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Autore: S t o n e r    18/02/2014    2 recensioni
Il Dottore esiste, e con lui anche Hogwarts, la città di Panem, il Campo Mezzosangue e molti altri luoghi.
Non ci credi? Questa è la mia storia.
Dal primo capitolo:
Il mio nome è Henrietta Hoops, ho diciotto anni e questa non è una favola.
Pensate di sapere tutto, ma non è così.
Siete cresciuti con l’idea del “mondo normale” solo perché i vostri genitori (e i loro genitori a loro volta) vi volevano tenere all’oscuro di quello che c’è al di fuori del nostro pianeta.
Se state bene così come state, ottimo, chiudete questa pagina.
Ma se invece volete dare una svolta alla vostra vita, come me, allora continuate.
Il Dottore arriva sempre.
Sempre.
Questa è la mia storia, e sono certa che tra qualche tempo avrò il piacere di leggere anche la vostra.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Doctor - 11
Note: Cross-over, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Il mio nome è Henrietta Hoops, ho diciotto anni e questa non è una favola.
Pensate di sapere tutto, ma non è così.
Siete cresciuti con l’idea del “mondo normale” solo perché i vostri genitori (e i loro genitori a loro volta) vi volevano tenere all’oscuro di quello che c’è al di fuori del nostro pianeta.
Se state bene così come state, ottimo, chiudete questa pagina.
Ma se invece volete dare una svolta alla vostra vita, come me, allora continuate.
Il Dottore arriva sempre.
Sempre.
Questa è la mia storia, e sono certa che tra qualche tempo avrò il piacere di leggere anche la vostra.
 
Era notte e faceva freddo; da fuori provenivano rumori inquietanti, quali i respiri profondi del vento, il fruscio delle foglie degli alberi.
La mia era una camera ordinaria; un letto, una scrivania, un armadio, una libreria (forse un po’ troppo piena), e poi io, lì in mezzo, con indosso la mia amata vestaglia, lo stomaco ancora caldo per il cappuccino appena gustato, seduta sulla mia comodissima poltrona a leggere uno dei miei amatissimi libri Fantasy, mia madre fermamente convinta che stessi ripassando filosofia.
Babbana… Pensai sorridendo, sfogliando le pagine di quel libro che ormai conoscevo a memoria.
La mia lettura stava procedendo benone, fino a quando sentii un tonfo fuori dalla finestra.
Poggiai il libro su un morbido cuscino e mi affacciai alla finestra, rabbrividendo al gelo che mi investì in un secondo.
Scrutai nell’oscurità, ma non riuscii a vedere nulla.
E poi un suono.
Fui costretta a portarmi le mani alle orecchie, anche dopo aver chiuso la finestra.
E poi capii.
Il rumore proveniva dall’interno.
Mi voltai tremante, per poi trovarmi davanti una cabina della polizia di un blu intenso.
L’unico pensiero che mi passò per la mente, fu il sollievo di aver poggiato il libro da qualche parte, visto che, se tenuto in mano, sarebbe caduto a terra.
Ogni giorno impersonavo l’eroina di un libro in una situazione di pericolo, ma in quel momento non mi passava minimamente per la mente di prendere un bastoncino di legno e urlare una frase in latino.
E così, pronunciai le parole più stupide che potessi dire.
“C-Chi va la…?”
Due botti, e la porta si spalancò. Mi accovacciai senza pensarci due volte, proteggendomi il volto con entrambe le braccia.
“E tu chi sei?” Quella frase venne pronunciata da una voce maschile.
“Vattene!” Urlai, non osando alzare lo sguardo.
“Che posto è questo?” L’intruso parve non avermi sentita.
In quel momento alzai lentamente il volto, puntando la mia attenzione su di lui.
Era un uomo. Piuttosto magro, alto il giusto e con un’acconciatura molto singolare, ma mai quanto il suo abbigliamento.
Con uno scatto rapido mi avvicinai alla scrivania, impugnando un righello e scagliandoglielo contro.
“I Dalek sono più fastidiosi.” All’epoca non capivo di cosa stesse parlando.
“Ma che diavolo stai dicendo? Vattene se non vuoi che chiami la polizia” Gli urlai contro, e lui scoppiò a ridere, e sono certa che se non fossi stata terrorizzata, lo avrei fatto anch’io.
Indicò con un dito la cabina.
“Polizia.” Mi sorrise.
“Come diavolo hai fatto ad entrare qui dentro? Un secondo prima non c’eri… Ne sono sicura!” Stavo balbettando.
“Ma perché voi mortali siete così noiosi? Sempre le stesse domande!” Si grattò la testa; sembrava annoiato. Ridicolo, penserete, ma era proprio nel suo stile.
“Chi sei!” Gli urlai un’ultima volta. I miei occhi si inumidirono un po’, e lui parve notarlo, perché assunse un’espressione seria.
“Ma è ovvio; sono il Dottore.”
“Il “Dottore” chi?” Feci vagare la mia mano a lungo sul tavolo, per poi serrarla su un coltello, pronta ad attaccare l’uomo.
“Okay, è complicato. Una cosa alla volta, eh?” Sembrava eccitato.
“Prima di tutto, ti prego, non chiamarla più “cabina-della-polizia; la offendi.” Congiunse le mani, facendo un giro su se stesso.
“Non farmi ripetere la domanda.” Mi sorpresi di sentire la mia voce così fredda e dura.
“Va bene, va bene! Dicevo; questo è il TARDIS.” Mi spiegò, come se fosse la cosa più semplice e ovvia del mondo.
“Ovvero…?” Il mio sguardo si poggiava prima su di lui poi sul “TARDIS”.
“Tempo e Relativa Dimensione nello Spazio.” Affermò, ed io scoppiai in una risata.
“Okay, okay, finiamola. Hai fantasia, lo ammetto, ma adesso dovresti proprio andare.” Gli indicai la porta.
“Non mi credi?” La sua espressione era un misto tra il divertito e il ferito.
“Dovrei?” Domandai ridendo.
“Allora entra.” Mi porse una mano.
“Dove?” Indietreggiai di qualche passo.
“Nel TARDIS, no?” Si poggiò su di esso.
“E’ forse una nuova tattica per stuprare le adolescenti?” Già, ero una ragazza di coccio.
“Non molli eh? Di solito gli altri sono più curiosi.” Se la rideva, lui.
“Gli altri?” Ora sì che ero spaventata.
“Insomma, entra!” Fu molto veloce; non riuscii a fermarlo.
Mi si avvicinò afferrandomi per un braccio, trascinandomi all’interno del TARDIS.
Io chiusi gli occhi e lanciai un grido, più intimorita dal ‘non-sapere-cosa-stava-succedendo’ dall’azione vera e propria.
“Questo, ragazzina, è il TARDIS.”
Aprii gli occhi e mi guardai attorno.
“Dove diavolo siamo?” Domandai, e quando vidi la porta mi sentii svenire; dietro di essa si vedeva effettivamente la mia stanza.
Uscii dal TARDIS, e mi ritrovai a spalancare la bocca.
Entrai e uscii da questo per circa cinque volte.
“Ma è…”
“Più grande all’interno, sì!” Si accarezzava le mani, soddisfatto della mia reazione.
“Ma come…”
“Non chiedere, non capiresti. Ma ora dimmi, vieni o no?”
“Dove?” Infatti non capivo.
“Ovunque tu voglia.”
“Che intendi dire?”
“Quello che ho detto; ovunque tu voglia.”
“Ammetto che l’effetto della cabina è molto…” Ma lui mi interruppe.
“Ma perché fate tutti così? Negate anche se la realtà vi viene sbattuta dinnanzi agli occhi!” Incrociò le braccia.
“Mhh, sai; stavo nel bel mezzo della seconda prova del Torneo Tremaghi, quando sento un tonfo, e mi accorgo che una cabina della polizia è spuntata come per magia in camera mia. Il signore che la ‘pilota’ dice di essere un dottore e come se non bastasse, all’interno è più grande.” Fu la prima volta che vidi il Dottore confuso quanto me.
“Andiamo piano. Primo, cosa diavolo è il Torneo Tremaghi?” Secondo, Si chiama TARDIS. Terzo, non ho mai detto di essere un dottore; io sono il Dottore.” Parve sollevato da quella spiegazione, come se il destino del pianeta fosse dipeso dalla mia comprensione.
“Ma dove vivi? Harry Potter, accidenti! E’ la saga Fantasy più famosa al mondo!” Ripresi fiato, shockata dal fatto che lui non conoscesse quell’opera letteraria a cui dovevo moltissimo.
“Oh si, ho capito! I suo amico roscio mi deve ancora una burrobirra.”
“Ed io che pensavo di avere problemi mentali…” Portai una mano sul viso, soffocando l’impulso di ridergli in faccia.
“Ancora non mi credi, eh?” Per il Dottore ero sempre stata una sfida.
“Ma ti stai ascoltando?” Mi scompigliai i capelli, incapace di continuare ancora a lungo quella conversazione folle.
“Dovrò mostrartelo.” E si girò, dirigendosi al centro di quella sala all’interno del TARDIS.
“Ma di un po’” Aggiunse. “Qual è il tuo nome?”
“Henrietta… Il tuo invece?” Domandai contrariata.
“Te l’ho già detto; sono il Dottore.” Mi sorrise.
“Okay basta, ora smamma!” Diedi un pugno al TARDIS, come se quel gesto avrebbe convinto il Dottore a rinunciare.
“Facciamo una scommessa; se dico il vero, tu continuerai a viaggiare con me.”
Non riuscii a trattenermi; scoppiai a ridere.
“Ti piace tanto giocare eh? Allora giochiamo. E se invece dici il falso?” Ghignai.
“Qualsiasi cosa tu voglia.” Mi porse nuovamente una mano.
“Sei matto.” Risi un’ultima volta, ma poi entrai. Ancora oggi non riesco a ricordare cosa mi avesse convinto a credere a quella che sembrava un’enorme follia.
Ma io provai, e non me ne sono mai pentita.
“Bene, okay, un po’ qui, ora qua e… In men che non si dica dovremmo ritrovarci davanti al portone per Hogwarts.”
Mentre parlava muoveva dei comandi nel centro di comando del TARDIS.
“Visto che stiamo giocando, è giusto che lo si faccia per bene; Dottore, lei dovrebbe sapere che è impossibile materializzarsi all’interno del cancello d’ingresso di Hogwarts.”
In quel momento mi sentii tanto Hermione Granger, protagonista femminile della saga, cosa che mi aiutò a sembrare più sicura di me stessa.
“Ma per favore; il TARDIS è a prova di magia!” Mi spiegò con il suo solito modo alla “ma-non-è-ovvio?”.
Sbuffai, ma in realtà mi stavo divertendo.
Dopo due secondi, un movimento da parte del TARDIS mi fece sussultare.
“Cosa…?” Feci per chiedere, ma il Dottore fu più veloce.
“Eccoci ad Hogwarts.” Il suo sorriso mi riscaldò il cuore.
“Sappi che il favore che ti chiederò sarà molto costoso!”
Con una mano spinsi all’indietro i miei capelli aggrovigliati, convinta di aver vinto la scommessa, dirigendomi verso la porta, e finalmente aprendola.
“Bene, adesso compram…” Sentii una lacrima rigarmi il volto.
“Cosa…?” Non mi sorpresi di sentire la mia voce tremare.
“Te l’ho detto, no? Siamo ad Hogwarts!”
  
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