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Autore: Ariana_Silente    16/02/2014    0 recensioni
"Tuttavia, vi si aggrappava con disperato bisogno. Quella lama gli restituiva un po' del senno che non si era accorto di aver smarrito."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sirius Black
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Non sono riusciti a portarmelo via.

 

 

“ […] Sapevo di essere innocente...”

 

È tutto qui, allora, il nocciolo della questione. Questo nocciolo che mi rimane avvinghiato addosso, che penetra giorno dopo giorno nella pelle come filo spinato e non è sangue che perdo, perdo brandelli di spirito. Sanguino frammenti di un'anima che si rifiuta.
Più il nocciolo si indurisce e prende forma, più sento di perdermi. Perdo tutto ciò che non è questa consapevolezza...
Quella folla di passanti. Colpevolmente ignari di dover sbrigare le commissioni che li hanno portati su quella strada trafficata di Londra, un pomeriggio qualsiasi, in un momento qualunque.

No.

Il problema era a monte, ero convinto che ciascuno di noi avesse lo stesso intento.
Colpevole di aver diffidato di un amico.
Colpevole di essermi affidato all'istinto.


Faceva freddo, l'umido sporco penetrava nella pelle fino alle ossa, le dita delle mani si mossero debolmente. L'ombra a terra si scosse quasi impercettibilmente, ma un tremito di risveglio la percorse. L'odore di chiuso, di stantio, la traccia indelebile della paura e della perversione era fin troppo lancinante per il suo olfatto.

Sono colpevole d'innocenza: innocentemente colpevole.

Nel buio sbatté le palpebre, la luce filtrava da una feritoia alta e stretta ma non era nulla, troppo alta e troppo flebile per raggiungerlo.
Loro passeggiavano al di là delle sbarre, risucchiando ciò che potevano di uomini e donne colpevoli di crimini peggiori dei suoi, non del tutto soddisfatti. Non era abbastanza, quello che avevano.
Uno si fermò proprio a poca distanza da lui.
Rimase fermo, immobile. Iniziò ad inspirare.
Un'ondata di freddo colpì il corpo a terra che tremò ancora, venne ingoiato e affogato da quel gelo...

Un vortice di panico e annullamento. Paura, umiliazione, vergogna... poi non c'è nulla. Nulla a parte questo nocciolo. Vi piombo sopra e mi ci aggrappo con le poche forze rimaste.
Questa consapevolezza è più fredda e sferzante del loro gelo, più forte di loro: non si sposta, non svanisce e prende persino il posto delle sferzate di mio padre e del disgusto di mia madre, della rinuncia a mio fratello, della casa buia e cupa, tetro teatro delle umiliazioni quotidiane. Persino la strada, i corpi e il baratro rimangono sfocati, in secondo piano, al confronto.
Non c'era, alla fine, nient'altro che quello.
Il nocciolo su cui mi tengo. Ricco di immagini, di risa, di vita... perduto.
È tutto ciò che avevo. Tutto ciò che ho distrutto.

 

“...Non era un bel pensiero, quindi i Dissennatori non sono riusciti a portarmelo via...”

Un fuoco si accese nella sua mente fredda e stanca. Prese a fiammeggiare con la stessa veemenza con la quale aveva sempre vissuto, ma non gli dava niente. Non era salvezza, non era il traguardo da raggiungere.
Era una presenza inquietante. Una luce inclemente da cui non poteva ripararsi.
Non era più un nocciolo, ciò a cui si aggrappava. Era una spina.
E poi non fu più nemmeno una spina.
Era una lama che penetrava nella coscienza come nella carne.
Tuttavia, vi si aggrappava con disperato bisogno. Quella lama gli restituiva un po' del senno che non si era accorto di aver smarrito.
Il suo pensiero intorpidito e rattrappito tornò a scorrere, fino a tornare presente a se stesso.

Nonostante tutte le apparenze, nonostante fosse stato tutto così chiaro, aveva sbagliato.
Si era lasciato abbagliare dalla sua abilità. 

Nell'ombra, il Dissennatore che lo teneva d'occhio se ne accorse.
Il volto abbandonato al giaciglio lurido ebbe un leggero tremito e un ghigno comparve sulle labbra sporche, il viso invecchiato d'un tratto – che aveva perso i suoi vent'anni – si contrasse.
Si allontanò soddisfatto: l'umano stava semplicemente iniziando ad impazzire.
Quello che non vide, furono le palpebre che sbatterono ancora e poi gli occhi lucidi e arrossati che saettarono intorno.
Non percepì il sospiro che sfuggì flebile alle labbra socchiuse e spaccate da un lato.

Stupido. Come aveva potuto? Gli aveva dato, anzi no, si era battuto affinché potesse avere quel potere. Il potere di distruggerli tutti... ghignò ancora, non avendo forze per alzarsi o lacrime da versare, era come se fossero evaporate, gli occhi bruciavano.

Ma era innocente. Aveva quella colpa da cui non poteva esimersi.
E bravo Peter, aveva solo cercato di rimanere nel cono della loro luce, del loro fulgore, finché gli era convenuto.
Lo aveva sottovalutato... No.
In realtà non lo aveva mai nemmeno considerato.
Forse l'errore di fondo era stato proprio quello.
E lui si era lasciato infinocchiare per bene, aveva abboccato alla sua esca, ingoiando mosca, amo e canna.

 

“... ma mi ha conservato il senno”

Il pensiero stanco vagò sui ricordi antecedenti, quella fiamma malevola illuminava la sua vita sfuggitagli tra le dita e anche se non provava che angoscia, almeno non l'aveva persa...

Senza il loro aiuto, Peter non avrebbe mai potuto seguirli: già da allora gli avevano concesso un potere che non meritava. Ma non aveva mai significato niente, fino a quel momento.
Remus, era Remus con o senza luna piena. E anche questo avrebbe dovuto significare tutto.
James era lo splendido cervo con il suo palco maestoso che era in grado di tenere a bada tutti con i suoi occhi languidi e tranquilli.
E poi c'era il grande cane, nero come la notte...
Sono il grande cane...nessuna guardia noterebbe la differenza... forse sarebbe più facile sopportare quella fiamma maledetta... fu difficile, più difficile persino della prima volta, fu quasi doloroso... si concentrò, contrasse gli occhi, sulla fronte comparvero gocce di sudore freddo...

 

“...e non ho perso me stesso [...]”

Nessuno se ne poté accorgere, non c'erano altre persone. Solo Dissennatori e condannati. 
Ma i carcerati erano troppo impegnati a marcire nell'oblio delle loro miserie e i carcerieri ciecamente spavaldi, forti delle loro mura di gelo.
Dall'angolo più buio della cella si levò un uggiolio sconsolato, si sentì un debole raspare.
Il cane girò più volte su se stesso, nascose il muso sotto la zampa e scosse la coda che ricadde in un fruscio delicato sul tartufo asciutto. La lingua macchiata di nero vi passò sopra, poi posò la testa e non si mosse più per molte ore.

 

 

§§§

Sirius è ad Azkaban. Giusto per chiarezza.
Un'altra cosa, giusto per chiarezza: "si era lasciato abbagliare dalla sua abilità" (= di Remus)
  
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