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Autore: Elly J    18/02/2014    2 recensioni
“L’aveva usata, solo usata. L’aveva plasmata, trasformata in una vera e propria macchina da guerra, un’assassina. Ma per chi uccideva? Per chi toglieva la vita? Uccideva per conto di quell’uomo che le aveva tolto la libertà, la felicità, il sorriso. Le aveva tolto tutto. Ma soprattutto le aveva tolto lui, il suo unico e vero amore, l’unico che l’avesse mai amata veramente. Senza di lui, cos’era lei? Cos’era diventata? Era diventata una spietata assassina, l’assassina. Ma non un’assassina qualunque. Era diventata fredda, calcolatrice, piena d’odio. Era stata addestrata per diventare l’assassina dei Templari. Era diventata una Templare.”
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Achille Davenport, Charles Lee, Connor Kenway, Haytham Kenway, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 11 - Chiacchierata in notturna

- Hai intenzione di organizzarmi tutta la mia vita da qui in avanti?
Una volta lasciata la casa di Prudence, Scarlet si era rivolta a Connor con aggressività. Chi era lui per decidere cosa avrebbe fatto, dove e quando? La ragazza stava iniziando a sentirsi una marionetta, una piccola marionetta mossa contro la sua volontà per un fine che lei non conosceva
- Sappi che mi è dispiaciuto farlo, ma ho dovuto. - rispose Connor guardandola.
- Certo, certo.. a te dispiace sempre quello che fai, ma devi farlo. Sempre questo "devo"... ma perché devi? Lo fai per Achille? O per qualcun'altro? Perché io non credo che tu lo faccia per te stesso.
- Infatti non lo faccio per me stesso e non lo faccio neanche per Achille.
- E per chi lo fai allora?
- Lo faccio per te.
Scarlet si fermò. - Lo fai per me? - strinse forte i pugni. - Tu non sai nemmeno chi sono e io non voglio che tu faccia niente per me.
Anche Connor si fermò. - Tu non ti rendi conto in che situazione ti trovi.
- Ovvio che no! Nessuno me lo ha spiegato!
- Abbiamo già parlato di questo. Quando sarà ora saprai tutto.
- Io non lo voglio il tuo aiuto. Non lo voglio.
- Allora tornatene a Boston. Ma sappi che non ti salverò un'altra volta.
Un moto di stizza percorse Scarlet da capo a piedi. - So badare a me stessa.
Connor la fissò negli occhi. - Non resisteresti neanche un'ora a Boston da sola. Come non sei resistita la notte dell'aggressione. Se non sbaglio nel giro di due giorni sei caduta da cavallo.. quante volte? Tre? O quattro?
- Sei proprio uno stronzo.
Connor non fece una piega. - Andiamo.
Scarlet si sorprese della mancata reazione di lui. Come poteva mantenere sempre un sangue freddo simile?
- Dove hai intenzione di portarmi adesso?
Connor non le rispose e continuò a camminare, percorrendo a ritroso la strada che avevano fatto poco prima per raggiungere la casa di Prudence e Warren.
Scarlet avrebbe voluto non seguirlo, avrebbe voluto fare dietrofront e prendere un'altra strada pur di non doverlo vedere più. Pensò che di lì a poco avrebbe iniziato ad odiarlo, o forse lo odiava già.
 
 
 
***
 
 
 
Scarlet passò il resto della giornata chiusa nella stanza della tenuta dove si era risvegliata quella mattina. Dopo il battibecco con Connor avuto in mattinata, lui non le aveva più rivolto la parola. L'aveva solamente riaccompagnata alla tenuta e dopo se n'era andato senza dire nulla. Nemmeno Achille le aveva più parlato, nonostante l'avesse incrociato al suo ritorno. Nessuno venne a cercarla in tutto il giorno, nemmeno alla sera. Sembrava che si fossero dimenticati di lei.
Per la maggior parte del tempo Scarlet rimase stesa sul letto a baldacchino con lo sguardo fisso sul piccolo comodino che stava sulla destra. Quella solitudine improvvisa le riempì la testa di pensieri e preoccupazioni, in primis il suo cavallo Hidalgo. Che fine aveva fatto? Dopo l'aggressione non lo aveva più visto, ma ricordava di averlo sentito nitrire in lontananza. Molto probabilmente era tornato a casa o alla locanda a Boston. In ogni caso doveva assolutamente ritrovarlo. Quell'animale era una delle cose più importanti che avesse e non osava nemmeno pensare di non poterlo rivedere più. Oltretutto le venne in mente che il giorno dopo avrebbe dovuto presentarsi al lavoro. Cosa avrebbe pensato Thomas non vedendola arrivare? Avrebbe avvertito le guardie? Questo era poco ma sicuro e Scarlet non voleva nemmeno pensare alle conseguenze. Avrebbe voluto piangere, ma non ci riusciva. Si sentiva talmente vuota dentro che non riusciva più nemmeno a versare una lacrima. Che ne sarebbe stato della sua vita? O meglio, sarebbe riuscita a sopravvivere? Sarebbe riuscita a vivere come una ragazza, come una donna normale?
Alla fine lo stress e la stanchezza ebbero la meglio. Scarlet si addormentò in compagnia di una piccola e silenziosa lacrima che le scese lungo la guancia.
 
Un brutto sogno la fece risvegliare all'improvviso. La stanza era particolarmente fredda, ma soprattutto buia. Scarlet alzò con fatica la testa dal cuscino e guardando fuori dall'ampia finestra della stanza si accorse che era buio.
- Quanto diavolo ho dormito? - sussurrò piano la ragazza tenendosi la testa con una mano. A quanto sembrava aveva dormito parecchio, ma nonostante questo non si sentiva per nulla riposata.
Scivolò lentamente giù dal letto dirigendosi verso la porta della stanza e aprendola si accorse che qualcuno le aveva lasciato la cena davanti ad essa. Scarlet si accucciò vicino al piatto e constatò che il suo contenuto era ormai freddo da un pezzo. In ogni caso non aveva per niente voglia di mangiare.
A piedi nudi e con passo leggero scese le scale. Il piano terra era avvolto nel silenzio e nessuna luce era accesa. Non aveva idea di che ora fosse, ma a giudicare dall'ambiente circostante doveva essere notte fonda. La ragazza passeggiò un po' lungo il corridoio semibuio, ma poi, per nulla intenzionata ad esplorare la tenuta, si diresse verso la porta d'ingresso e senza pensarci due volte sgusciò fuori rapida e silenziosa come una lince.
La luna piena era alta nel cielo e un'arietta piacevolmente calda muoveva le fronde degli alberi con delicatezza. Scarlet scese la piccola scalinata di pietra che dava sulla strada selciata davanti alla tenuta e camminò per un po' verso le stalle.
Era da tanto che Scarlet non ascoltava la voce della natura di notte. Da piccola lo faceva spesso insieme alle sue amiche dell’orfanotrofio. In estate, quelle poche volte che le permettevano di uscire dopo cena, si dirigeva verso il bosco con le altre ragazze e rimanevano ore ad ascoltare le parole degli alberi, degli animaletti notturni, del vento.. la ragazza inspirò una lunga boccata d'aria e una moltitudine di profumi la invasero. I profumi dell'estate, quanti ricordi..
Le stalle erano avvolte nel silenzio come tutto il resto. Qualche cavallo curioso, sentendo il flebile rumore dei passi di Scarlet, si affacciò dalla stalla per poi tornare all'interno con espressione assonnata. La ragazza fece un piccolo giro del campo davanti alle stalle e poi, soddisfatta, si sentì pronta per tornare a dormire.
Ad un certo punto però, un rumore la bloccò.
Scarlet si guardò intorno spaventata ma non scorse alcun tipo di movimento. Aguzzò la vista verso un paio di cespugli vicino al capanno degli attrezzi ma non vide nessuno. Forse se l'era solo immaginato. Stava per convincersi che era stata solo la sua immaginazione quando lo risentì ancora, ma questa volta il rumore iniziò a ripetersi ritmicamente.
- Che diavolo è? - sussurrò piano.
Un po' impaurita ma anche incuriosita cercò di capire da dove venisse. Fece alcuni passi in avanti e le sembrò che quel rumore ritmico provenisse da qualche parte dietro la tenuta. Chi poteva essere da quell'ora? Ringraziando di avere i piedi nudi che emettevano solamente un flebile fruscio, superò le stalle e seguì il sentiero che portava dall'altra parte della tenuta. Il rumore si faceva sempre più forte e quando finalmente lo sentì a pochissima distanza si nascose dietro il muro della tenuta e sbirciò oltre.
In un piccolo spiazzo senza erba c'era un strano manichino fatto di stracci e di fronte ad esso stava un uomo intendo a prenderlo a botte con ogni sorta di tecnica di combattimento. L'uomo era vestito con un semplice paio di pantaloni lunghi fin sotto il ginocchio ed era a petto nudo. La muscolatura si contraeva ritmicamente ogni volta che colpiva il manichino e di tanto in tanto retrocedeva in posizione di difesa.
Scarlet rimase alcuni minuti a fissare quell'uomo che combatteva con una maestria incredibile e dato che le dava la schiena non riuscii a capire subito chi fosse. Quando però il combattente, madido di sudore, si girò lei lo riconobbe con grande stupore.
Connor.
I loro occhi si incrociarono e si fissarono per alcuni secondi senza dire nulla. Poi fu Connor a rompere il silenzio.
- Scarlet.. - disse lui con un cenno del capo in segno di saluto.
Lei aprì la bocca per dire qualcosa ma rimase impalata in quella posizione per alcuni secondi. Poi finalmente riuscì a rispondere.
- Scusa io... io non volevo disturbarti.
Avrebbe voluto andarsene, quella situazione era troppo imbarazzante. Ma qualcosa la spinse a non muoversi.
- Nessun disturbo. - rispose Connor raccogliendo un piccolo straccio da terra - Non riuscivi a dormire?
- Già.
L'uomo si asciugò il volto con lo straccio e poi si girò accucciandosi a terra per raccogliere alcune armi sparse in giro. - Puoi anche uscire dal tuo nascondiglio. - disse poi.
Scarlet fece alcuni passi incerti verso Connor, scostandosi così dal muro.
- Domani andremo a Boston. - disse lui ad un certo punto mentre si rialzava in piedi.
Scarlet sbarrò gli occhi, sorpresa. - Cosa? Perché? - chiese.
Connor si girò verso di lei. - Ho delle faccende da sbrigare e oltretutto dobbiamo sistemare le cose con il tuo datore di lavoro, se è vero che lavoravi in una locanda.
- Certo che è vero.
- Allora siamo d'accordo.
Connor iniziò ad incamminarsi verso le stalle con in mano le armi che aveva raccolto da terra. Scarlet iniziò a seguirlo con passo deciso.
- Cosa intendi per sistemare le cose con il mio datore di lavoro? - chiese poi la ragazza con voce leggermente allarmata.
- Non ho intenzione di ucciderlo, se è quello che pensi. Non mi permetterei mai di togliere la vita ad un innocente. - Connor le rispose quasi con durezza, come se lei, con quella frase, lo avesse ferito nell'animo.
- Io.. non lo pensavo. Non volevo offenderti. - sussurrò piano Scarlet, cercando di rimediare. In realtà aveva veramente pensato che lui intendesse sistemare la cosa uccidendo Thomas, il suo datore di lavoro. Ma ovviamente evitò di dirglielo vista la sua reazione.
Connor raggiunse il capanno degli attrezzi vicino alle stalle con Scarlet e dopo aver sistemato le armi al suo interno uscì e chiuse la porta. Poi guardò la ragazza.
- Credo sia meglio andare a riposare. Domani dovremo alzarci presto.
Scarlet sembrò ignorare quella frase. - Non mi hai detto cosa intendi per sistemare le cose con il mio datore di lavoro. - gli chiese.
- Gli dirai che hai dei problemi e che ti prenderai un periodo di pausa. Tutto qui, giusto per evitare che lui denunci la tua scomparsa alle giubbe rosse.
Scarlet rimase in silenzio per alcuni secondi. - Va bene. - concluse poi.
Connor fece un piccolo cenno con il capo. - Bene allora, a domani.
Scarlet osservò Connor allontanarsi e sparire dietro un angolo della tenuta. Dopo il loro battibecco che avevano avuto la mattina prima, lui era diventato abbastanza freddo e aveva perso un po' della gentilezza con cui l'aveva trattata nei primi momenti. Forse era stata un po' troppo dura con lui..
La ragazza rimase alcuni minuti a contemplare il cielo punteggiato di stelle, poi rientrò nella tenuta chiudendo la porta dietro di sé.
  
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