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Più che uno dei soliti
portali, quello aperto da Louise in quella particolare circostanza, complici le
sue condizioni di salute precarie e l’averlo creato assieme a Tiffa, assunse
caratteristiche anomale, e piuttosto che limitarsi a trasferire la Valliere e
tutto il suo equipaggio in un altro luogo la sparò letteralmente fuori dopo
averla risucchiata al proprio interno e averla lasciata, per un periodo di
tempo indefinibile, prigioniera di una sorta di limbo dimensionale.
Dal
punto di vista di Saito e degli altri non erano trascorsi che pochi istanti,
giusto il tempo di rendersi conto di aver attraversato il varco, ma per quanto
ne sapevano potevano essere trascorse anche diverse ore, e ripresa coscienza
del fatto di essere riusciti in qualche modo a sopravvivere i ragazzi si
avvidero di stare navigando sopra una sterminata distesa di sabbia.
E quello
che era peggio, era chiaro come il sole che splendeva sopra le loro teste che
la nave non in quelle condizioni non avrebbe volato ancora a lungo, infatti
stava già iniziando a perdere quota.
«Ma che
diavolo sta succedendo!?» sbraitò Quintus «Che ci facciamo nel bel mezzo del
deserto!?»
«Non è
possibile!» disse Louise «Io ho aperto il varco perché si riaprisse in mezzo al
mare!»
«Probabilmente
il varco non è stato creato con la giusta cura.» ipotizzò Colbert
«Ne
parliamo dopo, ora cerchiamo di arrivare a terra vivi!» tagliò corto Kaoru
«Iniziare manovre per atterraggio di emergenza!»
«Sì
comandante!»
«Diminuire
la velocità! Portiamoci al rodaggio minimo!».
La
Valliere effettivamente iniziò quasi subito a perdere di spinta, ma nonostante
ciò questo non le impedì di continuare imperterrita nella sua discesa verso il
basso.
«Così
non va, non riusciamo a rallentare!» ringhiò Quintus
«Se
tocchiamo terra a questa velocità ci disintegreremo.» disse Kaoru «Alleggerire
il carico! Gettate fuori bordo tutto quello che non ci serve! Convogliare tutta
l’energia che ci resta nella pietra di levitazione, anche quella propulsiva! Se
riesce anche solo a farci planare dovremmo farcela!».
Era
un’operazione rischiosissima, far passare tutta quella magia in un sistema di
alimentazione già di per sé non adatto a sopportare un simile carico, e che
tenuto conto anche dei danni riportati rischiava di collassare polverizzando
l’intera nave assieme a tutto il suo equipaggio.
Invece,
per chissà quale miracolo, il sistema resse, e la pietra, ancora attiva, prese
a risplendere ancora più forte, riuscendo da sola a sopportare le quarantamila
e passa tonnellate della Valliere. La nave, a quel punto, seguitò per inerzia a
procedere in avanti, ma la sua velocità di discesa calò sensibilmente.
Il
problema però restava il suolo sottostante, costellato di dune e formazioni
rocciose che, se colpite anche solo blandamente, rischiavano di fare a pezzi la
nave.
«Laggiù!»
indicò ad un certo punto Seena.
Tutti
volsero lo sguardo in quella direzione; ad un paio di miglia a sinistra della
nave, come un immenso lago asciutto, vi era una enorme dolina pianeggiante,
ideale per un atterraggio di emergenza.
«Se
riusciamo a scendere lì, la sabbia morbida attutirà l’urto!» esclamò Kaoru
«Ma come
facciamo a virare?» chiese Quintus «Abbiamo tolto ogni energia anche ai sistemi
di guida! Non possiamo virare!»
«Vuol
dire che ricorreremo a sistemi poco ortodossi».
Era
risaputo che un qualunque peso risultava meno difficoltoso da spostare se
sospeso nell’aria.
C’erano
cinque draghi imbarcati in quel momento a bordo della Valliere, che furono
subito fatti decollare; guidati dai loro cavalieri, afferrarono saldamente la
prua della nave con le zampe posteriori, per poi prendere a tirare con tutta la
loro forza.
A loro
si unì anche il professor Colbert, che invocò le raffiche di vento più forti
che gli riuscì di creare, e alla fine, incredibilmente, la Valliere prese
lentamente a virare, riuscendo infine a mutare la propria direzione proprio
verso la dolina.
Come
presero a sorvolare l’immensa distesa, abbassandosi sempre di più, quale
ulteriore misura precauzionale Kaoru ordinò di inondare la sabbia con tutta
l’acqua imbarcata sulla nave tramite le pompe antincendio per renderla ancora
più soffice e attutirsi la caduta; rischiavano di restare senza riserve in un
luogo in cui l’acqua valeva come l’oro, ma per il momento l’importante era
restare vivi.
A quel
punto, tutto era nelle mani del destino.
«Reggetevi!»
urlò Kaoru quando ormai mancavano pochi metri al suolo.
Tutti
sulla plancia fecero appena in tempo a buttarsi a terra, aggrappandosi a
qualunque cosa avesse anche solo un aspetto solido, che la prua della nave
toccò il suolo sprofondando violentemente nella sabbia assieme al resto della
chiglia.
L’urto,
pur alleggerito, fu davvero tremendo, abbastanza da far tremare e scricchiolare
tutta la Valliere. I ragazzi furono sbalzati in ogni direzione, e qualcuno
perse anche la presa sul proprio appiglio, fortunatamente senza conseguenze.
Per
interminabili secondi, così lunghi da sembrare ore, la Valliere seguitò a
strisciare sulla sabbia, fortunatamente senza prendere fuoco, o peggio ancora
frantumarsi, lasciandosi alle spalle un solco profondissimo e vere e proprie
eruzioni di polvere; poi finalmente, giunta quasi al centro della dolina, si
fermò, ed era a tal punto sprofondata nella sabbia che rimase quasi immobile,
inclinandosi solo leggermente verso sinistra.
Dopo
molti attimo, la prima che ebbe il coraggio di aprire gli occhi fu Kiluka, la
quale si meravigliò del fatto stesso di poterlo fare.
«Siamo… siamo vivi!?».
A quel
punto, tra l’equipaggio esplose la gioia.
Passato il comprensibile
momento dei festeggiamenti, venne quello di fare la conta dei danni.
I
marinai si misero subito all’opera. Come prima cosa bisognava riparare i
sistemi di alimentazione per permettere alla nave di alzarsi nuovamente in
volo, e grazie al cielo i ricambi non mancavano; oltretutto, come una rapida osservazione dei
dintorni da parte di Bidashal e degli altri elfi aveva dimostrato, si trovavano
in una zona di deserto ad una sessantina di miglia dalla capitale, e quindi
relativamente vicini al mare.
Louise
tra tutti era la più provata; evocare quel portale le era costato un’enorme
fatica, ma tutto sommato stava abbastanza bene.
«Come
stai?» continuava tuttavia a chiederle Saito
«Tranquillo.
Ora è tutto a posto.» rispondeva ogni volta lei, mentre la debolezza scompariva
poco a poco.
Kaoru e
Quintus nel mentre erano ai piedi della nave, intenti ad ispezionarne i danni
esterni.
«Alla
fine di tutto, non è così grave come si potrebbe pensare.» disse il comandante
«Sarà sufficiente qualche riparazione di fortuna e potrà reggere il mare senza
problemi.»
«Sarà
meglio fare in fretta.» disse Kaoru «Sicuramente quegli elfi ci staranno ancora
cercando».
Improvvisamente,
senza un apparente motivo, Quintus si mise dritto sull’attenti, portandosi la
mano alla fronte.
«Signore!»
disse solennemente «Mi scuso anzitempo per quello che sto per fare!»
«Come!?».
Un
diretto da knock out si abbatté come una cannonata
sullo zigomo del ragazzo, che colto alla sprovvista non riuscì in alcun modo a
schivarlo o incassarlo e precipitò a sedere sulla sabbia dopo averlo preso in
pieno.
Tutti
coloro che avevano visto rimasero di stucco, e lo furono ancora di più quando
si avvidero dell’espressione furente comparsa da un istante all’altro
negl’occhi di Quintus.
«Si può
sapere che ti è saltato in mente?» tuonò sovrastandolo
«Quintus,
che succede?» disse Saito avvicinandosi di corsa con tutti gli altri
«Ti
rendi conto che avresti potuto ucciderci tutti, assieme a molti altri
innocenti? Si può sapere per quale motivo ti sei comportato così, prima?»
«Kaoru,
ma di che sta parlando?» chiese Louise.
Nessuno
dei due rispose, e anzi Kaoru chinò il capo, lo sguardo perso in una
espressione confusa che nessuno gli aveva mai visto.
«Noi
tutti abbiamo grande rispetto per voi, comandante.» disse ancora Quintus
placando il tono della voce, quasi mortificato «Senza il vostro aiuto non
saremmo mai stati in grado di cavarci dalle molte situazioni difficili che ci
sono toccate in sorte. E proprio per questo risulta difficile a noi tutti, e a
me in particolar modo, riuscire a capire il perché di un tale comportamento».
Di
nuovo, Kaoru esitò prima di rispondere.
«Io non
so che cosa mi sia preso.» disse guardandosi le mani «Ogni tanto mi sento come
se ci fosse un’altra persona dentro di me, un essere sanguinario e violento,
che a malapena riesco a controllare.»
«E
sarebbe questo altro te stesso a farti agire in questo modo?» domandò Colbert,
che aveva capito a sua volta
«Ci
convivo dal primo giorno della mia vita di cui abbia memoria. Di solito riesco
a contenerlo, ma alle volte viene fuori, e a quel punto neppure io mi rendo
conto di quello che faccio».
Seguì un
nuovo silenzio, poi Saito si fece avanti, porgendo la mano all’amico.
«Te l’ho
già detto, se non sbaglio. Non sei da solo a combattere questo altro te stesso,
o qualunque cosa sia.
Hai un
sacco di compagni pronti ad aiutarti, quindi non esitare mai a chiedere il
nostro sostegno.»
«Saito…».
Kaoru
restò un attimo basito, poi, ritrovato il coraggio, accettò l’aiuto di Saito a
rialzarsi.
Il
lavoro riprese, alacremente e con ritrovata fiducia. Tutti sapevano che Eshamel
e i suoi seguaci non si sarebbero arresi, ed era necessario andarsene quanto
prima per evitare guai.
Gli
elfi, però, sembravano inquieti, e Bidashal in particolare. Da che avevano
toccato terra se ne era rimasto da solo, in disparte sulla cima di una duna,
con gli occhi fissi sull’orizzonte e l’espressione preoccupata.
Luctiana
lo raggiunse; anche lei sembrava avere qualcosa per la testa.
«È
decisamente un segno del destino.» disse Bidashal sospirando
«Vorresti
dirglielo?».
I due
elfi si guardarono, quindi tornarono da Saito, impegnato assieme agli altri
marinai a spalare la sabbia per liberare la Valliere e permetterle di
decollare.
«C’è una
cosa che vorremmo mostrarvi.» disse Bidashal «A te e a Louise.»
«Di che
si tratta?»
«Lo
vedrai quando saremo arrivati.» tagliò corto Luctiana «Fidati, è importante.»
«Non è
molto lontano da qui. Camminando di buona lena, in poche ore potremmo
arrivarci.»
«Come
volete, ma non sarà facile muoversi in questo deserto. L’acqua è razionata, e i
nostri draghi sono ancora esausti. L’unico che non lo era lo ha preso Ari per
andare in perlustrazione.»
«Questo
non sarà un problema.» disse Kaoru sopraggiungendo assieme al professor
Colbert.
A bordo della nave, oltre
alle armi e agli aerei, vi era anche un autoblindo abbastanza grande da portare
otto persone, ed equipaggiato in modo da poter viaggiare tranquillamente anche
nelle infide sabbie del deserto.
Così,
Saito e Louise si misero in viaggio, accompagnati dai due elfi e da Kaoru,
l’unico che sapesse come si guidava quell’affare; c’erano anche il professor
Colbert, Tifa, e Kiluka, invitati su esplicita richiesta di Bidashal.
Anche
Seena si sarebbe voluta unire al gruppo, se non altro per seguire la sua
signorina, ma i posti erano quelli che erano.
«Tranquilla.»
aveva detto Louise «La terremo d’occhio».
Viaggiarono
per una trentina di minuti, seguendo le indicazioni di Bidashal, seduto al
posto del passeggero, fino a che il lontananza non cominciò a comparire una
costruzione, ma solo quando vi furono ai piedi i ragazzi poterono percepirne le
reali dimensioni.
Doveva
trattarsi di un tempio, o forse di un palazzo, ma in ogni caso era immenso,
anche se erano evidenti i segni di un lungo e inevitabile declino.
Tramite
un lungo viale lastricato si accedeva ad un edificio formato da un basamento
rettangolare raggiungibile tramite un’altissima scalinata e sormontato da tre
alte piramidi, con quella centrale a svettare sopra le altre, e un po’ ovunque
dalla sabbia spuntavano guglie, minareti e un numero incalcolabile di statue;
contornava il tutto un ampio colonnato formato da una selva di obelischi, molti
dei quali ormai erano parzialmente crollati, che come sbarre di una gabbia
cingevano l’edificio formando un cerchio perfetto.
Il tempo
aveva fatto il suo dovere, e così il deserto, poiché era evidente anche ad
occhio nudo che una parte più o meno grande della struttura doveva essere stata
sepolta, per non parlare dell’aspetto diroccato e decadente, anche se tutto
sommato le mura sembravano alla vista abbastanza solide e ben conservate.
«Questo
posto è immenso.» disse incredulo Saito, rimasto come tutti gli altri a bocca
aperta
«È uno
dei luoghi più sacri del popolo elfico.» disse Luctiana «Lo chiamiamo Sanek Maktur.»
«La
Culla del Sapere.» tradusse Colbert.
Bidashal
evocò nelle mani una sfera di luce, palesando la su volontà di varcare il
portone mezzo sfondato dell’edificio in cima alle scale.
«Il
motivo dell’odio tra le nostre razze, e la ragione del terrore degli elfi per i
maghi del vuoto, sono entrambe racchiuse in questo luogo.» disse aprendo il
gruppo «Seguitemi».
Tutti a
quel punto si accodarono, ma Kaoru rimase indietro, guardandosi attorno con
aria spaesata.
Aveva
una strana sensazione.
Avvertiva
un qualcosa di insolito in quel luogo, quasi di famigliare, e nella sua mente
era un susseguirsi di suoni, rumori, e pensieri evanescenti.
«Kaoru,
cos’hai?» domandò Seena vedendo la sua espressione spaesata
«Niente.»
dissimulò lui tornando in sé
«Sei
sicuro?» disse Louise «Sei pallido.»
«È solo
colpa del sole. Non ci sono abituato. Voi andate pure avanti, io vi raggiungo
subito».
Saito e
gli altri non erano del tutto convinti, ma alla fine vollero fidarsi del loro
amico; dopotutto aveva passato un gran brutto momento, ed era naturale che
volesse restare un po’ da solo. Così, lo lasciarono solo.
Ari sorvolava il cielo
ormai da un paio d’ore, nella speranza che quanto prima lo chiamassero con
quella strana scatolina nera per avvisarlo che tutto era pronto e che potevano
ripartire.
Gli
umani erano proprio degli incapaci. Era bastato un niente per sfinire i loro
draghi, e come se non bastasse non erano neanche paragonabili come capacità e
velocità a quelli usati dal suo popolo. Di sicuro gli addestratori di draghi
umani avevano ancora molto da imparare.
Oltretutto
il drago che stava cavalcando non sembrava averlo preso in simpatia, forse
percependo l’astio nei suoi confronti, e ignorava bellamente la maggior parte
dei comandi, oppure li eseguiva solo dopo ripetuti richiami.
«So che
non ti sono simpatico.» mugugnò infine l’elfo «Ma per fortuna la nostra
collaborazione non durerà ancora a lungo. Cerchiamo di andare d’accordo solo
per un po’, poi ognuno per la sua strada».
L’animale
sembrò capire, e infatti prese ad obbedire con più celerità, diventando
maggiormente controllabile.
D’improvviso,
in lontananza, i suoi occhi di elfo scorsero nitidamente qualcosa, e
fortunatamente riuscì ad infilarsi in una nuvola giusto in tempo per non venire
avvistato. Un attimo dopo, sotto i suoi occhi vide passare una grossa aeronave
elfica da combattimento, e nonostante la vista annebbiata poté scorgere
nitidamente Eshamel ed Eruvere in piedi sul ponte di comando, lo sguardo all’orizzonte
e l’espressione tronfia, di chi sa di essere prossimo alla vittoria.
Attaccarli
era un suicidio, e dovette attendere che si allontanassero per uscire dal suo
nascondiglio.
«Maledizione,
hanno fatto prima del previsto!» ringhiò.
Veloce come
più non poteva fece ritorno alla nave, passando per un percorso alternativo per
non rischiare di farsi localizzare, ma tornato indietro trovò con suo grande
sgomento la Valliere già assaltata e sopraffatta da un nutrito schieramento di
truppe ed aeronavi capeggiate da Maddarf.
Quintus
e i suoi uomini erano stati colti di sorpresa, e prima che potessero abbozzare
una qualche difesa erano stati immediatamente circondati, quindi non avevano
avuto altra scelta che arrendersi.
Ora erano
tutti ammassati sul ponte, inginocchiati e legati, e anche se gli elfi non
avevano idea di come farla funzionare la Valliere era virtualmente persa.
Per fortuna
Ari fu abbastanza accorto e scaltro da non farsi vedere, ma questo non migliorava
la situazione.
«Dannati
schifosi.» mugugnò serrando i denti «Sono passati per strade alternative».
Subito dopo,
però, tenendo conto anche del fatto che non vedeva traccia del suo maestro e
dei suoi amici umani tra i prigionieri, lo colse un atroce sospetto: se la
Valliere era già stata presa, allora dov’era diretta quell’aeronave che aveva
schivato per poco?
Invece che migliorare, il
malessere provato da Kaoru fin dall’istante in cui aveva messo piede in quel
complesso monumentale si stava facendo sempre più insistente.
Era come
se qualcuno gli stesse sussurrando perennemente nell’orecchio, anche se tutto
quello che gli giungeva era solamente un brusio confuso ed insopportabile, da
fargli venire voglia di strapparsi i timpani.
«Che
cosa ti succede, compare?» gli chiese Derf, senza però ottenere alcuna
risposta.
Quella sensazione
lo tormentava.
In qualche
modo, era sicuro di esserci già stato in quei luoghi.
Ma quando?
E perché?
Non era
la prima volta che provava quella sensazione. Gli era capitato anche a Fort Segoile, a Tristania, e qualche
volta gli capitava perfino a Grasse, ma ora era quasi insopportabile. Forse era
per via dell’imponenza e della maestosità di quelle rovine, forse a causa del
potere di cui erano sicuramente permeate, fatto sta che non riusciva a
togliersi quel fastidio dalla testa.
Prese a
camminare senza meta, estremo tentativo di non pensarci, ma ogni volta che
alzava gli occhi dalla sabbia tutto ricominciava, diventando sempre più forte.
Ogni sasso,
ogni colonna, ogni geroglifico che copriva i muri sembrava chiamarlo, e
volergli raccontare qualcosa.
Continuò
a ripetersi di non doverci pensare, se non che, da un istante all’altro, quel
suono indistinto sembrò acquistare di colpo un po’ più di significato,
tramutandosi in un coro di voci sovrapposte ma in qualche modo nitidamente
percepibili.
Una luce
invisibile lo accecò per un attimo, e quando riaprì gli occhi non era più solo.
Attorno a
lui c’erano decine di persone, soldati di Tristain apparentemente, intenti a
posizionare in ogni dove strani barilotti in legno, sotterrandone alcuni e
lasciandone altri ai piedi dell’edificio principale.
Sembravano
un esercito di fantasmi, tanto apparivano lontani e indistinguibili.
O forse
il fantasma era proprio lui.
Difficile
a dirsi.
Quale
che fosse la verità quegli uomini non lo degnavano di uno sguardo, seguitando
nel proprio lavoro come non si fossero neppure accorti della sua presenza.
Una voce
lo scosse.
«Mi
raccomando, piazzatele dappertutto! Questo posto deve essere ridotto in
macerie!».
Voltatosi,
i suoi occhi furono catturati da un individuo in piedi sopra ad una montagnola
di sabbia che gli dava le spalle, rinchiuso all’interno di una scintillante
corazza argentata e con un lungo mantello a coprirgli le spalle, nero e fluente
come i suoi capelli.
Fece qualche
passo avanti, verso quella figura dalla quale si sentì stranamente attratto,
senza che però questa, come tutte le altre, si accorgesse di lui.
«Comandante,
abbiamo finito.» disse un soldato avvicinandosi a lui «Possiamo far saltare in
aria il tempio in qualunque momento.»
«Molto
bene. Fai ritirare tutti e da ordine alla Valliere di preparare tutto per una
rapida fuga. In fin dei conti, siamo in pieno territorio nemico».
Solo in
quel momento Kaoru si accorse di avere la Valliere a levitare sopra la propria
testa, intatta e scintillante come appena riparata, e senza alcun segno
apparente dello scontro da cui invece era appena uscita.
Nell’istante
in cui il giovane rivolse il proprio sguardo prima alla nave e poi nuovamente
dinnanzi a sé l’uomo in armatura si volse, e nell’istante in cui furono occhi
negli occhi Kaoru si sentì morire dentro.
«Ma cosa…» riuscì a balbettare con la bocca spalancata.
Poi,
come quando ci si risveglia da un brutto sogno, tutto scomparve, interrotto da
uno sgradevole suono di passi di corsa.
Pur sconvolto,
Kaoru si fece forte del proprio addestramento da soldato, anche se come ritornò
in sé, mettendo subito mano all’elsa della spada, si ritrovò immediatamente
circondato da un piccolo esercito di elfi, tutti con le spade e le lance sguainate
e puntate nella sua direzione.
Davanti
a lui, Eshamel ed Eruvere, che lo fissavano sornioni.
«E
questo sarebbe l’umano di cu avevate tutti paura?» pontificò Eshamel «A me
sembra uguale a tutti gli altri. Forse anche persino più sprovveduto.»
«Che ti
succede?» gli domandò Eruvere «Ti eri addormentato?».
Kaoru malgrado
tutto non sembrava determinato ad arrendersi, malgrado fosse da solo contro una
trentina di elfi.
«Compare,
sei sicuro di volerlo fare?» gli domandò Derf
«Il tuo
amico ha ragione.» disse Eshamel «Sarai anche forte, ma affrontare da solo
tutti i miei uomini è un suicidio. Se ti lasci semplicemente uccidere ti
risparmierai ulteriori sofferenze.»
«Mettimi
alla prova.»
«Come
vuoi».
Ad uno
schioccare di dita gli elfi partirono all’attacco, e con la stessa rapidità
Kaoru prese a farne scempio.
Ciò nonostante
era una sfida impari, ed il ragazzo incassò più di un colpo, fortunatamente non
letali, ma sufficienti ad indebolirlo.
Con la
forza della disperazione Kaoru riuscì ad eliminare più di una decina di
avversari, spaventando a tal punto i superstiti da spingerli a tenere le
distanze.
Passato il
momento di sicurezza persino Eshamel prese a spaventarsi, mentre di contro
Eruvere rimaneva calmo ed impassibile.
Improvvisamente,
Eruvere fece un passo avanti, puntando il dito contro Kaoru.
«Fermo!»
annunciò come un editto.
Kaoru era
molto provato, e tutto gli faceva male, ma in quell’istante si ritrovò come
paralizzato, incapace di muoversi. Il suo corpo, già rigido, sembrò farsi di
pietra, e per quanto si sforzasse non gli riusciva di far altro che tremare
vistosamente, senza però poter muovere neppure un dito.
«Compare!
Che ti succede?»
«Non… non riesco… a muovermi…»
Tutti,
tra gli elfi stessi, restarono basiti.
«E ora…»
sorrise Eruvere «Usa quella spada… su te stesso».
Di nuovo,
Kaoru sentì di non avere il controllo del suo corpo, il quale, piantatosi a
terra a gambe divaricate, afferrò saldamente la katana per la lama,
rivolgendola verso di sé all’altezza del cuore. Il ragazzo combatteva con tutte
le sue forze, ma non c’era niente da fare. Era come se qualcun altro lo stesse
muovendo attraverso dei fili, quasi fosse stato una marionette.
«Compare!».
Un solo
colpo, violentissimo. Kaoru quasi si trapassò da parte a parte, e come ritrasse
la lama la sabbia si tinse del sangue che prese a sgorgare a fiotti sia dalla
ferita che dalla bocca e dal naso, violentemente tossito all’esterno negli
spasimi della morte.
Il ragazzo
non riusciva a crederci, così come non riusciva a credere di essere giunto alla
fine. Avvinto, rantolò nel suo sangue, finalmente libero dalle catene ma
moribondo.
«Non
temere.» riuscì a sentire mentre la vista gli si offuscava e gli occhi si
chiudevano «Non sarai solo nella strada per l’oltretomba. Altri verranno presto
a farti compagnia».
Nota dell’Autore
Eccomi qua!^_^
È passato un po’ di tempo, ma finalmente
sono riuscito ad aggiornare.
Un capitolo interessante, che ne dite?
Il prossimo, ve lo garantisco, lo sarà
ancora di più!
Comunque state tranquilli, stavolta non vi
farò aspettare tanto. Dopotutto non sarei mai così fetente da far passare
troppo tempo dopo aver concluso il capitolo in un modo simile.
Grazie a tutti quelli che leggono o
recensiscono.
A presto!^_^
Carlos Olivera