. 

«Jayne...dove vai vestita così?» Domandò suo padre aggrottando le folte sopracciglia scure e fissandola con rimprovero. 

La ragazza non fece in tempo a rispondere che sua madre, bonariamente, intervenne e placò le ansie di suo padre. Jayne fece qualche altro passo avanti, baciandolo sulla fronte e facendo lo stesso con sua madre, per poi dare una pacca sulla spalla a sua sorella minore. Kate, ragazza spigliata e solare era completamente diversa da lei. La quattordicenne aveva lunghi capelli color miele che le fluivano sulle spalle e le donavano un aspetto estremamente candido. Lei era tutt'altro che candida. Era interessata alla vita di mondo, alla moda e ad altri vezzi ai quali Jayne non aveva mai fatto caso, con grande gioia di suo padre. 

«Guida piano.» Fu l'unica raccomandazione che le fecero i suoi genitori. 

Non erano una di quelle famiglie particolarmente affiatate. Vivevano in un equilibrio precario, basato sull'indipendenza del singolo individuo. Ognuno si occupava delle cose che lo riguardavano e, per questo, nessuno di loro era mai stato abituato a condividere nulla: né fatiche, né piaceri. Tanto che alla fine Jayne si era rassegnata all'idea di dover vivere con dei semplici "conoscenti" invece che con una vera e propria famiglia. Ma questo non sembrava disturbarla.

Chiuse la porta a chiave e fu pervasa da una profonda scossa di brividi lungo la schiena, non appena la sua pelle entrò a contatto col gelo della sera. Il freddo le penetrò ben presto sotto i vestiti e si vide costretta a correre verso la macchina dei propri genitori, mentre le mani le tremavano e l'aria le congelava i polmoni. Raggiunse a grandi falcate la Volkswagen rossa parcheggiata di fronte alla propria abitazione e non appena si sedette nell'abitacolo tirò un sospiro di sollievo, sapendo che di lì a poco sarebbe entrata nella sala da ballo e che quel freddo sarebbe sparito. Ci mise alcuni minuti prima di accendere il motore, ingranò la marcia, si allacciò la cintura e riuscì ad uscire dal piccolo giardinetto innevato davanti casa sua. 

Dopo alcuni metri di strada accese la radio che le tenne compagnia per la durata di tutto il viaggio. Quella sera stavano passando una hit degli anni '80 con tanto di piccolo resoconto sulla vita dell'autore del pezzo. Riconobbe un singolo degli U2 che stava passando proprio in quel momento e, catturata dal ritmo malinconico della canzone intonò alcuni versi. 

«See the stone set in your eyes...» Cominciò, iniziando a battere le dita sul volante. 

Non sapendo tutte le parole si ritrovò a biascicare le ultime sillabe, finché non giunse il ritornello. 

«With or without you! I can't live with or without you! oh, oh, da daaaaa...» Continuò scuotendo i capelli corti e muovendo freneticamente la testa avanti ed indietro a ritmo degli U2. 

Arrivò nel giro di quindici minuti davanti alla palestra della propria scuola, parcheggiando la macchina rossa che spiccava come un frutto estivo nella distesa di auto dai colori freddi. Dovevano già essere tutti entrati, ad eccezione dei suoi più cari amici, che la stavano aspettando all'entrata. 

«Jayne!» Gridò George, uno dei suoi più cari amici, agitando le braccia per segnalare la propria posizione. 

Il ragazzo, anche lui diciottenne, indossava un bizzarro smoking arancione che risaltava nel paesaggio notturno. Accanto a questo, la aspettava con un sorriso stampato sul viso tondo, Susan. La ragazza aveva un caschetto biondo ad incorniciarle il viso paffuto ed indossava un vestito nero, con la gonna ampia, il quale risaltava le sue forme morbide ed accattivanti. Si erano conosciute al secondo anno, quando Susan era stata rimandata ed aveva stretto amicizia con Jayne e George.
Questo non appena la vide, le cinse i fianchi con le braccia e le stampò un bacio sulla guancia, suscitando le occhiate indiscrete di Susan, che ancora non si era abituata ai modi aperti di George ed al suo abbigliamento.

«Sei bellissima.» Le disse la ragazza bionda, facendole fare una giravolta.

Jayne arrossì, evidentemente lusingata dalle sue parole. La guardò a lungo negli occhi e per un istante sentì il bisogno di tornarsene a casa. Non amava i complimenti, le sembravano tutto fuorché sinceri.  

«Sì, cara, sembri uscita da "Sex and the City".» Così George ruppe il silenzio imbarazzante creatosi pochi istanti prima. 

Entrarono nella palestra e Jayne fu pervasa dal calore dell'ambiente e sentì, finalmente, di potersi rilassare. Osservò attentamente la scena che in quel momento le si presentava davanti e ripercorse con la mente la sua prima festa. 
Era al primo anno e per tutta la serata non osò ballare con nessuno al di fuori di George. Le sfuggì un sorriso ripensando a quella notte. 

Si guardò intorno e poté chiaramente vedere gli studenti del primo anno ordinatamente divisi in ragazze e ragazzi, disposti ai lati opposti della palestra. Gli studenti del secondo anno avevano esagerato con l'abbigliamento ed indossavano vestiti pomposi e tacchi stratosferici, sui quali non erano in grado di camminare, ad eccezione di qualche ragazza più spigliata. E proprio quelle ragazze si accingevano a ballare con i ragazzi del terzo anno, che per la prima volta riuscivano a godersi una festa. Anche lei aveva attraversato ognuna di quelle penose fasi e pensò che in mezzo a quella gabbia di matti, lei sarebbe risultata più che normale. 

«Dio, che spettacolo!» Commentò frizzante George, dirigendosi al tavolo delle bevande e versando un po' di punch alle amiche. 

Susan e Jayne sorseggiarono la bevanda, inspirando l'odore di agrumi che emanava. 

«Non sa di niente!» Commentò scocciata la prima di queste due, tirando fuori dalla borsa una boccetta trasparente e svuotandola interamente nella vasca del punch. 

«Cosa fai?» Le chiese allarmata Jayne, accarezzandosi i capelli corti e scompigliati. 

«Rendo più interessante la nostra ultima festa di Natale!»  Urlò lei, prima di lanciarsi in mezzo alla pista, trascinandosi dietro l'amico dal completo arancio. 

 «Cara, guarda chi c'è dietro di te.» Le sussurrò questo prima di allontanarsi a ritmo di musica assieme all'amica, sparendo tra la folla. 

Quelle parole le fecero aumentare notevolmente il battito cardiaco. Dietro di lei sarebbe potuto esserci chiunque, ma il solo pensiero che alle sue spalle ci sarebbe potuto essere chi lei desiderava le fece mancare il respiro. Voltò lentamente il capo, fino a scorgere con la coda dell'occhio una figura che la fissava immobile. Prese un lungo respiro e ruotò su se stessa. Quando vide dietro di sé chi effettivamente si auspicava, le si formò un ampio ed esagerato sorriso sulle labbra che persistette per tutta la serata, quasi fosse stato un difetto fisico o una paralisi. 

Alexander, ragazzo che Jayne stava frequentando in quel periodo, la salutò con un lieve cenno della mano. Indossava un completo azzurro, che si abbinava perfettamente al vestito che lei stava indossando, Jeyne considerò che quella fosse una deliziosa coincidenza. Portava i capelli biondo cenere molto corti, quasi fossero rasati e gli occhi verdi risaltavano come due smeraldi sulla pelle straordinariamente olivastra. 

 «Mi concede un ballo, signorina?» Scherzò lui sulle prime, afferrandole il polso e riponendole un casto bacio sulle labbra. 

Jayne non ebbe bisogno di rispondere, che subito si ritrovò anche lei nel bel mezzo della pista, mentre ancheggiava ed alzava le braccia a ritmo di musica. Alexander la stringeva a sé, facendo aderire i propri corpi che del resto, oltre a strofinare con quelli dei presenti, si sfioravano tra di loro. Improvvisamente le sembrò di avere più caldo. Quel caldo immenso arrivò quasi a soffocarla, non le era mai piaciuta la ressa.

Quando finalmente si passò da un'atmosfera movimentata ad una musica adatta per i lenti, poté calmarsi, portando le braccia attorno al collo di Alexander, alto qualche centimetro più di lei. Posò il mento nell'incavo del collo di lui ed, invece di concentrarsi su quello che stava accadendo in quel momento, preferì osservare gli altri invitati. Osservare, era quella la cosa che le riusciva meglio. George e Susan si muovevano ancora a ritmo della precedente canzone, stonando con il clima "romantico" che si era creato. 
Alexander le strinse ulteriormente i fianchi e questo la riportò alla realtà. In quel momento avrebbe potuto scostarsi dal suo petto, guardarlo negli occhi e giurargli amore eterno, come accade sempre nei libri, ricreando una scena idilliaca, che però non seguì queste sue riflessioni. Così rimase concentrata sulle sue spalle e preferì non dichiarare amore eterno a nessuno quella sera. Non era pronta ad alcuna storia seria. Aveva diciotto anni e la vita, la vita era davanti a lei. La vita era terribilmente lunga. Avrebbe avuto altre storie, avrebbe trovato il vero amore, avrebbe avuto uno scopo nella vita, avrebbe vissuto fino in fondo. Questo lo sapeva. Ma sapeva anche che ogni cosa è a suo tempo e che di tempo per amare ce ne sarebbe stato. 

La festa durò circa cinque ore. Durante le quali Jayne non fece altro che ballare, ballare e ballare. Non aveva mai ballato così tanto in vita sua. Né aveva mai bevuto tanto punch (corretto) prima d'ora. Le girava la testa e al termine della serata George e Susan, che erano nelle sue identiche condizioni, dovettero accompagnarla fin dentro la macchina.

«Abbiamo reso sì o no questa festa più interessante?» Le domandarono all'unisono i due, mostrandole la bottiglietta vuota che ore prima avevano svuotato nel punch.

Quando si ritrovò sul sedile del guidatore non ricordò nemmeno se aveva salutato o no Alexander o dove fossero improvvisamente scomparsi i suoi amici. Nulla le era chiaro in quel momento ed una vocina nella sua testa continuava a ripeterle di non guidare. Zittì ben presto quella voce ed accese la macchina, con un rapido scatto delle chiavi. La radio si accese e si accorse che oramai erano le due di notte. 

 «Oh, Jayne..» biascicò ridacchiando fra sé e sé «papà ti ammazzerà...Jayne.»

Chiuse lo sportello e quel po' di buon senso rimasto in lei, la spinse ad allacciarsi la cintura di sicurezza. Riuscì a stento ad uscire dal parcheggio, non senza aver prima strusciato contro le due macchine parcheggiate affianco alla sua e quando spinse l'acceleratore ebbe un sussulto, seguito da una sonora risata. 
Imboccò la strada principale, che sapeva essere dritta e, a quell'ora, totalmente vuota. I fari della macchina illuminavano l'asfalto innevato e totalmente deserto. Il bianco piatto della neve venne modellato al passaggio delle ruote, che dovevano essere le prime a segnare quel mantello vergine. Jayne avvertiva delle dita infuocate espandersi nel proprio petto e nella propria testa, così aprì il finestrino e l'aria gelida alleviò i suoi bruciori. 

Guardò la propria immagine riflessa nello specchietto retrovisore e si accorse di avere nuovamente quelle macabre occhiaie grigie, i capelli dritti simili ad un porcospino e gli occhi completamente arrossati. Scoppiò a ridere, mentre le lacrime dovute al bruciore degli occhi le si cristallizzavano sulle guance diafane. 

«Jayne, sei proprio un mostro! Se solo ti vedesse Alexander in questo momento..» Iniziò così a conversare con se stessa. 

La strada dritta davanti a sé, pareva improvvisamente esser divenuta sfocata, così si stropicciò gli occhi e a seguire sbadigliò rumorosamente. 

«Io mi domando, Jayne, almeno lo hai salutato?» Continuò imperterrita in questo suo monologo. 

La testa continuava a dolerle e, paradossalmente, alzò il volume della radio sperando che questo potesse sovrastare il dolore. 

«Non lo hai salutato, vero? Jayne...sei un disastro. Lo saluterai un'altra volta, la vita è lunga!» Si ritrovò improvvisamente ad urlare contro se stessa. 

In lontananza, intravide un puntino rosso lungo la strada. Un semaforo probabilmente. La testa le doleva troppo per pensare. 

«La vita è lunga!» Urlò di nuovo, sporgendo un braccio dal finestrino aperto.

Il pallino rosso si fece sempre più vicino ed il fatto di non riuscire a vederlo con chiarezza suscitò in lei grande agitazione. Non aveva mai perso il controllo e quel pallino rosso era divenuto così insopportabile. Accelerò con la speranza di poterlo oltrepassare al più presto. L'aria gelida continuava a penetrare all'interno dell'abitacolo e gli occhi arrossati lacrimavano incessantemente. Si portò le mani sopra le palpebre, sperando di riuscire a vedere qualcosa. E qualcosa vide. Il punto rosso era divenuto vicino più che mai e qualcosa, qualcuno stava camminando vicino a questo, in mezzo alla strada. Jayne lo vide e ruotò il volante, sperando di riuscire ad evitarlo.

Si accorse improvvisamente del freddo che era riuscito a pervaderla ed invertendo direzione sfiorò quel qualcuno che si era interposto tra lei e la strada, che cadde a terra, per poi rialzarsi ed imprecare contro di lei. La strada improvvisamente le sembrò ghiacciata, lasciò il volante e si abbandonò sul sedile, fissando rapita il punto rosso che si faceva vicino, sempre più vicino. Mentre le lacrime le solcavano il viso e questa volta, sapeva, non erano dovute alla sbronza o al freddo. L'intero paesaggio sembrò divenire rosso: la strada, la neve, il cielo. Si scontrò contro qualcosa, l'impatto fu violento ed il rosso parve colpirla. 

Poi il rosso divenne nero.
 



   


                                                                              
 Dalla scrittrice ai lettori:

                                              
                                           Salve ragazzi! Ecco la mia nuova storia. Spero che questo primo capitolo via sia piaciuto! 
                               
              Diciamo che questa si può considerare solo una "piccola introduzione" della storia vera e propria. Questa idea è

                     partita da un sogno che ho fatto qualche mese fa. Così ho deciso di mettere per iscritto questa folle idea che mi era

                               balenata in testa. Nei prossimi capitoli capirete di che si tratta. Voglio ringraziare Camilla per
                
                                             l'header, grazie Camy sei stata gentilissima! Qui sotto linkerò un profilo Ask che ho creato apposta per

                                     voi, così potrete farmi domande riguardanti le mie storie :D

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