Le mani mi tremano, la testa mi gira.
Credo di non essermi mai sentito in questo modo,
così male per una persona.
Tutta colpa mia, cosa potevo fare se mi
controllavano?
Cammino per il corridoio grigio per raggiungere
quelle quattro mura che hanno assistito al momento più brutto della mia vita…
Ormai non sono più una persona tra queste mura,
sono diventato un pupazzo comandato dal governo per uccidere e fare del male
alle persone a cui voglio più bene.
E la cosa che più mi fa sentire un mostro è il
fatto di non poter far capire a nessuno che non sono io che faccio tutto ciò
che faccio.
Ricordo ancora i suoi occhi, così stupiti e pieni
di terrore come quelli di tutte le persone che da ieri mi incrocio nei corridoi
del centro governativo.
Solo con una persona torno normale: il capo.
Adam Lowery.
L’uomo più sadico che io abbia mai conosciuto,
nemmeno i miei genitori sono stati così crudeli, se avessero saputo non
avrebbero fatto nulla di ciò.
Se tutti sapessero…
Mi sveglio urlando tra le
lenzuola di uno degli unici letti rimasti intatti dopo la distruzione del
palazzo.
Il sudore cade dalla mia
fronte sottoforma di gocce.
Ero così debole, così
incapace di fare ciò che volevo.
I suoi occhi, il modo in
cui mi guardava mentre tradivo tutte le promesse che le avevo fatto.
Inizio a camminare per
quel corridoio che mi sembra così familiare, non è quello del sogno ma sono
sicuro di esserci già stato.
Inizio ad aprire alcune
porte.
Nulla.
Mi ritrovo davanti all’unica
porta color marrone scuro.
La apro senza pensarci
molto.
Ed è lì che mi sento
sprofondare.
Donne, decine di donne
morte.
Corpi senza vita di
persone come me, come Pam.
Rivedo il suo viso in
quello di un’altra donna e il mio cuore perde un battito, la mia vita è come se
perdesse tutta la sua importanza.
I miei occhi si riperdono
nei suoi color ghiaccio mentre mi supplica di non farle del male.
Chiudo velocemente quella
porta scivolando su di essa con la schiena e ritrovandomi inginocchiato a terra
con gli occhi pieni di lacrime.
-Ma guarda chi si rivede? B126 cosa ci facevi nel
corridoio presidenziale?- mi chiede il capo cambiando velocemente il tono di
voce.
Non apro bocca, non mi darebbe nemmeno il tempo di parlare
che mi punterebbe un coltello alla gola minacciandomi qualcosa di orribile.
-Va bene, ho notato che le minacce non funzionano
con questo spirito libero quindi ho deciso di passare ai fatti- un sorriso
malizioso gli si forma sulle labbra spaventandomi per la prima volta in un mese
che l’ho conosciuto.
-Non provare a toccare Pamela!- urlo
improvvisamente cercando di strattonare la guardia che però non molla la presa.
-Ah B126 quando imparerai a non cacciarti in cose
troppo grandi da capire per un ragazzino della tua età?- mi chiede non
aspettandosi alcuna risposta.
-Quando si tratta di morti anche un bambino
capirebbe che questa non è la via giusta da percorrere!- gli rispondo
ugualmente cercando di farlo ragionare anche se so che sarebbe quasi più facile
vedere un asino volare che fargli capire che sta sbagliando.
-Visto che vuoi agire per aiutare il tuo pese ti
permetterò di farlo- e con quel sorrisetto che tanto odio fa un cenno alle
guardie di portarmi via.
Mi alzo e inizio a correre
tra quei corridoi tutti uguali cercando di guardare il minimo indispensabile
per non cadere e non ricordare altro, è troppo per un solo giorno e io sono
umano, non riesco a sopportare tutto questo.
Apro la prima porta che mi
ritrovo sottomano mentre corro.
La apro e mi ritrovo nell’ultimo
posto in cui vorrei essere stato.
Ricordo ancora il numero
sulla porta: E126 che è stato tolto nel momento in cui siamo arrivati io e Pam.
B126
P127
Ora non siamo più persone,
siamo oggetti.
Quei materassi grigi e
pieni di polvere.
Quelle quattro mura, le
nostre quattro mura.
La mia mano trema e dopo
un forte dolore alla testa il buio mi invade.
Sbatto le palpebre
velocemente per mettere a fuoco la figura davanti a me.
Sono su un letto caldo e
candido, per un momento penso di essere tornato all’ospedale.
Una ragazza più o meno
della mia età mi guarda spaventata.
-La prego, mi perdoni. Non
pensavo fosse il capo, immaginavo fosse solo un malvivente che cercava rifugio
da qualche parte e io non avendo più una casa ora vivo qui. Pensavo volesse
farmi del male- inizia a dire velocemente facendomi difficilmente distinguere
le parole che usa.
-Hey non preoccuparti, non
hai fatto assolutamente nulla. Ti ringrazio di avermi portato in questo posto
caldo nonostante non mi conoscessi, ti ringrazio. Qual è il tuo nome?- le
chiedo sorridendo dolcemente.
-Sono Elsa o almeno, una
volta mi chiamavano Elsa. Ora il mio nome è
E126- mi sorride facendo un piccolo inchino.
E126
-Per favore non comportarti
come se fossi un capo del governo o qualcosa del genere, sono solo Justin o almeno,
fino a qualche anno fa lo ero. Ora sono B126- la ragazza indietreggia fino alla
porta e cerca di uscire velocemente ma viene bloccata da un’altra ragazza.
La mia ragazza.
-Chi sarebbe questa?- chiede
seria e fredda senza far trasparire nessuna emozione dalle sue parole.
-P127, lei è E126- dico guardando
Pam negli occhi.
-Lei è…-