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Autore: Kiji    19/02/2014    1 recensioni
Avevo solo 13 anni la prima volta che lo vidi. Lo ricordo ancora, come se fosse impresso a fuoco nella mia mente. Era il suo concerto più grande, una stella fotografata su quel palco immerso da tante luci colorate. Ero ancora un ragazzino eppure, sentivo qualcosa nascere in me, debole ma selvaggio. Mentre cantava, in quel lago di scintille, mi sentii inutile a confronto con quell'idolo mascherato da stella. Volevo arrivare a lui, toccarlo e farlo mio, come nessun altro prima.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Mir
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando mi svegliai, erano ancora tutti addormentati. Non c’era da stupirsi, era ancora buio. Non avevo sonno, così mi alzai affaticato e mi diressi verso la cucina. C’era caldo, o forse era il post sbornia a farmi sentire così impacciato e sudato. Mi lavai di fretta ed uscii lasciando un breve biglietto, non potevo più far preoccupare quelle persone che tenevano così tanto a me.
“Sono in sala prove, ho bisogno di sgranchirmi le gambe.” Percorsi quella strada tranquillamente, con la mente vuota. Ero diventato bravo ad isolare i miei pensieri, come se fosse la cosa più naturale al mondo.
Entrato nella sala, ancora vuota, mi sentii finalmente me stesso. Con la musica della nuova canzone, ormai in previsione d’arrivo, capii il motivo dell’agitazione di tutti. L’MV non era ancora pronto, la data di scadenza era vicina e noi non eravamo abbastanza motivati, era comprensibile che il Manager fosse così sotto stress. Decisi che avrei dovuto mettere tutto me stesso ed impegnarmi come mai avevo fatto, solo per quel desiderio intenso di farcela. Non sarei più stato schiacciato.
Ballai senza pensieri, ad occhi chiusi immaginando quel grande palco che ci avrebbe ospitati. I sentimenti che covavo nel mio cuore, li rilasciai d’un tratto, così potenti da far tremare le mura che mi rinchiudevano. Quando finì di ballare, sentii un applauso, qualcosa che non mi aspettavo e mi voltai d’improvviso. La persona che incontrai con lo sguardo, era qualcuno che non avevo mai visto ma che, inspiegabilmente mi sembrava familiare. Era una bellissima donna, i capelli color miele e la carnagione chiara, la rendevano quasi una Dea. Non appena entrò nella sala, qualcosa sembrava essere diverso, ma finsi di non essermene accorto.
– Sei stato bravissimo. – Anche la sua voce, appena accennata, era così melodiosa da farmi tremare. Chi era quella persona?
– Tu sei Mir vero? Non mi conosci, io sono Park Ji Su. Mi piacciono tanto le vostre canzoni, sono felice di aver avuto la possibilità di incontrarti. Oppa mi ha parlato tanto di te, in effetti ero curiosa di vederti. – Oppa? Improvvisamente, tutto si fece più chiaro e riuscii a vedere quella scena nuovamente, impressa in me. Loro due che si abbracciavano, le loro labbra unite e quelle parole “sto per sposarmi” mi torturarono nuovamente. Eppure, anche se era difficile, non potevo arrendermi, dovevo fronteggiarla con coraggio.
– Grazie per esserti interessata a me, adesso scusa, vorrei provare un po’. – Il suo volto si scurì, ma non lo diede a vedere. Sapevo che non era colpevole di nulla, ma la sua sola presenza mi dava profonda sofferenza. Prima che uscisse, però, continuò a fissarmi per un po’ mentre io, di spalle, cercavo di ricomporre la mia maschera.
– Penso di non avere questo diritto, ma volevo chiederti se potevamo parlare un po’. Forse ti sembrerà strano, ma ho bisogno di confermare una cosa. – Rimasi impietrito. Una parte di me era terribilmente curiosa di sapere, l’altra si agitava per evitare quella catastrofe. A quale delle due avrei ceduto? Ci pensai per un solo istante, poi presi la mia decisione.
– Ti concedo 10 minuti, non uno di più. Andiamo, faccio colazione! – Presi la mia roba che consisteva in quella misera felpa sgualcita e la scortai al piccolo bar di fronte la compagnia. Ci sedemmo al mio solito posto accanto alla più grande vetrata aspettando il mio cappuccino. Mi sentivo nervoso ed iniziai a tamburellare le dita sul tavolo di legno, in attesa che iniziasse il suo discorso.
– Forse ti sembrerà stupido da parte mia, ma ho sempre voluto incontrarti. So in parte ciò che accadde tra te e Oppa tanti anni fa. – Si fermò, cercando di scrutare la mia reazione impassibile. Era inevitabile che lei sapesse, non mi stupiva più di tanto, in fin dei conti era quasi sua moglie.
– A sua discolpa vorrei dirti che era molto giovane, vedeva in te un frutto proibito, se così si può chiamare. Non voleva ferirti né in passato né adesso. Se è tornato nella tua vita, era per poterti finalmente chiedere scusa, no per farti ancora del male. La sua follia momentanea, gli ha fatto capire l’errore che avrebbe commesso nel perseguire quella strada maledetta, adesso però è pronto a ricominciare. Il bambino che porto in grembo, vorrei che fosse felice, così come anche tu devi esserlo Mir. – Toccandosi la pancia, sentii un brivido lungo la schiena. “Devo farlo!” Adesso tutto tornava, avevo finalmente compreso le sue parole.
– Una follia, vero? E’ così che l’hai chiamata. – Sorrisi, ma quel suono fu anche per me un’enorme bugia.
– L’amore che quel giorno ci scambiammo, non fu per me un errore, sai? Ai tuoi occhi sembrerà un abominio, è vero, ma per me era qualcosa di reale, di semplice e di puro. Quella persona che era al mio fianco, non è il tuo Oppa. E’ qualcuno che non mi verrà più restituito, quindi stai tranquilla. Non provo invidia né gelosia per te, perché ho smesso da tempo di sognare. – Mi fermai indeciso, senza provare rimorso.
– Congratulazioni, ma non ti aspettare di vedermi al matrimonio. Addio! – Alzandomi, non mi accorsi del cameriere che aveva portato l’ordinazione. Pagai in fretta ed uscii senza aspettare alcun tipo di risposta. Tornato in studio, mi sentii uno stupido, avevo mostrato me stesso ad una nemica dalle fattezze gentili. Quella donna, era davvero così dolce che non riuscii ad odiarla. Nei suoi occhi, nemmeno per un istante, avevo visto cattiveria per quel gesto che avevo compiuto quando lei ancora non esisteva nelle nostre vite.
Era come lo sguardo protettivo di una madre che, inconsapevole della sua perfidia, pugnalava il figlio con semplici intenzioni. Distratto, percorsi quel corridoio pieno di insidie, arrivando fino a quella sala prove che ormai mi aspettava disfatta. Vidi una persona ad attendermi, l’unica che non volevo incontrare.
– Cosa ci fai qui? – La mia voce, innaturale, sembrava provenire da un altro mondo. Voltandosi, sembrava diverso dal giorno prima, più stanco.
– Mi dispiace Mir, ti ho solo causato sofferenze vero? Se ho proposto la collaborazione, era per poterti vedere ancora ma adesso, veramente, capisco che ho commesso un altro errore con te. Non hai bisogno di me nella tua vita, non più. Io, 9 anni fa, sono stato uno stupido e ti ho lasciato solo. E’ uno sbaglio a cui non potrò più rimediare, ma egoisticamente speravo fosse diverso. – Sembrava impacciato, nervoso e carico di ansie.
– Mi dispiace, per tutto! Abbandonerò il video, non importa quanti soldi perderò facendolo, ma per la prima volta voglio davvero alleviare il tuo peso. Cercherò di allontanarmi più che posso e ti sosterrò da lontano. Voglio vederti splendere a posto mio su quel palco! – Il silenzio che seguì le sue parole, ero incapace di comprenderlo. Mentre andava via per sempre, non ero in grado di fermarlo.
Sapevo bene che il vecchio me sarebbe strisciato a terra per poterlo trattenere a sé, piangendo e supplicando, ma quella parte del mio essere era per sempre volata via. Con gli occhi bassi sul pavimento rigato dalla nostra fatica quotidiana, una lacrima cadde velocemente, solitaria nella sua disperazione. Il vuoto ormai sapevo gestirlo, non mi fece più male.
Sorridendo, accesi quella musica e iniziai a muovermi inconsapevolmente. In quel ballo che non aveva fine, lasciai andare i ricordi, una volta per tutte. Sapevo che lui era lì, non era fuggito via, continuava a guardarmi e per sempre i suoi occhi sarebbero rimasti incollati ai miei. La gioia e la soddisfazione di quella scoperta, mi bastò. Io ero al centro della sua vita, così come lui lo sarebbe stato per me. Anche se la nostra vita si separava, era forse un addio? Non ne ero sicuro.
Un rumore in lontananza, la porta che sbatteva violentemente. Non mi fermai, non potevo farlo, altrimenti sarei crollato a terra distrutto. Il vociare di quelle persone che, con i loro sforzi, contribuivano al nostro successo, i loro sorrisi così lontani dai miei e i loro sguardi che si mischiavano al suo. Avevo perso ma non ero stato sconfitto, e anche solo quella consapevolezza riusciva a farmi andare avanti! 
  
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