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Autore: teachmehowtofly    16/02/2014    2 recensioni
A volte credere nel "per sempre" è la cosa più sbagliata che tu possa fare, a volte invece si può rivelare un investimento che valeva la pena di essere fatto. (è il continuo di questa fanfiction scritta sempre da me www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=920736&i=1)
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Joe Jonas, Kevin Jonas, Nick Jonas, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Si sarebbe voluta chiudere in camera o ancora meglio uscire di casa e correre finché le gambe non l’avrebbero pregata di smettere e non smettere neanche in quel caso, voleva fuggire ma non poteva. Si mise una mano sul cuore ed era sicura di non riuscire a sentirlo più, era scappato anche lui perché non ce la faceva più ad essere maltrattato. Più pensava a quegli istanti più si pentiva di non averlo fermato, ingenua che tutto sarebbe andato bene come se al mondo esistessero solo ed esclusivamente loro due. Aveva lasciato che lui la vedesse semi nuda e ora si sentiva ancora più sporca di prima. Sentiva le loro voci dal piano di sotto e come la stupida che dimostrava sempre di essere si mise in un posto nascosto in cima alle scale, lei poteva vedere loro ma loro non potevano vederla. Osservò da quel punto tutto ciò che stava accadendo tra i due “felici innamorati”. Le mani della ragazza erano avvinghiate al suo collo mentre quelle di Nick poggiavano sui suoi fianchi stringendoli. Quelle mani che prima le avevano sfilato gentilmente la maglia, quelle mani che le avevano slacciato il reggiseno, quelle mani che ora accarezzavano il corpo di un’altra. Si sentiva male ma non poteva fare a meno di continuare a guardare, voleva e doveva sapere. Non smetteva mai di farsi del male, fisico o morale, anche quando le persone la prendevano già abbastanza a pugni. Infondo aveva capito che più di questo non si meritava, era sciocca a pensare il contrario. Il dolore era come una specie di migliore amico, non l’abbandonava mai e ci si era abituata finché non era sbucato lui con i suoi occhi, le sue labbra, le sue parole a darle la speranza di una felicità che per lei non sarebbe mai potuta esistere.
Vide i due baciarsi e i loro corpi avvicinarsi sempre di più mentre le loro lingue si scontravano violentemente all’interno delle loro bocche. Quelle labbra che pochi minuti fa baciavano le sue, quelle labbra che avevano sfiorato delicatamente il suo ventre scoperto, quelle labbra che avevano ricoperto di baci i suoi seni nudi, ora baciavano appassionatamente le labbra di un’altra. Non riusciva più a capire cosa stesse provando, era arrabbiata, delusa, ferita, triste. Erano troppe emozioni in una volta sola, troppe emozioni per una persona che già odiava provarne una alla volta. L’odio, eccone un’altra. L’odio nei confronti di se stessa, di ciò che aveva fatto, l’odio nei confronti di Nick che in realtà svaniva subito. Lo biasimava, perché scegliere una come lei quando aveva già una delle ragazze più belle al mondo con sé? Le belle vincono i disastri, lo sanno tutti. Quando vide la mano di Nick scendere più giù del dovuto fino a toccarle il sedere d’istinto tirò un pugno al muro causando un grosso tonfo che interruppe i due nei loro dolci affari.
«Cos’è stato?» chiese lei allontanandosi leggermente da lui.
«Forse è caduto qualcosa, resta qui che vado a controllare, torno subito» la ragazza annuì sedendosi sul divano e Nick corse di sopra sapendo benissimo che con quel rumore c’entrava Cassie. La trovò seduta alla fine delle scale, proprio nel punto da cui aveva assistito a tutta la scena. Nick si chinò verso di lei e notò che le nocche della sua mano destra sanguinavano.
«Che hai fatto?» chiese come se stesse urlando ma a bassa voce per non farsi sentire dal piano di sotto. Cassie si guardò la mano e vide il sangue, non si era accorta di sanguinare. «Niente» rispose nascondendo la mano dietro di sé.
«Smettila, fammi vedere» rispose tentando di prenderle la mano, lei lo scostò violentemente e si alzò da terra.
«Non mi toccare» scandì ogni parola con tutta la rabbia che aveva in corpo.
«Ti prego» tentò di avvicinarla ma lei si allontanò ancora di più. Non voleva toccarlo, non voleva guardarlo, non voleva parlargli. Era così arrabbiata che avrebbe potuto tirare altri cento pugni al muro e continuare a non sentire il dolore provocato dalle ferite.
«Ti prego un cazzo!» alzò troppo la voce facendosi sentire al piano di sotto.
«Nick tutto bene?» urlò lei.
«Si, non ti preoccupare, sto mettendo a posto alcune cose» urlò di risposta lui sperando che non salisse e rimanesse lì dov’era. La sua risposta sembrò calmarla tanto che non rispose più. Nick riprese a guardare Cassie cercando disperatamente le parole per farsi per donare, Cassie lo anticipò nel parlare.
«Non mi metterai a posto, non questa volta, non risolverai tutto con le tue belle parole»
«Ascoltami» avrebbe voluto avvicinarla e stringerla a sé ma ogni movimento in quel momento avrebbe solo peggiorato la situazione.
«Ti ho ascoltato per tanto tempo ma tu mi hai dimostrato che le tue erano solo parole» Nick non sapeva cosa dire e rimanendo in silenzio diede l’occasione a Cassie di continuare a parlare. «Stavamo per fare l’amore prima, ti rendi conto? Forse no perché per te era solo sesso».
«Non dirlo, non ti permetto di dire che per me era solo sesso perché non hai idea di quanto tu significhi per me».
«Te lo dico io quanto significo, zero» sottolineò l’ultima parola accentuando il tono di voce. Nick scosse la testa in segno di dissenso ma prima che potesse aprir bocca Cassie continuò a parlare «Hai davvero il coraggio di dire di no? Dopo aver baciato quella davanti ai miei occhi? Dopo averle palpato il culo?»
«Non avresti dovuto vederlo»
«Uh, notizia lampo: mi dispiace per te ma ho visto tutto» disse impregnando ogni parola del suo solito e tagliente sarcasmo. La verità è che voleva fargli del male, almeno un po’, giusto per fargli capire cosa lui stava facendo a lei. Nick si limitò a fissarla senza proferire parola e Cassie riprese a parlare, si stava sfogando di tutto quello che aveva dentro in quel momento. «Toglimi una curiosità, se io non avessi sentito nulla e fossi rimasta mezza nuda sul tuo letto, tu che avresti fatto? Avresti finito con lei e poi saresti tornato a scopare con me come se niente fosse?»
Nick abbassò lo sguardo e pronunciò un flebile “si”.
«Mi fai schifo» disse mollandogli uno schiaffo con la mano sana. Sentiva le lacrime premere per uscire fuori dai suoi occhi ma continuava a tirarsele dentro pregando se stessa di non piangere, non davanti a lui.
«Cassie..»
«Non pronunciare il mio nome con quel tono da cane bastonato, ritorna sotto dalla tua ragazza e non ti preoccupare di me, non vi interromperò più. Me ne starò buona in camera e quando avrete finito uscirò da quella porta e sparirò dalla tua vita»
«Non fare la stupida per favore, non uscirai dalla mia vita» rispose provandola a farla calmare con risultati opposti.
«Pensi che non ne abbia il coraggio?»
«No, penso che hai provato ad uscire dalla mia vita tante volte ma poi il destino ti ha ricondotto di nuovo tra le mie braccia»
«E fanculo il destino allora» si girò dalla parte opposta dandogli le spalle, Nick le si avvicinò da dietro e poggiò una mano sulla sua spalla. Cassie si voltò di scatto sottraendosi al suo tocco. «Avevi detto che avresti sistemato le cose ma se per te quello è “sistemare le cose” allora non ci siamo capiti».
«Le sistemerò, devi solo darmi del tempo» Cassie non rispose, era stanca di “urlare in silenzio” per non farsi sentire, era stanca di quella montagna russa e sarebbe voluta scendere all’istante ma i momenti in cima erano così belli che aveva paura a lasciare andare l’unica cosa bella che la vita le aveva offerto.
«Io esco, tu concludi pure quello che devi con lei, scopatela anche, il letto è ancora caldo» disse dirigendosi verso le scale e prima di fare il primo passo verso il piano inferiore si voltò verso di lui per dirgli le ultime parole «Ah e non ti preoccupare farò in modo di non essere vista e se anche mi vedesse dirò di essere la cameriera, buona serata». Nick la guardò scendere le scale, attraversare la porta d’ingresso e sentì il suo cuore mancare un battito quando sparì definitivamente alla sua vista. Prese un grosso respiro e scese di nuovo al piano di sotto.
«Eccoti finalmente, iniziavo a credere che la casa ti avesse inghiottito» disse Alexia facendogli segno di sedersi accanto a lei sul divano.
«No, sto bene per fortuna» rispose seguendo il suo consiglio e sfoderando uno dei suoi sorrisi finti migliori. La ragazza si avvicinò eliminando quella distanza che di proposito lui aveva posto tra i loro corpi.
«Alexia dobbiamo parlare» disse Nick non sapendo ancora esattamente cosa dire.
«Non ora dai, mi sei mancato così tanto» rispose avvicinandosi ancora di più. Con le mani dalle unghie affilate e super curate gli accarezzò il petto ancora nudo mordendosi le labbra. Il messaggio subliminale era chiarissimo ad entrambi: “voglio scoparti”. Nick però non riusciva a togliersi dalla mente la conversazione con Cassie e i loro baci e la sua reazione fu contraria a quella che la ragazza si aspettava. Si scostò dai suoi gesti e con tono serio le ripeté «Alexia, dobbiamo parlare».
«Che c’è di tanto importante?» rispose lei con tono scocciato.
«Perché sei venuta qui?»
«Vuoi dirmi che questa domanda è più importante di stare insieme come non stiamo da settimane?»
«Si, rispondi» disse Nick con tono freddo, stava girando intorno al discorso ma era l’unico modo che aveva per arrivare al punto.
«Per stare con te, no? Quale altre motivazioni potrebbero esserci?»
«Non era il caso»
«Non mi sembravi cosi scontento di vedermi prima mentre mi baciavi e mi toccavi» gli rispose rinfacciandogli le azioni che aveva fatto con tanto piacere proprio pochi minuti fa.
«Penso che sia il caso di finire questa storia qui» pronunciò queste parole con un tono secco come voleva essere il taglio che stava dando a quella relazione durata anche troppo.
«Non puoi dire davvero» la sua voce trapelava il senso di forte sorpresa che quelle parole le avevano appena provocato «Stai scherzando»
«No Alexia, mai stato più serio» disse alzandosi dal divano e avvicinandosi alla porta come per indicarle la via per uscire il prima possibile da quella casa.
«Ti sei per caso innamorato di quella troietta?» riempì ogni parola di disprezzo.
«Cassie non c’entra niente, voglio solo che te ne vai» pronunciando queste parole aprì la porta e le fece chiaro segno di uscire contemporaneamente da casa sua e dalla sua vita.
«Te ne pentirai, non troverai mai nessuno come me» rispose guardandolo un’ultima volta negli occhi prima di uscire dalla porta.
«Ne farò a meno» dopo che Nick disse ciò la ragazza si girò scuotendo i lunghi capelli neri e si allontanò velocemente mormorando fra sé e sé quanto tutto quello fosse assurdo. Nick chiuse la porta e pensò di andare a cercare Cassie ma non aveva idea di dove potesse essere andata così si sedette sul divano e aspettò che tornasse, perché doveva tornare, almeno per prendere la sua valigia.
 
Una volta uscita di casa Cassie iniziò a camminare senza meta mentre il sole era ormai quasi tramontato, aveva bisogno di dare sfogo a quello che sentiva dentro e al momento l’unico modo che aveva era quello di camminare e camminare senza fermarsi mai, nonostante non sapesse dove andare. Quando sentì di essere troppo stanca per continuare si fermò e si sedette sulla prima panchina che incontrò. Fermando le gambe però i pensieri ricominciarono a scorrere veloci e allo stesso modo le emozioni la investirono nuovamente con quella loro potenza devastante. Non sapeva esattamente cos’era peggio, se continuare a correre fino a svenire o lasciarsi travolgere dal treno dei suoi sentimenti interiori. Scelse la seconda, forse perché faceva più male, e si abbandonò su quella panchina di legno. Il ricordo dei suoi baci la colpì come un colpo allo stomaco e così il ricordo del suo tocco delicato tanto da spingerti a dargli il mondo.
«Vuoi un po’ di cioccolata?» la tenera voce di un bimbo sui tre anni interruppe i suoi pensieri. Lei rimase a guardarlo senza rispondere e il bambino rinnovò la sua offerta. «Sembri triste, prendine un po’» disse porgendole un pezzo della tavoletta di cioccolato che teneva tra le mani.
«Jake ma che stai facendo? Ti ho detto mille volte che non devi allontanarti» disse un ragazzo prendendolo in braccio e rivolgendo poi lo sguardo verso Cassie «Scusalo, non riesce proprio a stare fermo» le disse.
«Non preoccuparti, non ha fatto niente di male» rispose Cassie mostrando un sorriso ad entrambi sperando che andassero via, non era esattamente il momento giusto per fare nuove amicizie.
«Cody la signora è triste, dalle un po’ di cioccolata» disse Jake tirando la maglia di quello che probabilmente era il fratello maggiore. Cody si sedette accanto a lei con in braccio il fratellino e la guardò negli occhi, li aveva gonfi di chi aveva pianto o stava per farlo. Cassie notò che aveva gli occhi blu, come il mare, e poi abbassò lo sguardo.
«Come stai?» chiese sentendo che in realtà non avrebbe detto la verità ma tentare era meglio di non fare niente.
«Sto bene, non preoccuparti» la sua voce era diventata fredda, di chi voleva solo allontanare le persone.
«Vuoi un po’ di cioccolata?»
«Non mi fa bene mangiare certe cose» rispose sperando che smettessero con la cioccolata, i sorrisi troppo gentili e la preoccupazione inutile.
«Come ti chiami?»
«Senti non devi per forza stare qui a parlare con me, non ho bisogno della balia, sto benissimo» rispose coi suoi soliti modi di fare scortesi.
«Non sto qui per te, sto qui perché devo aspettare ancora un’ora prima di tornare a casa e volevo qualcuno che mi facesse compagnia»
«Parla con tuo fratello»
«Non si può parlare di molto con un bambino di tre anni, tu sembri interessante»
«Ehi, anche io sono intel.. intelessa.. intelessantevole» alla risposta di Jake Cassie rise e decise di rimanere lì, era una buona alternativa ai due mali precedenti. I tre rimasero seduti su quella panchina per più di un’ora a parlare o meglio più che altro a parlare erano Cassie e Cody mentre Jake ascoltava mentre mangiava la sua amata cioccolata. In questo tempo la ragazza si scordò un po’ del male che la perseguitava o comunque non la colpiva così forte come faceva prima, era come se fosse sotto l’effetto di morfina. Si presentarono e parlarono delle loro rispettive vite, Cody scoprì che Cassie in realtà abitava a New York e lei scoprì che lui si era trasferito lì da poco per motivi di lavoro di sua madre. Andarono avanti così per tutto il tempo, ad un’informazione sulla vita di lui, lei gliene dava una sulla sua e si stupì quando al suo “mio padre se n’è andato un paio di anni fa, Jake è il figlio del nuovo compagno di mia madre” lei rispose “mio padre se n’è andato quando avevo sette anni”. Non ne aveva mai parlato con nessuno e non credeva l’avrebbe mai fatto, specialmente con un estraneo. Lui la accarezzò e poi le diede un bacio sulla guancia, era come se volesse dirle “lo so che fa male ma andrà meglio” e stranamente lo apprezzò perché nessuno le aveva mai detto una parola di consolazione per l’abbandono di suo padre e forse era quello che cercava la sua anima dispersa nel nulla.
«Scusa ma devo proprio andare ora» disse Cassie alzandosi di scatto dalla panchina, quel gesto l’aveva disarmata, messa in imbarazzo e allontanarsi era l’unico modo che aveva per riprendere il controllo di se stessa.
«Ci si vede in giro magari» rispose Cody seguito dal “ciao” con la mano di Jake. Lei pronunciò un “grazie” sincero per averle fatto scordare il proprio male almeno per un po’ e si rimise sulla strada di casa sperando di ricordarla. Dopo venti minuti e un paio di traverse sbagliate si ritrovò nel vialetto di casa Jonas, suonò il campanello e non sapeva esattamente cosa aspettarsi, sperava solo che ad aprire non fosse Nick perché non aveva più voglia di litigare, almeno non per quella giornata, ma i suoi desideri non potevano mai essere avverati e ad aprire la porta fu proprio chi non voleva vedere.
«Dove sei stata?» gli chiese lui appena la vide, lei sbuffò, entrò in casa e si diresse velocemente verso le scale. «Non vuoi rispondermi?» continuò lui in maniera insistente.
«Non ho più le forze per urlarti contro Nick» disse voltandosi verso di lui.
«Perfetto, allora dimmi dove sei stata»
«Sono cazzi miei» Cassie sentì la rabbia riaffiorare di nuovo dentro di lei e lo odiava per farle quell’effetto.
«Dimmelo» ribatté con forza Nick.
«Con un ragazzo ad un paio di isolati da qui, contento?» rispose alzando la voce.
«Ah bene, quindi tu mi fai la scenata e poi te ne vai col primo che passa?»
«Mi hai rotto le palle Nicholas, sono libera di fare quello che voglio mentre tu ti scopi la tua ragazza super modella o no? Non sei il mio ragazzo quindi fatti i cazzi tuoi e scopati chi ti pare»
«Ah non sono il tuo ragazzo? Oggi pomeriggio quando ti sei fatta spogliare e baciare mi sembra proprio il contrario» il ragazzo pronunciò queste parole con un tono di disprezzo tale da far scattare Cassie in avanti, si avvicinò a lui e gli mollò un ceffone per la seconda volta nello stesso giorno.
«Stai tranquillo, una cosa del genere non accadrà più» detto questo Cassie salì le scale e si chiuse in camera, Nick rimase fermo davanti la porta per qualche minuto per poi decidere di chiudersi nella stanza della musica, era lì che andava quando aveva bisogno di liberare il cervello.
I due passarono la serata così, nella stessa casa ma lontani mille miglia l’uno dall’altro.
Probabilmente era per quello che all’amore si associa il colore rosso, colore del fuoco e dell’inferno, e non l’azzurro, colore della pace e del paradiso, perché l’amore è forza, è passione, è litigio, è prendersi a parole e fare pace con un bacio, è alti e bassi, è fuoco. E il loro amore era di un rosso accesso, di quello che non riesci a spegnere neanche se ci provi con tutta te stessa. Il loro amore era un fuoco ormai divampato in tutta la foresta e non poteva fare altro che crescere e crescere senza smettere mai. Erano rossi i loro cuori che, nonostante tutto, separati non ci sapevano stare. Era rossa la penna con cui quella sera Nick scrisse la sua canzone ed erano rossi gli occhi di Cassie che non erano più riusciti a trattenere le lacrime. E, infine, era rossa la rosa che la mattina seguente Nick le fece trovare sul comodino del suo letto con accanto la foto del loro bacio scattata lo scorso pomeriggio.
Una volta sveglia Cassie prese la rosa tra le mani e la odorò, profumava così tanto, poi esaminò la foto e vide che dietro c’era una dedica: “Ti va di rinchiuderti in paradiso con me e abbandonare l’inferno? Perdonami”. A Cassie scappò un sorriso.
«Ieri volevo dirti che ho lasciato Alexia» disse Nick dal divanetto vicino la finestra, lei non si era accorta che fosse lì prima che parlasse.
«Davvero?»
Nick si avvicinò sedendosi davanti a lei nel letto e disse «Davvero».
«Che significa questo?»
«Significa che, se vuoi ancora esserlo, potresti essere la mia ragazza, l’unica e sola» a queste parole Cassie sorrise e annuì, lui le accarezzò dolcemente il viso e poggiò le sue labbra su quelle della ragazza.
Dio era proprio vero che un momento di paradiso valeva i cento di inferno passati prima.
Nick si sdraiò accanto a lei, la strinse a s
é e riprese a baciarla come aveva sempre amato fare. Assaporò il sapore delle sue labbra e della sua lingua che appassionatamente si univa alla sua perché niente è più bello della pace dopo la guerra.

  
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