Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Elikin    18/02/2014    3 recensioni
Germania, 1933.
Un gruppo di ragazzini si ritrova a dover crescere in fretta e a fare i conti con le dure novità che l’ascesa del movimento nazionalsocialista ha portato con sé.
Loro malgrado scopriranno che la vita può essere ben più ingiusta di quanto possano anche lontanamente immaginare.
Genere: Dark, Drammatico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Fumo nero
Prologo



Germania, Magdeburgo - Vicolo buio
21:34, 17 Febbraio 1933
 
Mettere un piede avanti all’altro. Lasciarlo affondare nella neve. Strofinare le braccia magre con le dita congelate. C’era un qualcosa di così meccanico e ripetitivo in quei gesti da riuscire a darle un minimo conforto. Un piccolo punto fermo nella sua esistenza.
 
Andare avanti. Sopravvivere. Cercare un posto per riposare... no! Non poteva riposare. Aveva sentito fin troppe storie riguardo a persone che si erano addormentate e non si erano più svegliate. Non era ancora giunto il suo momento di morire, per cui sarebbe andata avanti. Non sapeva bene in cerca di cosa, ma il suo istinto le diceva di non arrendersi, che fermarsi non avrebbe portato altro che guai. Probabilmente era anche colpa del sangue maledetto che scorreva nelle sue vene. Tante volte aveva visto sbattere le porte in faccia alla sua gente. Li aveva visti picchiare. Li aveva visti sparire all’improvviso senza mai più are ritorno.
Il fermarsi non è contemplato quando sai che da un momento all’altro la polizia potrebbe irrompere per intimarti di lasciare il tuo rifugio. Quindi non resta che continuare a camminare ed andare avanti. Esibirsi come degli esseri inferiori per quelle persone ben vestite, - che di certo hanno una maggiore considerazione per gli animali - cercare di guadagnare abbastanza da permettersi un altro pasto e... sì, di tanto in tanto anche rubare mentre sono distratti.
Quando ascolta le loro voci non sente parlare altro che di povertà e di mancanza di lavoro. Spesso si è chiesta cosa significhino esattamente quelle parole. Perché parlano di povertà se riescono tranquillamente a fare due pasti al giorno e hanno tutti delle scarpe? Non riesce a comprenderlo, come molte altre cose di quegli esseri umani così simili eppure così diversi da lei.
 
È stanca, si ferma su gradino. Sa che questo probabilmente potrebbe sancire la fine dei suoi giorni, ma non ce la fa proprio più ad andare avanti. Sotto le sottili suole di pelle sporche di neve non sente più i piedi, anche se sa che se li esaminasse li troverebbe pieni di escoriazioni. Potrebbe cominciare a massaggiarli, in quel modo forse riuscirebbe a riscaldare anche le mani. Ma non ne ha più la forza.
Sente il gelo salire dentro di lei, lungo la spina dorsale, mentre gli occhi si fanno pesanti.
Si chiede come stiano gli altri bambini. I loro piedi sono asciutti? Oppure freddi e insensibili come i suoi? Come farà il vecchio Helver a tagliare le radici senza il suo coltello? Lo ha ancora strettamente agganciato alla cintura lei, reduce dell’ultimo spettacolo. È un vero peccato, visto che forse sta per morire e non se ne farà granchè.
 
Il pensiero di stare per morire per un momento la spaventa. Poggia le mani sul freddo gradino e tenta di fare leva per alzarsi. Sente le membra scricchiolare sotto quello sforzo non voluto e per un attimo gioisce al pensiero di essersi rimessa in piedi, ma deve ricredersi quando le piccole gambe cedono facendola andare a cadere con forza sulla porta alle sue spalle, sbattendo forte la testa. A quel punto con la vista lievemente annebbiata e con le ultime energie che hanno abbandonato il suo corpo la ragazzina decide di arrendersi all’evidenza di essere ormai spacciata.
Dicono che la morte da freddo sia una delle migliori. Vieni cullato e trasportato nell’aldilà come se gli dei ti stessero cantando una soave melodia per farti addormentare con dolcezza e risvegliare nel loro mondo. In cuor suo però la ragazzina non capisce perché si chiami morte da freddo o con uno di quei termini così scientifici che piacciono tanto alle persone ben vestite, lei ormai di freddo non ne sente quasi più. Anzi! Sente quasi un certo torpore trasmettersi in tutte le sue scomposte membra. È quasi piacevole.
 
La neve ha ricominciato a cadere, non sa da quanto, però non è fastidiosa. Certo, brucia un po’ sul viso arrossato e screpolato, ma è morbida e quando si poggia sulle sue labbra riesce a bagnagliele un po’. Non sa bene perché si preoccupi tanto di una cosa così stupida come bere proprio mentre sta per morire, però per qualche motivo sente che deve farlo. È il suo corpo a comandarlo?
I suoni le sembrano ovattati, c’è un gran trambusto che proviene da destra, no da sinistra! Non lo riesce a capire bene. Devono essere di nuovo loro, quelli da cui le hanno di stare lontana. I tipi violenti che non hanno dato pace al suo gruppo da quando sono arrivati in città. Ma ormai non ha più importanza.
Il suo mondo ormai è quell’oscurità così piacevole che stende le braccia verso di lei.
 
 
 
Germania, Magdeburgo - Vicolo buio
22:14, 17 Febbraio 1933
 
Una luce. Un’orribile, tagliente luce entra con prepotenza tra le sue palpebre gonfie, molestando gli occhi arrossati.
Chi è che sta osando disturbarla in quel modo? Perché non le è permesso lasciarsi andare? È stanca di camminare, non servirebbe a niente ormai. Vuole solo essere lasciata in pace. Ma la luce non accenna ad andarsene per un minuto buono, alla fine quando scompare, la ragazzina tira un sospiro di sollievo: ora può finalmente tornare a riposare.
 
Non fa neanche in tempo a concepire quel pensiero però che il muro alle sue spalle crolla, facendola cadere all’indietro e facendole sbattere di nuovo la testa. Stavolta però la botta è minima, come se fosse attutita da qualcosa di morbido, inoltre sente un’ondata di calore investirla e provocarle orribili dolori su tutto il corpo. Di fronte a quelle atrocità la bambina è costretta a cercare di aprire gli occhi, vuole comprendere la causa e la provenienza di quelle ulteriori torture ai suoi danni.
All’inizio è difficile riuscire a mettere a fuoco, riesce a scorgere solo due figure indistinte, come se fossero avvolte dalla nebbia. Sente la testa girare, ma questo non la fa desistere dalla sua osservazione.
 
È in quel momento che incontra due grandi occhi azzurri e preoccupati a pochissima distanza da lei. Sente che se avesse abbastanza controllo di se stessa riuscirebbe persino a specchiarsi in quelle iridi tanto chiare e cristalline. Le piace quel colore, le fa pensare all’acqua dei fiumi presso i quali soleva fermarsi con il suo gruppo. Quelli dove si faceva il bagno nuda, gareggiando con gli altri ragazzini a chi sarebbe riuscito a pescare qualcosa. Allo stesso tempo le ricordava però gli occhi di quei soldati severi e intransigenti che solevano menare i suoi compagni più stupidi e lenti. A volte le era parso di capire che gli avessero persino sparato.
Eppure quegli occhi sono totalmente diversi, così dolci e innocenti. Così impreparati al mondo che dovrà affrontare. Riesce ad intuire così che quella figura chinata su di lei debba essere una bambina, probabilmente anche più piccola di lei, ma è la figura accanto alla sua curiosa scrutatrice che la preoccupa. Chi è? Come l’ha trovata? Che vuole farle?
 
Sente una mano calda, grande e callosa stringersi intorno al suo polso e una voce distante aggredirla. Non capisce quello che dice, ma dal suo tono intuisce che non sia proprio felice della sua presenza. Tenta inutilmente di ribellarsi muovendo appena un braccio verso la sua direzione, ma le membra congelate non sembrano avere intenzione di collaborare. Ha appena la forza per alzare leggermente la testa e fissare poco avanti a sé un viottolo buio, ora leggermente illuminato. Non riesce a vedere altro prima di far di nuovo ricadere la testa all’indietro, troppo stanca per fare altro.
Si domanda se stia per morire, se quelle persone abbiano intenzione di farle del male. La stretta sul suo braccio si sta facendo sempre più forte. Ora sono le due voci a scontrarsi, ma ancora non riesce a capire cosa stanno dicendo.
A lei del resto non interessa più. E’ pronta a morire e non importa in fondo come.
 
La mano che fino a qualche secondo prima le stringeva il braccio quasi fino a stritolarlo ora si è spostata, è poggiata sotto la sua testa, mentre un’altra la sta prendendo per le gambe. Senza quasi rendersene conto è già stata sollevata da terra e presa in braccio da qualcuno.
La paura dell’ignoto diventa più forte di qualsiasi cosa. Tenta di aprire gli occhi mentre si sente trasportata da quelle braccia forti attraverso una serie di cunicoli, non riesce a distinguere niente, l’unica cosa che riesce ad identificare, l’unico punto fermo, sono gli occhi azzurri che ha scrutato prima. Quelli sono fissi su di lei, per tutto il tempo.
 
All’improvviso sente che la persona che la sta trasportando si è fermata e la sta adagiando su una superficie liscia e concava. Cosa potrebbe essere?
Per qualche secondo sente solo le voci, parlare concitatamente tra di loro, poi sente solo un’ondata di acqua calda investirla e farle perdere qualche battito. Non ha nemmeno il tempo di riprendersi che un’altra ondata di acqua rovente la investe, bruciandole completamente la pelle. Perché la stanno torturando in quel modo?! Cosa ha fatto di male!
Senza neanche rendersene conto inizia a dibattersi debolmente, cercando di opporre una qualche resistenza a quelle secchiate di acqua calda che sembrano bruciarla fino all’anima, ma un colpo violento sulla spalla e un urlo arrabbiato verso di lei la fanno desistere in parte dalle sue azioni bellicose, però nel momento in cui l’acqua le investe il viso facendolo sfrigolare, le sue labbra si schiudono e dalla sua bocca viene emesso un gemito strozzato di agonia.
Una mano si appoggia con forza sulla sua bocca e una voce le intima di stare zitta, ora riesce a sentire meglio e a distinguere le sagome intorno a lei. A parlarle è stata una voce femminile, ne è certa. Non ne riesce ad afferrare i lineamenti, ma è di sicuro una donna.
Questo non la fa desistere dalla sua ribellione. Comincia a scalciare e ad agitare le braccia, ora molto meno pesanti. La stretta sulla sua bocca si fa sempre più forte man mano che il suo dimenarsi si fa sempre più impertinente, sente un dolore sordo in tutto il corpo, ma non può fermarsi. Non vuole morire.
 
In quel momento un’altra voce le parla, più vicina e più dolce. Sembra proprio quella di una bambina. Gira appena la testa, per quanto le sia consentito dalle mani che le serrano la mascella con forza e incrocia di nuovo quello sguardo azzurro. Improvvisamente il suo corpo si blocca e le sue orecchie si tendono per sentire meglio cosa ha da dire quella voce.
Non riesce a distinguerne tutte le parole, ma dal suo tono capisce che vuole tranquillizzarla.
La bambina decide di ascoltarla e lascia ricadere le braccia come priva di energia, poi chiude gli occhi e lascia che continuino ad inondarla di secchiate di acqua bollente, ormai sempre meno dolorose.
 
Non sa per quanto tempo quell’operazione continui. Potrebbero essere passati minuti, come delle ore o dei giorni. Le sue membra dapprima congelate, ora sembrano solo un po’ fredde. Sente un gran dolore per tutto il corpo, come se fosse stata presa a botte da qualcuno o pestata da un elefante, ma di una cosa è più che certa: è viva.
Sente le labbra screpolate contrarsi in una specie di sorriso al pensiero di essersela cavata ancora una volta. Allora è vero quello che dicono su di lei, è davvero una ragazzina dalla pellaccia dura ed estremamente fortunata.
- Sei sveglia!- esclama una voce squillante, in tedesco, accanto a lei.
Non l’hai mai veramente sentita, eppure sa già a chi appartiene. Ne è certa. È la fanciulla dagli occhi azzurri. Deve trovarsi ancora accanto a lei, forse l’ha vegliata per tutto il tempo. O forse l’ha semplicemente controllata per evitare che provasse a scappare? Non ha la forza né il coraggio di aprire le palpebre e controllare lei stessa la situazione intorno a sé. Sa solo di avere un gran sonno. Sente la testa ciondolare e farsi sempre più pesante e dei passi in lontananza avvertire del ritorno dell’altra donna.
- Come ti chiami?- le chiede allora la vocetta con una certa urgenza, evidentemente neanche a lei va molto a genio quella persona che si sta avvicinando.
La ragazzina sorride e ingoia a vuoto nel tentativo di sbiascicare un’unica parola nonostante le piaghe le ricoprano ormai l’interno della bocca. La sua volontà però è più forte dei limiti fisici. È così che prima di ricadere in un sonno profondo e senza sogni, riesce a sussurrare:
- Ymir.-


 


Eccomi qui finalmente a mostrare al mondo questa fan fiction, iniziata a pensare verso Settembre scorso ma messa per iscritto solamente a metà Gennaio. Spero che l'introduzione sia piaciuta!
Colgo l'occasione per avvertire che solitamente le mie ricerche sono accurate, ma se qualcuno dovesse trovare delle incongruenze storiche all'interno del racconto non si faccia scrupoli a farmelo notare! Sono molto precisa su queste cose e non permetto che un mio lavoro venga rovinato dalla mia ignoranza. 
Detto questo, ringrazio chiunque abbia letto fino a qui e spero che continuerà a seguire anche i prossimi capitoli.
Alla prossima,
Elikin
   
 
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