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Autore: Jane Ale    19/02/2014    2 recensioni
L'incomprensibile ironia del globo, ovvero come Evanna perse il senno per colpa di Will
Evanna Dawson vive felice con i genitori e la sorella minore. Ha due migliori amiche che adora, un ragazzo che ammira da lontano perché troppo timida per avvicinarsi, e un cane che non ama particolarmente. Ma poi arriva Will. William Reddington è uno dei tanti teppisti che la madre di Evanna cerca di aiutare. Così la famiglia Dawson si trova ad ospitare il giovane bullo nella loro dimora.
Cosa succederebbe se Evanna e Will fossero così incompatibili da non poter stare nella stessa stanza per più di qualche minuto? E se lei volesse sbattere fuori di casa "un brutto ceffo come lui"? E se lui la rendesse oltremodo acida e scontrsa?
Ma soprattutto, cosa succederebbe se Will non fosse così brutto e Evanna fingesse di essere acida? Strane cose stanno per succedere nella perfetta vita di Evanna Dawson.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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L'incomprensibile ironia del globo,

ovvero come Evanna perse il senno per colpa di Will

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

3. Le eroiche battaglie di Enny



Aspettavo Lisa da quaranta minuti. Mi aveva pregata di accompagnarla a fare shopping al centro commerciale, sembrava che il mio aiuto fosse di vitale importanza. Aveva detto che un ragazzo le aveva chiesto di uscire, quindi aveva assolutamente bisogno di un vestito nuovo; io, come sempre avevo accettato, guadagnandomi quaranta minuti di solitudine di fronte al bar del centro commerciale.

Provai a chiamarla per la terza volta, ma la voce registrata della segreteria fece aumentare il mio istinto omicida. Per un attimo pensai di lasciarla al suo destino e tornarmene a casa, poi feci appello al mio buon cuore e decisi di prendere un tè ben zuccherato, almeno mi sarei addolcita un po’ prima del suo arrivo. Uscii dal bar ed assaggiai la bevanda che tenevo tra le mani, ma mi accorsi troppo tardi del fumo che usciva dal bicchierone.

-Porca vacca!- imprecai con la lingua ustionata.

Forse avevo alzato troppo la voce, perché, tra le lacrime, vidi una figura avvicinarsi e porgermi un fazzoletto.

-Tutto bene?- mi chiese.

-Sì, mi sono solo bruciata con questo tè del cavolo.- dissi alzando il viso per guardarlo e ringraziarlo. Ma come ogni disgrazia che l’universo aveva progettato per me, anche quella non poteva che terminare con il mio desiderio di scomparire.

Dean, infatti, mi fissava con uno sguardo preoccupato, non del tutto convinto che stessi bene.

-S-sto bene.- dissi balbettando come un’idiota. –Grazie del fazzoletto.-

Lui mi sorrise. –Scusa se mi sono intromesso, ma pensavo stessi piangendo.-

-No, sono solo esagerata nelle reazioni.- dissi mentre la mia faccia andava a fuoco.

-Comunque io sono Dean.- si presentò porgendomi una mano.

La afferrai reprimendo l’impulso di ridacchiare per l’emozione. –Piacere, Evanna.-

Mi sembrava di essere stata catapultata in uno di quei telefilm adolescenziali che guardavo sempre nel pomeriggio: lei è in difficoltà, lui la aiuta e si innamorano. Il mio sogno. Non avevo sentito quella famosa scarica sulla schiena quando le nostre mani si erano toccate, ma non era importante, perché io ero già cotta di lui e, se tutto fosse andato secondo copione, lui mi avrebbe dovuto confessare di essere innamorato di me da un po’. Perché, a quel tempo, ero davvero una sciocca ragazzina che pensava all’amore come qualcosa di unico, travolgente e romantico, una ragazzina che pensava che “quello giusto” sarebbe arrivato e si sarebbe palesato ai suoi occhi senza nessuno sforzo. In fin dei conti, però, non ero da biasimare: nessuno mi aveva detto che i sentimenti veri sono tutta un’altra storia, che l’amore non sempre arriva e che, quando lo fa, deve far male prima, per stare bene dopo, ma, soprattutto, nessuno mi aveva detto che “quello giusto” non esiste, perché nessuno è perfetto e l’amore va al di là delle categorie e dei pregiudizi.

Un briciolo della cruda verità, però, mi fu scagliato addosso quando Dean decise di continuare la nostra conversazione.

-Frequenti il liceo, Evanna?- mi chiese con quel suo sorriso spensierato. Lo fissai qualche secondo, poi decisi di rispondere senza espormi troppo.

-Sì, vado al St. George.-

-Davvero? Anch’io, non posso crederci, non ti ho mai vista.-

Per quanto mi sentissi inutile in quel momento, per quanto volessi un pala per sotterrarmi e, forse, tirargliela in testa, decisi di giocare con lui.

-Nemmeno io.- asserii cercando di sembrare naturale. –Che coincidenza! Fortunatamente sono all’ultimo anno, non lo sopporto più quel posto.- Il tono da gallina che usai sorprese anche a me, ma non mi importava, non volevo che scoprisse che, in realtà, ero molto più che consapevole della sua presenza in quel liceo.

Lo vidi sgranare gli occhi. –Anche tu all’ultimo anno? Impossibile! Avremmo dovuto vederci almeno alle…-

-Alle assemblee?- lo interruppi. –Oh, sai quando sono in quell’ambiente non faccio molto caso alle persone, ho un bel po’ da fare.- e gli sorrisi maliziosa. Non sapevo bene cosa stessi facendo e dove volessi andare a parare con quel discorso da “donna in carriera” che non mi si addiceva per niente, ma il fatto che non mi avesse mai vista, mi aveva mandata in bestia. Ero una sfigata? Sì, nessun problema ad ammetterlo. Invisibile? Giammai.

Individuai Lisa scendere dalla scala mobile e cercarmi con lo sguardo. Vidi i suoi occhi spalancarsi e capii che mi aveva trovata.

-Ehm..Dean..è stato un piacere conoscerti, ma adesso devo andare. Grazie ancora.- dissi sollevando il fazzoletto che tenevo ancora in mano insieme al bicchiere maledetto.

-Allora ci vediamo a scuola, Evanna. Sono felice di averti incontrata.- mi salutò.

Sorrisi e mi affrettai a raggiungere la mia amica. Ma quando aprii la bocca per insultarla in tutte le lingue che mi venivano in mente, lei mi precedette.

-Stavi parlando con Dean! Ho visto bene?- trillò tutta emozionata.

-Sì, mi ha dato un fazzoletto.- risposi con aria di sufficienza.

-Un fazzoletto? Stavi piangendo?-

-Ma sei scema o cosa? Mi sono bruciata con questo tè e ho cominciato a lacrimare. Lui mi ha vista, mi ha chiesto se stavo bene e niente. Finita lì.- mentii.

-Non ti ha detto altro?- chiese non troppo soddisfatta.

-Ha detto che era felice di avermi conosciuta e che ci vediamo a scuola.- Mezza verità.

-Non ci posso credere!- urlò e non potei fare a meno di paragonarla ad un’oca. –Secondo me hai fatto colpo.-

-Tu un colpo lo hai preso in testa. Mi spieghi perché sei arrivata con quasi un’ora di ritardo?- le chiesi con molta poca calma.

-Ho perso l’autobus, sono dovuta passare da casa a cambiarmi e..-

-Tu sei pazza! Mi hai fatto aspettare perché dovevi cambiarti per venire al centro commerciale? Forse sono più pazza io ad assecondarti. Non potevi mandarmi un messaggio?-

-Cellulare scarico.- mi rispose con un’espressione vagamente dispiaciuta. –Dai Eve, adesso sono qui, possiamo dedicarci allo shopping!-

-Certo!- le dissi ironicamente. –A proposito, chi è questo tipo? Non me ne hai parlato quasi per niente.-

-Oh, nessuno, un ragazzo.-

-Fin qui ci sono. Perché tutto questo imbarazzo, Lis?-

-Non so, mi piace. È stato carino con me.- disse distogliendo lo sguardo.

-Quindi siete già usciti?- chiesi confusa.

-No, diciamo che mi è stato presentato da una persona e si è comportato in modo diverso, è stato gentile. Insomma, mi ha chiesto di uscire, non ci ha provato. È strano, capisci?-

Stava cercando di spiegarmi un concetto che mi sfuggiva: Lisa era uscita con migliaia di ragazzi, tutti avevano sempre mostrato interesse nei suoi confronti e lei aveva ceduto. Cosa c’era di diverso?

-Ma Lis..- mi interruppi. Il mio cervello aveva colto il punto: lui non ci aveva provato con lei, lui era stato gentile. –Oh!- dissi soltanto.

-Cosa?- mi chiese.

-Tu non ci sei andata a letto!-

Lisa arrossì. –Che genio! No, va bene? Lui non ha cercato di portarmi a letto.- disse imbarazzata.

-Sai che è una cosa bella, vero?-

-Adesso non fare la romanticona diabetica, non è niente di che.- si affrettò a sminuire il tutto.

-Come vuoi. Mi racconterai del vostro appuntamento?- le chiesi sorridendo.

-Mi pare ovvio, quando mai non ti ho fatto il resoconto particolareggiato dei miei appuntamenti?-

-Fin troppo particolareggiato.- ridacchiai.

 

Uscimmo dal centro commerciale due ore dopo con almeno otto buste piene di nuovi acquisti. Lisa si era resa conto di dover rinnovare il suo guardaroba in vista di ulteriori appuntamenti con questo ragazzo misterioso. –Non voglio essere troppo ottimista, ma nel peggiore dei casi questa roba servirà per consolarmi. Un investimento per il futuro, ecco.- aveva detto per giustificare l’incredibile somma che aveva speso.

Una volta arrivata a casa, mi trovai davanti la più utopica delle scene: William era seduto sul divano con mia sorella sulle sue gambe, mentre mia madre, quella traditrice, appoggiava un piatto pieno di panini sul tavolino situato di fronte al divano.

-Tesoro, ciao!- mi salutò sorridendo. –Ti stavamo aspettando.-

-Per la merenda?- chiesi sorpresa.

-No, dobbiamo parlare di domani, non ricordi?- Troppo bello per essere vero.

-Domani?- chiesi pensando a quale evento particolare potessi aver dimenticato.

-Il primo giorno di scuola di Will.- mi disse lei con ovvietà.

-Ah, sì.-

-Avrete molte lezioni in comune, giusto? Così potrete fare amicizia e tu potrai aiutarlo ad ambientarsi.- Fare amicizia? Mi aveva preso per una bambina dell’asilo?

-Certo.- dissi ironica.

-Evanna!- mi chiamò mia madre con tono perentorio. –Domani tu e William andrete a scuola insieme, gli fornirai tutte le informazioni di cui avrà bisogno e lo aiuterai se dovesse avere problemi. Sono stata chiara?-

Lanciai un’occhiata a quella sottospecie di individuo che, fingendo di giocare con mia sorella, se la rideva sotto i baffi. –Cristallino. Adesso, se non ti crea disturbo, me ne vado in camera mia.- le dissi.

Salii le scale e feci sbattere la porta. La odiavo quando faceva così. La odiavo perché mi imponeva cose che non volevo fare, la odiavo perché aveva portato uno sconosciuto in casa senza chiedere l’opinione di nessuno, la odiavo perché aveva anteposto la sua vocazione lavorativa alla sua famiglia. Aveva sgretolato il mio piccolo nido di felicità.

Sentii bussare. –Mamma, non sono dell’umore. Qualsiasi istruzione tu mi debba fornire per domani, può aspettare.- sputai acida.

Sentii una voce maschile ridacchiare e capii che non si trattava di mia madre.

-Cosa vuoi?- gli chiesi senza invitarlo ad entrare. Lui, però, non si fece problemi ed aprì la porta trovandomi distesa sul letto.

-Stai piangendo?- mi chiese soffocando un sorriso.

-Ma cosa avete tutti oggi? Non sto piangendo, sono solo stanca.- lo aggredii.

-Quanta rabbia!-

-Vorrei vedere te al posto mio, costretto a fare da balia ad un tizio che vive in casa tu a e nemmeno conosci.- e sbuffai.

-Tu non mi farai da balia. Per quanto rispetti tua madre, non ho intenzione di andare a giro con una palla al piede, motivo per cui a scuola faremo finta di non conoscerci.-

Lo osservai meravigliata. –Parli sul serio? Non è uno scherzo per incasinarmi con mia madre?-

-E permetterti di ricattarmi con quella storia della mia uscita? Nah!- mi disse con una smorfia.

-Mi pare giusto. Accetto, tu vivi la tua vita, io la mia. Questa storia non arriverà agli orecchi di mia madre e neppure quella della tua fuga.- confermai.

-Affare fatto.-

Fece per uscire dalla mia stanza, ma lo fermai.- William.-

-Sì?-

-Grazie.- dissi con un enorme sforzo.

Lui scoppiò a ridere. –Sto facendo un piacere a me stesso.-

-Vaffanculo!- gli gridai. –E non sono una palla!- dissi riferendomi alle sue parole di qualche minuto prima.

-No, sei solo mooolto pallosa.- sghignazzò lui.

Afferrai il cuscino e glielo lanciai addosso, ma lui fu più veloce ed uscì, mentre il cuscino non raggiungeva nemmeno la porta. Avrei dovuto allenarmi a lanciare oggetti.

 

Quando la mattina successiva mi svegliai, sorrisi. C’era qualcosa nella mia testa che mi diceva che non avrei dovuto essere così allegra, ma non riuscivo a ricordare il perché.

Andai in bagno, mi lavai, mi vestii e mi recai al piano di sotto. Quando arrivai in cucina, però, il motivo per cui non avrei dovuto sorridere era seduto a fare colazione. Avrei voluto sbattere la testa nel muro per non essermene ricordata, ma non avrei dato a nessuno la soddisfazione di vedermi disperata.

-Non fai colazione, Eve?- mi chiese mio padre.

-No, papà, non ho fame.-

-Poi svieni.- mi disse mia sorella. –Come quella volta..-

-Smettila Tilly!- Non volevo che raccontasse aneddoti imbarazzanti davanti a Will. –Mangio questi.- dissi afferrando due biscotti.

-Io vado.-

-Evanna, devi aspettare Will.- mi ricordò mia madre.

-Lo aspetto alla fermata.- dissi.

-No, Eve, prendete la macchina questa mattina.-

Se avesse solo avesse potuto (perché, vi assicuro, avrebbe voluto), la mia mascella si sarebbe spalancata così profondamente non solo da arrivare a toccare il pavimento, ma anche da permettermi di staccare la testa a morsi a tutti i presenti in quella casa.

Avevo la patente da più di un anno, non avevo mai combinato danni, ero sempre stata alle loro regole per quel che riguardava l’uso dell’auto e non mi ero mai lamentata per il fatto che non la potessi usare per andare a scuola. Eppure, avevano cambiato idea. Per Will. Avrei potuto produrre fumo dal naso, ne ero certa. Afferrai le chiavi con rabbia.

-Ti aspetto in macchina.- dissi a William prima di andarmene senza salutare.

-Ciao tesoro!- mi salutò mio padre.

-Buona giornata!- aggiunse mia madre.

-Buona giornata!- urlai di rimando con poca gentilezza trattenendomi a stento dal concludere la frase in modo poco consono.

Mi infilai nell’auto ed accesi la radio per farmi compagnia. Cercai un cd tra quelli che ricordavo di avere nell’auto e ne infilai uno che avevo creato qualche settimana prima per avere compagnia alla guida. Senza accorgermene, cominciai a canticchiare a voce alta le parole della canzone. Quando lo sportello del passeggero si aprì, feci un salto.

-La tua voce è così gracchiante che riesce a superare la carrozzeria dell’auto.- mi prese in giro quel cretino di William.

-Nessuno ti obbliga a salire sulla mia auto ed ascoltarmi.- dissi.

-Invece sì, o vuoi deludere la mammina?- ridacchiò mentre partivo.

Sbuffai. –Prima o poi mi lascerà vivere.-

-Non capisco se sei più irritata dalla mia presenza in casa tua o dalle conseguenze che sei costretta a sopportare per colpa dei tuoi.- affermò dubbioso.

-Tu che dici?- gli chiesi.

-Entrambe, ma la seconda prevale.- rispose convinto. E, forse, non aveva completamente torto.

-Questo vorrebbe dire che in fondo non ce l’ho proprio con te?- domandai.

-Più o meno.-

-Impossibile. Opto per entrambe a questo punto.- Lui rise e non potei fare a meno di unirmi.

Alla fine, però, fui costretta silenziosamente ad ammettere che Will non era così antipatico come avevo creduto; non mi dispiaceva scherzare con lui, anche se ogni occasione era quella giusta per prendermi in giro. Forse la sua teoria era giusta e il mio umore era così nero per colpa dell’atteggiamento che i miei genitori, mia madre in particolare, avevano assunto nei miei confronti dal suo arrivo.

Parcheggiai nel primo posto libero, presi la mia borsa e scesi dall’auto. William mi imitò.

-Bene, questa è scuola.- gli dissi indicando l’edificio imponente di fronte a noi.

-Carina.- ironizzò.

-Dunque, adesso ti accompagno in segreteria così puoi avvertire del tuo arrivo, poi andiamo in classe. A quel punto sarai libero, ci vediamo alla macchina dopo le lezioni.- dissi in tono sbrigativo.

-Posso arrivarci da solo in segreteria. Per il resto ci sto.-

-Sei sicuro?- Il mio timore stava nel fatto che potesse uscire dal cancello e non presentarsi a scuola. Mia madre mi avrebbe uccisa e lui sembrò cogliere la mia paura.

-Enny, rilassati, non ho intenzione di fuggire.- mi rassicurò con un ghigno che aumentò la mia preoccupazione. Decisi di fidarmi, non mi andava di controbattere ancora.

-Ok, allora ci vediamo all’uscita. Buona giornata.- lo salutai.

Lui mi fece un cenno con la mano, così mi avviai verso la mia aula. Jean e Lisa erano già arrivate, le salutai e presi posto al mio banco.

-Non c’eri stamani in autobus.- mi fece notare Lisa.

-Mia madre mi ha fatto prendere l’auto. Sapete, il principino sta per affrontare il suo primo giorno di scuola.- dissi tra i denti.

-Tua madre ti ha fatto prendere l’auto per venire a scuola?- chiese Jean incredula.

-Lasciamo perdere, ho i nervi a fior di pelle.-

-E lui dov’è?- chiese Lisa con fin troppa curiosità.

-Dovrebbe essere andato in segreteria, poi seguirà la prima lezione con noi.- dissi mesta.

Vidi gli occhi di Lisa brillare in modo strano, ma non ci feci troppo caso, quella scalmanata era solita impazzire per le novità. Anche Jean lo aveva notato, ma, come me, lasciò perdere e si limitò a scrollare le spalle.

-Chissà come ti saluterà il tuo bel Dean stamani.- esordì Lisa dopo qualche minuto di silenzio.

Vidi l’espressione confusa di Jean, così le raccontai cosa era successo il pomeriggio precedente e, anche in quel caso, evitai di dire che Dean non aveva la più pallida idea del fatto che frequentassimo qualche lezione insieme.

Circa tre secondi dopo, l’oggetto del nostro discorso fece la sua comparsa insieme all’ultima persona, dopo Pearl, con cui avrei desiderato vederlo: William.

Come se non bastasse, i due decisero di sedersi dietro di noi, così abbassai la testa nella speranza che Dean non mi riconoscesse. Proprio quando decisi di essere fuori pericolo, però, l’incredibile (mica tanto) avvenne.

-Evanna?!- mi chiamò Dean incerto. Respirai profondamente e mi voltai.

-Dean, ciao!- E l’Oscar come migliore attrice va a…

-Ma tu frequenti questo corso? Cioè l’hai sempre frequentato?-

-Eh già.- Non ad Evanna Dawson. La mia credibilità era veramente inesistente.

-Incredibile che non ci siamo mai visti fino ad oggi.- disse ancora con quel tono di chi cade dalle nuvole.

-Davvero, inspiegabile.- sorrisi e spostai lo sguardo su William che osservava la scena divertito.

-Oh certo!- disse Dean. –Lui è William, è appena arrivato.-

Lo scemo in questione sogghignò. –Ci conosciamo già. Loro sono Lisa e Jean.- presentai le mie amiche per evitare domande sul fatto che William ed io ci conoscessimo.

Lui le salutò gentilmente, ma non potette aggiungere altro perché il professore fece la sua comparsa. Io, intanto, benedicevo il suo tempismo.

Quando suonò la campanella che segnalava la pausa pranzo, Dean ci chiese se volevamo unirci a loro, ma rifiutai anche per le mie amiche. Così lo guardai alla mensa con il suo solito gruppo, tra cui Pearl, e Will.

-Per quale motivo hai rifiutato?- mi aggredì Lisa. –Questo è il motivo della tua invisibilità, Eve, tu allontani tutto e tutti, come puoi pretendere di essere notata?-

Mi sentii come se una lancia mi avesse trafitto, una lancia scagliata dal mio compagno di battaglia. E anche Jean sembrava pensarla così dallo sguardo truce che lanciò a Lisa. Possibile che, dopo l’imbarazzante conversazione di quella mattina con Dean, non avesse capito?

-Cosa hai detto?- le chiesi freddamente.

-Ho detto che sei una stupida ed è tutta colpa tua se ti ritrovi in queste condizioni. Ti lamenti tanto, ma quando quello che ti piace si decide a parlarti, scappi.- urlò lei.

-Ignorerò la parte in cui, implicitamente, mi dai della disagiata sociale, altrimenti direi cose di cui potrei pentirmi. Andando oltre, se davvero non capisci che ho rifiutato perché fino a ieri pomeriggio lui non sapeva neppure che fossi al mondo, allora sei un’amica di merda.- le dissi con tutta la sincerità possibile.

-Non dire cazzate, lui sa che esisti, altrimenti non ti verrebbe dietro come un cagnolino.- Ostinata la ragazza.

-Lisa, ascolta bene, perché mi umilierò solo una volta: Dean ha scoperto della mia esistenza soltanto ieri. Non aveva idea di quale scuola frequentassi fino a quando non me l’ha chiesto ed è rimasto stupito quando ha scoperto che, oddio che coincidenza, la sconosciuta frequenta la sua stessa scuola. E mi sono sentita così da schifo che non ho voluto dirgli che sapevo chi fosse, ma ho finto di non averlo mai incontrato. Questo è quanto.- conclusi arrabbiata.

Jean, che lo aveva capito subito, scuoteva la testa in silenzio. Lisa, invece, era sorpresa.

-Quindi lui.. Ecco perché stamani.. Io credevo che ieri.. Che emerito imbecille, però!- disse indignata. Come se non fosse successo niente e non avessimo urlato come pazze nel mezzo del corridoio, mi mise un braccio intorno alle spalle e continuò: -Così non va bene. Se non ti ha notata fino ad ora è proprio un rimbambito e non ti merita. Solo perché ieri ha scoperto quanto tu sia bella, non può certo atteggiarsi da cavalier servente. No, no, questo tipo di persone non mi piacciono e tu devi assolutamente imparare a dominare quelli come lui. In effetti non era proprio il caso di pranzare con loro.-

Scossi la testa, ma non riuscii a trattenere un sorriso.

-Andiamo a mangiare?- propose Jean.

Mentre camminavamo, però, Lisa si avvicinò al mio orecchio.

-Scusami.- mi sussurrò. Sapevo quanto fosse difficile per lei chiedere scusa.

Senza voltarmi sorrisi, le afferrai la mano e la strinsi. Significava “scuse accettate”.

 

Il resto della giornata passò abbastanza tranquillamente: evitammo Dean il più possibile, cosa che mi impedì di incontrare William troppo spesso, seguimmo le lezioni comunicando con i nostri soliti bigliettini e ritrovammo la pace che quella mattina avevamo perduto.

Poi, finalmente, la campanella suonò e, dopo aver salutato le mie amiche, mi affrettai ad arrivare alla mia auto. Salii e aspettai William, sperando che arrivasse velocemente. Dopo dieci minuti, fortunatamente, fece la sua comparsa.

-Ce ne hai messo di tempo.- gli feci notare.

-Scusa, ma ho dovuto salutare tutti i miei nuovi amici. Sai, sono un tipo molto socievole.-

-Che culo!- mi sfuggì.

-A quanto pare anche tu hai socializzato.- mi disse con un sorrisino malizioso.

-Eh?-

-Dean.-

-Ah!- esclamai fingendo di non dare importanza alla cosa. –No, mi ha solo dato un fazzoletto ieri al centro commerciale.-

Lui rise. –Certo.-

-Cos’hai da ridere?- domandai stizzita premendo l’acceleratore con foga.

-Rilassati, Enny! Dicevo solo che è strano che non vi siate mai visti prima di ieri, siete in classe insieme da un po’.-

-Può capitare.-

-Certo, eppure scommetterei sul fatto che tu sia cotta di lui da un pezzo.- disse con tono serio.

-Sbagli.-

-Sarà.. Comunque carina quella Perl.-

-Si chiama Pearl.- lo corressi automaticamente.

Lui ridacchiò e io capii di essermi fregata da sola. –Oh vaffanculo!- gli dissi solamente.

Passò qualche minuto in cui nessuno dei due disse niente, poi, con un tono troppo gentile per uscire dalla sua bocca, parlò.

-Enny, posso chiederti un favore? Ho un appuntamento con alcuni amici tra venti minuti, mi chiedevo se potevi prestarmi l’auto, non ce la farei a piedi in così poco tempo.-

Sperai vivamente che stesse scherzando, ma sembrava davvero serio.

-Tu sei tutto pazzo!- gli risposi con una risata isterica. –Io dovrei prestarti la Eve-mobile? Non se ne parla!-

Trattenne una risata quando dissi il nome dell’auto, poi tornò alla carica. –Ti prego, giuro che la riporto sana e salva tra qualche ora. Devo solo incontrarmi con degli amici.-

-Dove?- chiesi.

-A un campo da basket, facciamo una specie di allenamento.-

-Ti accompagno io.- gli dissi.

-E il ritorno me lo faccio a piedi?- brontolò.

Ancora oggi mi chiedo dove trovai tutta quella generosità. –Ti aspetto, ma alle sette voglio essere a casa.-

Lui sorrise. –Grazie Enny. Non sei così pallosa a volte.-

Poi fece una cosa che non mi sarei mai aspettata: allungò la mano per scompigliarmi i capelli, ma la delicatezza che ci mise, fece sembrare quel gesto una carezza.

-Non toccarmi i capelli.- lo ammonii per nascondere l’imbarazzo. Lui rise.

Guidai per dieci minuti mentre Will mi indicava quale direzione prendere. Arrivammo in una zona che non conoscevo bene, non lontana dal centro, ma sicuramente più decadente. Le case erano più vecchie e meno curate di quelle del mio quartiere, le strade erano vuote e i negozi inesistenti. L’unica attrazione in mezzo a quell’insieme di case era il campo da basket di fronte al quale Will mi aveva fatta parcheggiare. Vidi alcuni ragazzi con un pallone che ci fissavano. Probabilmente i suoi amici.

-Vai.- gli dissi.

-Non vieni?- mi chiese.

-No, ti aspetto qui, faccio un giro.-

-Meglio che tu venga con me.- mi disse serio.

-Davvero, non c’è problema. Sarò qui per le sei e mezzo.-

-Enny, non voglio che tu giri da sola in questo posto, ok?-

Il suo tono preoccupato mi fece sussultare. –Vengo con te.- mi arresi.

Entrammo nel campetto e notai che ad aspettarlo c’erano cinque ragazzi: due stavano tirando al canestro, mentre gli altri tre erano venuti a salutarci. Quello più basso, con i capelli neri e le spalle larghe tre volte le mie, mi fu presentato come Steve; accanto a lui c’era Adam, il più alto di tutti, forse più di Will, capelli castani e occhi verdi smeraldo; l’ultimo si chiamava Ross, capelli biondi, quasi rossicci e sguardo penetrante che, avrei giurato, mi stesse facendo una radiografia completa. Gli altri due, mi fu detto, si chiamavano Tom e Jess e quasi scoppiai a ridere quando nella mia testa comparve l’immagine del cartone Tom e Jerry per la somiglianza che c’era non solo tra i nomi, ma anche fisicamente.

Will mi disse di sedermi sulla panchina in legno sul bordo del campo, loro, intanto, si sarebbero riscaldati e poi avrebbero fatto una partita.

Poco dopo, però, Ross disse qualcosa ai suoi compagni e venne a sedersi accanto a me.

-Non ti alleni?- gli chiesi.

-Il mio ginocchio non ce la fa ancora a reggere un allenamento. Il mese scorso sono stato operato.- mi spiegò.

-Mi dispiace.-

-Passerà.- mi disse sorridendo.

-Perché vi allenate?- chiesi con curiosità.

-Ci piace giocare a basket. Quando eravamo bambini, io e Will, sognavamo di giocare nell’NBA. Come vedi, il nostro habitat non ci ha permesso di far avverare il nostro sogno, ma ci piace continuare a giocare e partecipare alle competizioni tra quartieri.-

Mi piaceva il modo in cui Ross rispondeva alle mie domande, era gentile e mi spiegava qualsiasi cosa volessi sapere. Era un ragazzo davvero carino, anche fisicamente. “Soprattutto fisicamente!”, precisò la mia vocina interiore mentre fissavo le sue enormi braccia muscolose.

-Siete cresciuti qui?- domandai.

-Sì, e ci viviamo ancora. A parte Will, naturalmente.-

Avrei voluto chiedergli di più, soprattutto riguardo il passato di Will, ma gli altri ragazzi si avvicinarono per fare una pausa e bere un po’ d’acqua.

-E così tu sei l’amica di Lis?- mi domandò quello che doveva essere Tom.

Come diavolo faceva a sapere di Lisa? Non ci capivo più niente.

-Conosci Lisa?- domandai confusa.

-La conosciamo tutti.- rispose Jess. –Will l’ha portata con noi quando sono usciti. Una tipa molto allegra, oserei dire.-

-Usciti?- chiesi.

-Adesso basta.- disse Will. –Torniamo ad allenarci.-

-Sì.- disse Tom rivolto a me. –Molto allegra, c’è chi lo sa bene tra di noi.- e ridacchiò malizioso.

Mi voltai verso William. –Tu sei uscito con Lisa?- gli chiesi.

-Non ci sono proprio uscito..-

-William!- Gli altri stavano in silenzio, nessuno osava più parlare per paura che mi potessi rivolgere in quel modo anche a loro.

-Più o meno. Sarebbe più corretto dire che l’ho portata con me e l’ho presentata ai miei amici, non è stata un’uscita.- tentò di spiegarmi, ma vedevo che era in difficoltà.

-Lisa è la mia migliore amica e fa parte della mia vita, tu non dovevi neppure prendere in considerazione l’idea di avvicinarla. Sapevo che non avrei dovuto presentarti le mie amiche!- urlai isterica.

-Non capisco perché te la stia prendendo tanto, mica te l’ho rubata.-

Lo fulminai con lo sguardo. Poi, senza una parola, presi le chiavi e mi diressi alla mia auto senza salutare.

-Dove cavolo vai?- lo sentii gridare dal campo.

-A casa. Buona passeggiata!- Salii, misi in moto e partii.

Ero furiosa con William per aver mandato all’aria un’altra parte della mia vita, per essersi intromesso e avermi portato via anche la mia migliore amica. In fin dei conti, però, sapevo che la rabbia più grande era indirizzata verso Lisa, la persona che avevo ritenuto mia amica fino ad allora e che non era stata in grado di dirmi la verità. Ecco spiegato il motivo di tanto mistero intorno all’identità del suo nuovo ragazzo!

Ero delusa ed arrabbiata con la mia amica, eppure non riuscivo a non indirizzare una parte della mia rabbia verso William. Perché Lisa? Perché non un’altra ragazza? Cosa aveva lei di così attraente?

Schiacciai l’acceleratore e cercai di non pensare a quanto quella notizia mi avesse dato noia.

Perché sì, ero arrabbiata e delusa, ma una minuscola parte di me era disturbata dal fatto che il ragazzo misterioso di Lisa fosse Will.

Di disturbi, però, ne avevo tanti, così decisi di non dargli importanza.

Feci un respiro profondo e mi preparai ad affrontare la delusione che sarebbe conseguita dal confronto con Lisa. Chissà cosa ne sarebbe stato della nostra amicizia…

 

 

 

 

 

 

 

 

Note dell’autrice:

 

Salve! :)

Mi scuso per l’attesa, so che è stata più lunga rispetto all’ultima volta, ma sto cercando di studiare per un esame (anche se la voglia è inesistente), per cui ho dovuto togliere un po’ di tempo a Will ed Eve.

 

Dunque, in questo capitolo succedono un po’ di cose: Evanna conosce il tanto agognato Dean, il quale non sembra proprio disinteressato alla ragazza; William comincia il suo percorso scolastico nel liceo di Eve; facciamo la conoscenza degli amici di Will e scopriamo chi è il misterioso ragazzo di Lisa (…chissà).

Non vi anticipo niente, ma vi ricordo che i fatti sono narrati dal punto di vista di Eve, questo significa che molte cose appaiono a noi come sembrano ai suoi occhi, ma non come sono realmente. Perciò, attenzione alle apparenze! :D

 

Spero abbiate apprezzato il capitolo. Ringrazio tutti coloro che hanno inserito la storia tra le seguite/ricordate/preferite e coloro che hanno recensito. Siete delle persone magnifiche.

 

Alla prossima.

Baci,

Jane

  
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