Fanfic su artisti musicali > MBLAQ
Segui la storia  |       
Autore: Kiji    17/02/2014    1 recensioni
Avevo solo 13 anni la prima volta che lo vidi. Lo ricordo ancora, come se fosse impresso a fuoco nella mia mente. Era il suo concerto più grande, una stella fotografata su quel palco immerso da tante luci colorate. Ero ancora un ragazzino eppure, sentivo qualcosa nascere in me, debole ma selvaggio. Mentre cantava, in quel lago di scintille, mi sentii inutile a confronto con quell'idolo mascherato da stella. Volevo arrivare a lui, toccarlo e farlo mio, come nessun altro prima.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Mir
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Tornare a Seoul non era semplice sapendo i rimproveri e gli urli che mi attendevano, ma mantenni la mia promessa. Quando scesi dall’aeroporto, trovai due visi abbastanza noti che mi aspettavano, quelle guardie che spesso ci avevano scortati, adesso mi portavano all’inferno. Salutai educatamente e, in breve, fummo già in macchina. Le chiusure messe, quasi per paura che potessi scappare ancora, com’erano prevedibili!
– Ragazzi tranquilli, non andrò da nessuna parte, ok? Godiamoci il viaggio al meglio, perché poi sarà difficile festeggiare. – L’atmosfera si sciolse un po’, ma era comunque difficile non pensare. Cosa avrei detto e fatto? Inizialmente pensavo che sarebbe stato qualcosa di naturale, che avrei trovato una scusa plausibile, ma alla fine non riuscii a pensare a nulla.
- Tranquillo, dai la colpa a me. Fratellino, a volte mentire va bene, non farti troppi scrupoli.- Quando mi accompagnò a prendere quel volo maledetto, lei era quasi allegra, ma il suo finto sorriso era così facile da smascherare.
– Stammi bene. Non prendere freddo e non farti mettere i piedi addosso da quel coglione in giacca e cravatta. Anche se teoricamente è il tuo capo, dagli un calcio in culo se si comporta ancora male! – Non era cambiata per nulla, sin dall’infanzia era sempre così sfacciata e mascolina, ma anche tanto tenera come sorella protettiva.
A poche ore di distanza, ormai prossimo alla meta, iniziai davvero a preoccuparmi. Cantare, seppur avessi iniziato con un diverso obiettivo rispetto al resto dei miei colleghi e compagni, era diventata la mia ragione di vita. Non immaginavo neanche cosa avrei fatto se, a causa delle mie azioni, mi avessero licenziato.
Eppure, cercavo di essere forte, indossavo ancora quella barriera di indifferenza, sperando che nessuno la rompesse in mille pezzi. A brevi passi, mi incamminai verso il corridoio, controllato a vista e, salendo nell’ascensore, molti dubbi restavano ancora irrisolti.
Andai avanti, ancora con la confusione che mi consumava, ed entrai in quella stanza piena di luce e che, al solo mio cospetto, iniziò a brulicare di voci infuriate. Il Manager, con uno sguardo torno, iniziò a parlare così forte, che solo le orche potevano sentire il suo richiamo disperato.
– Ti rendi almeno conto di ciò che hai combinato? Per quale motivo dovremmo accettarti ancora, adesso? Spiegami dai! I tuoi compagni contavano su di te, per questo comeback abbiamo speso tanti di soldi che tu non puoi neanche immaginare e ti permetti anche di scappare via senza dire una parola… – Non lo ascoltai più ad un certo punto, i concetti li sapevo tutti e la velocità della sua voce era tale da stravolgermi. Passò così tanto tempo, che mi sembrò che il sole, ancora alto nel cielo, fosse più cupo, quando la porta alle mie spalle si spalancò. Lo riconobbi subito, era impossibile per me dimenticare quel volto perfetto e quel corpo pieno di calore ma anche tagliente e pericoloso.
– Penso che tu l’abbia sgridato abbastanza, non credi? – La sua clamorosa apparizione, stranamente, mi fece disgusto invece che fastidio. Quel crudele uomo, osava ancora guardarmi con quell’espressione? Non lo sopportavo!
– Sono stato io a concedergli del tempo, ve l’ho già detto no? – Il Manager sembrava ancora arrabbiato, ma non osò controbattere. Non era così sicuro di sé per poter andare contro a chi gli pagava lo stipendio.
– Si, come desidera. – Poi mi guardò ancora per un istante, prima di aprire ancora la bocca deciso a rimproverarmi
 per l’ultima volta.
– Spero solo che non accada più una cosa del genere. – L’avevo combinata grossa, ma quel mio nemico mortale, era venuto in mio soccorso, che terribile scoperta!
– Avrei preferito che mi avessi licenziato a questo punto! Non voglio essere in debito con una persona come te. – Non dissi altro prima di uscire di corsa da quella stanza. Lui non provò neanche a seguirmi e quasi mi dispiacque. Ero uno stupido, speravo ancora in qualcosa quando per tutto il tempo, gli ho ordinato che non si avvicinasse troppo al mio cuore. Appoggiandomi alla parete, con il fiato corto, cercai di rimettermi in piedi, più forte e determinato. Mi toccai il petto, sperando che quel gesto mi avrebbe aiutato a superare il dolore straziante del mio cuore.
– Mir. – La voce di Joon, un po’ sfocata, mi fece esitare. Voltandomi a guardarlo, nel momento peggiore delle mie crisi, volevo soltanto urlargli che stavo bene. La voce era bloccata in gola, impossibilitata ad uscire. Sentii le sue braccia invadermi il corpo, forti e piene di dolcezza.
– Calmati Mir, va tutto bene. Io sono qui, stai tranquillo. – Leggere pacche sulla schiena e la dolcezza delle sue parole sussurrate nell’orecchio, bastò per riportarmi in vita dagli inferi.
– Cosa ti è preso? Per quale motivo…? – Non volevo che si preoccupasse, non di più di quanto già faceva, ma forse era giusto parlargli.
– Lui… si sta per sposare! – Non potei trattenerlo, era troppo forte quella debolezza. Le dita di Joon, lunghe e sottili, si appoggiarono alla mia pelle fredda, ma non si avvicinò oltre. Abbracciarmi, non era più necessario, lo sapeva anche lui. Non mi avrebbe restituito la mia gioventù, né mi avrebbe donato quell’amore in cui ancora, dopo tutto quel tempo, speravo con tutto il mio cuore.
Non avevo la forza per tornare al lavoro e per fortuna non c’era molto da fare in quella giornata cupa. Fummo convocati in sala congressi e dopo altre raccomandazioni, eravamo pronti per andare a casa. Mi sentivo debole, avevo bisogno di dormire dopo quella giornata così faticosa, ma non ebbi il tempo di fuggire.
– Mir, dove credi di andare? – Seungho, l’unico che non volevo vedere, mi trovò come un segugio che insegue la sua preda per divorarla. Mi voltai lentamente, ad occhi sbarrati per la paura. Il solo uomo che al mondo era ancora capace di farmi tramare al solo sguardo.
– Pensavi di scappare, vero? Stai tranquillo, Joon mi ha accennato qualcosa. Non ti ucciderò se è questo di cui hai paura. – Vidi il suo sorriso accennato, era così bello quando la rabbia non lo perseguitava.
– Abbiamo pensato di fare una piccola festa tra di noi, come un tempo, ricordi? So che probabilmente sei stanco, ma pretendo che tu ci sia! – Mi prese per mano, senza darmi la possibilità di dire nulla e mi trascinò con sé. I miei amici, che mi aspettavano ridendo affettuosamente, erano l’unica medicina di cui avevo bisogno.
Quella sera, dimenticai tutto. Lasciai il passato sepolto nella mente e finalmente, potei sorridere ancora. Mangiammo tanto, bevemmo fino ad essere ubriachi fradici e giocammo a mille giochi infantili e senza alcun nesso logico, ma eravamo noi stessi. Esausti, ci coricammo per terra, l’uno accanto all’altro, donandoci forza e calore. Non era affatto comodo e sapevamo bene che il giorno dopo, avremmo avuto mal di schiena e sarebbe stato difficile ballare, ma quella notte era speciale. Guardai il soffitto, con come sottofondo il russare incessante di G.O. e sorrisi dolcemente.
– Mi mancava sai? Il tuo sorriso. – Thunder, ancora sveglio, mi guardava poco distante. I capelli rosa sfavillante e la pelle così candida da sembrare finta.
– Sono tornato! Non preoccuparti più per me. – Abbassò la testa e tornò a dormire, così come anche io chiusi gli occhi. I mostri dei miei ricordi, sparirono in un attimo, protetto com’ero dalla mano calorosa di Joon nella mia. Non ricordo i sogni che, mischiati l’un l’altro, feci quella strana notte, ma ero decisamente felice.
Quelle persone, che ormai si erano insinuati nel mio cuore. I miei fratelli, i miei migliori amici e anche i miei peggiori nemici, erano uno dei pochi legami stabili che ancora mantenevo vivo. Ancora ora, vedervi sorridere mi dona un immenso calore, che non riesco a descrivere. Pace, tranquillità e gioia, grazie di cuore amici. 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > MBLAQ / Vai alla pagina dell'autore: Kiji