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Autore: MagicRat    16/02/2014    2 recensioni
"Ripensò alle numerose case dove aveva abitato. Di alcune conservava solo una vaga memoria, appartamenti che aveva condiviso per brevi periodo con alcuni amici.
Ad altre invece era più affezionato e le collegava a particolari ricordi"
Genere: Slice of life, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Bruce si massaggiò il collo, cercando una posizione più comoda sul sedile.
Ripensò a quando la sua famiglia si era trasferita in California e lui aveva dovuto trovare un’altra sistemazione. Erano seguite numerose notti trascorse su divani troppo piccoli e scomodi, sacchi a pelo, piccoli appartamenti condivisi con Steven ad Asbury Park e anche una fabbrica di tavole da surf.
In quel periodo condividere la casa con qualcuno era la norma, visto che l’unica cosa che faceva era suonare e i soldi a disposizione erano pochi. Vedeva ancora alcune delle persone con cui aveva all’epoca e, soprattutto, suonava ancora con loro.
Altri invece erano spariti, usciti per vari motivi dalla sua vita, ma se li ricordava molto bene.
Uno di questi era Sonny.
 
Stava aggiustando le corde della chitarra quando sentì il rumore. Era stato come un tonfo, proveniente dal soggiorno.
Posò la chitarra e facendo meno rumore possibile uscì dalla camera.
“Se è di nuovo quel gatto schifoso giuro che…” si bloccò di colpo, appena vide che il responsabile del rumore non era il gatto che già altre volte si era intrufolato nel suo soggiorno, ma una persona. Se ne stava accucciata sotto la finestra e sbirciava oltre la tenda.
Bruce agì d’istinto, senza farsi troppe domande sullo strano comportamento dell’intruso. Si avvicinò a passi svelti, lo afferrò e lo sbatté contro il muro tenendolo bloccato.
“Chi cazzo sei tu?” urlò.
L’altro alzò subito le mani in segno di resa “Shhh, ti prego non urlare! Se quelli mi beccano sono morto. Ti prego!” aveva parlato a voce bassa e concitata, sembrava realmente spaventato.
Bruce, comunque, non era ancora convito. Rinforzò la presa sulla maglietta del ragazzo. “Sei un ladro schifoso?”
“Ladro? Io?” l’intruso iniziò a gesticolare freneticamente “Ma no, no! Stavo solo scappando da qui tizi. Se non mi credi guarda fuori. Guarda!”
Effettivamente, nella strada davanti al cortile di casa c’erano due uomini con il fiatone. Si stavano guardando intorno, in cerca di qualcosa. O di qualcuno.
“Ho visto la finestra aperta e sono saltato dentro. Mi dispiace, ma non sapevo dove andare! Se quelli mi beccano…”
“Ok, basta così” Bruce cercò di zittire il ragazzo. Ormai era quasi sicuro che non si trattava di un ladro. Del resto, non c’era molto da rubare in quella casa.
L’altro però continuò a balbettare scuse “Davvero, mi dispiace! Non sono un ladro, io non…”
“Ho detto basta!” Bruce lasciò andare la maglietta del ragazzo. I due uomini erano spariti correndo lungo la strada.
“Non voglio sapere altro. Tu adesso esci da qui e non ti fai più vedere. Chiaro?”
“Io… ok, ok” aprì la porta e si assicurò di avere la via libera. Ringraziò velocemente Bruce e poi se ne andò correndo.
Bruce si abbandonò sulla poltrona e sospirò passandosi una mano sul volto barbuto.
“Cristo. Preferivo il gatto”.
 
Nei giorni seguenti il ragazzo non si fece più vedere. Bruce raccontò ciò che era successo a Steve e agli altri per farsi due risate, ma presto se ne dimenticarono tutti.
Erano troppo impegnati a suonare, ascoltare nuovi dischi e trovare posti in cui tenere concerti.
Bruce in particolare era così impegnato da quelle cose da lui ritenute di vitale importanza che finì per dimenticarsi del compleanno della sua ragazza. O forse era il loro anniversario. In ogni caso, doveva trattarsi di qualche avvenimento importante, perché Kathy non esitò a tirargli un sonoro ceffone.
Bruce aveva appena finito di suonare in un bar quando era andato da lei in cerca di complimenti e ammirazione, invece era stato accolto da un viso imbronciato e numerosi insulti. Seguire Kathy fuori dal locale cercando i calmarla non era servito a niente, se non, appunto, beccarsi una sberla.
“Ma Kathy, tesoro…” Bruce provò nuovamente a scusarsi e la ragazza si infuriò ancora di più.
“Tesoro un corno! Vuoi più bene a quella tua stupida chitarra che a me. È finita” Kathy se ne andò senza aggiungere altro e lasciò Bruce da solo a massaggiarsi la guancia dolorante.
“Certo che poteva colpirmi anche un po’ più piano”
Stava per rientrare nel bar quando una voce alle sue spalle lo chiamò.
“Hai… hai fatto arrabbiare la signora, eh?”
Non riuscì a capire subito chi era stato a parlare. Strizzò gli occhi e alla luce del lampione vide una sagoma scura accasciata contro il muro. Si avvicinò di qualche passo e riconobbe il ragazzo che tempo prima era entrato nel suo soggiorno. Aveva i capelli sudati appiccicati alla fronte, il naso sanguinante e le mani premute sulla pancia.
“Alla fine i tuoi amici ti hanno trovato, vedo” disse Bruce.
“Già. Erano così felici di vedermi” il ragazzo si mise seduto a fatica “Comunque prima di… conversare con loro ho visto un pezzo del tuo concerto. Sei bravo a suonare”
“Davvero? Beh, grazie” sbuffò scocciato per quello che era successo con la sua ragazza. Ex ragazza.
“Io mi sono rotto di stare qui. Ci si vede”
L’altro si limitò ad annuire e si asciugò il sangue con il dorso della mano. Vedendo quel gesto, Bruce si fermò.
“Senti… hai bisogno di un passaggio fino a casa? Ho la macchina”
“Grazie, ma non vorrei avere il piacere di incontrare ancora i miei amici, per oggi”
“E allora dove pensi di dormire?”
“Boh. In giro”
Bruce sospirò. Anche lui si era ritrovato in situazioni simili, a volte. “Ho un letto libero, se vuoi” propose alla fine.
“Io non vorrei disturbare…”
“Sei già entrato dalla finestra una volta. Adesso che ti invito io rifiuti?” lo aiutò ad alzarsi “Dai, sali in macchina. Vado a prendere la mai roba”
Una volta tornato a casa Bruce mise delle lenzuola sul letto e diede una scatola con cerotti e disinfettanti a Sonny. Il ragazzo aveva detto di chiamarsi così.
La mattina seguente Sonny fece il suo ingresso in cucina zoppicando. Il suo aspetto era leggermente migliore, ora che si era pulito le ferite e sistemato un po’ i capelli neri.
Si sedette a tavola e Bruce gli allungò una tazza di caffè.
“Giusto per curiosità, come mai ti hanno ridotto così?” chiese Bruce.
Sonny tossì imbarazzato “Ma niente, una sciocchezza. Avevo comprato delle… cose da questi tizi e dopo loro hanno aumentato il prezzo e… Sai come va a finire in questi casi”
Bruce sollevò un sopracciglio “Delle ‘cose’?”
“Si, io avevo preso delle, uh, pasticche, sai…” fece una risata nervosa. Del resto chi non prende delle pasticche ogni tanto?”
“Io” rispose serio Bruce.
“Ecco, appunto” Sonny si guardò intorno cercando disperatamente una via di fuga da quella conversazione sempre più pericolosa. Con suo grande sollievo, vide un disco appoggiato su un mobile.
“Oh, è degli Animals quello?” andò a prenderlo ed esaminò la copertina “Mi piacce We gotta get out of this place” borbottò poi.
Bruce perse, almeno temporaneamente, interesse per la storia delle pasticche “È una delle mie canzoni preferite! Ogni tanto la suono”
Ormai erano quasi le dieci. Sonny appoggiò il disco sul tavolo.
“Ti ho disturbato abbastanza. È meglio se vado. Grazie per l’ospitalità”
Bruce annuì e lo salutò con un cenno del capo, dispiaciuto di dover interrompere la conversazione proprio quando iniziava a farsi interessante.
 
Questa volta non passò molto tempo prima del loro successivo incontro. Solo due giorni dopo, Bruce entrò in un piccolo ristorante dove ogni tanto andava a mangiare e trovò Sonny seduto ad un tavolo con un grande zaino al suo fianco.
“Sei in partenza?” gli chiese Bruce sedendosi vicino a lui.
Sonny scosse la testa “La signora che mi affittava la stanza ha detto che ‘due signori molto loschi e poco raccomandabili’ dono venuti a cercarmi l’altra sera. Ha detto che non voleva rogne e mi ha chiesto se potevo gentilmente togliermi di torno”
“E dove andrai adesso?”
“Boh. In giro” rispose per la seconda volta Sonny. Il fatto di essere rimasto senza casa non sembrava turbarlo molto. O forse era solo bravo a nascondere la sua preoccupazione.
Da un po’ di tempo Bruce si era rassegnato all’idea che da solo non sarebbe riuscito a pagare l’affitto ancora a lungo. Sfortunatamente, nessuno dei suoi amici aveva la necessità di un alloggio in quel momento.
Rifletté ancora per qualche istante e poi chiese a Sonny “Hai un lavoro?”
Il ragazzo annuì “Sono meccanico” e alzò le mani con le unghie sporche di qualche sostanza scura come prova.
“Senti… il tizio che viveva con me è andato in Florida. O in California, non ricordo. Puoi stare da me, finché non trovi un altro posto”
Il volto di Sonny si illuminò con un sorriso “Davvero?”
“Però ti avviso che suono e faccio parecchio casino” aggiunse Bruce.
“Non è un problema. Grazie amico, mi hai salvato il culo”
Si strinsero la mano per rendere definitivo l’accordo e Bruce si alzò per andarsene.
Prima, però, si rivolse ancora una volta a Sonny “E neanche io voglio avere a che fare con signori loschi e poco raccomandabili”.
Il ragazzo alzò le mani in segno di resa.
 
Bruce e Sonny erano seduti sotto il portico di casa a bere una birra fresca.
Sonny aveva impiegato un solo pomeriggio a sistemare le sue poche cose nella sua nuova stanza e ora stava raccontando a Bruce di una moto che suo padre gli aveva regalato quando era più piccolo.
Si interruppe all’improvviso, appena il suo sguardo si posò su una macchina parcheggiata nel minuscolo garage. Era coperte da un telo e si vedevano solo le ruote.
“Cos’è quella?” chiese alzandosi.
Bruce lo seguì fino al garage “Una macchina. Un mio amico ha lasciato qui dicendo che sarebbe tornato a prenderla. Inizio  a perdere le speranze, visto che è passato più di un anno”
Sonny tolse il telo e rimase quasi estasiato da quello che vide.
 “È una Chevy del ’69!”
“Magnifico!” Bruce cercò di imitare l’entusuasmo di Sonny.
L’altro lo guardò come se avesse bestemmiato in chiesa e iniziò ad esaminare l’interno dell’auto. Aprì il cofano e vi sparì dentro per alcuni istanti.
Quando riemerse, si pulì le mani soddisfatto “Non è in condizioni ottime, ma so come aggiustarla. Ti dispiace se ci provo?”
“Fai pure” Bruce scrollò le spalle e tornò in casa.
 
Sonny si rivelò il coinquilino perfetto per Bruce.
Apprezzava la musica a volumi assordanti più o meno quanto Bruce e non si lamentava delle sue interminabili prove con la chitarra. Trascorreva quasi tutto il suo tempo libero in cortile aggiustando l’auto, i pezzi di cui aveva bisogno se li procurava in officina. Ogni tanto Bruce gli dava una mano, iniziando ad apprezzare sempre di più le macchine e a volte Sonny andava a vedere i suoi concerti.
Presto smise di cercare un altro posto dove andare ad abitare e Bruce non se ne lamentò.
Nel giro di alcune settimane terminò i lavori alla Chevy. La lucidò e pulì fin nel più piccolo angolo, estremamente soddisfatto del risultato.
Purtroppo Bruce non poté godersi molto la nuova macchina: ormai trovare nuovi posti in cui suonare era sempre più facile  e spesso stava via anche interi weekend .
Una sera ritornò a casa dopo un concerto a New York. Era l’una passata, ma trovò Sonny sveglio, seduto in cucina. Quello che attirò la sua attenzione, però, fu il mazzetto di banconote appoggiato al tavolo.
“Cosa sono?” chiese senza neanche salutare il ragazzo.
“Buona sera anche a te. È l’incasso della serata. Duecento dollari”
Bruce era già pronto ad arrabbiarsi “E come cazzo hai fatto a guadagnarli?”
“Ho corso. Con la Chevy. Dovresti vedere che roba, è…”
“Cosa? Perché hai fatto un cosa del genere?” sentire che Sonny aveva vinto quei soldi partecipando a qualche gara clandestina lo fece infuriare del tutto.
“Perché mi piace. E se guadagno dei soldi tanto meglio”
“Soldi per cosa, per le tue pasticche?” Si pentì subito di quello che aveva appena detto. Sonny infatti, offeso da quella insinuazione, scattò in piedi e urlò a sua volta “Per l’affitto! Vaffanculo, sai benissimo che non prendo più quella roba!”
Bruce si lasciò cadere sulla sedia. Era stanco e litigare con Sonny era l’ultima cosa che voleva fare.
“Non voglio che rischi di schiantarti da qualche parte solo per uno stupido affitto” disse con voce normale. Sonny fece un gesto con la mano, come per ammettere che non era stato del tutto sincero.
“Si, beh, non lo faccio solo per quello. Anzi, in realtà è l’ultimo dei motivi”
“E allora perché?” chiese Bruce.
“Per lo stesso motivo che ti spinge a suonare davanti a tutte quelle persone, credo. Per la sensazione che mi da. Perché mi fa sentire bene” si interruppe un attimo cercando le parole più adatte “Non voglio essere come gli altri ragazzi, loro si rassegnano alla vita che gli è capitata, rinunciano a vivere. Io voglio più di questo”
Per un po’ restarono in silenzio seduti al tavolo della cucina. Poi a Sonny venne un’idea.
“Senti Bruce, perché non vieni anche tu?”
“Cosa? Dove?”
“A correre con me. Domani c’è un’altra gara. Circuito semplicissimo e un solo avversario. Cosa ne dici?”
Bruce tossì nervosamente “Non so, io dovrei…”
“Hai paura?” Sonny sapeva benissimo che quella domanda l’avrebbe fatto infuriare e infatti Bruce scattò nuovamente in piedi.
“No che non ho paura di una corsa in macchina!”
“Perfetto, allora. Domani alle undici. Non prendere impegni”
 
La sera seguente, alle undici, Bruce era seduto al posto del passeggero nella Chevy. Era talmente terrorizzato che si rendeva conto di quello che stava facendo. Sonny, al contrario, non sembrava particolarmente preoccupato. Al loro fianco c’era una Ford nera.
“Sai, un tizio mi ha detto che sono un bravo musicista. Che ho potenziale, ma che devo stare attento a non fare le cose sbagliate. E credo che le gare clandestine rientrino in questa categoria”.
“Tranquillo…” Sonny mise in moto la macchina e fece rombare il motore un paio di volte. Un tizio si era posizionato a lato della strada, pronto a dare il via alla corsa.
Il percorso consisteva  in un lungo rettilineo che alla fine si restringeva lasciando passare una sola macchina per poi terminare in un parcheggio vicino alla spiaggia. Bruce si stava chiedendo cosa sarebbe successo se le due auto fossero arrivate contemporaneamente alla strettoia quando Sonny premette l’acceleratore facendo scattare in avanti la Chevy.
“Signore Iddio Onnipotente!” Bruce si appiattì contro il sedile. Stava stritolando la maniglia della portiera.
I lampioni sfrecciavano assurda fuori dal finestrino. Con un sorpasso che sembrò durare secoli, mentre la strettoia si avvicinava sempre di più, Sonny passò in vantaggio. Imboccò la stradina, entrò nel parcheggio e fece compiere mezzo giro all’auto. Con gli occhi pieni di soddisfazione, spense il motore
“Brava” sussurrò alla macchina.
Bruce lo guardò con gli occhi sgranati “È finita?”
“Si, certo. E abbiamo vinto” sotto lo sguardo ancora incredulo di Bruce scese dall’auto per andare a riscuotere la vincita.
Quando furono rimasti soli, scese anche Bruce. I soli rumori che si sentivano erano quelli delle onde e della Ford che si allontanava. Non riuscì più a trattenersi. Prima iniziò a ridacchiare debolmente, poi così forte che si appoggiò alla macchina.
“Ti senti bene?” chiese Sonny preoccupato.
“Scusa, deve essere l’adrenalina” stava per dire altro, ma riusciva a parlare a stento “Mi stavo… pisciando sotto!” aveva le lacrime agli occhi e anche Sonny iniziò a ridere.
“Dio, era tutto così fottutamente veloce” disse quando si fu calmato un po’.
“Si. Ed era fottutamente bello” aggiunse Sonny.
 
 
A Bruce era tornato a ridere ripensando a quella sera.
Aveva corso altre volte con Sonny, ma poco a poco avevano iniziato a vedersi più raramente. Lui stava in giro con il gruppo sempre più a lungo e Sonny aveva trovato lavoro in un’altra città. L’ultima volta che si erano visti gestiva un’officina tutta sua e possedeva ancora la Chevy del ’69.
Bruce vide il cartello con l’indicazione che stava cercando.
Smise di pensare al suo vecchio amico e svoltò a destra.
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Sono consapevole di aver scritto un mattone... forse era meglio se lo dividevo in due parti. Comunque, visto che i capitoli di questa storia sono pochi, cercherò di compensare scrivendo episodi un po' più lunghi rispetto ai miei srandard (o almeno ci provo XD)
Ovviamente il risultato non è esattamente come lo volevo io, spero vi piaccia comunque ;)
  
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