Fumetti/Cartoni americani > Batman
Segui la storia  |       
Autore: AThousandSuns    19/02/2014    1 recensioni
Julie Kyle, (OC),figlia adottiva di Selina Kyle, ha cercato di voltare pagina dopo la morte di Jason Todd, Robin II, nonchè suo migliore amico e ragazzo. Ora che è un poliziotto, si trova a dover assistere, impotente, all'opera di un nuovo vigilante, Red Hood... Ambientata nell'universo del film animato DCU Batman:Under The Red Hood. Prima fanfic per me, siate buoni! recensite, consigliate, criticate ecc. Il titolo è tratto da Walk Away dei The Script. I titoli dei capitoli saranno titoli di canzoni, perchè mi andava :)
Genere: Angst, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jason Todd, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Note: la canzone del titolo è Demons degli Imagine Dragons; ho immaginato che prima che Jason morisse, Dent non fosse ancora diventato Due Facce.
* Julie *

La notte prima, Batman e Nightwing si erano scontrati con Amazo, poi il pipistrello aveva inseguito Red Hood, e per concludere la seratina, avevano fatto una chiacchierata con quel pazzoide del Joker.

-Sono notti come queste che mi fanno venire voglia di rimettermi il costume- dissi a Dick, dopo che aveva finito di raccontare. Ero andata a casa Wayne per visitare la tomba di Jason, come facevo abitualmente, ed avevo incontrato Richard prima che uscissi, così mi aveva messo al corrente delle novità.

-Sono sicuro che ti sta ancora una favola- disse nel suo solito tono.

Risi:-Non cambi mai, eh? Non so davvero come faccia Barbara a sopportarti.

-Ma è questo che le piace di me!

-Non ho dubbi!- era inevitabile che mi contagiasse con la sua inguaribile allegria.

-Dico sul serio, Julie, sarebbe bello lavorare con te- era serio ora. Non credo che Bruce gli avesse detto che ero stata io, ma non ci voleva un genio per capirlo.

-Sai che ho smesso.

 

Cinque anni prima.

Erano passati dieci giorni dal suo funerale. Dieci giorni da quando Bruce Wayne aveva bussato alla nostra porta di casa (Selina non c'era) e mi aveva detto tutto. Chi era. Come passava le sue notti. E come aveva perso la sua spalla -no, aveva detto figlio- durante la missione, quella da cui Jason aveva promesso di ritornare. Poi mi aveva chiesto di partecipare al funerale “Lui non mi perdonerebbe, se non ti dessi la possibilità di esserci”, aveva detto.

Mi ero messa qualcosa di nero ed ero salita in macchina. Pioveva -in questa dannata città piove sempre- ed ero rimasta lì impalata tutto il tempo, ero solo riuscita a ringraziare Bruce per avermi permesso di esserci, dopodichè il suo maggiordomo mi aveva riaccompagnata a casa. Ovviamente non mi aveva chiesto di mantenere il segreto, non ce n'era bisogno -due settimane dopo sarebbe andato da Selina e le avrebbe detto la verità, si sarebbe aperto con lei, sfogato.

Ma non era per la morte di Jason che avevo smesso di indossare il costume -era per quello che feci dopo.

Dieci notti dopo il funerale, lo trovai. Il mostro. Era già tornato in città. Ringraziai che il pipistrello non fosse arrivato prima -era ancora in lutto, non aveva lasciato la caverna e non parlava con nessuno, come seppi in seguito.

Cambiava spesso nascondiglio, ma conoscevo bene quella parte della città, quella in cui ero cresciuta, ma ancora meglio conoscevo delle persone.

In realtà a ripensarci fui piuttosto teatrale, quasi immatura: mi presentai lì, con un piede di porco, colsi appena il lampo di orrore nei suoi occhi, prima di cominciare a picchiarlo. Lo picchiai con tutta la forza che avevo, fermandomi a pensare persino in quali posti avrei potuto ferire di più. Lo picchiai come non avevo mai nemmeno immaginato di poter fare, ma non ero io, ero solo rabbia, dolore, senso di colpa. E le sue risate non facevano altro che aizzarmi, come un cane rabbioso. Ad un certo punto -era stato tutto così veloce, anche troppo- capii che sarebbero bastati un altro paio di colpi per finirlo. Alzai il braccio, ero pronta.. Incontrai il suo sguardo, insolente, di scherno: mi stava sfidando. Sapeva che non l'avrei finito. E lo sapevo anche io.

Con il braccio ancora alzato, mi portai l'altra mano sulla guancia: stavo piangendo.

Crollai in ginocchio, con le sue risate in sottofondo: le stavo solo immaginando, era svenuto.

Lo scaricai davanti ad Arkham così com'era e tornai a casa: mi ripulii del suo sangue e ridussi il costume a brandelli, prima di gettarlo.

Ero diventata Black Cat perchè volevo aiutare le persone: Selina non mi permise mai di rubare, e non potrò mai ringraziarla abbastanza per questo. Passavo le notti tra i ragazzini costretti a farlo, cercavo di aiutarli come potevo. Era così che avevo incrociato Jason, ancor prima che divenisse Robin. Anche io avevo visto in lui ciò che Batman aveva visto. Ma nessuno avrebbe saputo che aveva dato la vita per questa città, che era morto credendo di poterla salvare da se stessa. Gotham non aveva bisogno di persone mascherate, non solo. Aveva bisogno di eroi veri, con un volto, un identità, come il commissario Gordon o il procuratore Dent. Ora sapevo cosa volevo fare, cosa era necessario. Dopo ciò che avevo fatto, non avevo il diritto di indossare una maschera collegata a Catwoman, a Selina. E andava bene così. Avrei trovato un altro modo.

 

Andai via di casa due anni più tardi. Grazie all'aiuto di Bruce stavo finendo in fretta gli studi, mi era sempre piaciuto leggere, sapere cose nuove. Appena preso in diploma, a diciotto anni, feci domanda per la polizia. Riuscii ad accedere, ed ero pronta: pronta a cominciare una nuova vita. Pronta a cambiare le cose, ma nel modo giusto stavolta.

 

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > Batman / Vai alla pagina dell'autore: AThousandSuns