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Autore: Miky meo 22    18/02/2014    2 recensioni
"Misi il gatto sulle gambe di Lucy e lui avvicinò il musetto al naso di lei. É stata una delle scene più tenere della mia vita."
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mia figlia fu afflitta dalla SLA, una malattia che colpisce i muscoli e pian piano li immobilizza fino alla costrizione in sedia a rotelle.

Lucy aveva quattordici anni, era mora con gli occhi marrone cioccolato ed era molto socievole ma da quando aveva scoperto di avere la SLA si era chiusa in se stessa e non sorrideva mai.

Appena rientravo da lavoro le chiedevo:

“Piccola, com'è andata oggi?”

Lei rispondeva “bene!”

“E cos'hai fatto di bello?”

“Niente!”

Ecco, erano queste le uniche parole che diceva, il nostro breve dialogo pieno di tristezza era come un boccone rimasto in gola che non ti fa respirare, era la sensazione che provavo quando avevo quel dialogo. Ma il boccone non andava giù, rimaneva lì e la saliva non scendeva, mi dicevo “DEVO ESSERE FORTE PER LUCY” e mandavo giù il boccone di depressione e mi stampavo in faccia un finto sorriso.

Il 23 marzo 1993 pioveva e Lucy guardava le goccioline andare a sbattere contro il vetro appannato di una finestra del salone finché vide una macchiolina nera dietro al vetro. Mi chiamò e con voce flebile mi disse: “Papi, vai a vedere cosa c'è fuori dalla finestra, per favore?”

Andai, stupito dal comportamento: quel modo affettuoso di chiamarmi e il “per favore”. Lucy non era così, era forte e molto furba e le sue dimostrazioni d'affetto erano rare, giunsi alla conclusione che l'affetto era solo una scusa per farmi uscire sotto la pioggia.

Lì, lo vidi, un batuffolo nero e soprattutto un incontro inaspettato. Un gatto? E io cosa ci avrei fatto con un gatto? Ero indeciso se portarlo dentro casa a mia figlia o lasciarlo lì.

Lo presi, aveva all'incirca nove mesi, il pelo bagnato era diviso a ciocche, cupo come un cielo senza stelle e senza luna, per non parlare dei suoi occhi verdi con delle striature gialle.

Mi innamorai di quel gatto e così fece mia figlia appena lo vide.

Misi il gatto sulle gambe di Lucy e lui avvicinò il musetto al naso di lei. É stata una delle scene più tenere della mia vita.

Decidemmo di tenere Rambaldo, così chiamammo il gatto.

Ogni volta che Rambaldo saltava sul letto di Lucy avvertivo che la stanza si riempiva di allegria e una luce si accendeva nei suoi occhi.

Ma come il gatto anche la malattia di mia figlia cresceva e Rambaldo era solo lo zucchero che addolciva la pillola.

Il 10 febbraio 1994 andai a svegliare Lucy, non rispose, era fredda, priva di vita.

Rambaldo emise un miagolio che sembrava un urlo di disperazione, non poteva far uscire la sua tristezza dalle lacrime, era un gatto!

Scappò e non lo rividi più.

Al funerale di Lucy il gatto non era tornato, non era una delle principali preoccupazioni: nessun genitore dovrebbe sopravvivere alla morte del figlio, è un dolore troppo grande.

Non so cosa mi prese, pensavo che riavendo il gatto potevo riavere un po' di mia figlia quindi andai a cercarlo. La gente mi prese per pazzo ma io non mollai.

Era il 10 febbraio 1996, pioveva ed io ero alla finestra, vidi una macchiolina nera e lo riconobbi, era Rambaldo. Da allora non mi separai più da lui.

P.S. É il primo racconto che metto su EFP commentate se vi piace o meno, accetto critiche costruttive!

  
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