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Autore: beagle26    17/02/2014    3 recensioni
New York. Elena fa da assistente in un importante studio di PR di Manhattan. E' indipendente, determinata, ma dal punto di vista sentimentale è molto fragile ed immatura, a causa di una serie di situazioni che hanno messo alla prova le sue rigide convinzioni e minato le sue certezze.
Damon è tornato in città dopo un lungo viaggio in giro per il mondo. Si porta dietro un bagaglio di esperienze straordinarie, ma non è riuscito a liberarsi di ciò che lo tormenta. Tende a mettere alla prova le persone, a mostrare solo il lato peggiore di sé nascondendo un profondo bisogno di essere accettato.
Dal testo:
"Da qui posso vedere bene il profilo della Statua della Libertà, una piccola sagoma verde immersa tra le nuvole. Così ben piantata a terra, lo sguardo fiero puntato all’orizzonte, mi ricorda un po’ me stessa fino a poco tempo fa.
Oggi però la mia libertà la voglio immaginare diversamente.
Come una piuma che ondeggia nell’aria e si appoggia su un ramo per godersi un raggio di sole.
E poi, in una giornata di pioggia, un’improvvisa folata di vento la porta via con sé… ma non fa niente. Potrebbe essere un bel volo."
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert, Stefan Salvatore | Coppie: Damon/Elena
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 1
 
“Afterlife, I think I saw what happens next
It was just a glimpse of you, like looking through a window
Or a shallow sea
Could you see me?

When love is gone
Where does it go?
And where do we go?”
*****
“Vita nell’aldilà, credo di aver visto cosa succede dopo
era solo una visione di sfuggita di te, come guardare attraverso una finestra
o un mare piatto
riesci a vedermi?

quando l’amore se ne va
dove va?
e dove andiamo noi?”
Afterlife – Arcade Fire
 
 
 
È da un’ora buona che fisso lo schermo del pc continuando a scrivere frasi per cancellarle un secondo dopo. Devo assolutamente finire lo spassosissimo comunicato stampa su una malta a presa rapida che mi è stato delegato e sono decisa a fare un buon lavoro, anche se devo ammettere che è piuttosto difficile riuscire a rendere “meno tecnico e più accattivante” un testo del genere.
Questa però è la richiesta della responsabile marketing della Steel Supplies, grosso cliente di forniture per edilizia di Rebekah. Naturalmente la rogna è finita dritta dritta sulla mia scrivania. Beks non perde mai il suo  tempo dietro a banali questioni di routine.
A proposito del mio capo, è tutta la mattina che sorride e si aggiusta il trucco al di là del vetro che separa il suo elegante ufficio da quello di noi comuni mortali. Oggi deve essere di buon umore, mi ha perfino ringraziata per averle portato il caffè. Sarà andato in porto quel contratto che insegue da un po’?
 
Da una settimana a questa parte, ogni mattina alla stessa ora faccio tappa alla caffetteria di Matt.
Quasi senza rendermene conto, ho iniziato a cercare un bagliore celeste nel mio riflesso sulla mensola e  a lanciare occhiate fugaci e distratte al tavolino in fondo alla sala.
Anche se faccio fatica ad ammetterlo perfino a me stessa, una parte di me avrebbe voluto ritrovare quello sguardo, capire perché mi ha tanto turbata. Ma di lui nessuna traccia.
Oggi, mentre attendevo al banco la mia ordinazione, Matt mi ha chiesto di uscire insieme questa sera.
Mi ha parlato di uno spettacolo teatrale a Williamsburg o qualcosa del genere.
Ho farfugliato una scusa, neanche troppo convincente, ho preso le mie cose e me ne sono andata. Quando lo racconterò a Care non ne sarà entusiasta, ma non ci posso fare niente.
Matt è gentile, è anche piuttosto carino e molto simpatico. Eppure, come sempre, manca qualcosa. Manca qualcosa dentro di me.
 
Quando avevo sedici anni guardavo i miei genitori innamorati con ammirazione e sognavo di trovare un uomo perfetto come il mio papà. Un uomo integerrimo, da amare per sempre, su cui contare per sempre. Pensavo che a venticinque sarei stata già sposata, addirittura una mamma in carriera, con un cane, possibilmente Labrador, e un giardino da curare la domenica.
Adesso che ho raggiunto quell’età mi rendo conto che la mia idea dell’amore era a dir poco superficiale. Non che adesso abbia le idee più chiare, anzi,  più semplicemente, credo che l’amore non faccia per me.
Al college stavo con Tyler Lockwood, il quarterback della squadra di football.
Ero diversa in quel periodo, più gioiosa. Lui diceva sempre che adorava vedermi ridere, perdermi nella mia spensierata felicità.  Andava tutto bene fino a che ho scoperto che si ripassava mezzo dormitorio femminile e, come sempre succede, tutti lo sapevano tranne la sottoscritta. Col senno di poi ho realizzato che forse non ero veramente innamorata di Tyler, semplicemente lo avevo eletto co-protagonista del mio assurdo progetto di vita. Ho dovuto rivedere le mie teorie.
E poi ho scoperto un’altra cosa: il “per sempre” che tanto agognavo, non esiste.
L’ho capito un pomeriggio di un anno fa, mentre aspettavo i miei genitori di ritorno da una gita al lago.
Una gomma della loro auto è esplosa in autostrada e sono stati travolti da un camion che viaggiava subito dietro di loro. Non c’è stato nulla da fare. Era troppo presto per loro, troppo presto per me per dovermene separare. Quel giorno un pezzo del mio cuore si è congelato, le mie certezze si sono dissolte. Ho dovuto fare i conti con l’imprevedibilità del caso e ne sono rimasta destabilizzata.
Poco a poco, ho tentato di ricostruire delle sicurezze a cui aggrapparmi. Per adesso, tutti i miei sforzi e i miei desideri sono concentrati nel realizzarmi professionalmente. Vorrei dare un senso alla mia vita e a quella di mia madre e mio padre, a tutti i loro sacrifici. Anche se non lo sapranno mai.
 
A volte penso che dovrei piantarla con le sciocchezze che mi dice il cervello, chiudere in un cassetto tutte le mie paranoie e dare una possibilità a Matt… ma non ho la vocazione della fidanzatina, finirei per deluderlo e perderei la sua amicizia. Non voglio correre questo rischio, perché lui mi piace.
 
Il suono del telefono interrompe il filo ingarbugliato dei miei pensieri. Rebekah mi parla dalla cornetta fissandomi con il suo sguardo glaciale al di là del vetro. “Elena prenota un tavolo per due da Pastis per le 13.00” mi ordina perentoria, lisciandosi una bionda ciocca di capelli fra le dita. “Pastis… ricevuto!”.
Cerco subito il numero sull’agenda e mi affretto a fare quello che mi ha detto. Non posso fare a meno di invidiare un po’ Rebekah che si gode sempre la parte più divertente del lavoro.
Appena riattacco, il telefono riprende a squillare. Riconosco sul display il numero di Care. Per un attimo ho paura di aver evocato la sua predica col pensiero. Non capita spesso che mi chiami in ufficio, di solito è piuttosto impegnata. Lavora come collaboratrice per una rivista di moda, come dire che sta dall’altra parte della barricata rispetto a me, il che è piuttosto bizzarro, ma spesso ci permette di incontrarci anche per questioni lavorative.
 
“Ciao Care! Va tutto bene? Come mai mi chiami a quest’ora?”
 
“Tesoro questa sera c’è una festa a cui non puoi assolutamente mancare” strilla nella cornetta.
 
“Di che si tratta?” sbuffo. Non sono una tipa molto mondana, ma lei decisamente si e non perde occasione per coinvolgermi nelle sue avventure. È sempre così risoluta e travolgente che non riesco quasi mai  a dirle di no.
 
“Ti ho raccontato di quel tipo che ho conosciuto in palestra no? Questa sera darà una festa nel suo appartamento a SoHo e mi ha invitata! Non è splendido?”
 
“E’ fantastico Care, davvero. Ma io cosa c’entro scusa?”
 
“Stai scherzando? Non vorrai mica mandarmi da sola! E se poi viene fuori che è un maniaco pervertito e mi ha raccontato della festa solo per approfittarsi di me? DEVI accompagnarmi.”
 
“Messa giù così si prospetta una serata interessante” commento ironica “comunque ok Care, solo non facciamo troppo tardi. Domani ho un’infinità di telefonate da fare per la conferenza stampa di cui ti ho parlato… non voglio arrivare sfatta al lavoro.”
 
“Sempre la solita stacanovista… un po’ di vita sociale non può che farti bene. A quanto ne so ci sarà un sacco di gente e…”
 
“Ok, ok tranquilla mi hai convinta…” rispondo alzando gli occhi al cielo, contenta di non essere vista.
 
“Sei un angelo! Scappo, ci sentiamo più tardi.”
La sento scoccarmi un bacio e non posso fare a meno di sorridere.
 
Mi affretto a chiudere la conversazione e a riprendere in mano il mio lavoro, prima di essere beccata a farmi i fatti miei. Guardo al di là del vetro. Rebekah non è più da sola, riesco ad intravvedere un uomo seduto di fronte a lei. Deve essere entrato mentre ero al telefono. Mi da le spalle, ma deve essere uno che conta se lei fa quella faccia compiaciuta… la sua tipica faccia “da soldi” insomma.
La vedo allungarsi sulla scrivania per… baciarlo… oh mio Dio, ha un nuovo ragazzo! Ecco spiegato il suo insolito buon umore. Sogghigno soddisfatta della mia piccola scoperta. Adesso ho anche io un bel gossip da condividere con le colleghe in pausa pranzo.
Quando Becks si alza per avvicinarsi alla porta dell’ufficio, ondeggiando sul suo tacco dodici, mi affretto a portare lo sguardo sullo schermo del computer, dove giace abbandonato il mio comunicato stampa incompiuto.
Pochi istanti dopo sento la sua voce farsi più vicina.
Alzo timidamente gli occhi. Il cuore sembra schizzarmi dritto in gola.
Per la seconda volta incontro gli occhi più straordinari che abbia mai visto. Il mio bel sconosciuto del bar è in piedi accanto a Rebekah che sorride radiosa e soddisfatta, mentre a me sta venendo un mezzo infarto.
 
“Damon questa è la mia assistente, Elena.” mi presenta, con finta cortesia.
 
“Elena lui è Damon Salvatore, un mio… ehm amico, nonché nuovo cliente dell’agenzia.” Non può proprio fare a meno di vantarsi, lanciandogli un’occhiata da vera predatrice.
 
Lui allunga la mano verso di me mentre scatto in piedi cercando di elaborare queste nuove informazioni. Dunque ricapitoliamo: nuovo cliente, “amico”… Ok non può essere.
Il contatto con la sua mano mi fa trasalire, ma cerco di non darlo a vedere. “E’ un vero piacere conoscerti Elena.” Il suono del mio nome sulle sue labbra mi fa un effetto strano, indefinibile.
È formale, eppure mi sembra di scorgere un che di malizioso e divertito, una scintilla di intesa nel suo sguardo. Non riesco a capire se è solo un’impressione, troppo distratta dal suo volto e dall’assurdità della situazione per poter ragionare in modo coerente.
“Molto lieta Signor Salvatore.” dico automaticamente. Fortunatamente la mia buona educazione ha la meglio sulla mia mente, che ha temporaneamente appeso il cartello “Fuori Servizio”.
“Chiamami Damon.”
“Damon.”
Sento le guance in fiamme. Riesco a pensare solo ad una cosa: Dio, sta con Rebekah.
Dentro di me si fa strada una sensazione amara… una piccola fitta di delusione che cerco di soffocare sul nascere. Se sta con lei non può che essere uno spocchioso pieno di soldi e di boria, l’identikit del suo uomo ideale. Piuttosto attraente, devo dire, ma pur sempre spocchioso.
Abbasso lo sguardo lasciandolo vagare tra i fogli sparsi sulla mia scrivania.
“Andiamo a pranzo Dam?” gli chiede dolcemente la bionda. “Hai prenotato vero?” prosegue poi rivolta a me, scaricandomi contemporaneamente una pila di carte tra le braccia. “Farò tardi perciò veditela tu con questa rassegna stampa.”
Si allontanano. Lui, vestito completamente di nero, non mi degna di uno sguardo mentre le apre la porta, prendendola per mano subito dopo e scomparendo dalla mia visuale.
 
 
Più tardi, a casa con Care, ripercorro i fatti della giornata mentre ci prepariamo per la festa del suo amico.
 
“Elena, mi stai sorprendendo. I tuoi ormoni hanno dato un cenno di vita? Questa si che è una notizia da prima pagina.”
 
“Spiritosa.”
 
“No, seriamente. Riassumiamo. Hai una fila di uomini che ti muoiono dietro ma tu no!! Tu sbavi per un tizio belloccio capitato per caso al bar, e guarda caso questo se la fa con la strega che ti ritrovi come capo. È incredibile, il tuo karma ha bisogno di una messa a punto ragazza!”
 
“Io non sbavo… ero solo un po’ incuriosita, ecco tutto. E comunque, chi se ne frega.” rispondo seria, però poi non posso trattenermi dallo scoppiare a ridere sentendo il tono con cui ha pronunciato l’ultima frase.
Caroline scuote la testa, ma non approfondisce oltre. Fortunatamente questa sera ha di meglio a cui pensare.
 
“Non parliamone più, dai.” concludo, aggiustandomi il vestito che mi ha prestato e pescando dal portagioie sopra il comò il braccialetto di perline di mia madre.
 
“Vieni qui Elena, ti aiuto ad allacciarlo.” sussurra lei con dolcezza afferrandomi il polso e lasciandoci una carezza sfuggente dopo aver appuntato il bracciale.
 
“Quello che ti ci vuole è sana distrazione. Distrazione a pacchi!” prosegue “Sai no? Un po’ di musica, alcolici da quattro soldi e qualche bel ragazzo, possibilmente senza implicazioni con la Mikaelson… e io sono qui per questo!”
 
Mi fa un occhiolino ed io le sorrido riconoscente “Hai ragione! Andiamo a divertirci amica!”
 
La festa si tiene in un loft strepitoso a Spring Street, nel cuore di SoHo, uno dei quartieri di Manhattan che preferisco. Per una volta ci siamo concesse il lusso di un taxi: non avevamo voglia di prendere la metro da Brooklyn, dove abitiamo entrambe, tutte agghindate e con i tacchi a spillo che Care mi ha costretto ad indossare.
Il loft è arredato splendidamente: pezzi di vero antiquariato spiccano fra gli asettici mobili contemporanei in un mix veramente ben riuscito, sicuramente frutto del lavoro di qualche interior designer.
Il bianco ed il nero la fanno da padrone, in contrasto con i pavimenti in legno chiaro. Ci sono fasci di rose rosse in bella mostra in ogni dove. Care si muove con disinvoltura nel grande salone, già colmo di persone, conducendomi nell’angolo bar e piazzandomi un drink in mano. Faccio tintinnare il ghiaccio con perplessità, scrutando il liquido trasparente per poi prenderne un piccolo sorso, nella speranza che l’alcol mi aiuti a sciogliermi un po’. I miei buoni propositi riguardo la “sana distrazione” si sono già in buona parte dissolti appena ho messo piede qui dentro.
Mentre Care è abbagliante, perfettamente a suo agio nel suo miniabito color cipria, i capelli che ricadono in morbide onde sulle spalle, io mi sento terribilmente fuori luogo in questo posto così sofisticato. Per fortuna indosso il vestito  che lei mi ha prestato e non i miei soliti jeans con le Converse.
La vedo agitare una mano verso un ragazzo che cammina verso di noi, e capisco che deve trattarsi del tipo della palestra. Quando si avvicina non posso fare a meno di notare che sembra un modello da copertina: alto, magro ma muscoloso, splendidi occhi di un verde brillante.
Afferra la mano della mia amica, depositandole un bacio sulla guancia.
 
“Ciao..” gli bisbiglia Caroline in brodo di giuggiole, per poi ricomporsi automaticamente, vittima delle sue inveterate buone maniere. “Elena ti presento l’amico di cui ti avevo parlato… il padrone di casa, Stefan. Stefan lei è la mia migliore amica, Elena.”
 
“Piacere di conoscerti, ho sentito tanto parlare di te!” risponde lui, stringendomi calorosamente la mano.
È realmente amichevole e mi piace subito.
 
“Che ne dite della festa?” prosegue guardandosi attorno.
 
“È fantastica, grazie per averci invitate Stef!” esclama Care sbattendo le ciglia. È davvero presa da lui!
Visti insieme, sembrano la copia umana di Barbie e Ken e per un attimo riesco a immaginarmeli nella loro casetta tutta rosa…
 
“Hai una casa molto bella Stefan” mi complimento sincera, sull’onda di quella strana fantasia.
 
“Grazie. In realtà non è solo mia, la condivido con mio fratello. È tornato in città da poco per aiutarmi con l’azienda di famiglia.”
 
“Stefan si occupa progettazione e realizzazione di mobili di design. E solo in materiali ecologici.” lo interrompe un’adorante Caroline.
 
“Oh.. molto interessante.”
 
“Allora, mi sembra di aver capito che lavori nel ramo del marketing o qualcosa di simile...Sbaglio?”
 
“Proprio così, lavoro per un’agenzia di comunicazione. Beh in realtà sono solo una stagista e… comunque, forse la conosci…”
 
Stefan non mi sta più ascoltando, sta guardando oltre le mie spalle “Scusa Elena, ecco mio fratello. Vorrei presentarvelo ragazze, infondo è il suo ritorno che stiamo festeggiando…Damon?”
 
A solo sentire pronunciare quel nome mi congelo sul posto e letteralmente non credo ai miei occhi quando scorgo la figura che si avvicina a noi.
Ancora lui.
 
 
*********
 
Per prima cosa tengo a ringraziare le splendide ragazze che hanno recensito la storia… davvero grazie con tutto il cuore! Mi avete dato una gioia indescrivibile e totalmente inaspettata. Da lettrice devo dire che ho spesso sottovalutato l’importanza che la recensione può avere per l’autore… non lo farò più, anzi cercherò di rimediare dove possibile.
Venendo alla storia, forse questo capitolo vi avrà un po’ annoiate ma mi serviva per raccontarvi di più della mia Elena. Nel dubbio di non essermi spiegata bene, provo a farlo anche qui. Elena da ragazzina aveva una visione molto standardizzata e superficiale dei sentimenti. Immaginatevela in una specie di famiglia del mulino bianco, senza grossi problemi o drammi. La sua storia più importante e duratura è finita come è finita, ma alla fine si rende conto anche lei che era un rapporto immaturo anche da parte sua. La perdita improvvisa dei genitori le toglie certezze. Elena cerca disperatamente di controllare tutto il controllabile nella sua vita, concentra tutte le energie sulla carriera e per il resto è bloccata. Damon in questo capitolo appare solo di sfuggita… scopriamo solo alcuni piccoli indizi su di lui, abbiamo la conferma che la sua sola comparsa crea degli strani squilibri ad Elena che però cerca, con molta fatica, di tenere tutto a bada come al suo solito.
Un ultima cosa: l’ambientazione newyorkese non è casuale, ossia essendo la mia prima ff volevo aggrapparmi a qualcosa che ho visto veramente e quindi ecco spiegata la scelta di New York. Mi sono facilitata il lavoro e poi vorrei trasmettervi un po’ della magia di questa città.
Spero di non avervi deluso! Alla prossima.
Beagle
  
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