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Autore: Deb    19/02/2014    8 recensioni
Non c'è da stupirsi del fatto che Peeta si irrigidisca quando sente le mie labbra sulle sue per un bacio a fior di labbra, casto. Il nostro primo bacio senza telecamere. È normale che ne rimanga stupito.
I suoi occhi sono sorpresi quando lo guardo, scostandomi da lui. Le guance mi si colorano immediatamente e abbasso lo sguardo per rialzarlo quando sento le dita di Peeta sul mio collo. Ha lo sguardo serio, come se dovesse chiedermi il permesso, non so cosa legge dalla mia espressione, ma lo vedo avvicinarsi al mio viso e chiudo gli occhi in attesa di sentirlo nuovamente sulla mia bocca.

{Everlark || What if su Catching Fire/Mockingjay}
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Finnick Odair, Johanna Mason, Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Non rinunciare mai alla speranza
Capitolo III


Mia madre rimane con me per tutto il tempo necessario. Non ho la forza di alzarmi, aspetto i risultati con lei. Prim è tornata dopo aver visitato il signor Bent, ma mia madre non le ha detto nulla, le ha soltanto domandato di poterla sostituire visto che tanto i dottori del 13 la tengono come infermiera e non come dottoressa, anche se sono convinta che sia più abile lei che i dottori stessi.
Spesso siamo rimaste in silenzio, alcune volte abbiamo parlato. Mi ha chiesto perché avessi preso la decisione di fare sesso e le ho spiegato che ero sicura di morire, quindi non ci sarebbe stata alcuna conseguenza, anche se volevamo fare in modo di non rischiare troppo. Probabilmente la nostra attenzione sul non mettermi incinta non è servita a molto. Mi ha domandato anche se amassi Peeta, ma non sono riuscita a risponderle. Ho scrollato le spalle ed ho guardato a terra, verso i miei piedi. In quel momento penso che l'abbia amato, ma ora non ne sono più di tanto sicura. Forse volevo un contatto umano prima della morte.
Haymitch ci distrae, quando entra e chiede di me. Vuole parlarmi, ma mia madre lo fulmina con lo sguardo - incolpa forse lui per ciò che è successo tra me e Peeta? - e afferma che non ha intenzione di uscire da lì.
«Dicono che Peeta sia... depistato».
Inarco un sopracciglio e attendo che prosegua. «È una tortura che utilizzano di cui non sappiamo quasi nulla. Riporto le parole del cervellone: utilizzano il veleno degli aghi inseguitori per modificare determinati ricordi. Questo è quello che ho capito».
«Mi stai dicendo che hanno fatto in modo che mi odi, vero?»
«Sì, credo di sì, dolcezza».
Cerco gli occhi mia madre e mi tuffo nuovamente tra le sue braccia. Non solo probabilmente, a quanto dice lei, sono incinta, ma il padre odia la madre. Andiamo bene. Come potrei soltanto continuare a far crescere questa creatura dentro di me?
Scatto in piedi, quando un uomo entra con i risultati. Li prendo subito tra le mani, con poca grazia, ma non capisco nulla. Ci sono un sacco di numeri e simboli che non hanno senso.
«Fammi vedere, Katniss». Le porgo il foglio, con il cuore in gola. Mia madre lo guarda per qualche secondo poi mi osserva, tristemente. «C'è la conferma».
E mi sembra di sprofondare.
Haymitch mi prende per le spalle affinché non ruzzoli per terra, come è già successo quando Peeta ha cercato di strozzarmi. Improvvisamente voglio piangere e ridere contemporaneamente. Se ci penso, la cosa sembra pure comica. Un po' me lo merito, forse. Prima sfido Capitol City senza volerlo, prendo in giro Peeta facendogli credere che lo ami per gli sponsor, poi credo di amare davvero Gale, ma alla fine faccio sesso con Peeta, rientro nell'arena e distruggo il campo di forza dando a Capitol la possibilità di rapire Peeta, per colpa mia il mio Distretto viene bombardato e sono morte tantissime persone, Peeta ora mi odia ed io porto in grembo suo figlio. È una punizione questa. Devo vivere il mio incubo peggiore, quello di crescere un bambino in un mondo così sfatto. Me lo merito.
Mi giro e mi aggrappo a Haymitch, «è colpa tua! Avresti dovuto prepararci per l'intervista! È colpa tua ed ora mi odia!» So perfettamente che non è vero. Ricordo bene la felicità nel sapere di non dover sottostare a lui ed Effie e sono stata davvero bene sul terrazzo. La colpa è soltanto mia. Mia.
«Per cosa? Per averti dato un giorno libero? Non ci stai con la testa, dolcezza». Mi lascia andare e le mie ginocchia toccano rumorosamente il pavimento. Mi copro la faccia con le mani e continuo a sgorgare lacrime. Ora so perché ho sentito spesso la necessità di piangere, quando io non voglio nemmeno farlo. Odio mostrarmi debole, ma sono gli ormoni. Sono incinta e questa consapevolezza mi turba l'animo. Non voglio avere figli, non voglio avere questa responsabilità. Non con Peeta, ma soprattutto non voglio averla da sola. E Peeta è depistato e probabilmente lo odierà come adesso odia me.
E Gale? Come potrò guardarlo negli occhi ora? Dopo quello che ho fatto, nelle condizioni in cui sono? Non posso chiedergli aiuto, non posso parlargli, come non posso parlare al padre del bambino che sta crescendo dentro di me. Voglio solo scomparire.
«Quando potrò parlare con Peeta?» Cerco di concentrarmi, di trovare nuovamente la ragione. Non ha senso deprimersi. Non voglio diventare come mia madre. Devo rendergli noto il mio stato. Alla fine rimane sempre il padre. Forse lo potrà aiutare a tornare da me o forse no, ma deve comunque sapere.
«Sei matta, dolcezza? Non hai capito forse quello che ti ho detto?»
«Ha ragione Haymitch, non puoi parlarci. Potrebbe farti del male».
Mi avvio alla porta, «legatelo, se necessario. Ho un assoluto bisogno di parlargli». Esco dalla porta e sento i passi di Haymitch dietro di me. Mia madre è sicuramente rimasta dentro, ricomincerà con le sue visite, forse sarà addirittura sollevata che io me ne sia andata. Stringo tra le mani il foglio con i risultati, giocandoci per allentare lo stress che sento.
«Ehy, mi vuoi dire che diavolo ti prende?» Mi fermo e lo guardo.
«Non credo potrò essere la ghiandaia imitatrice». Affermo.
«Per Peeta in quelle condizioni?»
Faccio una smorfia, «per le mie di condizioni», mi fermo un attimo, sentendo le guance accaldarsi, «sono incinta per davvero».
Non attendo alcuna risposta, mi giro pur di non guardarlo in viso e mi avvio verso il reparto dove ho incontrato Peeta.
«Mi vuoi dire che gliel'hai data per davvero? Ma sei stupida? Perché?»
Mi raggiunge e so che vuole una risposta, «perché nessuno si è degnato di dirmi di un certo piano e quindi ero fermamente convinta che sarei morta nell'arena, visto che avevo deciso di far di tutto per proteggerlo e farlo vincere».
Lo so che praticamente ho cercato di far ricadere la colpa su di lui nuovamente, ma è vero. Se avessi saputo che c'era la possibilità di uscire tutti e due vivi da lì dentro, non mi sarei comportata in quel modo con Peeta. Non mi sarei lasciata andare ai suoi tocchi, ai suoi baci. Non avrei nemmeno pensato di volere di più.
«Ora... posso portare la notizia al padre, oppure, anche questa volta, non gli diciamo la verità?»
«Vado a dire ai dottori di legarlo, ma Katniss... potrebbe urlare, insultarti, ferirti».
Alzo le spalle, «non c'è bisogno di preoccuparsi. Sono già ferita».

Haymitch è riuscito a convincere la Coin ed ora mi ritrovo davanti alla porta della sua stanza. Che sembra più una cella, ma forse ne ha bisogno. Sento il cuore battere a velocità elevata. Ho paura. Ho il terrore di trovarmi davanti a lui e di comprendere che non è più Peeta, il ragazzo del pane innamorato di me. È stato sempre così importante il suo amore nei miei confronti? Probabilmente è solo il momento. Dovrò affrontare un periodo, anzi, tutta una vita - che non sarà certo lunga - difficile. Forse sarebbe più semplice se avessi Peeta, quello vero, vicino a me, a sostenermi. Sarebbe felice, se la situazione fosse diversa, se Capitol City non si fosse messa in mezzo e non l'avesse depistato?
Haymitch mi ha detto che hanno parlato con Peeta, che gli hanno detto che volevo incontrarlo e che lui ha accettato. Ha dichiarato che non vedeva l'ora di avermi davanti.
Vorrei poter incontrare Peeta in privato. Ma il solito pubblico di medici si è già raccolto dietro il vetro a specchio, penne e blocchi per appunti pronti per l'uso. Quando Haymitch mi dà il via nell'auricolare, apro lentamente la porta.
Subito quegli occhi azzurri si fissano su di me. Peeta ha tre cinghie di contenimento per braccio e un tubicino che può somministrargli un sedativo nel caso perda il controllo. Non lotta per liberarsi, però, mi osserva soltanto con lo sguardo diffidente di uno che non ha ancora escluso la possibilità di trovarsi in presenza di un mutante. Mi avvicino finché non arrivo a circa un metro dal letto. Non ho niente da fare con le mani, perciò incrocio protettiva le braccia sulle costole prima di parlare. «Ciao».
«Ciao» risponde lui. Somiglia alla sua voce, è quasi la sua voce, tranne per il fatto che ha dentro qualcosa di nuovo. Una punta di sospetto e di rimprovero.

Non so da dove cominciare. Forse potrei chiedergli se sta bene, ma mi sembra stupido visto che non è esattamente un fiore. Potrei dirgli subito di essere incinta, di aspettare suo figlio, ma potrebbe credermi? Non so cosa stia pensando di me in questo momento. Guardo verso lo specchio, sperando che Haymitch mi possa suggerire un discorso, ma non serve, perché è Peeta a prendere la parola.
«Vuoi solo studiarmi, oppure sei anche capace di formulare qualche frase?»
Deglutisco, «volevo parlarti, ma...»
«Non sei una tipa di molte parole», finisce lui la frase per me. Annuisco stringendomi maggiormente le braccia al petto come se ciò potesse proteggermi.
Si irrigidisce e si guarda attorno, «perché io sono legato e tu no?» Domanda, «lo sapevo. Sei qui per uccidermi, ibrido schifoso. E loro ti aiutano. Dicono di volermi aiutare, ma mi lasciano in balia di un mostro come te».
«No. Non voglio ucciderti». Alzo le mani al cielo, vuote, in un gesto arrendevole. «Se vuoi mi allontano». Faccio qualche passo all'indietro e vedo che si rilassa un po'. È sempre vigile, sempre pronto a scattare, ma capisce che non sto mentendo.
«Allora? Che vuoi dirmi?»
Deglutisco e penso a quanto la mia richiesta sia stata inutile. Dovrei andare via e cominciare a pensare che Peeta sia morto. Perché lui è morto. Non c'è più. Non è più con me anche se il suo corpo è qui.
«Allora?» Mi intima, alzando la voce e facendomi sobbalzare.
«Ti ricordi come abbiamo trascorso il tempo il giorno dell'intervista con Ceaser?» Chiedo, la voce mi trema e gli occhi mi bruciano. Rivoglio indietro il Peeta di una volta. Questo non mi piace.
«Siamo stati sul terrazzo, facevi la svenevole ed io sono cascato in pieno nella tua trappola».
«Non era una trappola, Peeta. Io volevo stare con te». Dico, bloccandomi poi, «ti ricordi... ti ricordi di noi due... che...»
«Mi hai sedotto, poi mi hai attaccato, anche se è contro le regole».
Inarco un sopracciglio. Perché avrei dovuto sedurlo e attaccarlo? Che pensieri gli hanno inculcato? Poi penso agli aghi inseguitori, a quando mi hanno punto, a come hanno attaccato le mie paure. Hanno utilizzato lo stesso metodo?
«Non ti ho nemmeno attaccato. Ad ogni modo...» Voglio uscire da lì, non voglio più stare qui davanti mentre i suoi occhi cercando di scrutare ogni mio movimento, ogni mio pensiero cattivo nei suoi confronti. «Sono incinta».
Sgrana gli occhi, poi si riprende, come se avesse capito qualcosa che pochi istanti prima gli era sfuggita, «complimenti a te e Gale».
«Cosa c'entra Gale, ora?» Sbotto, portandomi in avanti di scatto, senza pensarci. È riuscito a ferirmi anche se non lo credevo possibile. È così convinto, anche prima del depistaggio, che sarei finita con Gale? Certo, l'avevo pensato anche io, avevo scelto lui. Ma non ero nelle condizioni di poter scegliere, erano tutte decisioni prese sul momento, affrettate, non ponderate. Avrei comunque potuto cambiare idea. Forse.
«Vi siete baciati, anche se eri la mia fidanzata. Hai scelto lui, non può essere di nessuno se non di Gale, non trovi?».
«Non l'ho mai fatto con Gale, Peeta. Soltanto con te».
«E dovrei crederti? Quando dalla tua bocca escono soltanto menzogne?»
So che ancora sta parlando, ha alzato la voce non appena mi sono voltata per cercare di nuovo la mia attenzione, ma apro la porta, la richiudo con forza e comincio a correre verso uno dei miei tanti nascondigli del 13. Nessuno sa dove sono e posso piangere in pace. È stato inutile anche se, per un attimo, ho pensato che potesse fargli bene, che magari sarei riuscita in qualche modo a farlo tornare da me. Ho cercato di utilizzare la gravidanza a mio vantaggio, ho voluto vederci qualcosa di positivo, inutilmente. Perché lui non è tornato, anzi, mi ha solo fatto capire quanto poco si fidi di me. Peeta è morto quando l'hanno rapito le forze di Capitol City e probabilmente non potrò fare nulla per riportarlo da me.

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Spero che il capitolo vi sia piaciuto :)
E Kitkat dà la colpa a Haymitch xD Mi sembra giusto :') E Peety non crede a Katniss.
Si nota che non so cosa scrivere nelle note? XD Scusatemi :° E' che sono super insicura di 'sta fic. :'( Sono più portata per le OS xD O per scrivere con la pavonessah u.u *debbina va a rileggersi i pampinih partoriti con la pavonessah* Quelli sono bellissimi, sih! ♥
Ultima cosa, A Panda piace fare le bolle di assenzio ⌠EFPfanfic⌡ Il miglio gruppo su EFP gestito da me e la mia famigliah perfettah! ♥ radioactive, yingsu , LaGattaImbronciata e gabryweasley.
Vi ringrazio per tutte le preferite, le seguite e le ricordate. E per tutte le recensioni, Finnick si merita le sue zollette. No, ho sbagliato fic. :')
Baci
Deb
   
 
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