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Autore: summer_247    16/02/2014    7 recensioni
Il Terribile 21 ha attaccato la Valle, ma le gemelle riescono a ristabilire l'Antica Alleanza. Ma sul villaggio è calato il Buio, come fanno i cittadini a sapere cosa sia realmente accaduto? Crederanno all'innocenza di Pervinca? E può un incantesimo tanto potente non avere nessuna conseguenza?
Una profezia dimenticata. Un libro antico. Cinque oggetti. Due gemelli di mente... due di sangue
Per gli amanti della coppia Grisam x Pervinca, sconsigliato a coloro che vendono in Jim l'uomo perfetto per Vaniglia, preparatevi. La battaglia deve ancora cominciare
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Grisam Burdock, Nuovo personaggio, Pervinca Periwinkle, Thomas Corbirock, Vaniglia Periwinkle
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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Verità - Parte 2

-Allora…- Jace si sedette di nuovo sul letto e si passo una mano tra i capelli con aria stanca e iniziò a raccontare.
 
-Da che io ricordi ho sempre vissuto con mio padre, in una casa isolata, lontana da qualsiasi villaggio.
-Non sei nato a Fairy Oak?
-No.
-Ma Marta e Vic…- insistette Pervinca visualizzando mentalmente i genitori del ragazzo.
-Se mi lasciassi parlare…
Vì arrossì e con uno sbuffo lo invitò a proseguire.
-Come dicevo, ho sempre vissuto con mio padre, isolato dal resto del mondo. Ma per me andava bene, ero felice, avevo tutto ciò che un bambino potesse desiderare e mio padre era sempre con me, per cui non mi sentivo per niente solo.
-Ma non lavorava, scusa?
Ad un’occhiataccia di Tommy alzò gli occhi al cielo e mimò di cucirsi la bocca.
-In un certo senso… comunque, un giorno, avrò avuto tre o quattro anni, mio padre portò a casa un bambino, più o meno della mia età, molto magro, con i capelli castani arruffati e gli occhi neri irrequieti che mi fissavano sospettosi. Disse che da qual giorno sarebbe stato con noi e di essere gentile con lui. Mi ricordo ancora le sue parole: “Jace, questo bambino ora vivrà qui insieme a noi, sii gentile con lui e fallo sentire benvenuto. Mi fido di te.”  Inizialmente ero incuriosito da qual bambino e poi avrei fatto di tutto per rendere mio padre fiero di me ma, nonostante i miei sforzi, quel marmocchio rimaneva chiuso in se stesso, non parlava mai e a volte non rispondeva neanche quando gli facevamo una domanda. Mio padre aveva detto che si fidava di me e io non riuscivo neanche a fare amicizia con uno stupido bambinetto. Lo odiavo! Così un giorno mandai all’aria tutte le buone maniere e iniziai a gridargli contro, cose da bambini, tipo “sei cattivo!” o “sei proprio antipatico!”, ma lui niente, continuava a guardarmi inespressivo. Così me ne andai infuriato, ma dietro la porta trovai mio padre e guardando la delusione sul suo volto mi sentii immediatamente in colpa, così promisi che mi sarei andato a scusare con lui. Non si presentò a cena, così presi il suo piatto e andai in camera sua. Bussai, ma non ottenendo risposta entrai e lo trovai già addormentato. Così mi avvicinai a lui e lo scossi per un braccio per svegliarlo, ma non appena lo afferrai saltò su come una molla e si coprì il viso con le braccia rannicchiandosi tremante come una foglia. Io cacciai un urlo e lo mollai subito, fissandolo esterrefatto. Appoggiai lentamente il piatto a terra e mi avvicinai a lui con più calma possibile, dovevo scusarmi con lui, non terrorizzarlo a morte. Dal suo angolino mi scrutava sospettoso, ma quando mi avvicinai non fece nulla per fermarmi né si spostò. Mi sedetti di fronte a lui e continuai a fissarlo in attesa di spiegazioni, ma lui si limitò ad abbassare il capo e arrossire, imbarazzato dalla sua reazione o dal fatto che io lo avessi visto così. In quel momento arrivò mio padre, probabilmente attirato dal mio urlo e, vedendoci, capì subito cosa doveva esser successo, così ci fece alzare e ci portò in soggiorno.
-Perché?- Pervinca non potè impedirsi di chiederlo, insomma, non potevano parlare lì?
-Perché si parla in soggiorno, in camera da letto si dorme- arrivò secca e istintiva la risposta di Jace, come di chi impara a memoria una poesia, ripetendo senza in realtà pensarci realmente - comunque, ci portò in soggiorno e ci fece sedere accanto a lui, io alla sua destra e il bambino psicopatico alla sinis… HAI!
Pervinca gli aveva mollato uno scappellotto:
 -Poverino! Non dargli dello psicopatico!
-Ok, ok scusa- disse Jace sollevando le mani in segno di resa. Poi riprese a raccontare:
-Mio padre fece sedere me alla sua destra e il bel bambino alla sinistra, ok?- sbuffò allo sguardo soddisfatto di Pervinca e proseguì- Mi raccontò che i suoi genitori erano due magici del buio, suoi amici di vecchia data, che erano morti a causa della guerra. Sì- disse vedendo che Pervinca stava per interromperlo di nuovo- c’era la guerra, ti ricordo che non eravamo a Fairy Oak. Io e mio padre c’eravamo allontanati dal villaggio proprio per quello, o per lo meno questo mi disse... I genitori del bambino erano morti e così la sorella di sua madre (sua zia) lo prese in custodia. Anche lei era una magica del Buio, ovviamente. Morì in guerra, quando il bambino aveva poco più di un anno, e nel suo testamento dichiarava di volerlo lasciare a suo marito, un non-magico. Quest’uomo, un tale William, impazzì dopo la morte della moglie, l’amava tanto, troppo. Iniziò ad odiare qualsiasi forma di magia, poiché erano stati i magici ad ucciderla. Questo suo odio si riflette sul bambino e iniziò a sfogare su di lui tutta la sua rabbia. Lo trattava male. Gli urlava contro (ecco perché non aveva avuto nessuna reazione quando lo avevo fatto io). Lo sgridava quando parlava senza che lui glielo ordinasse (ecco perché stava sempre zitto). Lo lasciava senza mangiare per giorni (ecco perché era così piccolo). Lo picchiava (ecco il perché della sua reazione esagerata quando lo avevo afferrato per il braccio). Così quando mio padre scoprì come veniva trattalo il figlio di suoi grandi amici decise di portarlo a casa. Finì di spiegarmi la storia e, mentre io mi iniziavo a sentire terribilmente in colpa per quello che avevo pensato di lui, mio padre si girò verso il bambino e gli disse “Di noi ti puoi fidare, non ti faremo del male. Il male è finito, nessuno ti farà più male, ok?” il bambino continuava a guardarlo, indeciso se fidarsi o meno. Anche io se mi fossi trovato al posto suo ci avrei pensato bene. Io, vedendolo così indeciso e desideroso di rimediare a quello che avevo detto quel pomeriggio, mi misi di fronte a lui e, con tutta la delicatezza che può avere un bambino di tre anni, lo abbracciai. Lo sentii rimanere rigido tra le mie braccia, poi però si rilassò e stringendomi forte iniziò a singhiozzare contro la mia spalla. Rimanemmo così abbracciati per almeno un’ora; quando si calmò lo lasciai, lui si alzò in piedi di fronte a me e si asciugò gli occhi con le manine. Mi porse la mano come vedeva fare sempre ai grandi e, con voce ferma e seria, mi disse: “Io sono Nick”.
 
Jace fece una pausa per osservare la reazione di Vì, ma la ragazza annuì soltanto: dopo tutto se lo aspettava. In sottofondo si poteva sentire lo sbuffo scocciato di Tommy che si aspettava di vederla cadere dal letto, urlare, o per lo meno sobbalzare… che delusione! Pervinca se ne accorse e ghignò soddisfatta. Jace ignorò quei due e continuò con la sua storia:
-Da quella sera Nick parlò di più e giorno dopo giorno acquisiva sempre più fiducia in noi. Questo però non gli impediva di avere incubi terribili ogni notte ricordando il suo passato, così mio padre decise di farci dormire entrambi nella mia camera fin quando lui non fosse riuscito a dormire sonni tranquilli. Dopo un paio di mesi gli incubi erano cessati. Nick continuò a dormire nella mia stanza. Quando compimmo cinque anni mio padre ritenne opportuno iniziare a insegnarci qualcosa. Ci insegnò a leggere e a scrivere e fu felice di scoprire che imparavamo in fretta e, soprattutto, alla stessa velocità. Poco dopo iniziò a spiegarci le basi dell’aritmetica e della geometria. La mattina ci insegnava e il pomeriggio, ognuno chiuso nella propria stanza, ci esercitavamo. Un giorno non riuscivo a fare un esercizio, così andai in camera di Nick e gli chiesi aiuto, capii in fretta cosa avevo sbagliato e, siccome non mi piaceva stare da solo, decisi di rimanere li con lui a fare i compiti. Finimmo più di un’ora prima di quanto facevamo di solito. Al che mio padre trasferì tutte le cose di Nick in camera mia e al posto della sua fece una libreria. Da qual giorno vivemmo praticamente in simbiosi, studiavamo insieme, dormivamo insieme, giocavamo insieme, arrivammo al punto di finire uno le frasi che iniziava l’altro- Jace si interruppe un attimo al ricordo- Presto iniziarono anche le lezioni di magia e, insieme a quelle, iniziò l’addestramento con le armi e al corpo-a-corpo, tipo quello che state facendo tu e Babù.
-Come fai a saperlo!?!?
-Non è che sia segreto di stato eh! Poi ti ricordo che ti insegna mio zio
-Ah… è vero
-Iniziò ad addestrarci, mi ricordo la prima cose che mi disse quando entrammo nella palestra: “ Io ora vi insegnerò a combattere, a proteggervi e ad attaccare. Nonostante la guerra sia finita, tornerà e voi dovrete essere pronti. Ci sono milioni di armi, miliardi di tecniche che potete imparare, ma voglio che vi ricordiate un cosa, quella che vi salverà in battaglia: non siete soli, siete in due, e il vostro compagno è la vostra salvezza. Dovete fidarvi l’uno dell’altro, quando tutto vi sembrerà perduto, quando non saprete più a cosa credere, quando vi sentirete soli e traditi, lui sarà il vostro porto sicuro. Non dubitate mai l’uno dell’altro”.                                                                                                                                                                              
Non ce lo siamo mai dimenticati.
Ci siamo allenati duramente, insieme, e insieme siamo migliorati. Siamo diventati forti, più forti di quanto ci si aspettasse da noi, più di chiunque altro. Ci allenavamo tutti i giorni, nonostante la stanchezza, il maltempo o il dolore. Lo facevamo per lui, per nostro padre. Era così fiero di noi e l’unica cosa che desideravamo era compiacerlo. Certo, era un uomo severo e non avremmo mai osato disubbidirgli (certe volte quando si arrabbiava metteva davvero paura), ma era tutto per noi: ci aveva dato una casa, una famiglia, un fratello. Era il nostro modo di ringraziarlo. Poi eravamo bravi, non c’è modestia che tenga, eravamo portati a combattere. Quando compimmo dieci anni iniziò a spiegarci la Lingua Antica (quelle lettere strane- NdA) e iniziammo a studiare testi antichi di magia. Ci spiegò come funzionavano le rune (i tatuaggi- NdA): noi le disegnavamo sul corpo con la magia e queste potevano darci degli “aiuti”, alcune rune ci facevano diventare più forti, alcune più abili con la spada, altre più resistenti alla fatica… ci voleva del tempo per imparare a fare le rune e se si sbagliava i risultati non erano gradevoli (una volta ho fatto venire una colite assurda a Nick nel tentativo di fargli una runa per aumentare la sua agilità- ricordò sghignazzando- Inoltre più usavi la runa più questa si indeboliva, fino a scomparire e le rune più difficili o che conferivano maggiori poteri erano dolorose, molto dolorose, ma ne valeva la pena. Eravamo forti, potenti, l’orgoglio di nostro padre. Consideravo Nick più che un fratello e sapevo che per lui era lo stesso. Fino ai nostri quindici anni tutto andava per il meglio, eravamo felici… poi scoprimmo la verità.
La faccia di Jace fece intendere a Pervinca che, nonostante ormai fossero passati anni, lui non si era ancora capacitato di come tutto il suo mondo potesse essere stato stravolto così. Siccome sembrava non voler aggiungere nient’altro Pervinca, un po’perché voleva togliergli quell’espressione sofferente dal volto, un po’per curiosità, chiese timidamente:
-Cosa avete scoperto?
-Tutto! Tutto ciò che ci aveva raccontato era una menzogna! Ci aveva mentito! Manipolato! Imbrogliato! E tutto per poterci usare per i suoi piani malati! È… è …
Dopo quel piccolo sfogo sembrava non essere più in grado di continuare, così Vì si avvicinò a lui poggiandogli una mano sulla spalla nel tentativo di farlo calmare. Odiava vederlo così.
Jace si calmò presto, con pochi brevi respiri, come chi è abituato a reprimere le amozioni e a mantenere sempre il controllo. Sollevò gli occhi incontrando quelli di Pervinca e, notando il suo sguardo comprensivo e quasi preoccupato (preoccupato per lui!), pensò con malinconia a come in fretta sarebbe cambiato il suo atteggiamento dopo che lui le avesse detto…
-Vì, tu hai capito chi è mio padre vero?
No, non poteva averlo capito, perché se lo avesse capito non lo guarderebbe così…
-Dovrei?- rispose infatti. Nella sua voce l’incertezza e un leggero tremore, che si ha quando si inizia a capire…
Gli teneva ancora la mano sulla spalla e sotto alla stoffa riusciva a sentire la cicatrice…
Jace annuì e le sorrise triste, certo che lei avesse capito. Terrorizzato da come lei avrebbe potuto reagire. Ma la vedeva ancora incerta, probabilmente non voleva crederci. Jace non era mai stato molto paziente e non sopportava di sentirsi così male nel vederla capire e rifiutarlo, odiarlo, per qualcosa che non era colpa sua, non lo era mai stata, ma lo avrebbe macchiato per sempre. Così, siccome è sempre meglio un taglio netto, come diceva sempre zia Ortensia, Jace glielo disse, chiaro e inequivocabile:
-Sì Vì, mio padre è Valentine.
 
 
Chiedo umilmente perdono… lo so sono secoli che non aggiorno, ma in questo periodo non ho avuto il tempo nemmeno per respirare. La prossima volta aggiorno prima, ce la posso fare! Volevo ringraziare chi continua a seguirmi anche se sono così lenta J e chi ha iniziato a seguire la storia e a recensirla! Grazie mille.
   Summer_247
  
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