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Autore: Aniel_    17/02/2014    7 recensioni
Dean è un giornalista di New York, autore di una rubrica che colpisce categoricamente gli stereotipi femminili. Quando l'ispirazione viene a mancare, decide di spostare i propri interessi in una cittadina del Kansas in cui, un ragazzo di nome Castiel Novak, viene conosciuto - e ricordato- come lo sposo che scappa...
AU!RunawayBride (Se scappi ti sposo, film del 1999)
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Fandom: Supernatural
Pairing/Personaggi: Dean/Castiel, OT (Owen, a volte ritorna!), Sam Winchester, Bobby Singer, Anna Milton, Balthazar, Zaccaria, e vari
Rating: SAFE
Genere: introspettivo, sentimentale, commedia
Warning: slash, movie!AU

Betavampiredrug 
Words: 3407 (fiumidiparole)
Summary
Dean è un giornalista di New York, autore di una rubrica che colpisce categoricamente gli stereotipi femminili. Quando l'ispirazione viene a mancare, decide di spostare i propri interessi in una cittadina del Kansas in cui, un ragazzo di nome Castiel Novak, viene conosciuto - e ricordato- come lo sposo che scappa.
Dedica: alla mia unitata betosa che sta lavorando come non mai in questi giorni ♥
Disclaimer: nessun personaggio mi appartiene, naturalmente non mi appartiene nemmeno il film. Tristezza.

Ready to Run
Quarta Parte

 
Sam ordinò una bottiglietta d’acqua sotto lo sguardo perplesso del fratello. Dean si sistemò al meglio e dopo aver dato una breve occhiata alla lista degli alcolici chiese a Jo di portargli un vodka lemon con ghiaccio.
«Non devi guidare dopo, Dean?» lo ammonì il fratello minore, incrociando le braccia con disapprovazione.
Dean scrollò le spalle e sorrise. «Non sono incinta, Samantha. A differenza tua, naturalmente.» replicò. «Ho una festicciola tra qualche ora e voglio essere dell’umore giusto.»
Sam rise, scettico. «Umore giusto? Andare lì traballanti e ubriachi equivale ad essere dell’umore giusto? O pensi forse che provocando quel Castiel lui ti darà le informazioni di cui hai tanto bisogno?» domandò.
Il giornalista sospirò. A New York erano ancora tutti convinti che avrebbe scritto quell’articolo, che avrebbe camminato incurante sulla carcassa dell’ennesimo matrimonio di Castiel Novak andato in fumo. Tutti ne erano convinti, ma lui? No, lui no.
Dean non ne era poi più così sicuro.
Da una parte voleva riavere indietro il suo lavoro, dall’altra non gli andava di ridicolizzare Castiel agli occhi di persone che non lo conoscevano e non lo avrebbero mai conosciuto. Non era corretto.
Dean se lo ripeté più volte ma una parte di lui, una piccola parte nascosta nel buio della sua testa, sperava che Castiel scappasse e non per avere l’occasione di scrivere un pezzo su di lui.
Dean voleva che Castiel scappasse perché Owen non era quello giusto; nessuno di quelli amati da Cas prima di lui lo erano. Ma Dean, forse…
Scosse il capo, allontanando quei pensieri: non poteva permettersi di anteporre una “simpatia” al suo lavoro. Non era il tipo.
«Non ho bisogno di informazioni, ho già tutto quello che mi serve.» replicò Dean. «Diciamo che questa serata sarà l’ultima festa prima della fine.»
«La sua fine, no?»
Il giornalista deglutì. «Sì, la sua.» rispose, a malincuore, non del tutto certo di essere stato convincente ma Sam ebbe la furbizia di non indagare oltre.
 
*°*°*
 
Dean bevve un lungo sorso di quello che doveva essere un mortale analcolico al sapore di cocco e verdure varie, chiedendosi se in quella sperduta cittadina del Kansas conoscessero l’esistenza degli alcolici, quelli veri.
Se quella città fosse stata una città normale e quel matrimonio un matrimonio normale, probabilmente Dean si sarebbe trovato con un sigaro in una mano, un bicchiere di scotch nell’altra e cento bigliettoni tra le labbra, pronto a regalare una rata del mutuo all’adorabile diavolessa che avrebbe indicato, ammiccante, l’elastico del proprio tanga.
Ma quello non era un matrimonio normale, non erano previsti addii al celibato e signorine in abiti succinti. No, quello era uno strambo matrimonio senza motivo di esistere e Dean non poté fare a meno di sputacchiare il suo drink da figli dei fiori e ammirare i parenti di Castiel e Owen piroettare nella pista da ballo sulle note dei successi di Bob Marley.
Voglio morire, pensò distrattamente. Per il suo futuro aveva previsto tante cose ma partecipare alla festa pre-matrimoniale hippy dell’uomo che gli aveva rovinato la vita e la carriera… ecco, quello proprio no!
«Ehi» lo riportò alla realtà Balthazar, colpendolo con il gomito. «Owen è stato chiaro: niente alcolici, annebbiano la mente. Ma questa è la quarta festicciola alla quale partecipo e, credimi!, non puoi superarla senza l’aiuto di questa vecchia signora.» spiegò, indicando una bottiglia di vodka nascosta nella giacca.
Dean congiunse le mani, in segno di ringraziamento. «Mi salvi la vita.» mormorò entusiasta, mentre il barista riempiva un bicchiere generoso. Molto generoso.
«Da me non hai preso niente, intesi?»
«Ricevuto. Non posarla, okay? Credo che ne avrò bisogno.»
Balthazar aggrottò la fronte, perplesso. «Vacci piano, tigre.»
Il giornalista lo zittì con un cenno e strinse le labbra, come se stesse riflettendo su un pensiero particolarmente difficile da formulare. «Farò finta… farò finta che sia acqua.»
Il barista parve convincersi. «Oh… allora okay!»
Molto più rilassato e, per certi versi, nuovamente allegro, Dean ci mise qualche istante e tre bicchieri di vodka per intercettare Castiel, poggiato su una colonna del locale a guardare Owen fare il limbo. Ridacchiava, anche se continuava a guardarsi febbrilmente intorno, distratto.
A Dean passò per la mente la possibilità che stesse cercando lui e quel pensiero accese una lieve scintilla nel suo petto, qualcosa a metà tra la felicità e la soddisfazione. Ma la ignorò in fretta.
Forse era la vodka a parlare.
Tuttavia, incapace di mantenere le distanze, con la testa incredibilmente leggera fluttuò verso di lui, posizionandosi alle sue spalle e avvicinando le labbra al suo orecchio, affinché potesse sentirlo.
Certo, lo avrebbe sentito comunque, anche a qualche metro di distanza, ma a Dean non importò.
«Cerchi me?» domandò, languido come non avrebbe dovuto essere.
Le spalle di Castiel ebbero un leggero spasmo, come se un brivido fosse rotolato dalla nuca giù lungo la schiena. Rimase immobile per pochi istanti e voltò lentamente il capo, guardando Dean con un sorrisino scettico.
«Sei un po’ troppo egocentrico.» commentò freddo, incrociando le braccia.
Allora Dean rise, basso e roco, godendosi l’effetto che aveva sulla pelle dell’altro che si increspò appena. «Se non stavi cercando me, allora chi?» domandò, reso più audace dall’alcol.
Castiel sospirò e annusò l’aria prima di allontanarsi di qualche passo. «Puzzi di vodka, Dean.»
«E allora?»
«Allora… non dovresti bere. È una regola stasera.»
Dean ghignò. «Una regola di chi? Di Owen?» lo schernì, porgendogli il proprio bicchiere. «Sappiamo tutti e due che hai una gran voglia di farti un goccetto con me, Cas.»
Castiel si umettò le labbra con la lingua e fece per prendere il bicchiere ma si bloccò, con una mano a mezz’aria, scuotendo il capo con forza. «Cerca solo di non fare danni, Dean. Per favore.» lo pregò.
Il giornalista sospirò e scrollò le spalle, svuotando le due dita di vodka che erano rimaste e soppesando l’idea di andare da Balthe e farsi consegnare direttamente la bottiglia, ma la voce di Zaccaria cozzò con i suoi piani criminali, richiamando tutti attorno al tavolo del buffet.
«E finalmente ecco a voi il momento dei brindisi!» annunciò l’uomo, alzando quello che sembrava prosecco ma Dean non ci avrebbe messo la mano sul fuoco. «Avanti, chi vuole cominciare?»
Una donnina pelle e ossa con lo sguardo furbo si schiarì la voce e alzò il proprio calice. «A Castiel e Owen, nella speranza che i regali siano rimborsabili!»
Gli invitati ridacchiarono, alcune donne mormorarono qualcosa all’orecchio dei mariti che, a loro volta, scoppiarono a ridere. Un uomo distinto si levò al di sopra dei mormorii e alzò il proprio calice. «Ai futuri sposi, sperando che il buffet sia a portar via!»
Un’ondata di ilarità si disperse per il locale, colpendo Dean come un pugno allo stomaco, ma niente lo ferì tanto quanto l’espressione dipinta sul viso di Castiel. Mentre le battute si susseguivano – alcune studiate e sottili, altre volgari e fuori luogo – Castiel non si trattenne dal sorridere: non un sorriso acceso, vivo, di quelli che gli aveva visto sulle labbra da qualche giorno. Quello era un sorriso triste, tirato, quello che precede un crollo o una sfuriata che però, conoscendo Castiel, non sarebbe mai arrivata.
Zaccaria, divertito come mai in vita propria, concluse con un meschino: «Castiel non sarà di certo lo sposo più bello e affidabile della nostra cittadina, ma è senz’altro il più veloce!»
Castiel mimò quelle parole con le labbra, abituato a sentirle ripetersi di matrimonio in matrimonio, prima di applaudire sconfortato e sorridere di circostanza.
Il giornalista si chiese come facesse una famiglia a comportarsi così ma, più di tutto, come riuscisse Castiel a non esplodere e mandare tutti a quel paese. Lui l’avrebbe fatto senza pensarci troppo.
«Signor Winchester perché non fa un brindisi anche lei?» propose allora Zaccaria, sghignazzando. «Sparare a zero su Castiel dal vivo e molto più divertente che dal giornale! Avanti!»
Dean si passò una mano sulle labbra e sorrise, tra sé e sé. Raggiunse Castiel e lo guardò da sopra in giù, preoccupato. «Va tutto bene, Cas?» gli chiese, in un sussurro.
L’altro, preso alla sprovvista, sbatté le palpebre più volte, convinto di non aver sentito bene.
«Dean, è solo un gioco.» rispose Owen al posto dell’altro. «Non sei di queste parti ma qui si usa fare così.»
Qui si usa essere degli stronzi? pensò distrattamente il giornalista, grattandosi una guancia. «Sì. A quanto pare si usa così.»
«Andiamo, Winchester! Un brindisi…» lo incitarono gli altri presenti.
Il giornalista annuì e afferrò il calice di Castiel. «Okay, allora. Alla famiglia di Castiel» esordì a voce alta, spostando lo sguardo tra tutti i presenti. «Affinché tutti voi possiate essere al centro di uno scandalo e derisi e denigrati da persone inette che si dicono impropriamente vostri amici. Salute!» sputò fuori, con un astio di cui non si credeva capace ma che non era riuscito a trattenere.
Il silenzio calò immediatamente, accompagnato da brevi e quasi inudibili mormorii. Balthazar, spiazzato, si schiarì la voce e invitò gli ospiti a scendere in pista, togliendo Dean dall’impiccio. Il giornalista lo ringraziò silenziosamente, con un cenno, prima di voltarsi a cercare Castiel con lo sguardo. Tutto ciò che individuò, però, fu la sua scia mentre si dirigeva in fretta verso l’uscita.
Fece immediatamente per seguirlo ma Anna lo afferrò per un braccio, porgendogli la giacca dell’amico. «Prendila, potrebbe servirti.»
Dopo pochi minuti, trovo Castiel fuori dal locale, a respirare affannosamente. Il giornalista gli si avvicinò, porgendogli la giacca, ma l’altro lo ignorò e, contro le sue più rosee aspettative, lo spintonò con forza, rabbioso.
«Si può sapere che diavolo ti prende?» domandò Dean, facendo un passo avanti.
«Tu!» ringhiò Castiel, fuori di sé. «Tu mi hai… mi hai… Dean, tu mi hai umiliato!»
«Umiliato? Cas, io sono l’unico là dentro che ti ha difeso!» replicò il giornalista, incredulo. «È così che hai intenzione di farti trattare? Mi sembrava di essere finito in reality show!»
«Avevo tutto sotto controllo e ora…» rispose l’altro, bloccandosi per pochi istanti. «Era solo un gioco. Uno stupido gioco, tutto qui.»
Dean rise, sfregandosi una mano sulle labbra. «Beh, perdonami ma io non mi sono divertito. E dalla tua faccia presumo nemmeno tu!»
«Non capisci, non è vero? Se rido ai loro commenti meschini, se faccio finta che le loro allusioni mi scivolino addosso, tutta quella gente non si crederà in grado di ferirmi. Non ho bisogno di fare pena ai miei amici e alla mia famiglia!»
«Amici e famiglia?» chiese Dean, facendosi più vicino. «È così che li definiresti? Cas, quella gente non ha la minima idea di chi tu sia. Per loro sei solo un fenomeno da baraccone da usare quando si sentono frustrati! Nel tuo caso sarebbe più logico avere un amico immaginario piuttosto che queste persone…»
«Sì, un amico immaginario.» ridacchiò Castiel, massaggiandosi le tempie. «Hai ragione. Si addice di più ad un pazzo.»
«Non ho mai detto che sei pazzo…»
«Sì invece!» sbottò con rabbia. «Il tuo articolo mi ha dipinto così, come una persona disturbata, bisognosa di attenzioni e crudele con il prossimo. Ho letto i tuoi appunti, Dean. So cosa pensi di me! Eppure di tutte le cattiverie che ho sentito su di me, di tutte le persone che mi hanno deriso mai nessuno mi ha umiliato e fatto sentire un idiota quanto te stasera.»
Dean lo ascoltò attentamente, ascoltò ogni insulto che seguì, ogni supposizione, ogni commento carico d’odio che non fece altro che farlo incazzare perché era stato l’unico ad essersi schierato dalla parte di Castiel, ma lui sembrava non capirlo.
«Sai che c’è, Castiel? È vero, tu sei una persona disturbata. Sei talmente confuso da confondere affetto e umiliazione perché se davvero quelle persone ti volessero bene, di certo non avrebbero detto stronzate simili. Ma che ne puoi sapere tu… non sai nemmeno con cosa ti piace fare colazione!»
«E questo cosa significa?»
«Sì! Con lo chef volevi i pancake, con l’hippy uova in camicia e ora solo caffè nero!»
Castiel rise, piegandosi in avanti, come se non riuscisse a credere alle sue orecchie. «Dean, questo si chiama “cambiare idea”.»
«No, questa è non avercela neanche un’idea!» urlò Dean, incapace di trattenersi. «Ti conosco, Castiel. Che tu ci creda o no, so più cose io di te che quell’idiota di Owen! Quando sei con me sei te stesso, ma quando sei con lui? Ti trasformi. Diventi esattamente quello che lui vuole che tu sia perché è questo quello che fai. Ti cuci addosso la personalità di qualcun altro, la vita di qualcun altro perché sei convinto che se ti comportassi come vuoi allora non saresti più l’uomo ideale del tuo fidanzato. Non è così che funziona, Castiel. Non può funzionare. Tu… tu non vuoi scalare l’Anda Purna!» aggiunse, gridando, nel tentativo di farlo tornare in sé.
«È l’Himalaya!» replicò Castiel, con tutto il fiato che aveva in gola. «E tu… come ti permetti. Come ti permetti di insinuare…»
Dean accorciò le distanze e posò le mani sulle spalle dell’altro. Costrinse se stesso a respirare profondamente prima di riprendere, ritagliandosi un breve momento per riflettere. «Tu non vuoi quelle cose. Tu vuoi una persona a cui raccontare le tue giornate nel minimo dettaglio nonostante a lui non interessi granché di come trasformare un tubo in un fermacarte. Vuoi una persona con cui passare le notti a guardare la televisione sul divano. Vuoi una persona che ti svegli all’alba solo perché vuole sentire la tua voce e non può aspettare fino alla colazione. Dimmi che mi sbaglio.»
Castiel aprì le labbra e le richiuse, stringendo le mani sulle spalle di Dean senza però allontanarlo. Gli fissò le labbra, insistentemente, e il giornalista sapeva che da lì a poco si sarebbero baciati, lo sentiva. Lo voleva.
Ma l’altro lo allontanò, puntandogli il dito contro. «Tu sei un figlio di puttana manipolatore e meschino, lo sai? Tutta questa messa in scena architettata solo per intimorirmi, per farmi scappare. Ci tieni tanto, vero Winchester? Io leggevo la tua rubrica e non hai mai scritto qualcosa di te, perché sei una pessima persona che non potrebbe riconoscere il vero amore nemmeno se ci sbattesse contro! Non credo di essere l’unico confuso, qui. E tu lo sai.»
Castiel riprese fiato e si voltò, tornando nel locale, lasciando Dean solo con una giacca in mano e un gran mal di testa.
 
*°*°*
 
«No, Cas. Non puoi guidare in queste condizioni!» lo bacchettò Anna, sfilandogli via dalle dita le chiavi del furgoncino.
Castiel sbuffò contrariato ma non lottò, certo che il minimo movimento lo avrebbe fatto finire rovinosamente con la faccia contro l’asfalto. Tirò fuori la lingua e si lamentò: aveva una sete preoccupante. Tutta colpa di Balthazar e del suo pessimo alcol.
In realtà era colpa sua che nemmeno era in grado di reggerlo l’alcol.
No, è tutta colpa di Dean Winchester.
«Mi serve un caffè.» borbottò. «Un caffè e un secchio.» aggiunse immediatamente, sporgendosi oltre la siepe in preda ai conati.
Dio!, Owen doveva essere furioso.
Una volta ripresosi si voltò verso gli altri e li pregò con lo sguardo: nessuno era in grado di resistere a quella faccia pallida da cane bastonato. «Ecco cosa faremo.» annunciò. «Passeremo dalla ferramenta, mi laverò i denti e andremo al parco.»
Balthazar aggrottò la fronte. «Per un esorcismo all’aperto?»
Anna lo zittì con una gomitata nello stomaco. «Cosa vuoi fare al parco, Cas?» domandò.
«Voglio fare le prove. Owen, possiamo? Io voglio farle, voglio-»
Sentirmi sicuro.
Sentirmi al sicuro.
«Certo, Cas.» lo tranquillizzò il fidanzato, prendendolo per mano. «Vuoi focalizzare, non è vero? Sono d’accordo.»
«Sì.» annuì prontamente il ragazzo. «Voglio focalizzarti. Ti prego Owen, andiamo a focalizzare insieme.» aggiunse, aggrappandosi a lui e affondando il viso sul suo petto.
«Oh. D’accordo tesoro, non ti preoccupare. Andiamo immediatamente.» replicò Owen, sorpreso da quel genuino attacco di tenerezza del compagno. «Posso fare qualcos’altro per te?»
Castiel riemerse dal suo nascondiglio e lo guardò negli occhi.
Lo amava.
Ne era sicuro.
«Puoi chiamare Dean?»
«Dean?» domandò Owen, certo di non aver compreso bene.
Castiel annuì. «Dean Winchester. Voglio che ci sia anche lui.» disse.
«Certo. Immagino che tu voglia i tuoi… uhm… amici intorno.»
«Dean Winchester non è mio amico. È qui per fare il suo lavoro e anche io intendo fare il mio lavoro. Andiamo.»
Il ragazzo si fece accompagnare senza dire una parola e il viaggio in macchina fu uno dei più lunghi e silenziosi della sua vita. Aveva davvero definito il matrimonio “un lavoro”? Non lo intendeva davvero. Era ubriaco e non aveva intenzione di ferire Owen.
Era proprio questo desiderio di non ferirlo che lo aveva spinto a convincere gli altri a ripetere le prove per l’ennesima volta.
Ma, in fin dei conti, non ne aveva bisogno perché sapeva che avrebbe sposato Owen, sapeva che lui lo avrebbe reso felice e sapeva che tutto sarebbe andato per il meglio. Dean si sbagliava e gliel’avrebbe dimostrato.
Arrivarono al parco in tarda notte e l’aria pungente destò Castiel dall’intorpidimento del lungo viaggio in auto. Dean era già lì, probabilmente non era tornato al motel, restando nei dintorni.
Lo vide parlare con Balthazar ma non si soffermò più di tanto perché non era lì per sapere cosa pensava Dean di lui. Lo aveva ascoltato poche ore prima e non aveva intenzione di approfondire oltre.
Così, rilassato e avendo di fronte l’uomo che amava, si sistemò al limite del tappetto rosso che separava le panche di mogano sulle quali avrebbero preso posto gli invitati il giorno seguente.
Owen era lì, appena fuori dal gazebo in cui si sarebbero promessi di amarsi e rispettarsi per tutta la vita. In realtà, quel gazebo azzurrino era un po’ un pugno in un occhio ma Owen aveva insistito tanto. L’azzurro è un colore rilassante, Castiel. Ti aiuterà. Aveva detto e Castiel aveva, seppur titubante, acconsentito.
Il ragazzo prese un bel respiro e prese a camminare, un passo dietro l’altro, con sicurezza. Poi si fermò all’improvviso e incrociò le braccia circa a metà tragitto. «Non posso farlo senza la musica.» obiettò. «Balthe, canticchieresti la marcia nuziale?»
«No.» replicò l’amico, indignato. «Io non sono gay.»
Castiel sbuffò e fece una giravolta, battendo i piedi come un bambino. «E allora voglio almeno qualcuno che finga di celebrare.» pretese, lanciando un’occhiataccia a Dean che, con le sopracciglia inarcate, osservava la scena divertito. «Dean, domani avrai un posto in prima fila per assistere. Perché non fingi tu?»
Il giornalista, con le mani affondate nelle tasche del giubbotto di pelle, scrollò le spalle e raggiunse il gazebo. Percorrendo il tappeto, mormorò qualcosa che Castiel colse come un “siamo tutti bravi a fingere qui”, ma non gli diede la soddisfazione di replicare.
Una volta che tutti si furono sistemati, Castiel continuò con la sua avanzata. Owen lo incitava con lo sguardo e Dean rideva, come se fosse la cosa più ridicola del mondo.
E in effetti, lo era. Castiel stava facendo le prove del proprio matrimonio in un parco in piena notte dopo aver vomitato l’anima. Non era normale.
Era da pazzi!
Così Castiel si fermò a pochi metri dal gazebo, terrorizzato. Che cosa stava facendo?
«No, no, no.» fece Owen, richiamando la sua attenzione. «È tutto okay, Cas; siamo qui per questo.» aggiunse mentre lo raggiungeva. Si sistemò alle sue spalle e lo fece respirare. Una, due, tre volte.
«Focalizza, Cas. Focalizza.» gli mormorò all’orecchio.
Castiel sbuffò. «Cosa devo focalizzare? Sei dietro di me!» osservò, preoccupato.
«Oh sì. Hai ragione. Dean!» lo chiamò. «Per favore, prendi il mio posto in modo tale che Cas abbia qualcosa da focalizzare.»
Dean obbedì e improvvisamente Castiel si sentì al sicuro. Quella sensazione che aveva cercato per anni, l’emozione di raggiungere la persona amata, la sicurezza di non compiere alcun errore. E Dean, a sua volta, lo incoraggiava e quando allungò una mano, Castiel la afferrò con sicurezza.
Owen stava mormorando qualcosa che Castiel non riuscì a cogliere. Non poteva concentrarsi su qualcosa di diverso dalle mani di Dean che stringevano le sue, dai suoi occhi, dalle sue labbra.
«E arrivati a questo punto inizia la cerimonia. Tutto molto veloce e istantaneo. E poi “puoi baciare lo sposo” e-»
Puoi baciare lo sposo.
Castiel non sentì altro. Si avvicinò prontamente a Dean e poggiò le labbra sulle sue. Il giornalista portò una mano sul suo viso e lo strinse a sé e per Castiel fu come tornare a respirare dopo una settimana passata in apnea.
Non fu un lungo e appassionato bacio ma il ragazzo lo catalogò come uno dei migliori della propria vita.
Quando si separarono, un silenzio preoccupante li avvolse, seguito da mormorii sorpresi: Anna si era portata una mano alle labbra, sconvolta; Balthazar strinse le labbra per impedirsi di scoppiare a ridere e Owen…
«Mi hai baciato.» disse Dean, chiaramente sorpreso.
Castiel annuì. «Ti ho baciato.»
«Mi dispiace, Owen.» mormorò il giornalista. «Ma lui mi ha… mi ha baciato.»
«Sì.» replicò Owen, stizzito. «Ho notato.»
Castiel non avrebbe saputo dire cosa fosse accaduto esattamente ma vide Dean atterrato da un pugno di Owen e l’ormai ex fidanzato allontanarsi, furibondo.
«Oddio.» mormorò, aiutando il giornalista a tirarsi in piedi. «Almeno ho cambiato idea prima del matrimonio. È già un passo avanti, no?»
Dean ridacchiò, massaggiandosi la mascella. «Dimmi che non hai scelto tu questo gazebo. È orrendo.»
Castiel rise e sentì tutta l’agitazione scivolare via.
   
 
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