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Autore: mary823    17/02/2014    3 recensioni
-Va tutto bene?- chiesi con tono preoccupato.
Alzò lo sguardo e per un attimo mi sembrò di essermi perso in mare, tanta era la profondità dei suoi occhi azzurri.
Tirò su col naso e si passo la manica sugli occhi per asciugarsi le lacrime che gli rigavano il viso.
-Sì, ti ringrazio.- sorrise.
Sentii una leggera fitta allo stomaco e pensai che fosse colpa del mio digiuno a colazione.
-Io sono Harry, piacere.- ricambiai il sorriso e allungai la mano, che lui non esitò ad afferrare.
-Louis.-
Harry/Louis
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CROSSED SOULS
 
La sveglia del mio telefono era impostata per le sette quella mattina e la Marimba non tardò a farsi sentire, anche se non servì poi a tanto, vista la nottata passata in bianco.
Di lì a poche ore avrei dovuto prendere parte a uno dei concerti per band emergenti più importanti dell’anno e dormire, sinceramente, non era proprio il primo dei miei pensieri. Tanti se ne erano accavallati nella mia mente durante quella notte, e il primo di essi era sempre stato il fallimento. La paura di fallire padroneggiava nel mio cervello come mai prima; era un’occasione che non potevamo permetterci di perdere: non solo perché sarebbe servita a dimostrare a tutte le persone che non credevano in noi che ce la potevamo fare, ma anche perché fare musica era stato da sempre il nostro sogno, e quella era l’opportunità che ci era stata data per provare a fare sul serio.
 
Avevo conosciuto Haydn, Nick e Will durante il primo anno delle superiori, avevamo subito stretto amicizia e combinato le nostre passioni per formare un gruppo, che avremmo poi chiamato White Eskimo.
A ripensarci, bel nome del cazzo gli “Eschimesi Bianchi”.
Hadyn, chitarrista con una fissazione maniacale per la musica rock degli anni 50; Nick, bassista timido e introverso, ma solo all’apparenza; e poi c’era Will, batterista con uno spiccato senso dell’umorismo grazie al quale ci mise ben poco a conquistarmi. Avevamo tredici anni e gli ormoni impazziti, e soprattutto tanta voglia di fare nuove esperienze.
 
Erano passati due anni e il nostro rapporto come band si era piuttosto consolidato, fino al punto di permetterci di osare e metterci in gioco con questa competizione; anche perché, detto francamente, non eravamo per niente male.
Era il 22 di maggio e dopo mesi e mesi di prove, finalmente eravamo pronti per affrontare quest’ennesima sfida.
 
Ci incontrammo al solito bar a Primrose Hill per fare colazione e poi dirigerci nel teatro che quel giorno avrebbe ospitato noi e altri nove gruppi musicali, pronti a gareggiare l’uno contro l’altro: la band vincitrice si sarebbe aggiudicata un premio di cinquemila sterline.
 
-Hey Haz!- Nick mi salutò con una pacca sulla spalla, che ricambiai accompagnata da una sonora risata.
-Buongiorno ragazzi!- risposi, avvicinandomi a Will per scambiarci il nostro bacio del buongiorno, che ormai era diventato un’abitudine.
Lui mi strinse a sé, sussurrandomi un “Agitato?”, poco udibile perfino alle mie orecchie.
Feci un cenno di assenso con il capo, lui mi scoccò un bacio sulla guancia e raggiungemmo Haydn e Nick che nel frattempo avevano ordinato la colazione per tutti.
Riuscii a malapena a bere tutto il mio cappuccino, e di mangiare non se ne parlava neanche.
Ripassammo quella che sarebbe stata la nostra scaletta e ci accordammo sul numero di assoli che spettavano a ciascuno, su come e quando eseguirli.
 
Usciti dal locale l’aria primaverile mi investì il viso, ma fu piacevole quasi quanto la mano di Will che si aggrappava alla mia, per non lasciarla fino a quando non saremmo arrivati all’interno del teatro. Vi arrivammo intorno alle dieci, e quel posto già brulicava di persone. La maggior parte di esse faceva parte del pubblico, poi c’era qualche curioso che si infilava dietro le quinte per origliare e infine i componenti dei gruppi. Mi avvicinai alla parete con su affissa la scaletta delle esibizioni. Noi ci saremmo dovuti esibire per sesti, preceduti da un gruppo chiamato Dark Demons e seguiti da un altro, i The Rogue.
Ci dirigemmo poi verso quello che sarebbe stato il nostro camerino, dove i ragazzi riposero gli strumenti e io esercitai la voce, intonando un paio di strofe dei Coldplay.
Sentii una stretta cingermi le spalle, riconobbi le mani calde del mio ragazzo e lasciai cadere la mia testa all’indietro, che finì sulla sua spalla. Segnò il mio collo con un bacio e prese a massaggiarmi la pancia, dedicandomi parole rassicuranti, che mi calmarono nel giro di pochi istanti. Mi voltai e mi ritrovai faccia a faccia con i suoi occhi castani che fissavano i miei, per poi chiudersi e lasciare spazio all’incontrarsi delle nostre labbra.
Fummo interrotti dallo sbattere continuo della porta della stanza accanto.
La curiosità è stato sempre uno dei miei difetti più grandi: presi per mano Will e insieme uscimmo in corridoio. Vidi un ragazzo seduto a terra, appoggiato alla porta con le mani tra i capelli. Mi fermai per un attimo, insicuro su cosa avrei dovuto o potuto fare, perché se c’era una cosa per cui tutti mi conoscevano era la mia estrema sensibilità in qualsiasi tipo di situazione.
-Will, amico! C’è una cosa che devi assolutamente vedere, vieni!- la voce di Haydn mi riportò alla realtà.
Will mi guardo con fare interrogativo e io gli feci cenno di andare, mimando un “A dopo” con le labbra.

Rimasi per pochi secondi immobile, esitante, poi mi lasciai cadere a terra accanto a quel ragazzo che, a quanto diceva il foglio attaccato alla porta del suo camerino, doveva far parte dei The Rogue.
-Va tutto bene?- chiesi con tono preoccupato.
Alzò lo sguardo e per un attimo mi sembrò di essermi perso in mare, tanta era la profondità dei suoi occhi azzurri.
Tirò su col naso e si passo la manica sugli occhi per asciugarsi le lacrime che gli rigavano il viso.
-Sì, ti ringrazio.- sorrise.
Sentii una leggera fitta allo stomaco e pensai che fosse colpa del mio digiuno a colazione.
-Io sono Harry, piacere.- ricambiai il sorriso e allungai la mano, che lui non esitò ad afferrare.
-Louis.-
-L’emozione gioca brutti scherzi, eh?!-
-Io... Beh, si, in un certo senso...-
-Anche io sono molto agitato, stanotte non ho chiuso occhio...- provai ad allentare la tensione, chiaramente palpabile in quel momento. –Che strumento suoni?- la mia curiosità colpiva ancora.
-Veramente sono il cantante...- disse, con voce esitante.
-Oh, davvero? Anche io canto! Faccio parte dei White Eskimo.-
-Noi invece siamo i The Rogue.-
-Si lo so, ci esibiremo prima di voi stasera.-
Non rispose.
-Da quanto tempo suonate insieme?- speravo disperatamente che non mi ignorasse.
-Saranno circa tre anni, da quando ne avevamo quattordici. E voi?-
Fui contento del suo tentativo di continuare quella conversazione, e –Noi invece suoniamo da due anni.- affermai.
Sorrise di nuovo, e il mio stomaco fece di nuovo i capricci.
-Quindi hai diciassette anni, vero?-
-Sì, ne faccio diciotto a dicembre. Tu invece?
-Beh, io ne ho fatti quindici a febbraio. Sono un po’ più piccolo di voi.-
-Sarai anche più piccolo, ma sono sicuro che hai un grande talento.-
Arrossii. Era forse un complimento?
-Diciamo che me la cavo, ecco.- sentii le guance infiammarsi.
Evidentemente si accorse del mio imbarazzo e cominciò a ridere di una risata che sembrava una sinfonia. –Ahahah, non devi mica vergognarti, sai?! Ti va di cantare qualcosa?-
Rimasi di stucco a quella richiesta, ma mi ci vollero meno di tre secondi e mezzo per accettare.
Mi schiarii la voce e piano cominciai.
-When she was just a girl, she expected the world, but it flew away from her reach, so she ran away in her sleep.- intonai, e fui sorpreso nell’udire la risposta pronta del castano di fianco a me.
-And dreamed of para-para-paradise, para-para-paradise, para-para-paradise, every time she closed her eyes.-
Mi guardò.
Lo guardai.
-L’avevo detto che avevi talento!- sorrise, facendomi avvampare.
-Anche tu sei davvero molto bravo, complimenti!- mi congratulai.
Abbassò lo sguardo, perché stavolta furono le sue guance a colorarsi. –Grazie mille, davvero!-
 
-Hey babe!- mi sentii chiamare. Mi voltai nella direzione dai cui proveniva la voce di Will e sorrisi nella sua direzione.
-Will!- scattai in piedi. –Lui è Louis, fa parte dei The Rogue, uno dei gruppi che si esibirà stasera insieme a noi.-
-Molto piacere!- si presentò il castano sorridendo e porgendo la mano al mio ragazzo, che la afferrò per poi replicare.
-Piacere mio, sono Will, batterista dei White Eskimo nonché ragazzo di Harry.-
A quelle parole mi voltai istintivamente verso Louis, che sfoggiò un sorriso, per poi –Bene, allora ci vediamo più tardi Harry! E... Grazie!- congedarci.
-Ciao…- risposi con un filo di voce.
-Grazie per cosa?- mi chiese Will con tono curioso e allo stesso tempo sospetto.
-Prima, quando sei andato di là con Haydn e Nick, era giù di morale e allora abbiamo parlato un po’… Tutto qui.- conclusi con voce tremante, più rapidamente di quanto non volessi.
-Tutto bene, Haz?- domandò ancora.
-Certo, tranquillo! Che cosa doveva farti vedere Haydn?-
-Mah, nulla di che... Hanno montato degli amplificatori di ultima generazione, che faranno tremare questo posto.-
-Non vedo l’ora di salire su quel palco e di togliermi di dosso tutta quest’ansia.- sputai, più agitato del normale.
Will mi rispose con un abbraccio che mi invase, ed io mi sentii tremendamente in colpa perché, per la prima volta, mi ritrovai a pensare a occhi che non fossero i suoi.
 
-TRENTA MINUTI ALL’INIZIO DELLA GARA!- aveva annunciato uno dei ragazzi che organizzavano l’evento.
Con le gambe tremanti, insieme a Will raggiunsi gli altri all’interno del camerino insonorizzato, per provare almeno una canzone prima di iniziare. Eseguimmo una delle cover su cui ci eravamo esercitati di meno, per perfezionare ciò che ancora non andava, First Date dei Blink 182.
Non avemmo il tempo per provarla una seconda volta: la porta si dischiuse e fecero capolino un paio di occhi azzurri che si scontrarono con i miei. –Scusate ragazzi, ma ci hanno detto di salire di sopra, dietro le quinte. A quanto pare ci vogliono tutti in gruppo prima di iniziare.- ci informò Louis.
-Arriviamo subito, grazie!- sfoggiai un sorriso come ringraziamento.
Un attimo dopo quegli occhi erano scomparsi nella confusione del corridoio, che percorsi poco dopo insieme ai miei compagni per dirigerci verso il palco, dove qualcuno ci aspettava.
Nel giro di pochi secondi mi ritrovai circondato da decine di ragazzi, tutti quasi agitati quanto me. Riconobbi il castano, che si girò verso di me e da lontano mi fece l’occhiolino, mimando un “In bocca al lupo” con le labbra rosee.
Mi sembrò impossibile, ma in quel momento sentii la tensione alleggerirsi di colpo. Tirai un sospiro di sollievo e sorrisi nella sua direzione, con gli occhi puntati nei suoi.
-Buona sera ragazzi, e benvenuti.- iniziò il ragazzo che avrebbe condotto l’evento. -Volevamo semplicemente avvisarvi che tra pochi minuti inizierà la competizione e che non è permesso continuare a provare durante le esibizioni degli altri gruppi. Detto questo, in bocca al lupo e buon divertimento!- si allontanò dalla folla.
-Cazzo!- imprecai, con i nervi a fior di pelle. Mi sentii strattonare per la manica della felpa e in un attimo mi ritrovai, per l’ennesima volta durante quella giornata, a fissare l’oceano.
-Ehi Harry!- Louis mi risvegliò dal mio stato di trance. –Beh, mi raccomando, metticela tutta! Ti ho sentito cantare, anche se per poco, e so che sei bravissimo! Quindi dai il massimo, ok?- sorrise ancora, ed io rimasi spiazzato da quelle parole e dalla curva che si era creata sul suo viso.
-Ehi! Beh, ti ringrazio… Sono certo che andrà bene! La stessa cosa vale per te… Spaccali tutti, ok?-
-Li spaccheremo tutti!-
Quel noi sottinteso mi fece rabbrividire.
-Purtroppo però la band vincitrice sarà una sola…- realizzai.
-Che vinca il migliore allora!- mi strinse la mano, ed io non mollai la presa fin quando non sentii la voce del presentatore rimbombare all’interno del teatro.
-Buona sera a tutti e benvenuti alla 14ª edizione del festival per band emergenti di Londra! Le band che stasera si sfideranno sono dieci, e sono tutte molto competitive e pronte a tutto per portarsi a casa il premio, che, ricordiamo, consiste in cinquemila sterline!- continuò presentando i gruppi uno ad uno, ma smisi di prestarvi attenzione non appena sentii un altro paio di labbra a leggero contatto con le mie. Chiusi gli occhi e quando li riaprii non vidi più quell’oceano di fronte a me. Sentii un brivido percorrermi la schiena, le gambe tremare e d’un tratto la mia mente annebbiarsi, senza farmi capire più niente. Era davvero bastato così poco per non pensare più a Will, che si trovava a pochi metri da me? Pregai che non avesse visto ciò che era appena accaduto. Non avrei saputo dargli spiegazioni, non avrei saputo dirgli che non era stata colpa mia, che mi dispiaceva e che non avrei mai voluto che succedesse; forse perché avrei mentito a lui, ma soprattutto a me stesso.
Non sapevo bene cosa volesse dire, ma sapevo che io quel bacio l’avevo desiderato dal primo momento in cui avevo incrociato quegli occhi di ghiaccio, e Will era l’unica cosa che mi fermava dal prendere quelle labbra e baciarle fino a sentirmi male. Non era una cosa normale, l’avevo appena conosciuto d’altronde, ma lo desideravo così tanto, e sapere che in qualche modo quel desiderio era ricambiato, mi spinse a fare qualcosa di cui forse mi sarei pentito, ma che avrei fatto comunque dopo la fine del festival. Non mi sarei perso per niente al mondo quegli occhi in cui navigare.
 
-Diamo il benvenuto sul palco al primo gruppo di stasera: gli Skik!- il mondo reale mi piombò addosso come un macigno.
Non riuscii a valutare la bravura dei gruppi che si susseguivano sul palco, troppo preso dai mille pensieri che si facevano spazio nella mia mente. Pensai a cosa fosse giusto fare, a quale fosse la decisione giusta da prendere, se seguire l’istinto oppure far prevalere la ragione. Ebbi la risposta non appena rincrociai quello sguardo per un istante, prima di salire sul palco. E allora non importarono più gli abbracci di gruppo prima di esibirci, non importarono più i baci scambiati con Will che prima mi infondevano sicurezza, non importarono più le promesse fatte, non importò più ciò che mi legava a lui.
Contava solo l’oceano, e la voglia che avevo di esplorarlo.
-Loro sono i White Eskimo, signore e signori!-
Gli applausi ci diedero il via e dopo il primo giro di accordi la mia voce uscì più potente e determinata che mai. Ci eravamo accordati sull’eseguire “Isn’t she lovely” di Stevie Wonder, la prima canzone in assoluto che avevamo eseguito insieme, e che dopo il festival sarebbe probabilmente stata anche l’ultima.
Avevo preso una decisione, ma prima di renderne partecipi gli altri avrei dovuto renderne partecipe la persona che ne era la causa. Decisi che subito dopo la sua esibizione gli avrei parlato.
 
Non appena finimmo di esibirci toccò ai The Rogue salire sul palco, dal quale scesi molto soddisfatto della mia performance.
-Siamo stati fenomenali ragazzi, fenomenali!- Nick condivise con noi la sua emozione, ed io non tardai ad abbracciare tutti e tre, per rassicurarli che era andato tutto bene, e che questa serata avrebbe dato i suoi frutti.
Dopo essermi ritrovato con i miei compagni, corsi vicino al palco e potei bearmi per pochi secondi di quella voce angelica che aveva mandato in tilt tutti i miei sistemi. Lo vidi sudare e tremare, impercettibilmente. Si voltò per un attimo verso di me ed io gli sorrisi in segno di assenso, come per dirgli che stava andando bene.
Quando finì di cantare, dopo aver ringraziato il pubblico, la prima cosa che fece fu correre da me ed io lo accolsi nelle mie braccia, e mi sentii fottutamente bene, con le sue gambe intrecciate alla mia vita. Mi strinse forte a sé, ed io feci lo stesso, fino a che non lo appoggiai a terra per poterlo guardare finalmente negli occhi.
-Sei stato fantastico Lou, davvero fantastico!- mi complimentai.
Commosso, -E’ stato tutto merito tuo! Ho pensato solo a te mentre cantavo.- mi confessò.
Sorrisi.
-Lou ecco, a proposito di questo… Vorrei parlarti…-
-Certamente! Dammi tre minuti e sono subito da te!-
 
Sparì per quelli che mi sembrarono secoli, per poi pararmisi davanti, afferrare la mia mano e condurmi in una stanza dietro al suo camerino, che sbarrò con una sedia.
Non ebbi il tempo per iniziare a parlare che le sue labbra tornarono ad incrociare le mie, questa volta più decise e consapevoli. Le nostre lingue si incontrarono in quello che fu il valzer più lento di tutti i tempi.
Si aggrappò al mio collo, come aveva fatto qualche minuto prima, ed io gli cinsi i fianchi. Staccai le nostre labbra e lo fissai, non avrei fatto altro per il resto della mia vita. Mi morsi le labbra, cercando le parole, ma mi batté sul tempo.
-Ascolta, mi dispiace. Non so perché l’ho fatto e perché continuo a farlo, anzi forse lo so. Ma ho fatto una cazzata, so che c’è Will nella tua vita e so che molto probabilmente volevi parlarmi per mandarmi a quel paese e dirmi che sono un coglione…- un’improvvisa raffica di parole uscì dalla sua bocca perfetta, che non esitai a tappare con due dita.
-Ehi, ehi, piano. Si è vero, forse hai fatto una cazzata, ma non sono qui per questo. Cioè si, e sono anche un po’ arrabbiato in realtà, perché avrei voluto avere il coraggio di farla io, quella cazzata.-
Silenzio.
-Harry, che significa?!-
-Significa, Louis, che a me quel bacio non è dispiaciuto per niente; che da quando ti ho visto seduto lì, a terra, in quel corridoio poche ore fa, io non ci ho capito più niente, il mio cervello ha smesso di funzionare ed il mio cuore ha iniziato a battere ad un ritmo molto più veloce di quanto non avesse mai fatto.- ammisi a lui, ed anche a me stesso.
Rimase come pietrificato davanti a me, senza dire una parola, ed io non potei che sorridere.
-Sei rimasto paralizzato?!- risi.
-N-no... E’ che… Cioè… Non mi aspettavo una cosa del genere…- balbettava.
-E perché no?!-
-Beh, in primo luogo perché pensavo a Will, sai, è il tuo ragazzo… E poi perché… Tu hai avuto lo stesso identico effetto su di me.- fu lui a confessarsi stavolta.
-Già, Will… Sai, se sono qui è anche perché devo parlare con lui, devo spiegargli tutta questa situazione… Ma voglio farlo solo se avrò la certezza che quel bacio per te ha significato qualcosa… Non so se mi capisci.- tentai di spiegarmi.
Di tutta risposta lui sospirò, mi prese il viso, lo accostò al suo e mi baciò ancora, con più foga e più passione di prima. 
-Dovrei prenderlo come un “Ehi idiota, mi importa di te!”?- sbottai in una risata.
Annuì, ridendo insieme a me.
-Sai anche che io e Will siamo nella stessa band, se deciderò di lasciarlo, dovrò lasciare anche i White Eskimo…- dissi con più serietà.
-Ascolta Harry… Mi rendo conto di tutto questo, e di quanto sia difficile per te, di quanto perderesti. Se non te la senti ti capisco, non importa. Possiamo fare finta che non sia successo niente.-
Abbassò lo sguardo.
Con due dita gli presi il mento e lo alzai, costringendolo a guardarmi, poi presi le sue mani.
-So che non sarà facile, so che mi costerà tanto, e che probabilmente poi sarà tutto una merda, ma non voglio far finta di niente, io adesso voglio te, e nient’altro. Mi importa solo di te. E per quanto la parola di un quindicenne con gli ormoni a palla possa valere, fidati, non ti lascerò andare.-
Abbassai tutte le mie difese in quel momento, divenni un libro aperto.
L’oceano dei suoi occhi cominciò a diffondersi anche sulle sue guance, potevo sentirlo mentre mi baciava ancora.
-E’ la cosa più bella che mi abbiano mai detto. Grazie.-
Fece una piccola pausa e poi riprese: -Per me è lo stesso, davvero, e parlerò con i ragazzi, loro capiranno. Non voglio perderti. E farò di tutto pur di tenerti con me.-
Ci baciammo per minuti che sembrarono interminabili, senza pensare a niente se non a noi due, entrambi vogliosi l’uno di vivere l’altro.
 
 
SEI MESI DOPO
 
 
Novembre.
Erano passati sei mesi da quel giorno in cui la mia vita era cambiata. Ed era cambiata in meglio, per molti aspetti. Dopo aver chiarito con Louis, avevo deciso di parlare a Will.
Non aspettai, lo feci subito: mi sarebbe dispiaciuto mentirgli, dopotutto gli volevo un gran bene.
La sua reazione fu comprensibile.
Dapprima fece fatica a capire come fosse possibile che il nostro rapporto fosse finito in questo modo, poi realizzò. E allora accusò se stesso, dicendo che non era stato abbastanza, che non mi aveva dato ciò che meritavo, che era un completo fallimento. Poi passò ad accusare me, dicendomi che ero solo un ragazzino e che quella per Louis era solo una cotta che mi sarebbe passata presto, e che allora sarei tornato da lui.
Ma si sbagliava.
 
Erano sei mesi che io e Lou stavamo insieme e non sarei potuto essere più felice. Mi dimostrava il suo amore ogni giorno, anche con dei piccoli gesti che però per noi avevano un enorme significato.
Dopo quattro mesi aveva detto di amarmi, ed io non potei che affermare lo stesso. Vivevamo in un mondo tutto nostro, dove non ci importava di niente, e dove il fatto che lui avesse diciassette anni ed io quindici non importava, come non importava tutto il resto. Eravamo solo io e lui.
Il tempo passava in fretta e in un batter d’occhio mi ritrovai a dover pensare a cosa potergli regalare per il suo diciottesimo compleanno, che cadeva proprio la vigilia di Natale.
Mi trovavo a girovagare per le strade di Londra, tra un negozio e l’altro, in cerca del regalo perfetto quando vidi un volantino che catturò subito la mia attenzione.
 
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Quello sarebbe stato di sicuro il regalo perfetto.
Staccai il volantino dal palo e me lo ficcai in tasca.
Nei giorni successivi pensai a come poter organizzare il tutto e riuscire a fare una sorpresa a Lou.
Arrivai alla conclusione che avrei pagato il viaggio con i soldi della vincita del festival, che io ed i ragazzi ci eravamo equamente divisi. Saremmo partiti in autobus, prendere l’aereo avrebbe destato troppi sospetti.
 
Passammo le vacanze di Natale insieme ed io non potrò mai dimenticare la faccia che fece quando aprì la scatolina che conteneva il mio regalo in occasione del Natale e del suo compleanno.
Una fedina, con dentro incisa una frase.
You are my Paradise.
In onore della prima canzone che cantammo insieme quel giorno.
Pianse, ed io fui la persona più felice del pianeta perché sapevo che ero stato io a causare quelle lacrime di gioia.
E’ stato l’ultima persona che ho visto nel 2009 e la prima che ho visto nel 2010.
E’ stato la fine e l’inizio di tutto.
 
Il giorno delle audizioni arrivò, e nel frattempo anch’io avevo compiuto gli anni, ricevendo da parte di Lou un bracciale in oro bianco. Quel gesto mi rese ancora più felice, se possibile.
Era tutto pronto: avevo fatto il pieno di cibo, avevamo RedBull a volontà e partimmo per una meta che al mio ragazzo era ancora sconosciuta. Mi riempiva di domande per sapere dove fossimo diretti, ma riuscii a cavarmela ogni volta, ripetendogli sempre che era una sorpresa.
Non appena arrivammo, dopo tre ore di viaggio, presi la sua mano e lo condussi alla fine di un’interminabile fila.
Fu allora che capì.
-Harry, che ci fa tutta questa gente qui? E queste transenne a che servono?
Oh mio Dio. HARRY SIAMO ALLE AUDIZIONI PER X-FACTOR?!- urlò.
Annuii.
-Beh, per i miei gusti era troppo tempo che qualcuno, a parte me, non ti sentisse cantare. Non credi?-
I suoi occhi si inumidirono.
-Sei la persona migliore del mondo Harry, sul serio. Non potrei desiderare un ragazzo migliore. Ti amo così tanto. Grazie, grazie per tutto.-
Mi abbracciò e fu l’abbraccio più bello di tutti. Carico d’amore e di gratitudine reciproca.
-Devo chiederti una cosa però.- sentenziò, serio.
-Tutto ciò che vuoi.-
-Fai le audizioni con me.- i suoi occhi dolci mi imploravano.
-Come?!-
-Hai capito bene. Provaci anche tu, ti prego.-
-Ma Lou, io…-
-Lo faccio solo se lo fai tu.-
Mi bloccai.
-Va bene.-
Mi scoccò un bacio sulla fronte e mi prese per mano.
 
Dopo ore interminabili di fila fu il suo turno.
Era un filo di tensione.
Scelse di cantare “Hey there Delilah” dei Plain White T’s.
Ero in adorazione, forse più emozionato di lui. La sua voce tremava, ma nonostante ciò fu formidabile. Ricevette tre sì. Era passato alla fase successiva.
Non avemmo nemmeno il tempo di scambiarci un bacio che toccò a me.
Cantai di nuovo “Isn’t she lovely”, per mandare un pensiero a quei ragazzi con i quali avevo iniziato a inseguire il mio sogno.
A differenza di Louis non trovai tutti i giudici d’accordo su di me. Due sì e un no. Ero passato comunque alla fase successiva.
 
Il destino ci aveva fatti incontrare, e il destino aveva voluto che continuassimo questa nuova avventura insieme, senza mai separarci l’uno dall’altro.
 
 
 
 
  
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