Serie TV > Sherlock (BBC)
Segui la storia  |       
Autore: Dustbunny13_traduzioni    16/02/2014    2 recensioni
"Il suo palazzo mentale era in rovine: un incendio lo aveva raso al suolo, bruciando i ricordi e polverizzando le memorie, riducendo i momenti recenti in cenere, e rendendo quelli più vecchi irriconoscibili – reminiscenze carbonizzate che non sarebbero mai più tornate, lasciandolo ad arrovellarsi su ciò che erano state."
Post-Reichenbach.
E' la traduzione di una fic inglese che ho davvero adorato. Spero farete lo stesso!
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Angolo della traduttrice: Scusate davvero tanto per i continui ritardi! Credo che d'ora in poi non sarò in grado di pubblicare ogni weekend, quindi l'aggiornamento sarà più arbitrario, ma ovviamente farò in modo che sia abbastanza costante. Grazie ancora per il vostro supporto!

Capitolo 6

Effigie

 

E così questo era l'interno dell'MI6. Così poco glamour.

 

Che cosa Sherlock ci facesse lì era un mistero per John, ma con il detective non si può mai sapere – magari aveva acquisito alcune informazioni particolarmente scandalose durante i suoi tre anni allo sbaraglio, infastidendo così qualche governo estero e facendo impazzire Mycroft.

 

John fu scortato per un corridoio con uffici da ogni lato, deserto a quell'ora della notte. Due uomini in nero gli indicarono una porta, poi si fecero da parte.

 

Il dottore prese un profondo respiro e raddrizzò la schiena. Improvvisamente sentì il petto farsi pesante e la gola stringersi; questo gli ricordò di quando Sherlock aveva provato a soffocarlo, e non fu di nessun aiuto.

 

Durante quegli anni aveva immaginato in migliaia di modi il giorno in cui si sarebbe riunito con Sherlock, generalmente comprendendo insulti, pugni e abbracci, ma mai imbarazzo, e per giunta mai in un posto squallido come un ufficio. Tossicchiò e cercò di tirarsi su il morale, ma appena aprì la porta e vide Sherlock che fissava la finestra, dandogli le spalle, si rese conto che la riconciliazione non sarebbe certo stata una passeggiata.

 

John strizzò gli occhi, sorpreso: il detective indossava il suo cappotto. Doveva trattarsi di una replica; non avrebbe mai dimenticato il terribile giorno in cui aveva ritirato dall'obitorio il Belstaff insanguinato, e immerso il viso nel pesante tessuto, credendo che il profumo di cui era intrisa la lana sarebbe stata l'ultima traccia di Sherlock che avrebbe mai potuto avere.

 

Il ricordo gli fece tornare alla mente i giorni seguenti alla caduta, quando si era sentito come se qualcuno lo avesse prosciugato, lasciandolo come un morto vivente, nemmeno capace di piangere o disperarsi. L'oscurità che lo aveva avvolto per oltre un anno, rendendo tutto senza significato, minacciò di ritornare, e John si sentì mancare al solo pensiero. Strinse le mani sullo schienale di una sedia, cercando di scacciare quel sentimento. Sherlock era vivo, era lì, e avevano la possibilità di ricominciare da capo. O almeno sperava.

 

Dalla finestra proveniva solo silenzio. John deglutì nervosamente, di colpo senza parole – cosa si deve dire a un amico che credevi morto? Ciao, come stai? Decisamente no. Si guardò intorno, e infine disse: “E così, sei vivo.” Strinse ancora più forte la sedia, rendendosi conto di aver appena affermato l'ovvio, e Sherlock odiava quando la gente lo faceva. Percepì un leggero movimento dal detective, come se fosse sul punto di commentare, e la sua mente si preparò a sentire un annoiato ovviamente, ma quelle parole non vennero mai.

 

Si schiarì la gola. “Sherlock...”

 

Nessuna reazione.

 

John si accigliò, chiedendosi se Sherlock non si fosse accorto di lui – ma era impossibile. Inspirò profondamente, sforzandosi di non sentirsi come uno scolaretto nell'ufficio del preside. Tutto ciò era ridicolo, erano entrambi due uomini adulti, avevano rischiato le loro vite l'uno per l'altro e non importa quello che era successo, tutto quel che dovevano fare era parlare.

 

Solo che con Sherlock nulla era mai così semplice.

 

John si prese a calci mentalmente e decise di porre fine a quest'assurda situazione di stallo. Poche ore prima, quando Sherlock gli aveva lanciato una pistola tra le mani e gli aveva ordinato di andare dietro a Moran, erano stati bene, quasi come ai vecchi tempi. Era quello l'uomo di cui si fidava, non questa effigie silenziosa. Da qualche parte sotto quella superficie di ghiaccio c'era lo Sherlock che conosceva e lui l'avrebbe tirato fuori, ad ogni costo.

 

Lasciò andare lo schienale della sedia, girò attorno al tavolo e si avvicinò a Sherlock da un lato – non da dietro, data la passata esperienza doveva far attenzione. Non aveva alcuna intenzione di toccarlo, non importava quanto ardentemente desiderasse farlo – Dio, sarebbe stato meraviglioso sentire il calore del suo corpo forte e inspirare quel profumo familiare – ma no. Sherlock non era mai stato un amante di quel tipo di gesti, nemmeno prima della caduta, e l'avvertimento di Mycroft era ancora fresco nella sua mente.

 

Comunque, Sherlock sussultò quasi impercettibilmente, aspettandosi una mano sulla spalla. Il fatto che aborrisse così tanto un suo tocco ferì John immensamente, e lo irritò il fatto che Sherlock lo considerasse così noncurante nei suoi confronti da causargli un disagio. Avrebbe dovuto sapere che non lo avrebbe mai toccato senza che lui lo desiderasse.

 

John sentì un'ondata di amarezza pervaderlo, e improvvisamente si ricordò di tutte le volte in cui Sherlock l'aveva ferito, chiamandolo un idiota, sibilandogli contro di non avere amici, facendolo quasi impazzire con quell'esperimento a Baskerville, e infine facendolo assistere al suo suicidio, distruggendogli la vita nel momento in cui il suo corpo si schiantava contro il pavimento. Moriarty poteva pur aver bruciato il cuore di Sherlock, ma lui aveva spezzato quello di John. Bisognava ringraziare Mary se il dottore ancora era ancora in grado di respirare e amare.

 

Comunque, dal momento che lo aveva salvato dalla trappola mortale di Moriarty, ci teneva a lui – o almeno, ci teneva tre anni fa.

 

John tossicchiò.

 

La testa di Sherlock ebbe un leggero scatto verso sinistra, giusto quel tanto per far capire che si era accorto della sua presenza, ma il suo sguardo restava fisso al suolo. John avrebbe dato qualsiasi cosa per poter guardare ancora una volta in quegli occhi luminosi, in quelle iridi che nella luce passavano dal verde acqua all'azzurro ghiaccio, come l'interno di una conchiglia. L'ultima volta che li aveva visti, erano grigi e vuoti.

 

Ma Sherlock non alzò mai lo sguardo. Le sue labbra si aprirono ed ebbero un breve guizzo, ma sembrò passare un'eternità prima che emettessero un suono, e quando finalmente inizò a parlare, era freddo e distante.

 

“Mycroft ed io stiamo lavorando ad un piano per catturare Moran. La tua casa è stata resa sicura ora, quindi dovresti poter ritornare molto presto. La signora Hudson e Lestrade sono sotto la protezione di mio fratello, ovviamente, anche se nessuno di loro due sa ancora che io sia vivo. Prima dobbiamo neutralizzare Moran. Suggerisco di rimandare tutte le altre questioni.”

 

John fissò il vuoto, inebetito, come se avesse appena ricevuto un calcio in testa. Si era aspettato ogni tipo di reazione da Sherlock, da una completa mancanza di comprensione per i suoi sentimenti a una dirompente energia data dall'eccitazione per la caccia, ma non una tale freddezza.

 

Deglutì, lottando per controllare le proprie emozioni. Era indeciso se prenderlo a pugni in faccia o piangere per la delusione, ma rifiutò di dargli nessuna di queste soddisfazioni – doveva rimanere in sé.

 

“Giusto,” disse John a denti stretti, “tutte le altre questioni. Uh. Non sembri considerarle importanti, a quanto pare. Ma io sì. Voglio parlarti, Sherlock. Voglio che tu mi spieghi – ”

 

“No.”

 

“No?” John restò a bocca aperta, sentendo un'improvvisa ondata di rabbia montargli nel petto. “Okay, senti, capisco che tu non voglia essere distratto ora, ma ti prego – ”

 

“No.”

 

John fissò il profilo dell'uomo. Sembrava scolpito nel marmo; nessuna reazione umana. “Perchè?” chiese sottovoce.

 

Sherlock rispose piattamente. “Non voglio che tu mi scarichi addossi il peso del tuo caos interiore.”

 

John rimase a fissarlo per qualche secondo, sentendosi come se avesse appena ricevuto un pugno nello stomaco. Ci volle un po' prima che la gravità dell'insulto facesse effetto. Annuì brevemente, girò i tacchi e si incamminò rigidamente verso la porta.

 

Si fermò poco prima di uscire, e, senza girarsi, disse, “Spero solo che avremo tempo di parlare, più tardi. A volte le persone muoiono, sai.”

 

E con questo se ne andò sbattendo la porta, bruciando, infuriato e nauseato, per la terribile sensazione di essere stato respinto.

 

Tre anni di disperazione, e i suoi sentimenti non erano importanti. Peggio, erano un peso.

 

Aveva aspettato tre maledetti anni – per un insulto. Non era importante. Ovviamente.

 

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: Dustbunny13_traduzioni