And i
lost who i am
And i lost who i am, and i can't understand why my heart is so broken.
Se
c'era una cosa che Dean Winchester, in quanto fratello maggiore,
proprio non riusciva a sopportare era l'espressione arrabbiata di
Sam, quell'espressione che lo confondeva e lo irritava.
“Ho
fatto qualcosa di male?” Si
chiedeva mentre con estrema lentezza poggiava due pesanti cartoni
sopra al tavolino del medesimo hotel, stringendo le labbra quando
delle gocce d'acqua minacciarono di scivolare nella sua bocca schiusa
per la confusione che aleggiava in lui in quel momento.
Fuori
ormai pioveva a dirotto e stava continuando così da qualche
ora, da
quando più o meno avevano raggiunto Ohio, Cincinnati.
«Potresti
aiutarmi a sistemare le armi?» Chiese alla fine il maggiore
esibendosi in un colossale sospiro. Si tolse di dosso il pesante
giaccone e lo lasciò cadere sulla sedia, sventolando un po'
la
camicia anch'essa zuppa. La sua attenzione stava gravitando sopra ai
due scatoloni e in quel preciso momento, ad essere onesto, pensava a
quello che sarebbe potuto succedere se qualcuno del personale
dell'hotel avesse visto quel che quei due avevano introdotto
all'interno della stanza. «Dobbiamo nascondere tutto quanto,
la
macchina non sarà pronta fino a domani.»
Continuò a parlare anche
se l'altro non aveva ancora spiaccicato parola. Si sedette sulla
sedia e si avvicinò maggiormente al tavolo, incominciando a
tirare
fuori vari tipi di esplosivi, pistole e fucili.
Sam si mosse un
po' sul letto, ma anziché parlare e rispondere al fratello,
cosa
alla quale non pensò minimamente, afferrò il
libro dal comodino. La
sua attenzione e le sue mani corsero sopra a quel tomo che sembrava
avere l'aspetto di essere stato realizzato con pelle di drago,
dilettandosi a passare il polpastrello sopra alla scritta Game
of Thrones messa
un po' più in rilievo.
Sì, probabilmente Sam Winchester avrebbe
sprecato tutto il giorno, e probabilmente parte della notte, a
leggere e ignorare Dean. Probabilmente se ne sarebbe anche uscito a
bere qualcosa nel bar dell'hote, insomma...tutto pur di far
imbestialire maggiormente il fratello.
Per qualche secondo regnò
il silenzio, ma fu solamente quando Sam prese a sfogliare la pagina
del libro che Dean si voltò di scatto, quasi come se fosse
un
automa; i suoi occhi avevano preso a fissare interdetti e stupiti il
corpo del fratello steso sopra al letto, le mani che reggevano quel
pesante libro e l'espressione menefreghista che l'altro si era
stampato in volto.
«Ma dico, Sam, mi prendi per il culo?»
Domandò ancora del tutto incredulo. Si inumidì di
sfuggita le
labbra e passò a scrutarlo da capo a piedi, chiedendosi cosa
ci
fosse di maledettamente sbagliato in lui. «Ti ho chiesto di
venire a
darmi una mano. E tu che fai? Cazzeggi con quel maledetto
libro?!»
Prese una pistola e la schiacciò sulla superficie liscia e
fredda
del tavolo. “Ah,
che sia ringraziata la sicura.”
Sam
si limitò a sollevare un sopracciglio, quasi confuso dal
comportamento del fratello e con molta calma appoggiò il
libro,
aperto, sopra alle proprie cosce fasciate dai jeans in pelle.
«Se
fossi Sam Lannister, figlio di Robert Batheon e erede del trono, a
quest'ora, avrei già fatto conficcare dal buon e
“fedele”
Mastino la tua testa su una forca. Ma...» Sollevò
le spalle,
intrecciando le mani. «Dal momento che sono solo
Sam
Winchester: che vuoi?»
Dean sbuffò una mezza risata
infastidita, una di quelle che volevano stare quasi a dire
“Fai
poco il simpaticone, Sammy, ti ho in pugno.” Ma con tutta la
calma
di questo mondo -e magari con la forza di qualche altro pianeta-,
Dean, riprese a parlare.
«Ti ho chiesto di venire ad aiutarmi
con le armi e tu tieni il broncio come una fottuta donnicciola.
Andiamo, Sammy! Smettila di fare il bambino.» Scosse il capo
e si
alzò dalla sedia; prese alcune delle armi e
incominciò a
posizionarsele tra le braccia, guardandosi attorno per cercare un
buon luogo che avrebbe potuto fungere come nascondiglio provvisorio.
L'armadio? No, troppo pericoloso. Quella bionda tettona (decisamente
perfetta per Dean) passava ogni mattino per portare gli asciugamani
nuovi, da quanto aveva sentito, quindi... Scosse il capo, lasciando
ricadere le armi sopra al letto, fissando ora Sam. «Grande e
grosso
come sei perdi ancora il tempo a fare il bambino. Si può
sapere che
c'è? Che ti ho fatto?» Ora il tono della sua voce
era stanco, quasi
sconsolato.
Gli occhi di Sam, nel frattempo, non ebbero lasciato
nemmeno per un secondo Dean. No, continuava a fissarlo con
curiosità,
profondamente deliziato da ogni suo movimento sebbene non lo avrebbe
mai e poi mai ammesso.
«Non mi hai fatto niente, figurati.»
Commentò allora con fare tranquillo. Afferrò un
pezzetto di foglio
con la scritta “Sono arrivato qui” e la
infilò tra le due pagine
del libro, chiudendolo. Posizionò il tomo sopra al comodino
e si
tirò un po' più in su, assottigliando lo sguardo
su Dean. Un
flebile e stanco sorriso delineò delicatamente le sue
labbra. «Mi
chiedi seriamente che ho?» Domandò con un tocco di
curiosità nella
sua voce.
Fu il turno di Dean, ora, a stare fermo e zitto.
Semplicemente il maggiore tra i due si mise a braccia conserte,
fissando di traverso l'altro.
Per qualche secondo Sam fu
maledettamente indeciso se parlare o meno, se far uscire qualche
parola dalla sua bocca oppure parlare a sproposito come alle volte
sapeva fare anche lui.
«E' per come ti sei comportato ieri,
l'altro ieri e il giorno prima ancora e quello prima ancora!»
Esclamò con decisione. I suoi occhi, che fino a quel momento
rimasero infiammati, ora sembravano rattristarsi nel momento esatto
in cui la sua bocca andò a delineare una smorfia di puro e
semplice
dolore. Ah, ora non vi era più divertimento nel suo volto,
nemmeno
la più piccola traccia.
Sam scivolò di lato, rimanendo sempre
sul letto, e dopo qualche secondo, perso a pensare a come agire,
scese dal materasso e si avvicinò al fratello. I suoi occhi
entrarono in stretto contatto con quelli di Dean, così come
il suo
animo.
«Voglio sapere perché lo hai fatto. Voglio sapere
perché
hai smesso di essere Dean
Winchester.»
Il
diretto interessato si ritrovò a muoversi sul posto, facendo
spallucce. «Non so di cosa tu stia parlando.»
Sentenziò allora,
sbuffando in un secondo momento. Ora prese a sciogliere le braccia
incrociate al petto, lasciandole stendere lungo i fianchi in un
tentativo di acquistare un po' di coraggio.
«Hai smesso di
combattere, di cacciare. Non credere che Garth non mi abbia detto
nulla e...a tal proposito...» Lo indicò con
l'indice della mano
destra, sistemandosi alcune ciocche dei capelli oltre all'orecchio
con la mano libera. «Garth? No, seriamente: Garth?! Da quando
ti
confidi con lo scemo
del villaggio,
come lo chiami spesso tu, anziché con tuo
fratello?» Si guardò
attorno, come se stesse dando mostra dei suoi movimenti a centinaia e
centinaia di persone che assistevano alla loro discussione.
«Prima
un angelo, poi un vampiro e ora un
“Garth.”»
A Dean sfuggì
un mezzo sorriso. «”Un Garth?” E' una
specie in via di
estinzione, eh?» “Dai,
dai Dean, certo! L'ironia è l'arma migliore.”
Sam
sbuffò. «Non scherzare, non ora. Voglio che tu sia
sincero. Almeno
per una volta, nella tua vita, cerca di essere sincero con Me. Ne ho
bisogno, davvero.» Quelle parole uscirono con una certa nota
incrinata nella sua voce mentre la tonalità di essa parve
ancor più
bassa del normale. «Ti prego. Tu sei il primo che si arrabbia
quando
non sono sincero, quando ti nascondo qualcosa. E tu che fai, eh? Tu
mi ricambi con la medesima moneta.» Ora incominciava ad
essere
impaziente, Sam, e lo si poteva capire dal momento che passava da un
piede all'altro. Si indicò il petto con una mano.
«Tu ti vanti di
quanto sia bella la tua famiglia nonostante tutto, quindi ti
scongiuro, ti prego, in quanto membro della tua famiglia rendimi
partecipe di tutto, tutto! Ogni momento felice, triste o brutto.
Dovresti dirlo a me, a me soltanto! Così come quando hai
bisogno
d'aiuto, dovresti chiedere a Sammy non a qualche tizio che passa di
tanto in tanto. Mi spi---» Forse aveva parlato troppo, forse
semplicemente, Dean, non aveva resistito. Fatto sta che le mani del
fratello furono subito sopra al volto di Sam e le loro bocche
congiunte, così come i loro corpi.
In un primo momento, Sam,
stizzito, ebbe quasi voglia di scansare vi Dean, ma quando questi
scivolò via dalla sua bocca e rimase con la fronte
appoggiata alla
sua, si calmò.
Entrambi i Winchester rimasero fermi, quasi
attaccati al pavimento mentre Dean si esibì in un vago
sorriso.
«Lo
so Sam, lo so. So cosa provi quando mi comporto da stronzo,
perché è
lo stesso che succede a me, credimi. Vorrei chiedere il tuo aiuto
sempre, sempre! Ad ogni minimo problema. Ma ho la netta sensazione di
soffocarti, di spingerti ad allontanarti come fece
papà.» La sua
voce si incrinò per il ricordo dell'uomo e spinto dal
momento,
usandolo come incentivo, circondò la vita del più
piccolo. Strinse
il proprio corpo al suo e sollevò un po' il capo per posare
le
labbra sopra alle sue.
Rimasero in silenzio fin quando Dean, con
un movimento veloce, non spinse Sam sopra al letto e si
piazzò
all'istante su di lui, guardandolo con un vago sorriso sulle labbra.
«E ora...che fai?» Domandò vagamente il
minore, un po'
confuso. Ah, forse la sua mente correva troppo, perché al
momento
sapeva bene cosa voleva. Strinse le labbra e guardò il
fratello
piegarsi un po' fino ai piedi del letto dove aveva scaricato
grottescamente le armi, afferrando delle manette grige che si
portavano appreso. Sì, insomma...nei casi di emergenza e
questa lo
era, decisamente!
Sam strabuzzò gli occhi mentre Dean si chinò a
lasciare un bacio sopra alle labbra del fratello.
«Fidati di
me.» Mormorò quelle parole a fior di labbra.
Afferrò i polsi del
fratello e li imprigionò entrambi con le manette, dietro
alla
tastiera del letto in modo da immobilizzarlo. Fu a quel punto che
senza troppo problemi, senza troppi preamboli, scivolò dalle
sue
gambe e andò alla sua vita.
Il maggiore tra i due prese ad
armeggiare con i pantaloni e quando glieli ebbe abbassati
tirò giù
anche i boxer, sorridendo con tranquillità.
«Che fai?!» Sbottò
Sam, confuso e un po' alterato ma non nel senso letterale della
parola, diciamo.
Dean ridacchiò, sistemandosi in mezzo alle
gambe divaricate del fratello. «Mi sdebito con te.»
Disse mentre
alcune gocce scivolarono dai capelli fino al suo viso, inducendolo a
passarsi una mano sul volto. «E lo sai bene, no? I
Lannister pagano sempre i loro debiti.»
Sam soffocò una sottospecie di gemito mentre si
inarcava sopra al letto, socchiudendo gli occhi.
«Comunque...»
Prese a parlare con un tono di voce anche fin troppo basso.
«Non è
il loro motto ufficiale.»
Dean si mise a ridere prima di
dedicare anima e corpo al suo fratellino.
Quella notte i due
Winchester rimasero insieme minuto dopo minuto, ora dopo ora, mentre
i loro corpi sudati e accaldati sembravano non averne mai abbastanza.
E chissà, magari ora sarebbe riusciti ad essere seriamente
una
famiglia, con i suoi pro, i suoi contro e le loro eccezioni.