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Autore: Blackbird_    18/02/2014    3 recensioni
Emma è una ragazza di Liverpool amante dei Beatles. Semplice, introversa, chiusa in se stessa, segue un solo mantra nella vita: ‘Mi innamorerò solo quando troverò qualcuno che sia bello, talentuoso e divertente come John, Paul, George e Ringo messi insieme’. Una richiesta assurda. Non più tanto impossibile, però, quando incontra Jay, un ragazzo che, all’apparenza, è il mix perfetto dei Fab Four. Ma la perfezione, si sa, non esiste, e Jay non è di certo un’eccezione.
La storia di Emma è accompagnata dalle parole e dalle melodie del suo gruppo preferito, colonna sonora perfetta per ogni situazione che vive.
Genere: Fluff, Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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She loves you
 
L’uomo col cappello da cowboy sul palco uscì finalmente fuori da dietro la colonna dove si era nascosto. Fra le braccia stringeva un piccolo ukulele di legno chiaro ed i dettagli in nero. Sfiorò leggermente le corde, e queste vibrarono in leggere note acute e meravigliose. Avevo sempre adorato il suono dell’ukulele. Non appena lo vidi e lo sentii suonare quello strumento, però, venni percorsa da un’infinità di brividi.
Erano poche le canzoni dei Beatles facilmente rifacibili con quello strumento così fuori dal comune. E per un attimo ebbi il terrore che stesse per fare una cover di quella canzone.
Allie si preoccupò ben poco della mia faccia semi sconvolta, e anzi si alzò di nuovo dal suo posto per raggiungere Mic che era già in piedi ad attenderla per un altro ballo. Erano incredibili: non avevano la minima idea di che canzone stesse per partire, eppure loro erano già pronti per scatenarsi. Ma se le mie paure erano fondate, quello non era affatto il brano giusto per scatenarsi.
Finalmente il tipo sul palco iniziò a suonare. E le mie paure si trasformarono in realtà.
Mi portai le mani sul viso, leggermente scossa. Non avevo un vero motivo per essere terrorizzata da quella canzone, se non il fatto che ad ogni ascolto iniziassi a piangere come una bambina. Erano anni che provavo a capirne il perché, ma sempre con scarsi risultati. Forse era colpa di quelle note così dolci, di quelle parole così cariche d’amore e di sentimento che ogni volta mi arrivavano dritto al cuore, provocandomi non pochi scompensi.
 
Something in the way she moves
Attracts me like no other lover
 
Proprio come immaginavo, i miei occhi non impiegarono molto tempo a diventare acquosi.
Distolsi lo sguardo, lievemente appannato, dai due ballerini. Sinceramente non m’importava molto di loro due, in quel momento. Per un attimo la mia priorità fu quella di non sembrare una perfetta idiota che piange senza motivo per una canzone romantica.
“Hey, tutto ok?”
Ecco, appunto: missione fallita.
Mi asciugai velocemente gli occhi con le mani e mi voltai verso il ragazzo al mio fianco, annuendo velocemente e sorridendo il più sinceramente possibile. Avevo sicuramente appena fatto una delle peggiori figuracce sulla terra, e non me lo sarei mai perdonato.
“Sì, sì, certo. È che…” ma non riuscii a terminare le mie insulse giustificazioni, perché il ragazzo si alzò dalla sedia e mi si fermò di fronte, fissandomi negli occhi. Venni scossa da un brivido, ma la canzone non c’entrava stavolta.
Mi porse una mano, che rimasi a fissare per qualche secondo prima di tornare a guardarlo in viso, non capendo le sue intenzioni. Mi sorrise, cordiale.
“Non c’è bisogno di essere grandi esperti per poter ballare questa canzone, non credi?” si giustificò, scrollando le spalle.
Non potei fare a meno di sorridergli, incerta ma inspiegabilmente felice. Gli porsi la mia mano tremante e quello la strinse, aiutandomi ad alzarmi. E non lasciò affatto la presa, mentre mi conduceva a grandi passi verso il piccolo spazio libero sotto al palco. Ogni più piccolo spazio di pelle a contatto con la sua mano fredda mi lanciava piccole scosse elettriche che mi percorrevano lungo tutto il braccio, per giungere poi all’intero corpo. Era una sensazione strana, nuova. Ma meravigliosa.
Ci fermammo al centro della pista, poco distanti da dove Mic ed Allie stavano volteggiando sinuosamente. Io, dal canto mio, mi sentivo una statua di gesso, pietrificata in quel punto ed incapace di muovere qualsiasi passo.
“Non so cosa…” iniziai, ma con uno “sssh” interruppe di nuovo il mio discorso sconnesso e lamentoso.
“Non devi fare niente, solo lasciarti andare alla canzone e farti guidare da me, ok?” pronunciò in un soffio. Il suo sorriso era molto più convincente di mille parole, ed annuii senza troppi ripensamenti.
Allentò leggermente la presa sulla mia mano e, per un attimo, ebbi l’impressione che avesse già gettato la spugna nel tenare di farmi muovere al ritmo di quella canzone. Ma rimasi piacevolmente sorpresa quando, invece, si limitò semplicemente a far intrecciare le sue dita con le mie, in un gesto del tutto spontaneo e naturale. Ed altrettanto spontaneo fu il mio sorriso impacciato, ed il rossore che riempì le mie guance ancora una volta. Lentamente fece scivolare l’altra mano fino al mio fianco e in una mossa veloce ma delicata mi strinse contro il suo corpo.
Il battito cardiaco iniziò ad accelerare all’impazzata e sperai davvero con tutta me stessa che non lo sentisse, nonostante la pericolosa vicinanza. Portai, con una simulata disinvoltura che nascondeva tutto il mio nervosismo, la mano libera sulla sua spalla.
E, proprio come in un film, tutto ciò che era intorno a me svanì. Non c’era più nessuno intorno a noi, non c’erano più quei muri di mattoni rossi, quel piccolo palco, quell’uomo che cantava tenendosi il ritmo con l’ukulele. Tutta la mia attenzione era sprofondata nei suoi meravigliosi occhi grigi. Senza che me ne rendessi conto, iniziammo a dondolare lentamente a tempo. In un’altra situazione probabilmente mi sarei sentita stupida ed impacciata, e mi sarei vergognata a morte all’idea di mostrare tutta la mia scoordinazione al mondo intero. Ma lì, al centro del Cavern Club, stretta ad un ragazzo pericolosamente affascinante, nulla di tutto ciò m’importava.
“Comunque io sono Jay” mi soffiò in un orecchio, e quel delicato spostamento d’aria terribilmente vicino al collo mi fece rabbrividire, ancora una volta. Sapeva di alcool, ma poco m’importava. Gli sorrisi debolmente, ringraziandolo tacitamente per essersi presentato. Fosse stato per me, probabilmente avrei continuato a chiamarlo con il nome che gli aveva affibbiato Allie poco prima.
Mi alzai leggermente sulle punte, avvicinandomi il maniera pericolosa al suo viso.
“Emma” mi presentai, a mia volta, per poi tornare alla mia originale altezza, continuando ad ondeggiare a ritmo.
 
You stick around and it may show
I don't know, I don't know
 
Durante l’assolo di chitarra –ma quando aveva cambiato strumento il tipo sul palco?- Jay alzò di poco il braccio la cui mano era ancora stretta alla mia e mi fece girare su me stessa. Ero goffa come un ippopotamo alla Scala, e sicuramente molto meno aggraziata e scenica di Allie. Quando tornai di fronte a lui, lasciò sciogliere lo strano intreccio delle nostre dita e portò entrambe le mani sui miei fianchi, stringendomi di nuovo a sé. Leggermente scossa e ancora tramortita da quel giro su me stessa, portai le braccia dietro al suo collo.
Quello scoppiò a ridere. Immaginai di essere sembrata una perfetta idiota, una ragazzina che si muove scimmiottando le decine e decine di film adolescenziali che guarda da mattina a sera, una persona impacciata con cui nessuno avrebbe mai voluto ballare. E dato che ormai era diventata un’abitudine, mi maledissi ancora una volta. Se non avessi accettato probabilmente non avrei mai fatto una figuraccia simile. Feci per slegare quel bizzarro abbraccio in cui eravamo stretti, ma invano. Tutti quei tentativi silenziosi di tornarmene al mio posto furono inutili. Più cercavo di lasciare la presa, più mi sentivo stretta al suo corpo.
Lo guardai, sperando che cogliesse la mia richiesta, ma lui rise ancora, indicandomi con la testa e con lo sguardo i nostri due amici. Seguii le sue indicazioni e mi voltai per guardarli. Allie e Mic non stavano più ballando. Erano fermi, al centro della sala, stretti come se stessero ballando un lento, ma inchiodati ai loro posti. Si stavano baciando in maniera tanto appassionata da essere quasi imbarazzanti. Dopo aver sgranato gli occhi, me ne tornai a guardare Jay, quasi infastidita. Non mi erano mai piaciute le ‘dimostrazioni d’affetto’ in pubblico, e spesso avevo ripreso la mia amica per questa mania di dare spettacolo di sé. Eppure, chiaramente, non mi aveva mai dato retta.
“Dici che dovremmo avvertirli di andare in un posto più appartato a fare le loro cose?” mi domandò Jay, ridacchiando. E allora capii che non era per me e per la mia incapacità nei movimenti che rideva, ma per l’amico.
Scossi la testa, velocemente. “Non penso ti starebbero a sentire” gli risposi, ovvia.
“Hai ragione” replicò, alzando le spalle.
E riprendemmo a ballare, ignorandoli completamente.
La canzone terminò poco dopo, in un grande applauso. Imbarazzata ed incapace di pronunciare parola, ritrassi le braccia dalle spalle del ragazzo che continuava a fissarmi insistentemente. In un attimo si inchinò per baciarmi la mano, mentre il colorito del mio volto tornava nuovamente paonazzo.
“E’… ehm… è stato un piacere” balbettai, mentre tornava alla sua altezza originale, sorridendo. E lo imitai, piegando le labbra in un sorriso imbarazzato.
Ormai era così che doveva andare, l’avevo capito. Quel bel tipo davanti a me mi avrebbe vista sorridere imbarazzata, arrossire e abbassare lo sguardo, ed avrebbe sentito solo balbettii insensati provenire dalla mia bocca. E tutto ciò non era esattamente il migliore dei biglietti da visita da mostrare a qualcuno così interessante.
Cercai con lo sguardo l’aiuto di Allie ma quella, ovviamente, era ancora immobilizzata dalla presa, e dalla lingua, di Mic al centro della sala. Sbuffai, alzando gli occhi al cielo esasperata, e cercai di distogliere l’attenzione dalle loro mani che iniziavano a percorrere il corpo dell’altro senza troppo pudore. Alzai gli occhi al cielo e sbuffai, irritata. Come sempre stava superando il limite, e come sempre non potevo rimproverarla.
Feci per allontanarmi dal piccolo spazio in cui il mio momento magico era appena stato rovinato da quella brutta visione per tornarmene al mio tavolo, ma una mano fredda e dalla presa decisa non me lo permise.
 
She loves you, yeah, yeah, yeah
 
Mi voltai verso il palco, con una smorfia infastidita a segnarmi il viso. L’uomo che si stava esibendo aveva appena iniziato a cantare la canzone più profetica e fastidiosa dell’intero repertorio dei Beatles nel momento più sbagliato di tutta la serata. Suonava, tenendo il ritmo con un piede, guardando divertito i due neo piccioncini che continuavano a baciarsi indisturbati ed ignari di tutte quelle attenzioni da parte della gente circostante.
 
She loves you, yeah, yeah, yeah
 
La stretta sul mio braccio si fece più forte, e per questo distolsi lo sguardo dal cantante per guardare, finalmente, il ragazzo che mi teneva ancorata sul posto, impedendomi di tornare a sedermi al mio tavolo. Non appena i nostri sguardi si incrociarono, quello tornò a sorridere, probabilmente soddisfatto di essere riuscito ad attirare l’attenzione.
 
It's you she's thinking of
And she told me what to say
 
“Che ne dici di andare a prendere una boccata d’aria?” mi domandò, portandosi l’altra mano fra i capelli biondi, scompigliandoli.
Le farfalle che svolazzavano da qualche minuto nel mio stomaco iniziarono a fare le acrobazie. Le sentivo distintamente mentre capriolavano allegramente nelle mie viscere. Non riuscivo a comprendere la natura di quello strano invito. Era arduo, impegnata com’ero a tenere a bada quelle stupide farfalle, pensare a mente lucida ad una possibile risposta. Dal tono con cui aveva formulato la sua proposta, poi, era difficile anche capire quale fosse il fine delle sue parole. Se avesse avuto semplicemente caldo e voglia di uscire un po’ o se ci stesse provando spudoratamente, sarebbe continuato ad essere una vera e propria incognita per me, ragazza quasi totalmente estranea al mondo maschile.
Avrei dovuto rifiutare, lasciarlo uscire e riprendersi da solo da quella sbronza che probabilmente iniziava a dargli fastidio. Avrei dovuto evitare di farmi coinvolgere ulteriormente dalle sue strane idee, tornarmene al mio tavolo ed aspettare pazientemente che la serata di Allie si concludesse per poter tornare a casa. Avrei dovuto fare tante cose, ma una piccola parte di me era assolutamente entusiasta di quella proposta.
E fu proprio quella piccola parte che con un semplice “Occhei” accettò l’invito.
 
Yes, she loves you
And you know you should be glad




 

Angolo dell'Autrice:
Riemergo dai miei appunti e scartoffie sull'esame che sto preparando solo per poter postare in tempo questo breve capitolo. Finalmente le interazioni fra Emma e Jay (sì, finalmente abbiamo scoperto il suo nome!) si fanno interessanti, anche se mai come l'approfondita conoscenza che ormai lega Allie con Mic! Lo so che non succede quasi nulla di rilevante, stavolta (Emma mi picchierebbe perché sì, insomma, ballare con Jay e decidere di uscire con lui non è esattamente poco rilevante), ma spero che vi sia comunque piaciuto questo nuovo ed imprevisto risvolto :)
Le canzoni utilizzate sono Something (che alla sottoscritta, come ad Emma, fa versare milioni di lacrime ad ogni ascolto) e la ben più famosa She Loves You.
A martedì prossimo,
Julia
   
 
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