La seguii, ormai era completamente in lacrime, per poco non sbatté contro le persone ma ebbi i riflessi pronti e spostai i passanti in modo che la ragazza potesse passare tranquillamente. Si diresse verso una casa, con la manica si asciugò le lacrime che avevano inondato il viso, poi prese la chiave e aprì la porta; una signora le andò incontro ma lei proseguì verso una stanza, chiudendo la porta alle proprie spalle. La signora rimase a bocca aperta, poi abbassò lo sguardo e le si riempirono gli occhi di lacrime, andò in cucina e iniziò a preparare la cena. Io seguì la ragazza, trapassai la porta e la trovai distesa sul letto che stringeva il cuscino. Se prima le uscivano le lacrime in modo silenzioso, adesso si lasciò del tutto andare, non represse più il pianto, tutta la propria sofferenza fu libera di manifestarsi. Mi sedetti dall'altra parte del letto, dove giaceva la ragazza e mi presi la testa tra le mani. Io sapevo tutta la sua storia e per un certo senso era simile alla mia: anche mio padre aveva lasciato mia madre, se ne era andato con una ragazza affascinante quanto potente. Insieme a lei aveva creato un regno che stava sovrastando a poco a poco, quello mio e di mia madre. Io, accecato dalla rabbia, andai da loro e li attaccai, questo gesto condannò tutto il mio popolo: infatti, ferii mio padre e quella che era diventata sua moglie da poco, lanciò una maledizione che era tutt'ora in atto. Guardai la ragazza, lei era la nostra salvezza, era l'unica ad essere capace di contrastare il potere della maledizione e a romperla. Per fortuna si era calmata, così mi distesi di lato sul letto, accanto a lei e con il braccio piegato, in modo che mi reggesse la testa, la osservai ad una distanza di circa due centimetri. La ragazza d'un tratto si girò e ci ritrovammo con il nostro respiro che si sfiorava. Il mio cuore batteva così forte che quasi non riuscivo a sentire altro, però sapevo che quello era il momento. La guardai dritta negli occhi e mi resi visibile al suo sguardo.