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Autore: TheRebelInk    16/02/2014    2 recensioni
-Fermati! – urlai correndogli incontro – No! Fermo! Non lo fare! Aspetta!
Tremava come una foglia. – Lasciami in pace!
-No! Scendi per favore! Non sai quello che stai facendo!
- TU non sai quello che stai facendo! – e si alzò in piedi. Ero nel panico, disperata. Non sapevo come fermarlo e lui sembrava sempre più deciso.
- Come ti chiami? – gli chiesi.
Lui esitò poi, tra le lacrime, rispose:- Ettore.
Due vite.
Le stesse scelte.
La storia di come ognuno di noi può rialzarsi anche nei momenti più difficili.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Capitolo 2
 
BET
 
La testa pulsa e batte così tanto, come se mi gridasse di smetterla di correre. Ma io voglio correre, voglio crollare sull’asfalto e non rialzarmi più. Non voglio fermarmi, ma quando lo faccio perché non so più dove sono, ricomincio a piangere.
Nel mio girovagare disperato mi ritrovai su un viadotto poco trafficato al tramonto, bagnata di sudore, prosciugata di tutta la mia dignità e della forza. Mi tremavano le gambe così forte e non riuscivo a tener ferme le mani. Crollai a terra come una bambola di pezza e nonostante dal viadotto vedessi un’infinità di paesaggi e combinazioni di colori diversi, non c’era ancora niente che potesse aiutarmi. Poi i miei occhi gonfi di pianto scesero giù, seguirono i pilastri del viadotto sino a dove erano avvolti dagli alberi e dalle piante.
Era un salto enorme.
Era la mia soluzione.
 
 
ETTORE
 
-Guardate chi si vede! Ettore il Forzuto! – esclamò ridendo una voce che conoscevo fin troppo bene.
- Vattene! – risposi, cominciando a camminare verso il centro storico. Non feci in tempo a svoltare l’angolo che già Christian e il suo branco mi stavano bloccando contro il muro. Lui mi mise il gomito sul collo. Dopo poco non riuscivo più a respirare.
- Vediamo un po’ che hai nello zaino… - ridacchiò un altro. Prese le foto di mia madre e le passò a ogni membro del branco. Ci sputarono e ci saltarono sopra mentre io annaspavo disperatamente in cerca d’aria trattenendo le lacrime. Iniziai a piangere e allora, soddisfatti, mi lasciarono in pace. – Sei proprio un debole Ettoruccio!
- Vai a lamentarti dalla mamma!
Chiusi gli occhi e ripresi fiato. Poi mi alzai e chiamai un taxi. Il viadotto sulla statale andava più che bene.
Ero debole.
Ero una nullità.
La mia vita era un inferno e i suoi pezzi non sarebbero tornati a posto.
Mai più.
 
 
  
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