Fanfic su attori > Ben Barnes
Segui la storia  |       
Autore: _joy    18/02/2014    7 recensioni
"La sera in cui Ben Barnes lasciò Rebecca Milani era una sera piovosa e grigia."
Quello che accadde tra un addio e un ritrovarsi.
Perché niente altro conta.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
banner



Quella mattina aveva le idee poco chiare.
 
In parte dipendeva dalla mancanza di sonno: tra Tommaso e i suoi pensieri burrascosi aveva chiuso gli occhi sì e no per un quarto d’ora.
Ma il resto era legato all’incertezza.
Rebecca continuava a chiedersi dov’era Ben in quel momento, se lo avrebbe rivisto e perché era venuto.
Cioè, il perché era chiaro: doveva essere per Tommi.
Ma ora che lo aveva visto… cosa pensava?
Cosa voleva?
Era chiaro, per via della somiglianza, che Tommaso era figlio suo.
Ma Ben non avrebbe mai accampato diritti sul bambino… vero?
Certo che no, era un’idea folle.
Se non riusciva nemmeno a organizzarsi un pranzo da solo, cosa poteva pensare di fare con un bambino?
No, Rebecca ne era certa: non poteva volerlo.
Era inconciliabile con la vita di attore famoso e giramondo e Ben non era così stupido da non capirlo.
Non poteva pensare di portarglielo via.
Non poteva farlo comunque, a priori, perché avrebbe significato una battaglia legale che lo avrebbe portato sotto i riflettori – e Ben odiava essere sotto i riflettori per questioni legate alla sua sfera privata – e comunque nessun giudice avrebbe mai affidato un bambino a un padre che faceva la vita di Ben.
 
E, a parte quello, lei lo avrebbe ammazzato prima, a mani nude, se solo avesse osato solo ventilare un’ipotesi del genere.
 
Il suono del campanello la strappò alle sue lotte interiori.
Becky batté le palpebre, quasi stupita di trovarsi in casa sua e non in un’aula di tribunale.
Cercò con gli occhi suo figlio e lo vide seduto sul tappeto, con in mano una macchinina.
Al secondo squillo del campanello, Tommaso la guardò perplesso, come a chiederle perchè se ne stava lì imbambolata senza aprire.
Lei scrollò il capo e andò alla porta.
Era un’agitatissima Carolina, che voleva scusarsi ancora per il giorno prima.
Rebecca la fece entrare e preparò del thè verde.
 
«Caro, insomma» ripeteva mezz’ora dopo, per la centesima volta «Non è colpa tua! Come facevi a sapere che Ben era in Italia? Che era qui?»
«No, lo so, ma..» Carolina si tormentava le mani, inquieta «Me lo sono trovato davanti e mi è venuto un colpo! E poi… quando ha guardato Tommi…»
Rebecca tolse di mano al figlio, che si stava ingozzando di Plasmon, l’ennesimo biscotto e lui lanciò uno strillo offeso; quindi chiese:
«Quando ha guardato Tommi?»
«Sembrava uno che ha ricevuto una botta in testa. Non penso abbia capito immediatamente, ma ci è arrivato dopo poco. Ed è stato stranissimo considerando che di me non si ricorda sicuro e Tommi è comunque un bimbo piccolo…»
Becky accarezzò i capelli del figlio e lo mise seduto sulle sue gambe.
«Non è così strano che lo abbia riconosciuto…» mormorò, sovrappensiero.
«Bè, di certo si somigliano un sacco… ma insomma, è così piccolo! Senti Becky… ma secondo te cosa vuole?»
Rebecca serrò inavvertitamente la presa sul bambino.
«Me lo chiedo da ieri e… non ne ho idea. Non credo che voglia… insomma, che voglia far valere i suoi diritti…»
«Ci mancherebbe altro!» strillò Carolina, spaventando il piccolo «Deve solo provarci e io… io lo prendo a bastonate in testa!»
«Caro, calma» Rebecca baciò la testolina di suo figlio per tranquillizzarlo «Anche io ho continuato ad arrovellarmici, ma non credo siano queste le sue intenzioni. Voglio dire: stiamo parlando di Ben. È tutto lavoro e carriera… come farebbe a gestire un bambino?»
Carolina ci pensò su.
«Sì… in effetti è vero… Non è neppure capace di gestirsi da solo! Però…» esitò, consapevole che si stava addentrando in un terreno pericoloso «… però è comunque suo figlio»
Rebecca rimase immobile, poi annuì.
«Sì. È suo figlio. Ma per essere padre non basta dare gli spermatozoi…»
Carolina annaspò, quindi coprì con le mani le orecchie di Tommaso.
«Non ascoltare tua madre» gli disse, fissandolo severa «Cancella subito questa frase dalla tua memoria, ok?!»
Rebecca rise di gusto.
«Caro, tu sei pazza» baciò di nuovo il figlio «Ti voglio bene, ma tu sei pazza!»
 
*
 
Quella mattina aveva le idee poco chiare.
 
Non aveva dormito per niente e in più suo fratello continuava a bere caffè e a subissarlo di domande tipo: cosa pensi di fare ora? Che facciamo oggi? Andiamo a cercare Rebecca? E se sì, cosa pensi di dirle?
Al quarto espresso, Ben mise la mano sulla tazza del fratello.
«Senti, stai esagerando: il caffè ti rende iperattivo e logorroico e proprio non ne hai bisogno!»
«Sai, hai una faccia orrenda» ribatté Jack, impietoso «E non hai nemmeno la scusa di aver passato la notte sveglio perché tuo figlio piangeva… Sei un padre assente, caro mio»
Ben gli lanciò la felpa addosso e Jack scoppiò a ridere, versandosi impunemente dell’altro caffè.
 
 
Più tardi, erano di nuovo sulla spiaggia e questo perché Ben non riusciva a farsi venire altre idee.
Aveva trovato a Los Angeles un vecchio indirizzo risalente ai primi tempi della sua storia con Rebecca e che era dei genitori di lei ed era partito con solo quello in tasca.
Era deprimente l’idea che quello che gli restava della storia forse più importante tra quelle che aveva avuto (e che erano ben poca cosa, in realtà) erano un numero di cellulare (di lei) che non osava chiamare e un indirizzo di una casa (dei genitori) dove con ogni probabilità gli avrebbero spaccato la faccia se avesse solo osato presentarsi alla porta.
Mosse un paio di passi indecisi sulla sabbia e prese in mano il cellulare.
Poi lo rimise in tasca.
«Allora!» disse la voce allegra di suo fratello, alle sue spalle «Hai deciso cosa facciamo?»
Ben alzò gli occhi al cielo.
«No!» sbottò «E se smettessi di chiedermelo ogni due minuti sarebbe meglio!»
«Se smettessi di chiedertelo tu faresti finta di nulla e resteremmo qui tre mesi, a fissare il mare… Senti, Ben, diciamocelo: che alternative hai, a questo punto?»
Il fratello si voltò, gli occhi nascosti dagli occhiali da sole.
«Non vuole parlare con me!»
«Bè, ha ragione…» asserì il fratello «Non puoi sperare che non sia arrabbiata con te. Voglio dire, per non dirti che era incinta…»
«Perché è testarda e orgogliosa!» sbottò Ben, feroce «Così testarda e orgogliosa che…»
«Non è che era preoccupata che tu non ne volessi sapere?»
Ben tacque di colpo.
«Non è che faccio i salti di gioia» disse poi, truce «Ma stai per caso dicendo che avrei attaccato il telefono in faccia a una donna incinta di mio figlio?»
«Forse no, fratellone, ma devi ammettere che non avresti dato in esclamazioni di giubilo. Mi hai detto tu stesso che avete rotto perché lei voleva un rapporto serio e tu volevi dedicarti alla carriera»
«Sì, e allora?»
«E allora?! Ma Ben, scherzi? Ma ti pare che avere un bambino non sia una cosa duratura e seria?»
Ben si sfilò gli occhiali da sole con un gesto secco, infuriato.
«Mi prendi per un idiota? Lo so! Stavo dicendo che anche se la nostra storia è finita io l’avrei ascoltata comunque!»
«Ascoltata. E poi?»
Ben tacque per un paio di secondi.
«E poi…e poi… qualcosa avrei fatto!»
Suo fratello alzò un sopracciglio.
«Scusa la franchezza, ma secondo me ti saresti incazzato e poi avresti dato fuori di matto… e poi, sì, avresti fatto qualcosa perchè nel profondo non sei un completo idiota… Ma, Ben, ascoltami attentamente: lei ti conosce e secondo me non te lo ha detto perché sapeva che la tua posizione sarebbe stata esattamente quella di un coglione con uno scazzo galattico»
Ignorò lo sguardo fiammeggiante del fratello e proseguì, pacatamente:
«Sembra adorare quel bambino… devi riconoscerle che è stata coraggiosa a non dirti nulla e a scegliere di metterlo al mondo da sola»
«Coraggiosa?» esplose Ben.
«Sì» a quanto pare, suo fratello quel giorno era implacabile «Poteva ricattarti e vendere la storia a un giornale, ci hai mai pensato?»
Ben ammutolì, poi scosse il capo.
«Non lo avrebbe mai fatto» mormorò.
«Perchè?»
«Perché lei è… è buona. E leale. E sincera»
«E ti amava»
«Sì»
«Quelle sono le donne più pericolose, caro mio»
«Sì, e allora?»
«Allora, prima di prendere in mano quel telefono e chiamarla, vedi di farti un esame di coscienza, così saprai anche che cosa esattamente vuoi dirle!»
 
Ben batté le palpebre un paio di volte, cercò di parlare senza riuscirci e, alla fine, tirò un calcio furioso a un cumulo di sabbia.

   
 
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su attori > Ben Barnes / Vai alla pagina dell'autore: _joy