Rumiko aprì
gli
occhi mugolando qualcosa, il suono della sveglia era insistente e
fastidioso,
per questo mise alla svelta i piedi per terra e la spense.
Sbuffò. Si alzò dal
letto e si trascinò fino alla cucina, a tavola
c’erano mamma, zia, Akira, ma...
dov’era Sesshomaru?
Guardò le tre con aria interrogativa e le due donne
alzarono le spalle scuotendo il capo, mentre la bimba si
alzò dirigendosi verso
la cugina che se ne stava ancora imbambolata sulla porta fissando il
posto
vuoto,
“Forse è ancora a letto, lo posso andare a svegliare?”
chiese Akira impaziente, lei la guardò,
“No, vado io.”
“Ti prego, fammi venire con te.”
mormorò lei facendole gli occhi dolci, Rumi la guardò e prendendola per mano si trascinò verso la porta della cantina.
Bussò due volte, niente. Bussò altre due volte, ancora niente. Allora decise di entrare, ma fece cenno alla bimba di aspettare lì e lei, seppur di malavoglia, accettò. Rumi aprì la porta e scese due scalini chiudendosela alle spalle,
“S-Sesshomaru?”
sussurrò verso il punto dove aveva posizionato la branda, non udendo risposta scese le scale e si avvicinò al letto d’occasione, sorrise, quando vide il demone che la sera prima le aveva fatto paura, addormentato, come un bambino. Gli si avvicinò lenta e posò la mano destra sulla spalla sinistra di lui,
“Sveglia...”
mormorò piano avvicinandosi e scrollandolo delicatamente.
Lui aprì gli occhi che si trovarono davanti quelli glaciali della ragazza, si sentì bruciare dentro e si alzò di scatto a sedere spaventandola,
“M-mi perdoni, i-io... non volevo disturbarla, è che tra poco devo andare a scuola e volevo sapere se ha fame.”
sorrise timidamente al demone che la guardava freddo,
“Capisco. In tal caso verrò anche io con te.”
lei strabuzzò gli occhi...
”Cosa? A scuola?”
disse quasi urlando,
“Esatto, verrò anche io.”
“Ma-ma io... e poi vestito così...”
balbettava cercando di spiegarsi,
“Insomma, la prenderebbero per...”
cercò la parola giusta, ma l’unica che le venne in mente fu
“...pazzo... senza offesa.”
Lui guardò i vestiti della ragazza,
“E cosa dovrei indossare per non sembrarlo?”
chiese mandando nel panico lei che corse su di sopra facendogli cenno di aspettare.
Dopo circa 15 minuti tornò di sotto con delle vesti sul braccio e un paio di scarpe in mano, per correre giù per le scale rischiò anche di cadere, ma si riprese in tempo. Adagiò i panni sulla branda e sospirò.
“Questa roba?”
chiese lui prendendo i vestiti ed esaminandoli con cura,
“Sì, ma immagino non sappiate come si mettono.”
lui annuì guardandola, poi si tolse la parte superiore del kimono e la posò sul letto,
“Dunque?”
chiese a Rumiko; lei lo guardò arrossendo e, Sesshomaru, ebbe un fremito.
“Dunque... beh... Ah, la camicia.”
affermò prendendone una bianca dal mucchio di panni, il demone si alzò e lei lo aggirò, poi gli prese un polso e gli infilò la mano dentro la manica, lo stesso fece con l’altra, poi dovette alzarsi in punta i piedi per sollevargli i lunghi capelli argentei e tirargli su la camicia, infine gli tornò davanti ed iniziò ad allacciare i bottoni mooolto pazientemente visto che lui non stava fermo un secondo e osservava quell’indumento da ogni angolazione possibile.
Poi venne il turno dei boxer e dei pantaloni,
“Io li indosso su di me e lei li deve mettere allo stesso modo, quando sarò uscita. Va bene?”
spiegò lei guardandolo, lui accennò ad un ‘sì’ con la testa e lei gli mostrò come si infilavano box e pantaloni, poi si avviò su per le scale
“Mi chiami quando posso tornare.”
Detto questo sparì accostando la porta.
Dopo altri 15 minuti rientrò e lo vide indaffarato a cercare dritto e rovescio dei pantaloni, vedendolo in boxer arrossì violentemente, ma decise di chiedere se avesse bisogno di una mano e lui seppur malvolentieri ammise di essere in difficoltà.
Rumiko scese le scale e si avvicinò al demone dicendogli di sedersi e prendendo in mano i pantaloni, sospirò e se li rigirò tra le mani per poi guardarlo e chiedergli di alzare un po’ i piedi, lui obbedì e lei gli infilò i pantaloni.
“Si alzi”
sorrise e attese che lui si alzasse, poi pazientemente gli infilò l’indumento e allacciò il bottone tirando su la cerniera.
“Ecco, ora tocca ai calzini e alle scarpe, che fatica...”
mormorò tra sé. Prese i calzini e, facendolo risedere, glieli infilò, lo stesso fece con le scarpe che poi allacciò.
“Fatto.”
affermò soddisfatta, guardò l’orologio e si rese conto che era tardi, scatto su per le scale e corse a cambiarsi, poi afferrò la cartella e si affacciò alle scale chiamandolo, non appena lo vide si diresse verso la porta dopo aver preso il pranzo sul tavolo, lo attese impaziente sulla soglia, quando arrivò rimase senza fiato (anche se oramai gliene rimaneva ben poco vista la corsa che aveva fatto).
Gli aveva fatto indossare i pantaloni della vecchia divisa scolastica di papà, gli stava benissimo, la camicia era un po’ sgualcita, bianca e con due bottoni aperti sotto il collo, era rimasta imbambolata a fissarlo, quando si risvegliò di soprassalto,
“è tardissimo!!”
esclamò chiudendo la porta e precipitandosi verso il vialetto che portava verso la strada, parcheggiata lì accanto c’era una bici nera con disegni argentati, aprì il lucchetto e saltò in sella, poi guardò Sesshomaru,
“Lei saprebbe ritrovare la scuola?”
chiese
ansimando, lui annuì e lei si precipitò verso
l’edificio in fretta e furia
pedalando veloce. Giunta lì davanti rimase a bocca aperta,
lui era già lì,
fermo, non era nemmeno spettinato, lei invece era un disastro, la
aspettava a
braccia conserte, mentre richiudeva la bici con il lucchetto, si
avviarono
verso la classe in silenzio, lui osservandosi attorno, sembrava
più rilassato,
lei a testa bassa, agitata più che mai.