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Autore: zellnh    17/02/2014    6 recensioni
"C'era un freddo che le penetrava fin dentro le ossa, trapassando anche il giubbotto in pelle e il maglione.
Eppure, non sembrava semplice mal tempo. Troppo silenzio.
Cercò di inviare un altro messaggio, ma il cellulare l'avvisò che era scomparsa la linea.
« Maledizione! » imprecò, ricacciandolo in tasca con una certa aggressione.
La strada non era mai stata così deserta.
E se non fosse stato che non aveva mai bevuto in vita sua – se si escludeva un matrimonio –, avrebbe pensato di essersi presa una bella sbronza.
Perché in mezzo all'asfalto, sull'orlo della strada, c'era il corpo di un ragazzo."
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Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Buonsalve a tutti!

Dunque, ho dieci minuti dieci per pubblicare questa storia, e sinceramente credo siano i dieci minuti più sprecati della mia vita, considerato che l'ho scritta senza neanche pensare davvero a cosa stavo facendo.

Però, ormai ve lo avevo promesso, e poi perché non sperare in qualche parere alternativo in ambito non FF?

Quindi, leggete e...

enjoy!

 

My world are you 

 

Disclaimer!

 


Inviato a: Anna

Arrivo tra poco, credo stia per scoppiare un temporale.


Tipico delle situazioni scomode; fino a cinque minuti prima c’era un sole che spaccava le pietre, e poi…

Poi era arrivata quell'aria così strana, che sembrava anticipare più una tempesta.

Natalie diede un’occhiata al cielo, e rabbrividì; le nuvole si erano avvicinate, formando un unico cumulo, e vorticando nell'aria come un tornado.


Inviato a: Anna

Credo ci vorrà un po’ di più di “poco”.  Mi dispiace…


Fece appena in tempo ad avanzare di qualche passo, che un tuono rimbombò nell'aria, facendole emettere un verso di puro terrore. Si sentiva osservata, ma girandosi dietro sé vide solamente due macchine che oscillavano lievemente sul posto a causa del vento.

Vento?

Da quanto c’era vento? Natalie cominciò davvero a rimpiangere casa sua. Il divano soffice, la poltrona, il caminetto…

C’era un freddo che le penetrava fin dentro le ossa, trapassando anche il giubbotto in pelle e il maglione.

Eppure, non sembrava semplice mal tempo. Troppo silenzio.

Cercò di inviare un altro messaggio, ma il cellulare l’avvisò che era scomparsa la linea.

« Maledizione! » imprecò, ricacciandolo in tasca con una certa aggressione.

La strada non era mai stata così deserta.

E se non fosse stato che non aveva mai bevuto in vita sua – se si escludeva un matrimonio –, avrebbe pensato di essersi presa una bella sbronza.

Perché in mezzo all'asfalto, sull'orlo della strada, c’era il corpo di un ragazzo.


« Non credo dovremmo essere qui, sai ».

La risata che seguì fu un misto tra il divertito e lo sbruffone, che non piacque affatto al ragazzo.

« Non avrai paura? ».

Due occhi brillarono nell'oscurità, e l’altro emise uno sbuffo scocciato: « Non ho paura, ma c’è un motivo se Odino ci ha ordinato di non superare i confini stabiliti »

« Ma al diavolo Odino e i suoi confini! » sghignazzò il più basso, afferrando saldamente un ramo, « sei un cagasotto, Will! ».

Detto questo, rise di nuovo e con un agile salto mise i piedi nel tronco e cominciò a salire.

Will si mise una mano in fronte, disperato.

Per un po’ si percepirono solo gli ansimi di Louis per lo sforzo, e alcuni rumori soddisfatti.

Will si chiese com'erano arrivati lì. Cercò di ricordarsi perché diamine lo seguisse ogni qualvolta lui decidesse di fare qualcosa di stupido – il che capitava praticamente ogni giorno –.

Quella sua smania di essere diverso, di voler fare a tutti i costi le cose proibite…

Perché se Odino ordinava che quel giorno non si sarebbe mangiata carne, lui era il primo ad avere una bistecca enorme nel piatto. Se Odino diceva di non disturbare a corte, lui si metteva a cantare canzoni senza senso in tutto il palazzo, facendo impallidire le guardie che non si spiegavano come riuscisse a scappare dal loro controllo.

Ma i confini non erano cose su cui scherzare. Odino aveva categoricamente proibito di uscire perché là fuori c’erano cose pericolose. Cose che persino uno come Louis avrebbe temuto, avendole davanti.

Eppure… eppure Louis continuava a farlo. Era più forte di lui. Aveva un pessimo istinto di conservazione, e pretendeva di trascinare altri con sé.

Era ribelle. Coraggioso, iperattivo, e sempre con una voglia perversa di trasgredire qualunque regola gli capitasse a tiro.

E quando si sentì un rumore sinistro vicino agli alberi, Will si chiese ancora una volta se era il caso di continuare ad essere migliore amico di Louis Tomlinson. Era raro che si facesse beccare, ma solitamente ci passava anche lui, cosa che Will trovava profondamente ingiusta.

Perché se non ci fosse stato lui, a quel punto Louis si sarebbe ritrovato con qualche parte del corpo mutilata.

I rumori si fecero ancora più intensi e ritmati, sempre più vicini. Mentre l’amico continuava ad arrampicarsi nel suo amato albero, lui cercò di vedere meglio tra i tronchi, ma in quel momento si sentì un “woah!” e un rumore terribile di roba rotta.

« Louis! Ti sei fatto male? » gridò Will, andando a tentoni verso un suono soffocato.

« Ahia! Quello era il mio occhio, idiota! »

« Ma che cazzo… fai? » strillò l’altro, più per il nervoso che per altro. Accese di tutta fretta una torcia, e tra le fiamme guizzanti e qualche scintilla poté vedere lo sguardo serio di Louis tramutarsi in un lieve sorriso, e poi nell'ennesima, sguaiata e irresistibile risata, che gli illuminò gli occhi azzurri.

« Dovresti vedere la tua faccia » sussurrò, « sei diventato pallidissimo. Dovresti smetterla di occuparti così tanto di me »

« Andiamo » ringhiò Will, prendendolo per l’armatura e trascinandolo con impeto.

« Perché sei arrabbiato, ora? » chiese sorpreso Louis, fermandosi all'istante e puntando i piedi, fissandolo con uno sguardo stupito.

« Perché… » Will prese un respiro profondo, poi sbraitò: « Perché sei un immaturo! Sei stupido, masochista, e hai vent'anni per niente! Perché ogni volta trascini me in tutte le tue bravate e… e sei un deficiente » concluse, poiché non sapeva fare di meglio.

Louis lo squadrò per qualche secondo: « Bene. Ora possiamo andare? ».

Will aprì bocca per ribattere, ma decise di lasciar perdere. Che senso aveva combattere con una persona che tanto non l’ascoltava?

Non sarebbe mai riuscito a cambiarlo, e nemmeno voleva, a dirla tutta. Solo che si preoccupava per lui.

Non poteva farne a meno, d'altronde si conoscevano da quando erano piccoli, e anche Louis era protettivo con lui.

« Perché non ti concentri su altro? » chiese Will all'improvviso, guardandolo saltare da un ceppo secco all'altro, stando in equilibrio precario.

« Tipo? » chiese lui, distratto.

« Tipo… tipo Dharma! » suggerì Will.

A quel nome Louis alzò lo sguardo, rischiando di cadere: « Dharma? Mi stai suggerendo di interessarmi ad una ragazza per cosa, esattamente? »

« Per evitare guai, più che altro » borbottò l’altro.

« Ma non m’interessa nessuna ragazza, ora » mugugnò Louis, « e Dharma è troppo amica, per potermi interessare a lei »

« Lei non la pensa così » gli fece notare Will.

E Louis stava giusto per rispondergli, quando la voce gli si spezzò in gola.

Perché Hesse era lì. Hesse, il Consigliere più vicino ad Odino, li fissava, lo sguardo freddo e penetrante che si apriva in un sorriso maligno.


Era nei guai, e lo sapeva. Era nei guai, e ci aveva trascinato anche il suo migliore amico.

« Sono curioso di sapere cosa dirà Odino » commentò Hesse. A quel nome Will sussultò, e guardò con spavento Louis, che abbassò gli occhi.

Entrarono nel lungo androne, che per fortuna fu deserto, se non per un paio di guardie che sussurrarono al loro passaggio.

Louis scattò: « Le cose potete dirle anche ad alta voce! ».

Will gli diede uno strattone, e Hesse si girò. Per un attimo temette che lo picchiasse, ma si limitò a continuare a sorridere viscidamente, e indicò una porta davanti a loro: « Prego, potete entrare. Verrò dietro voi, solo per non perdermi lo spettacolo ».

Will si fece avanti e mise una mano nel legno intagliato, spingendolo lentamente.

La luce abbagliante dei muri li invase. Era curioso, come le pietre si illuminassero naturalmente.

Louis non aveva mai capito come accadesse, ma sinceramente aveva smesso di farsi domande da molto tempo.

Solo in quel momento, osservando la vetrata che si trovava davanti a lui, notò l’uomo seduto sopra il trono.

Odino non sembrava essere mai stato così furioso. La calma che sembrava invadergli tutto il corpo non si estendeva alle sue labbra, strette in una sottile linea, né agli occhi, che lampeggiavano d’ira.

Poi Louis li vide; suo padre lo guardava quasi con disgusto, mentre Johannah, sua madre… stava piangendo.

La vergogna bruciante lo fece tremare, ma cercò di rimanere impassibile, mettendosi davanti al Re e alzando la testa.

Odino li guardò per un attimo, poi fece una smorfia: « Sono veramente deluso » sentenziò.

Will abbassò le spalle, cercando di evitare lo sguardo dei suoi genitori che lo fissavano con paura.

« Se mi permette, io proporrei una punizione ».

La voce di Hesse, quasi dimenticata, risuonò nel silenzio. Odino si voltò lentamente, unendo le dita con vago interesse: « E tu proponi…? ».

Il Consigliere tossicchiò, poi alzò lo sguardo: « Esilio a tempo indeterminato ».

Louis poté vedere il sussulto della madre, e persino lo sguardo meravigliato del Re.

« Esilio? » sillabò, infatti.

« A tempo indeterminato, sì » confermò Hesse. « Non sarebbe male. Mi domando il perché di tanta sorpresa »

« L’esilio fuori da queste mura è sicuramente la Terra. E sappiamo quali insidie portino gli umani » ribatté Odino.

Louis allargò gli occhi; la Terra? E che diamine era? Gli ricordava qualcosa, e si strizzò il cervello in cerca di qualcosa.

Ma certo! Ne aveva sentito parlare durante le innumerevoli storie sulle avventure del grande Odino e altre baggianate. Ma per come lo avevano sempre descritto, era stato un posto pericoloso anche per lui.

« I ragazzi hanno sempre mostrato interesse per… l’estremo. Perché non dargli l’opportunità di mettersi alla prova? » insisté Hesse.

Louis poteva sentire il cervello di Will lavorare; se fosse andato con lui, la madre sarebbe rimasta sola col marito.

Odino ci ragionò su, poi decise: « Ebbene, esilio a tempo indeterminato ».

Johannah respirò profondamente, poi ruppe in un pianto disperato.

« Non fate venire Will con me! » esclamò Louis facendo un passo avanti. Vide lo sguardo sorpreso del migliore amico, e si amareggiò: davvero lo credeva così inutile?

« Cos’hai detto? » chiese Odino, gli occhi due fessure.

« Ho detto… di non portare Will con me » ripeté lui, fermamente. « Ha solo deciso di seguirmi per essere sicuro che io non fossi indifeso in caso di attacco »

« Ma che carino » commentò sprezzante Hesse.

 Be’, di certo dimostra grande coraggio » lo interruppe Odino, « quindi… si, che venga esiliato sulla Terra solo lui, finché non riterrò necessario il suo ritorno ».

Louis si liberò velocemente dalla stretta delle guardie, e andò ad abbracciare i genitori.

« Me la caverò » sussurrò all'orecchio della madre, « promesso ». Andò da Will, e gli tese la mano, per stringerselo stretto: « Bada a tua madre, Will, mi raccomando ».

L’amico lo guardò pieno di riconoscenza, e annuì solamente.

Girandosi, poté vedere lo sguardo soddisfatto di Hesse, ed un fascio luminoso di luce. Poi sentì solo una potente voce: « La ricchezza non sempre si misura in oro ».

Poi, buio.


« Ehi, mi senti? Sveglia! ».

Natalie diede un ceffone al ragazzo ancora privo di sensi, e quando lo vide aprire gli occhi, tirò un sospiro di sollievo: « Finalmente! Credevo fossi morto! Ma quanta birra hai bevuto, eh? ».

Louis aprì di più gli occhi, e riconobbe una ragazza. Una bella ragazza, anche se in quel momento sembrava piuttosto arrabbiata.

« Ti sei travestito per Carnevale? Siamo a dicembre, non sai che si festeggia più in là? » chiese, osservando i suoi indumenti: pantaloni in pelle, stivali, e qualcosa di simile a… un’armatura?

Louis si guardò confuso, poi alzò le spalle: « Cos'è Carnevale? Questi sono i miei abiti da tutti i giorni ».

Natalie lo guardò, poi scosse la testa: « No, era decisamente whisky » si corresse, borbottando qualcosa e aiutandolo ad alzarsi.

« Esattamente dove siamo? » farfugliò lui, guardandosi attorno. C’erano strutture molto simili a dove viveva lui, anche se sembravano più accoglienti, forse. E aveva i piedi poggiati su… che diamine esisteva di così nero da tingere una strada?

« Siamo nella splendida città di Londra. Non la conosci? »

« Londra… sulla… sulla Terra? ».

Natalie fece per aprire bocca, ma si trattenne dopo aver visto il suo sguardo. Sembrava davvero sincero, anche se ovviamente doveva essere ubriaco dalla testa ai piedi.

« Si, sulla Terra » disse alla fine, scrollando le spalle.

« Io non conosco nulla di qui… io sono di Asgard » rivelò Louis.

Natalie non riuscì più a trattenersi, e scoppiò a ridere: « Certo, e Captain America dove l’hai lasciato? »

« American chi? » chiese Louis.

La ragazza mise le mani in testa; ma in che razza di situazione si stava cacciando?

Tirò fuori il cellulare, e provò a richiamare l’amica: « Anna, sono io. Scusa, ma credo che tarderò tantissimo »

« Ma di che temporale parlavi? »

« Di quello che c’è… » ammutolì, guardando il cielo. Non era mai stato così luminoso, che lei ricordasse. « Che c’era, fino a due minuti fa » si corresse, frustrata.

« Deve aver piovuto solo sopra la tua testa, Nat. Comunque, quando vuoi ».

Quando chiuse la chiamata, incontrò lo sguardo stupito del ragazzo, che guardava il suo cellulare, rapito.

« Hai bisogno di chiamare qualcuno? » disse lei allora, porgendoglielo.

Louis però non lo prese, anche se continuò a osservarlo quasi con diffidenza.

« Non ho idea di come si usi, quel coso, né che possa funzionare in un altro pianeta. Comunque grazie ».

Natalie non rispose nemmeno, e continuò a fissarlo. « Apri la bocca e alita » ordinò, prendendogli il viso e avvicinandolo a sé. Louis ubbidì, e Natalie poté sentire l'odore di menta fresca che gli invadeva la bocca.

« Ma che ti sei mangiato un tubetto di Colgate? » tossì.

« Colgate? » ripeté Louis.

« È un dentifricio, solamente un dentifricio »

« Non so nemmeno cosa sia un dentifricio, mi spiace ».

Sicuramente non era ubriaco. Ma allora perché si comportava in quel modo? Natalie continuò a fissarlo, ma lui non fece nulla, anzi ricambiò con curiosità.

Be’, c’era poco da fare.

« Adesso tu mi racconti tutto ».


Venti minuti dopo, seduti in una panchina sotto un sole  troppo cocente per essere in pieno autunno, Natalie seppe tutto.

Forse un po’ troppo, considerato che aveva appena scoperto di star parlando con un alieno, Louis, che mangiava menta ogni giorno come gomme da masticare, che aveva un re chiamato Odino che esisteva davvero, e tante altre cose.

Proprio mentre Louis stava per raccontarle di una mitica corsa su carro, Natalie si decise a fare ciò che aveva intenzione di fare già da quindici minuti prima.

« Louis, ho capito. Può bastare » disse piano.

« Va bene, allora ti racconto di Will quando… »

« No Louis, basta è… basta ».

Il ragazzo la guardò senza capire, mentre lei si alzava dalla panchina con aria mortificata.

« Sai una cosa? Ti credo. Sul serio » insisté, perché Louis sembrava scettico, « ma è proprio per questo, che non posso aiutarti. Io… immagina in che casino sono ora, e… mi dispiace, ma non posso. Ti auguro buona fortuna ». Gli tese una mano, che però lui non afferrò.

Mentre si allontanava, Louis si alzò di scatto: « Natalie! » gridò.

Lei si girò sconfitta, e lo guardò profondamente: « Che c’è, Louis? »

« Ho bisogno, di te. No, aspetta! » insisté, vedendola scuotere la testa. « Ho bisogno di te, davvero. Sarò anche un guerriero coraggioso laggiù, ma qui sono come un bambino alla scoperta del mondo. Non conosco la metà e forse più delle cose che esistono in questo posto, e non saprei neanche come occupare il tempo nel modo più normale possibile. Ti ho raccontato tutto questo, e tu mi hai creduto. Quanti credi sarebbero come te? So che è stupido, non ti conosco, ma in questo momento sei davvero la mia salvezza! Aiutami, ti prego ».

Il tono di Louis suonava come supplica, e lui non badò a camuffarlo. Per la prima volta, i suoi occhi brillarono di una nuova sensazione: paura.

E Natalie lo guardò, senza poter fare a meno di notare che aveva due occhi grandi e azzurri.

Le erano sempre piaciuti gli occhi chiari, soprattutto nei toni del mare.

Cercò di scuotersi da quel torpore che le si era creato, e scosse di nuovo la testa: « Io… Louis, non posso. E… mi dispiace tantissimo, ma non… scusa » balbettò alla fine, per rigirarsi in fretta.

Mentre camminava, sentiva lo sguardo del ragazzo sopra di lei, e le venne un magone allo stomaco.

Succedeva spesso. Anche ammesso che fosse tutto vero (e Natalie faticava a crederci), poteva essere pericoloso. Certo, i suoi occhi erano davvero sinceri… ma poteva benissimo aver finto. O magari era un attore.

Ma sì, al novantanove percento è un attore. Quindi faccio bene a lasciarlo perdere.

Stava pregando più a se stessa ormai, poi si ricordò di quello che diceva sempre, ovvero che la sua vita era monotona. Eppure, forse aveva ragione Anna – non lo avrebbe ammesso mai –, lei non stava facendo nulla per migliorare la situazione.

Si fermò all'improvviso, sospirando corrucciata.

Fece retromarcia finché non sentì d’essere vicina, poi si voltò: « Esattamente, cosa posso fare per te? ».

*

« Prima di tutto vediamo di comprarti qualche vestito normale, eh. Per quanto strampalati siano gli inglesi, non credo che ti guardino di buon occhio vestito così »

« Be', non l'hai fatto nemmeno tu » le ricordò Louis, barcollando per rimanerle al passo.

Natalie gli lanciò un’occhiata contrariata: « Oh sai, scusa se non mi capita tutti i giorni di incontrare un alieno arrivato sulla Terra perché è troppo immaturo per stare dove deve » ribatté con una punta d'astio.

« Io non sono immaturo. È Odino che se la prende per nulla » borbottò Louis.

Natalie alzò gli occhi al cielo, fermandosi davanti ad una porta di vetro: « Ora, non toccare nulla e stai con me. Non farti rincorrere per il negozio, e rimani tranquillo. Immagino tu non abbia soldi, vero? ».

Louis fece un’espressione confusa: « Soldi? »

« Già, quelli che servono quando compri qualcosa, Louis ».

Lo sguardo del ragazzo si illuminò, e rovistò in una tasca del pantalone: « Solitamente i vestiti me li faccio da me, non li compro. E immagino che i soldi qui siano il sinonimo di queste ad Asgard ».

Mise il braccio nel sacchetto di pelle che aveva tirato fuori, e quando lo aprì, in mano aveva piccolissime pepite d’oro.

Natalie le ricacciò dentro in malo modo, e gli restituì il sacchetto con un tono arrabbiato: « Sei pazzo? Tirare fuori oro come se nulla fosse! Qui la gente si uccide, per avere un decimo di quello che hai tu là dentro! E non puoi pagare con quelli. Hai bisogno di soldi e… andiamo, dai ».

La ragazza entrò nel negozio ancora un po' innervosita, e Louis le toccò la spalla: « Mi dispiace, io… non lo sapevo. Non so tante altre cose, è per quello che ho chiesto a te di aiutarmi ».

Natalie si sentì invadere dalla vergogna, e si girò verso lui con un sorriso: « Non importa, scusa. Mi sono… stai attento a ciò che fai, ho solo paura che… » s’interruppe, cercando le parole giuste.

Aveva paura di cosa? Louis era un ragazzo forte, muscoloso, di certo avrebbe saputo cavarsela anche senza i suoi consigli da sorella maggiore, che proprio non le si addicevano.

« Qui non tutta la gente è buona » concluse, amareggiata.

« Neanche ad Asgard son tutti buoni. Esiste il bene ed il male ovunque » gli fece notare Louis, per poi allontanarsi verso un paio di jeans rossi.

Cominciò ad osservare tutto ciò che gli capitava attorno, con occhi rapiti. A Natalie ricordava tanto un bambino alla scoperta del mondo.

Non conosceva praticamente nulla di quel posto, ed ogni cosa era “fantastica”.

All'improvviso emise uno strilletto acuto che fece sobbalzare la commessa. Natalie le sorrise maniacalmente e si avvicinò a Louis: « Che succede? » chiese allarmata.

Louis non rispose, ma continuò a guardare dritto verso sé. Indicò qualcosa con il dito, e Natalie seguì il suo sguardo, vedendo poi cosa avesse attirato la sua attenzione.

« Tu… hai fatto… quel rumore… per una maglietta? » digrignò i denti, e Louis fece un passo indietro, prendendo la maglia bianca a righe blu e stringendola a sé: « Posso prenderla? Ti prego ti prego ti prego… »

« Va bene, va bene » si arrese lei, « ma prenditi un paio di scarpe o sembrerai un completo idiota ».

*

« Ecco, siamo arrivati » sospirò Natalie aprendo il cancello di casa propria e invitandolo ad entrare: « Tanto so che non hai idea di dove poter dormire » disse scuotendo la testa.

Louis la ringraziò debolmente, e Natalie fece un'espressione strana.

In quel pomeriggio, Louis aveva imparato un sacco di cose; ora sapeva cos'erano i bagni pubblici, cos'era un fast food e quanto fosse buono, e aveva anche cominciato a spiegargli il valore delle banconote e delle monete, considerato che non sapeva quanto dovesse restare lì.

Aveva conosciuto la televisione, la radio e l'mp3 (“Come può uscire un suono da quegli aggeggi?”), ed era quasi impazzito quando Natalie aveva ritirato fuori il cellulare, cominciando a decantarlo – per quanto potesse capirne in quel momento – come se fosse una cosa preziosissima.

Aveva visto gli stadi ed era salito su un autobus, ed era del tutto convinta che non ricordasse nemmeno la metà dei nomi che aveva sentito in quelle ore.

Si stava fidando di un completo estraneo. Carino, sì, ma estraneo. E se fosse stato pericoloso?

Forse era meglio mandarlo via…

« Oh cavolo, ma hai un televisore anche tu? ».

Louis tornò nell'ingresso con il telecomando in mano, gli occhi che brillavano di contentezza verso un arnese che era quasi inutile, nelle sue mani: « Devo provarlo » disse risoluto, e rientrò nella cucina.

Natalie sorrise stupidamente e lo raggiunse, dimenticando per un po’ tutti i suoi problemi.


La mattina dopo, Natalie si svegliò con un lamento soffocato proveniente dalla cucina.

Si alzò immediatamente dal letto, andando a vedere cosa potesse aver combinato Louis.

Lo trovò con il l'indice destro sotto il getto dell'acqua fredda, e una richiesta muta di Natalie, mise il broncio: « Non sapevo fosse caldo, quel coso » disse a mo' di scusa, indicando il fornello.

Natalie scoppiò a ridere, aprendo gli sportelli in cerca di una pomata che potesse fargli alleviare il rossore: « Be', almeno ora sai come funziona un rubinetto, e occhio perché se lo giri troppo a sinistra esce bollente » lo avvertì.

« Ma qui è tutto bollente? » borbottò.

« No, non tutto. Anche il forno acceso lo è. Ma il frigo ad esempio, è freddo ». E qui partirono altri venti minuti di spiegazione su corrente, lavatrice e cose varie.

Alla fine vide Louis bianco dalla confusione, e lasciò perdere.

« Non ho niente da darti per quella scottatura, quindi credo che andrò in farmacia. Vuoi venire? ».

Louis cercò di asciugarsi velocemente il dito, e fece per andare a cambiarsi, ma Natalie lo fermò: « Louis… »

« Sì? »

« Levati quel pigiama e ne prendiamo un altro. Il lilla non ti dona per nulla ».


La farmacia – stranamente – non era mai stata così affollata. Louis cominciò a fare domande poco opportune su alcuni medicinali, e sembrava scegliere apposta quelli più imbarazzanti.

« Louis no, quelli sono lassativi, smettila! » sussurrò ad un certo punto, tirandogli via una scatola dalla mano e riposandola sullo scaffale. Louis fece una risatina, mentre aspettavano il proprio turno per pagare.

« E questi cosa sono? ».

Natalie era distratta, e si accorse due secondi più tardi di ciò che l'altro stava afferrando.

Aprì la bocca e gli fece cenno di rimetterli al loro posto, ma Louis senza capire continuò ad agitarli come se nulla fosse.

« Preservativi… al limone? » lesse, interdetto. « Si mangiano? ».

Natalie pagò in fretta la pomata sotto lo sguardo stranito della farmacista e lo trascinò giù per le scale.

« Louis! Quelli sono… non li avete ad Asgard? » borbottò, camminando velocemente.

« No! Ma cosa sono? »

« Sesso sicuro, Louis! Non tutti vogliono rischiare pagnotte nel forno ogni volta che… be', lo sai »

« No, non lo so ».

Louis si fermò di colpo, e la guardò di nuovo con quegli occhi da cucciolo smarrito che tanto gli si addicevano: « Cosa… cos'è il sesso? ».


Era una presa in giro. Si, assolutamente, quella era una presa in giro bella e buona.

Che Louis non sapesse come usare un telefono ci stava. Che si scottasse perché non conosceva i fornelli anche. Ma che non sapesse cosa diamine fosse il sesso…

Be' no, quello era impossibile.

« Tu non… non sai cos'è il sesso? Sul serio? » balbettò Natalie.

« Dovrei? ».

Eccolo lì, di nuovo. Quello sguardo troppo sincero per poter anche solo pensare che stesse mentendo.

« Come credi che ti abbiano fatto i tuoi genitori? » cominciò lei, cercando un modo carino per non doverlo piazzare davanti a Wikipedia e spiegarglielo così.

« Sono marito e moglie, passano tanto tempo insieme e… non so. Da noi queste cose non esistono. Io sono stato addestrato per combattere. So mille tecniche di difesa e altro, ma niente di più. Ad Asgard a nessun maschio importa come si fanno i figli, l'importante è che ci siano persone nuove per la società. Quindi, se i miei genitori mi hanno fatto con il sesso… ».

Era alquanto strano parlare di una cosa come quella con un ragazzo di… quanto, vent'anni?

« Sì, è così ».

Ma stranamente, Louis non sembrò affatto curioso di quell'argomento, e si alzò dalla sedia con uno sbuffo.

« Sai che ti dico? Non m'interessa » fece, deciso. « Non voglio dei figli ora, e non m'interessa sapere proprio nulla. Quando vorrò dei figli, ci penserò! ».

E con questa perla di saggezza, si allontanò.


Eppure, convivere con un alieno non era nemmeno lontanamente difficile come immaginava Natalie.

Louis si dimostrava sempre più disposto ad imparare, e ormai il cellulare sembrava uno scherzo.

Era ricominciata anche la scuola, che dopo le vacanze di Natale sembrava più pesante che mai, ma almeno aveva il pensiero di un ragazzo ai fornelli che s'impegnava a cucinare qualcosa di commestibile quando lei non c'era. Per di più era – sorprendentemente – piuttosto bravo in matematica, e le insegnava l'asgardiano come un ottimo insegnante.

L'unica cosa era che nessuno sapeva della sua esistenza. Natalie si sentiva in colpa ogni qualvolta Anna proponeva una giornata a casa sua, ma  era certa che fosse meglio non dirle niente. Come le avrebbe spiegato di uno sconosciuto in casa sua? La migliore amica avrebbe di certo cominciato a fare una serie di battute (che Louis probabilmente non avrebbe nemmeno capito) affettate, e Natalie non era certa di volerle sentire.

Si, decisamente Louis era un segreto da custodire.


Se non fosse stata una lezione terribilmente noiosa, Natalie non avrebbe mai guardato il cellulare e probabilmente non avrebbe notato lo squillo di “Tommo” che impazzava nello schermo.

Uscì velocemente dall'aula borbottando una scusa e rispose: « Ti prego, dimmi che non hai fatto nulla » disse a mo' di saluto.

« Per così poca fiducia meriteresti male » scherzò Louis, « ma sappi che volevo solo dirti che quando uscirai da scuola ci sarò io a prenderti. Col motorino » aggiunse eccitato all'idea.

« Che cosa? »

« Oh, non ti arrabbiare! Hai presente il meccanico che abbiamo vicinissimo a casa? Ecco, gli ho dato un po’ di quell'oro e lui mi ha regalato il motorino. Semplice, no? »

« Quello non è esattamente “regalare”, Louis. Ci sono parecchie cose che dovresti sapere. E per guidare il motorino ci vuole la patente! »

« Me la farò! Promesso, appena potrò la farò. Ma so già come si usa, ad Asgard abbiamo delle specie di macchine che… »

« Non importa! Louis ti sto avvisando, se ti azzardi ad usare quel motorino… ».

Come non detto, si sentì un rombo di motore, e Louis scattò: « Ci vediamo tra dieci minuti, Nat »

« Ma che diamine! » sbottò lei, rimettendo il cellulare in tasca.

Di certo Anna lo avrebbe scoperto. Le avrebbe dovuto dare una spiegazione, e non era sicura di averne una.

Non sapeva se sperare che il motorino di Louis si guastasse o sbagliasse strada, ma non ce ne fu bisogno, perché non appena mise piede fuori dalla porta sentì un grido verso lei.

Louis era seduto su un muretto mentre sfoggiava la sua nuova giacca, il casco in mano e un sorriso luminoso stampato in faccia.

Natalie sentì tutta la tensione del giorno sparire, almeno sinché non senti una voce dietro lei: « E quello chi è? ».

*

A memoria di Natalie, nessun pranzo con la sua migliore amica era mai stato così silenzioso.

E si, lei poteva anche averne il diritto, ma ciò che non capiva era perché Louis fosse diventato improvvisamente così serio.

« Allora, tu sei un alieno? » sbottò Anna all'improvviso.

Natalie le diede un calcio da sotto il tavolino, digrignando i denti, ma Louis non si scompose.

« Se è per quello ad Asgard lo saresti anche tu » le fece notare.

« Con la differenza che a me non verrebbe mai l'inutile idea di andare in quel posto » borbottò Anna, continuando a divorare il panino.

Natalie li seguiva con lo sguardo, in attesa che uno dei due scoppiasse, ma sorprendentemente dimostrarono d'avere uno straordinario controllo delle loro azioni, quindi si alzarono prima che potesse accorgersi di quanto fosse passato in fretta il tempo.

Camminando nel vialetto per casa, con Louis alla sua destra e Anna alla sinistra, cercò di tenere contatto con entrambi, anche se loro si allontanarono ognuno nel proprio lato, e Natalie rinunciò.

Arrivati davanti al cancello di casa, Anna si voltò verso la migliore amica: « Ci vediamo domani. Oh, sempre se puoi, naturalmente » e accennò con lo sguardo ad un Louis particolarmente afflitto.

« Scusa, torno subito » disse lei a Louis, allontanandosi poi e sibilandole malamente: « Mi spieghi che ti prende? Va bene, non te l'ho voluto dire, ma credo che siano fatti miei. E dovresti smetterla di giudicare sempre senza nemmeno sapere cosa… »

« Guarda che io lo dico per te » la interruppe Anna. Vide lo sguardo scettico di Natalie e sbuffò: « Cielo, credi che m'importi davvero di lui? Ma guardami e dimmi che non te ne sei innamorata ».

Natalie boccheggiò, sentendo lo sguardo dell'altra fisso su di lei.

« Si, come pensavo. Bene, non ho altro da dirti. Divertiti ».

Si allontanò di fretta, superando il ragazzo che stava vicino al suo cancello senza neanche degnarsi di salutarlo.

Louis si avvicinò a Natalie, e le porse il casco senza commenti.

« Non lo voglio »

« Mettilo »

« Non lo voglio » ripeté Natalie, sentendo un forte bisogno di piangere.

Louis le si piazzò davanti e le raccolse i capelli all'indietro, per poi infilarle il casco in testa.

« Al diavolo » mormorò lei.


« Parlami ».

Ci stava provando. Decisamente, quello era un passo avanti. E se lui avesse deciso di ignorarla…

Be', allora pazienza.

Louis si girò lentamente, per guardarla alzando un sopracciglio: « E cosa devo dirti? ».

Natalie sentì un peso nello stomaco. Un peso che non ebbe nulla a che fare con il pranzo mal digerito.

« Non lo so, forse che son stupida, e che… »

« Mi hai nascosto alla tua migliore amica. Io per te, con Will, non l’avrei mai fatto. Ma immagino siano affari tuoi » fece lui, girandosi dall'altra parte.

Mai come allora, in quattro mesi passati assieme, lo sentì più lontano. Continuò a fissare la sua nuca, in attesa che Louis dicesse qualcosa, ma i suoi occhi rimasero puntati verso l'orologio che ticchettava le sette.

« Io… vado a letto. Domani mi devo svegliare presto…».

nutile lasciare le frasi in sospeso, considerato che sembrava non volerle rispondere.

Fece per lasciare il salotto, quando sentì la sua voce: « Non mangi? »

« No, ho ancora l'hamburger che… che… » s’interruppe, e un conato le arrivò alla gola.

Corse in bagno e si buttò in ginocchio verso il water, vomitando persino l'anima. Sentì un rumore di sedia e dei passi affrettati avvicinarsi, e cercò di trattenere le lacrime.

« Nat, tutto bene? Devo chiamare un dottore, qualcuno? » chiese, con una nota di panico nella voce.

Natalie scosse la testa, le guance ormai rosse e gli occhi gonfi. Louis le prese i capelli tra le mani aspettando che finisse, poi l'aiutò ad alzarsi e a sciacquarsi la bocca. Badò appena al fatto che gli tremassero le mani, cercando di prendere mentalmente nota del numero dell'ambulanza in caso fosse servito.

Natalie si sedette nel bordo della tavoletta, senza dire nulla. Continuò a fissarsi i piedi scalzi, in attesa che Louis si decidesse a fare o dire qualcosa.

« Hai bisogno d'acqua, o di una camomilla? Ho comprato quella naturale, è molto più buona. O un the, ti farà bene. Oppure posso andare a comprare qualcosa… »

« Ho bisogno di te » mormorò Natalie, sperando che l'avesse sentito. E difatti Louis ammutolì, boccheggiando.

« Io non so cosa… »

« Puoi dormire con me, stanotte? » gli chiese lei. Non gli lasciò scampo. Era ovvio che nella sua risposta non avrebbe lasciato nulla al caso, e nemmeno lei sarebbe stata così stupida da non capirlo.

« Prendo il cuscino ».


Una volta sotto le coperte, Natalie si strinse tra le braccia di Louis, e ricominciò a piangere.

Louis non le chiese niente. Non le aveva mai chiesto nulla, in realtà. Quattro mesi passati a parlare solo di sé, perché la sua vita era entusiasmante. La sua vita era piena di avventure, di colpi di scena… era una vita quasi surreale. Ma Natalie...

Lei no, aveva preferito stare in silenzio. Non le aveva mai nemmeno chiesto perché viveva sola. Dov'erano i suoi genitori?

Chissà cosa stavano facendo i suoi, di genitori. Probabilmente Johannah non aveva ancora smesso di piangere, ma di certo Troy l'avrebbe consolata…

Louis non aveva smesso di pensarla un giorno.

E all'improvviso la mancanza di casa si fece sentire. Avrebbe desiderato poterli riabbracciare tutti, e forse smettere tutte quelle bravate con Will, che aveva rischiato di lasciare la mamma in balia del padre violento per colpa sua.

Automaticamente strinse più forte Natalie, sperando che capisse.

Che non avrebbe mai voluto lasciarla. Che anche lui, nel suo piccolo, aveva problemi. Che si sentiva in colpa nel non essere sicuro di voler tornare a vivere ad Asgard per sempre.

Perché forse c'era altro, oltre alla famiglia, all'amicizia, e alle battaglie.

Forse c’era qualcosa di più importante per cui lottare ogni giorno, per cui perdere il fiato.

Qualcosa da coltivare giorno per giorno, dove spade e coltelli servivano a ben poco. Qualcosa che Louis stava scoprendo solamente ora.

Guardò il suo petto rallentare i battiti, e sospirò di sollievo.

E lì, nella debole luce della luna, lo capì.

« Natalie… credo di essermi innamorato di te ».


Che razza di sogno stupido. Avrebbe dovuto smetterla di farsi questi film mentali sulle cose che Louis avrebbe potuto dirle.

Eppure sembrava così vero…

Accigliata, cominciò a strofinare aggressivamente il piano del tavolo, continuando a darsi della stupida.

« Stai parlando da sola? ».

Un Louis tutto arruffato, con il pigiama blu e un rivolo di bava che gli arrivava fino al mento entrò in cucina, sbadigliando rumorosamente.

Non poté fare a meno di pensare che fosse terribilmente bello anche così.

« Io? No » farfugliò lei, evitando di guardarlo negli occhi per troppo tempo. Non era sicura di cosa sarebbe potuto uscirne fuori.

« Mi sembrava… non sei uscita? »

« No, ho rimandato »

« E come stai stamattina? ».

Natalie alzò solamente i pollici, cercando di sorridere più ampiamente possibile. Cosa poteva dirgli? Arrivati a quel punto, era meglio tenerselo per sé.

« È da ieri che volevo chiederti… come mai vivi sola ».

Natalie emise un grugnito, e per un secondo Louis si maledì, perché di certo non erano cose che si raccontavano ad una persona conosciuta da qualche mese.

« I miei genitori sono morti in un incidente d'auto. Una di quelle classiche storie che senti al cinema, no? E mia nonna è morta qualche anno fa. Un mio zio lontano mi manda dei soldi, finché non potrò essere indipendente da me ».

Louis annuì solamente, non essendo certo del fatto che volesse sentirne di più, né che Natalie fosse disposta a farlo.

Quando si sedette nel divano, sentì il suo sguardo addosso, ma rinunciò al voltarsi, convinto che tanto lei non avrebbe ricambiato di certo. Dal giorno c'era un'aria strana, quello era evidente, ma Louis avrebbe tanto voluto sapere il perché.

« Ho guardato su Internet i film che escono questa settimana » disse entusiasta, «e non ci crederai, ma uscirà Thor 2! ».

Si sentì un rumore sordo e uno schianto in terra, e Louis si girò appena in tempo per vedere un bicchiere del giorno rompersi in mille pezzi.

La vide inchinata per terra, le mani piene di sangue per raccogliere i resti, e le corse vicino.

« Lascia questi vetri, Nat! » disse con voce acuta, cercando di prenderglieli senza ferirla ulteriormente. Natalie aprì debolmente le mani, lasciandosi prendere il vetro.

« Era solo cinema, Nat. Non sapevo ti facesse quest'effetto. È solo… uno stupido film » borbottò lui, decisamente infastidito dalla situazione.

« E di cosa parla? Di un eroe caduto sulla Terra… che poi deve riandarsene, giusto? ».

Louis si voltò per guardarla, e notò una lacrima rimanere incastrata all'angolo dell'occhio.

« Ah no, giusto, quello era il primo. In realtà lui va via e basta ».

Cominciò a mettere a posto un bel paio di tessere di quell'enorme puzzle che sembrava impossibile, mentre il labbro di Natalie cominciò a tremare visibilmente.

La strinse a sé, senza poterle dire niente, mentre una specie di flash improvviso gli apparve in un secondo, per poi sparire senza motivo.

« Io non… ti lascerò, promesso ».

Natalie non ci credette neanche per un secondo, eppure fece finta. Riuscì a mettere da parte i problemi, mentre il suo viso si faceva sempre più vicino a quello di Louis.

Annullare le distanze, in quel momento, sembrava una cosa così stupida. Eppure lo fecero.

Forse iniziò Louis, o forse fu Natalie, a decidere di baciarlo, ma importò ben poco a tutti e due.

Lo sentiva.

In tutti quegli anni non aveva mai provato niente del genere. Quell'improvviso desiderio che ben poco gli apparteneva, era lì.

In futuro, Louis si ritenne fortunato a non aver chiesto spiegazioni a Wikipedia. Il suo cuore seppe spiegarglielo molto meglio.


Una coppia formata da un alieno e una terrestre era la cosa più assurda del mondo, cosa che Anna, essendosi calmata, non si era risparmiata di farle notare.

Ma più che la provenienza, era il tempo che sembrava prendersi gioco di loro; altri due mesi passarono più velocemente della luce, e Natalie credette di impazzire.

Louis non le dava torto, anche se il silenzio che certe volte li circondava diventava innaturale.

Lo poteva sentire benissimo, il vento che sempre più spesso si insinuava in quelle giornate piene di sole. Il freddo improvviso che veniva a gelare il sangue, e che poi andava via così com'era arrivato.

Era sempre più vicino, lo sapevano entrambi. Evidentemente Odino aveva scelto che Louis era ormai un ragazzo maturo e responsabile. Forse troppo, per poter rimanere in un simile mondo.

Era un genere di partenza che nessuno dei due avrebbe potuto rimandare,  anche se non ne parlavano.

E Natalie piangeva. Il terrore che le prendeva ogni goccia di razionalità, che la spingeva tra le braccia di una persona che non avrebbe mai potuto avere davvero.

Il giorno era brutto, la notte peggio.

Non passava giorno senza che si svegliasse di soprassalto, il cuore in tumulto per il timore che lui non ci fosse. Ma Louis era sempre lì.

Lui c'era sempre, sapendo che prima o poi quel momento bellissimo sarebbe finito per entrambi.

Solo in casa, si preparò per andare incontro a Natalie, ancora presa dalle ultime lezioni.

Il tragitto fino alla scuola in mezzo a quell'aria pesante fu lungo anche in motorino. Levò il casco con un sospiro, facendo una corsetta fino alla porta. La campanella suonò proprio in quel momento, e Anna uscì con un sorriso stampato in faccia, che si affievolì non appena scorse Louis.

« Non così felice, mi raccomando » commentò lui, contrariato.

Anna lo guardò per qualche secondo, poi socchiuse gli occhi: « Cerca di farla star bene almeno finché puoi. Perché poi lo so, che toccherà a me starle accanto quando te ne andrai ».

Senza nemmeno aspettare una risposta girò i tacchi, mentre Louis le urlava: « Lo sai che non dipende da me! »

« Cosa non dipende da te? ». 

La sua ragazza – diamine, lo era – lo osservava curiosa, e lui si sentì male al pensiero di dirglielo, quindi lasciò perdere.

« Stasera facciamo quello che dico io » annuncio Louis.

« Come sempre, ormai » borbottò Natalie, per poi sorridere felice.

Si mise a cavalluccio e alzò un braccio: « Vai Louis, più veloce del vento! ».

*

« Mi dispiace, questa maledetta pioggia ha rovinato tutto »

« Ma che dici? Hai fatto un capolavoro! ».

Natalie si guardò attorno, a bocca aperta. C'erano fiori. Tanti fiori. E come le aveva detto Louis, “non sono nemmeno arrivati tutti, ma pazienza!”.

Le luci spente, la fiamma delle candele… era tutto perfetto.

Louis era vestito normalmente, anche se aveva qualcosa di strano. « Ti sei messo il gel nei capelli? » rise Natalie, sfiorandolo leggermente.

« L'ho scoperto in un negozio in centro e… ho pensato potesse starmi bene »

« Hai pensato giusto. Sei bellissimo » sussurrò Natalie.

Louis arrossì, chiudendo gli occhi: « I… in teoria dovrei essere io a farti i complimenti… » balbettò.

Lei scoppiò a ridere: « Non è poi così importante, non credi? ».

Louis non rispose, passando solamente la punta delle dita nella sua schiena. Non era bravo in quel genere di cose, e la prima volta era stato un disastro. Ma Natalie l'aveva rassicurato, ridendo. “Siamo la coppia più bella del mondo: si è mai visto un uomo poco esperto in queste cose?”, ed era finito tutto in una risata a malincuore.

Ma quel giorno no. Natalie lo vedeva, il suo sguardo. Non era inesperto.

« Lasciati amare » gemette lui all'improvviso.

Natalie si buttò sulla sua spalla, respirando appieno il suo odore.

« Comunque vada… qualunque cosa accada, io… »

« Lo so ».


« Vorrei che prendessi questa ».

Louis le tese una busta piuttosto spessa: « Prendila. Promettimi che l'aprirai solo dopo che io me ne sarò andato… »

« Louis, non sai nemmeno se… »

« È inutile che continuiamo a fingere che non succederà » la interruppe lui, fermo. Poi vide la sua faccia, e corse ad abbracciarla, cercando di tenere alto il lenzuolo in vita.

« Non… volevo dirlo in quel modo, scusa. È che… non pensarci » disse alla fine, « non pensarci ora. Quando accadrà… lo sai che ti amo, vero? »

« Io… » incontrò i suoi occhi, e rimase senza fiato. Avrebbe voluto dirgli parecchie cose, ma alla fine ridusse solo in quattro parole: « Ti amo anche io ».


La mattina dopo, Natalie si risvegliò con uno strano presentimento. Aprì di scatto gli occhi, e notò con suo orrore che il la parte destra del suo letto era vuota.

« Louis » urlò con voce acuta.

Nulla.

Il cervello di Natalie si disconnesse. Non poteva essere. No, Louis era di certo lì. Senza curarsi di essere nuda corse giù per le scale, continuando a chiamare il suo nome. 

Se aveva deciso di farle uno scherzo, ci era riuscito, ma era abbastanza stupido…

Ma poi, dando un'occhiata alle sue cose, capì ciò che probabilmente sapeva da subito: se n'era andato.

« Louis ti prego » sussurrò, « Louis ti prego, non farmi questo… ».

Trattenne a stento le lacrime, risalendo le scale per controllare la busta che le aveva lasciato il giorno precedente.

C’era una lettera, quindi l'aprì e lesse:


Se stai leggendo questa, è evidente che c'è qualcosa che non va.

Te l'ho scritta qualche giorno fa (o forse un mese, non so), mentre eri a scuola. Dovevo farlo da un po', ma ho rimandato almeno due settimane…

Sappi che è difficile sedersi e rendersi conto di star scrivendo un addio. Non l'ho mai fatto, con te è la prima volta.

E in effetti, con te è stata la prima volta per tante cose. Ora so anche come si usa il microonde!

E se ti dicessi che non sto male, sarebbe una bugia. Mi manchi già. Sì, so già che ti perderò…

Ma tu devi essere forte, promettimelo. Devi resistere perché riuscirai ad andare avanti. Mi conosci da così poco, e sono sicuro che troverai una persona che riuscirà a darti tutto ciò che meriti.

Ti amo.

P.S: Nella busta ci sono i soldi che hai speso per me. Mi sembra giusto restituirteli tutti.


Una rabbia incontrollabile l'assalì prima di tutto il resto.

Quindi Louis pensava che andandosene avesse risolto tutto? E i soldi…

Scoppiò a piangere, rendendosi conto che Anna aveva sempre avuto ragione. Louis non l'aveva mai amata. Non aveva nemmeno provato a rimanere. Se n'era andato così all'improvviso, senza darle il tempo di spiegarsi… di spiegargli.

L'aveva illusa.

L'aveva abbandonata.

*

« Dimmi cosa ti succede »

« Non ho nulla »

« Non è vero ».

Johannah sospirò, sedendosi accanto al figlio. « Sei tornato da qualche ora, a mala pena hai salutato Will… e me » gli fece notare.

Louis alzò lo sguardo verso la madre, pieno di vergogna. « Mi dispiace, io… sono contento di vederti, lo sai »

« Sì che lo so. Ma…  c'è sempre qualcuno di più importante nella nostra vita » buttò lì lei.

Poi alzò gli occhi al cielo e sospirò: « So che sei innamorato di qualcuno. Lo so perché te lo leggo negli occhi. Nessuno è mai stato più importante di Will, per te. Diciamo che… lui riesce a farmi capire quanto tu possa tenere ad una persona ».

Louis la guardò, poi si voltò sconsolato.

« Non ha senso, ora. Le ho detto addio »

« Oh ma insomma, una parola può sempre trovare il modo di essere sostituita da un'altra! »« Mamma, parliamo di milioni e milioni di chilometri! A quest’ora avrà già incontrato un altro… e poi le ho scritto una lettera, prima di andarmene »

« Una lettera? E cosa le hai detto? ».

Louis tirò fuori dalla tasca un foglio sgualcito e lo porse alla madre: « Ecco, è una fotocopia »« Una cosa? ».

Louis non rispose, e insisté perché l’aprisse. Johannah cominciò a leggere assorta, finché arrivò all'ultima parte e alzò lentamente gli occhi verso il figlio: « Ma sei scemo? »

« Perché? »

« Hai detto che la ami e poi le hai scritto una lettera del genere? ».

Lui gliela strappò dalle mani, e la rilesse. In effetti dal quel punto di vista suonava malissimo.

Si mise le mani in testa, e scoppiò a piangere.

« Ma che ho fatto, che ho fatto? » si dondolò.

« Oddio, che stupido che sei… in un altro momento saresti andato dritto da Odino e avresti fatto un pandemonio per poter tornare da lei. E invece ora… piangi parlando di microonde! ».

Louis si calmò, alzando il mento nelle proprie ginocchia. Aveva senso!

Sì, sarebbe andato da Odino e gli avrebbe detto…

Be’, ancora non lo sapeva, ma qualcosa gli avrebbe sicuramente detto.

*

Odino era seduto nel suo trono, come sempre del resto, e pensava.

Sì, pensava a quanto fosse cambiato Tomlinson. Quel ragazzo era diventato ciò che ogni giovane di Asgard doveva essere: maturo, responsabile e pronto a diventare un uomo.

Evidentemente il viaggio sulla Terra doveva averlo calmato.

« E io… ti sto dicendo… che voglio… vedere… Odino! ».

Il diretto interessato socchiuse gli occhi, cercando di capire cosa diamine potesse essere quel rumore. Sgranò gli occhi quando vide il suo Consigliere, Hesse, lottare con le braccia di qualcuno.

E quel qualcuno era proprio Tomlinson.

Per una volta stette a vedere la scena, e si divertì – silenziosamente – nel vedere Hesse catapultato all'indietro dall'altro.

« Desidero parlarvi » annunciò Louis.

Odino arricciò il labbro. Lo sapeva bene cos'erano quegli occhi accesi. Erano segno di una delle sue grandi idee, e non c’era nulla di peggio delle grandi idee di Louis Tomlinson.

« Ebbene, parla »

« Io… desidero ritornare sulla Terra » disse.

« Cosa? Che assurdità è mai questa? »

« Rinuncio ad ogni diritto che ho in questo pianeta, e rinuncio alla cittadinanza, o non so che… insomma, voglio tornare a casa mia! Cioè… quella che ora ritengo casa mia » si corresse.

« Rinunci ad Asgard… per la Terra? »

« Rinuncio ad Asgard per la persona che amo ».

*

Che giornata stupida.

Neanche la notizia d’aver passato l'anno con il massimo dei voti avrebbe potuto cambiare qualcosa.

« È una giornata bellissima! Andiamo al mare! ».

La voce di Anna era particolarmente fastidiosa. Perché non riusciva a capire cosa volesse davvero lei in quel momento?

« Anna, non ne ho voglia » borbottò, sventolandosi velocemente con un foglio.

« Ma io dico che… sei fortunata… che diamine… sta piovendo! Non si vedeva una pioggia così da… da dicembre! ».

Natalie gelò. « Che… che cosa? » farfugliò, affacciandosi alla finestra.

L’umidità raggiunse il vetro, e lei s'incantò per un attimo in una gara tra due goccioline d’acqua.

Una debole luce di speranza entrò dentro lei, affievolita subito dopo dalla consapevolezza.

Louis non sarebbe mai tornato, e lei se ne sarebbe dovuta fare una ragione.

Eppure, quella pioggia era così simile…

Non appena mise i piedi fuori di casa si accorse del freddo improvviso. Battendo i denti fece lentamente tutti gli scalini della veranda, cercando di proteggersi le braccia scoperte.

Fuori dal cancello, si guardò attorno, ma tutto ciò che vide fu un gatto intento a scappare via.

Nonostante tutto continuò ad avanzare, scostandosi dalla faccia i capelli ormai fradici. Un lampo spezzò il cielo, la pioggia divenne più intensa e Natalie temette davvero; che le era saltato in testa, uscire con un tempo del genere.

Sentì dei passi affrettati dietro l'angolo, ma non fece in tempo a mettere a fuoco nessuno, perché qualcuno le sbatté contro.

« Scusa » borbottò allora, « io non… ».

Poi lo vide.

Di nuovo con la sua tenuta in pelle, senza gel e i capelli incollati al viso, ma era lui.

« Stavolta sono riuscito ad atterrare in piedi e senza svenire. Sono progressi, ah! ».

Sorrise, evidentemente convinto che ci fosse qualcosa di divertente. Almeno finché non gli arrivò uno schiaffo in pieno viso.

« Cosa cazzo… »

« Oh, ora sai dire anche le parolacce? Lavandini, microonde, capirai! »

« Natalie… »

« Un mese! Un mese! » strillò lei, « Un fottuto mese senza tue notizie, te ne sei andato senza neanche darmi il tempo di… di… »

« Natalie, non… »

« E i soldi… quei cazzo di soldi te li potevi anche tenere! Potevi decidere di dargli fuoco e poi fare la stessa fine, per quel che mi riguarda! Tanto io posso trovare chiunque, vero? ».

Louis abbassò lo sguardo, incapace di ribattere.

« Sai cosa? Sei un completo idiota. Sei un coglione, un deficiente e… »

« Volevo tornare subito! Te lo giuro » aggiunse, vedendo la faccia inviperita di Natalie, « ho chiesto di poter tornare qualche ora dopo, ma è stato Odino che… guarda quanto ci ha messo a decidere, sto vecchio di merda! » borbottò, grattandosi il mento.

« Oh, e alla fine cos'ha deciso? » chiese sarcastica lei.

« Be’, sono qui » rispose lui, incerto.

Natalie scosse la testa, ma Louis la interruppe: « Non ho mai rinunciato a te, mai. Ho passato il mese peggiore della mia vita, avevo paura di non vederti mai più. Proprio oggi Odino mi ha detto che… che accettava la mia proposta e… »

« Che proposta? »

« Avrei rinunciato ad Asgard, per stare con chi volevo davvero »

« Hai… rinunciato ad Asgard? » disse Natalie a bocca aperta.

« Be’, non del tutto. Posso andarci ogni tanto… anzi, ci andremo insieme tra qualche giorno, mia mamma è felice » disse entusiasta.

« Dai per scontato che io non abbia trovato nessun altro » gli fece notare lei.

Louis si immobilizzò: « È così? »

« No, stupido. Era solo per farti cagare » borbottò Natalie.

Louis le si avvicinò, stringendola tra le braccia e baciandola.

« Hai praticamente perso il tuo mondo, lo sai vero? ».

Louis la guardò sorridendo, e sospirò.

« Il mio mondo sei tu ». 

 

Note d'autore: 

Oddio, ma perché, dico io.

Ero indecisa se pubblicarla in più parti, ma alla fine ho optato per una OS. LA MIA PRIMA OS, OMG!

Bene, vi auguro una buona serata, e... e spassatevela (:

Love ya bebis x

   
 
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