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Autore: blejan    19/02/2014    3 recensioni
Momenti di vita ordinaria di esistenze straordinarie: la Interdimensional Magical Energy Security and Control Organization di tutti i giorni, tra ordinaria amministrazione e non.
Raccolta per la challenge “Slice of Life” di areon.
Genere: Avventura, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I.M.E.S.C.O.: Chocolate Box'
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Prompt: 6 - BICCHIERE DI VINO
Titolo: Reassuring Orpheus
Autore: blejan
Fandom: Originale
Personaggi: Orpheus, Zane
Genere: Fantasy, Avventura, Comico
Rating: Giallo
Avvertimenti: slash
Lunghezza: 1885 parole

IMESCO Experience: Wanderwall (Oasis)




Reassuring Orpheus


- Un bicchiere di vino? - domandò Orpheus, stringendo lentamente le palpebre, le iridi d’argento scheggiate di alabastro.
Assorbito dall’incantesimo che stava operando, aggrottò comunque le sopracciglia scure, mentre spostava l’attenzione sul ragazzo in piedi di fronte a lui.
Trasferì lo sguardo sui loro avambracci, poggiati uno sopra l’altro, quelli del veggente a faccia in giù, i suoi verso l’alto, la pelle in contatto delicato; Zane percepiva le dita del compagno stringere appena attorno ai suoi gomiti, mentre la magia scivolava silenziosa, imprimendo la sensazione di un nastro che gli si avviluppava lungo le braccia, risalendo sulle spalle ed avvolgendogli il collo.
Gli occhi violetti pizzicarono leggermente, costringendolo a sbattere le palpebre un paio di volte, per riabbassarli poi su quelli del demone.
Presumibilmente in quel momento stava cambiando il colore degli occhi; scegliendo una tonalità che doveva essere parecchio diversa, o il cambiamento sarebbe stato accettato più di buon grado dal suo organismo.
- Già, un bicchiere di vino, rosato-dorato per essere precisi, al centro di un tavolino di legno laccato di nero.
Zona defilata del locale, lontano dalla pista da ballo, forse nel piano sopraelevato, l’angolo più riservato. - rispose il bruno, spostando il peso sul piede sinistro, sollevando il destro per sfregarlo sul polpaccio che aveva deciso di prudergli con doviziosa insistenza da una decina di minuti.

Il moro annuì meditabondo, cercando di strangolare la sensazione di preoccupazione ingombrante che gli schiacciava il petto: gli ricordava la volta in cui Alaros, il Carnevale di due anni prima, con una ridicola tuta da conigletto, pelosa e dall’allarmante profumo di lamponi, lo aveva rincorso nel corridoio del suo ufficio minacciandolo di volerlo abbracciare; aveva resistito allo strenuo assedio solamente per il provvidenziale, dal suo punto di vista, passaggio del disgraziato di turno.

Lo sbuffo sopra di lui lo strappò a contorti ed acuminati pensieri, che avevano iniziato a rosicchiargli convulsamente un angolo della mente.
- Finiscila. - lo lapidò Zane, scuotendo la testa nel curioso tentativo di scoprire che sembianze avessero assunto i capelli; i morbidi ricci rossicci sballonzolarono ai margini della sua visuale.
Orpheus incassò impercettibilmente il collo nelle spalle, borbottando scornato.
Prese fiato ed aprì le labbra per iniziare un discorso incentrato sul fatto che No, non l’avrebbe finita.
Non gli andava a genio che il suo ragazzo fosse stato contattato tramite visione da qualcuno che non solo non si presentava, ma che indicava in maniera mastodonticamente troppo poco esplicita le proprie intenzioni.
Aggiungendo la straordinaria limpidezza della visione, più volte rimarcata da Zane, il quale aveva ripetuto fino alla nausea quanto incredibilmente ricca di particolari e sfumature fosse: il colore particolare del vino, la fattura del tavolo, i dettagli del bicchiere e del tovagliolo su cui esso poggiava: roba da professionisti, molto vicina alle capacità del veggente.
Optò per non dare adito alla sua vena polemica.
- Plurisoggettiva? - Sondò, ritenendosi soddisfatto della morbida tonalità nocciola scuro delle iridi, scurite con lentezza esasperante per evitargli un mal di testa per cui si sarebbe potuto vendicare con ferocia.
Lo osservò perdersi qualche istante in una serie di considerazioni, beandosi segretamente di essere solo con lui in quel momento.
- Più di due persone? Mh - smorfiò scettico - Sarebbe stato come guardare un 3D senza occhialini, le due visuali non combaciano mai perfettamente ed avrei visto oggetti diversi negli stessi punti in momenti diversi. -
Orpheus dovette stringere la sua camicia di forza mentale per non volargli addosso quando iniziò a mordicchiarsi il labbro, incapsulato nei ragionamenti.
- Gemelli? Può essere - tentò, sedendosi a gambe divaricate sulle ginocchia del demone, immerso nelle sue circonvoluzioni mentali; completamente estraniato dalla realtà, era del tutto incosciente di far vacillare rabbiosamente l’autocontrollo di Orpheus, che fu costretto a rimetterlo in piedi.
Non se ne rese neppure conto - Ma dovrebbero essersi allenati molto e nella maniera giusta. Ad e Al hanno lavorato anni con me per riuscirci e ogni tanto qualche sbavatura la noto ancora. -
Incurante del ringhio d’avvertimento, si risedette, procedendo con il ragionamento.
“Sul serio, perché?” meditò Orpheus, inspirando rumorosamente.
- In ogni caso ci sarebbero degli indizi sparsi che verrebbero inconsciamente innestati. - insistette Zane, grattandosi assente il mento, sfregandolo sulla spalla - Il tavolo è piccolo, troppo piccolo perché ci possano sedere comodamente più di due persone. Perché solo due persone? Perché c’è un bicchiere solo. Chi convoca non dev’essere un ignorante totale e nemmeno una persona di medio borgo, perché c’è un tovagliolo di lino bianco ricamato sotto al bicchiere, il tavolino è perfettamente laccato e anche se a prima vista sembra uniformarsi nell’ambiente non è così, emerge in qualche modo per la sua caratteristica eleganza, distante dalla bolgia e dal marasma del club. -
Il ragionamento non faceva una grinza.
- E poi ci sono solo due poltroncine. Dal colore del vino sicuramente è o un elfo o qualcuno di molto simile. Il bicchiere ha delle iscrizioni sul bordo e ho scorto scintillii anomali nel liquido. - terminò, sbattendo le palpebre un paio di volte, tornando alla realtà, mettendo finalmente a fuoco il compagno, proteso su di lui in esplorazione alla ricerca di eventuali ‘rifiniture’ da operare.
- Tutto a posto? - chiese, avvicinandoglisi, voltando il viso da una parte e dall’altra per facilitare l’ispezione. Sotto lo sguardo vigile di tenebra si ritrovò a pensare che la trasformazione era stata molto lenta e graduale.

Orpheus era un demone in grado di evocare incantesimi di modificazione morfometrica, volgarmente ed impropriamente detti “cammuffamento”: attraverso il trasferimento dell’energia magica poteva modificare a piacimento occhi e capelli in ogni particolare, forma, struttura, colore, taglio, cambiando il colore della pelle, cancellando o creando cicatrici e nei. Ad un livello più profondo poteva ridimensionare la fisionomia, in una trasformazione totale.
La metamorfosi richiedeva tanta più energia, ovviamente, quanto le nuove fattezze si discostassero dall’originale.
La fregatura toccava al ricevente: se si trattava di una creatura magica, una volta esaurita l’energia demoniaca che Orpheus instillava, l’incantesimo sequestrava automaticamente magia dall’ospite per mantenersi attivo, comportandosi come una sorta di parassita; si poteva decidere a proprio rischio e pericolo di continuare a mantenerlo operativo oppure dissolverlo.
Raggiunta una soglia di tempo, variabile in funzione della quantità di energia del ricevitore, per non interferire con i processi vitali, l’incantesimo si esauriva spontaneamente.

Diversamente, il processo era irreversibile per le creature non magiche, umani compresi, in quanto organismi impossibilitati a metabolizzare la magia, che rimaneva letteralmente fissata, rendendo necessario un secondo intervento per la rimozione o la neutralizzazione.
Se in prima considerazione poteva sembrare facile, era tutt’altra faccenda. Ancorare dell’energia, specialmente quella demoniaca, quella più potente ed instabile, ad un flusso vitale era tutto tranne che un’operazione sicura: bisognava calibrarla con estrema cautela, fondendola nella maniera più delicata possibile, per evitare che sfociasse in rigetti che potevano oscillare dalla nausea ad una frattura ossea o anche peggio, un’ampia variabilità di manifestazioni che Zane aveva in buona parte scontato sulla propria pelle quando aveva dovuto subire ‘plastiche d’emergenza’. Senza danni a lungo termine, per somma serenità di Orpheus.
Un aspetto fondamentale era inoltre la superficie attraverso cui veniva trasferita la magia: per questo il demone cercava sempre di avere la maggior quantità di pelle possibile a disposizione, in modo da non rendere il transito simile ad una cruenta innaffiata con un manicotto d’acqua, per evitare di lasciare ustioni, anche gravi, nei punti di contatto.
“Un bel casino insomma.” considerò Zane, rimanendo in attesa mentre percepiva l’incantesimo palpitare impercettibile dentro di lui, crepitandogli delicatamente nelle vene.
Concentrato al limite dell’ossessivo, Orpheus sigillò il sortilegio, issando i suoi avambracci verso l’alto per aiutarlo ad alzarsi.
Un sorriso sfuggì al veggente, vedendolo trattenere il respiro mentre si staccava da lui, con gesto misurato per non preoccuparlo.
Si trattava di una magia tremendamente complessa, assimilabile ad un’operazione chirurgica a cuore aperto. “È terrorizzato all’idea di farmi del male.”

Poteva capirlo.
Orpheus era un demone molto potente, e proprio per questo era stata dura convincerlo; Zane, per quanto forte potesse essere, rimaneva in parte umano: al confronto era poco più di una candela che tentava di lottare contro un vulcano.
I primi tempi era stata davvero dura, abituarsi all’energia oscura, la peggiore in assoluto, gli aveva fatto rischiare davvero grosso, alcune volte.
“Povero Fey, non si dava pace quando tentavo di farlo stare tranquillo mentre vuotavo l’anima nel cesso. Si mortifica ancora adesso, dopo anni, se si accorge che mi gira la testa.”
Sapeva che era pericoloso, ne era pienamente cosciente: quando, sei anni prima, l’incantesimo gli aveva fratturato l’omero destro, aveva impiegato mezz’ora buona a calmare Orpheus.
“Per non parlare della volta in cui mi ha fracassato tutt’e quattro le costole fluttuanti. Ma quella volta andavamo veramente di corsa. E mi è andata ancora di lusso.”

Sollevò entrambi i pollici verso l’alto, ridendo allegro osservandolo rasserenarsi sospirando. Poggiò le mani sui braccioli della poltrona, distendendosi verso di lui.
Chiuse gli occhi mentre il demone gli spostava una ciocca di riccioli molesti e troppo curiosi dietro l’orecchio sinistro.

Non avrebbe mai smesso di sorprendersi ogni volta nel percepire la venerazione profonda che trasudava dai suoi gesti, di come riuscisse a trasformare il tocco più anonimo e casuale in un atto di devozione: era sempre stato così, fin dalla prima volta in cui si erano incontrati.
Forse era per quello che aveva sempre riposto in lui una fiducia assoluta, senza riuscire subito a comprendere come potesse essere possibile una simile reazione, un abbandono totalizzante.
In fin dei conti, erano pur sempre un demone ed un essere umano: aveva fatto fatica a comprendere come avesse potuto scegliere lui, come potessero stare così bene insieme.
Era così assurdo.

La risposta lo aveva placcato con la forza di un cazzotto in pieno plesso solare un pomeriggio di fine autunno.
Salendo per la prima volta sulla terrazza dell’IMESCO, era stato sommerso nella luce abbacinante delle nubi, fino a poco prima grondanti di pioggia, squarciate dai raggi del sole, che affondavano artigli dorati di luce ambrata rifratta nell’aria, occhieggiando di riflessi nelle gocce trapuntate sulla cupola di cristallo che proteggeva il parquet di caldo legno color ciliegio.
Aveva seguito una forza invisibile, che gli aveva stretto i polsi, strattonandolo gentile ed urgente, come un bambino che trascina il genitore verso il parco giochi.

Orpheus era al centro esatto di quella cascata sfavillante, gli occhi chiusi, in piedi a gambe divaricate: immobile e fiero, concentrato e sommerso nella meditazione. Il respiro lento ed ampio espandeva il torace in un ritmo tranquillo, trasmettendo una pace tanto intensa da far venire i brividi.

Si era sentito piccolo ed insignificante.

I capelli del demone, imbrigliati in una coda cortissima ed indisciplinata facevano sembrare il grigio piombo del Kimono di cotone spesso acqua sporca.
Le braccia erano distese verso il basso, le dita diafane articolate in un sigillo: sinistra sopra la destra, indice medio ed anulare distesi, con la punta del pollice ripiegata verso l’interno a toccare la parte interna del mignolo, anch’esso arcuato.
L’ultimo punto del Maestro del Cuore. La Tranquillità.
Era rimasto in contemplazione a lungo; muoversi o parlare sembrava blasfemo.
Aveva fatto un passo indietro, per andarsene e non deturpare ulteriormente l’atmosfera.

La voce di Orpheus era rimbalzata come un colpo di gong, attorcigliandoglisi attorno come una sciarpa calda.
- Rimani. -
Il timbro penetrante e profondo parve tendersi verso di lui, implorando.
- La tua presenza mi rasserena. -

Immerso nella luce abbagliante del tramonto, tanto intenso, scintillante e nitido da ferire lo sguardo, aveva finalmente capito.

Non serviva conoscere la ragione, scovare il perché.

Loro Due Erano.

Semplicemente.

NdA : Salve creature! Ritardo mostruoso, ma eravate stati avvertiti, la pausa esami non perdona T_T (in cui ho racimolato voti molto buoni, ne sono molto lieta :D)
Altro capitolo di questa challenge/avventura che sembra essere giunta in vista della luce del traguardo, ma non abbiate timore! areon sta dispensando prompt bonus, quindi questi ridenti casinisti staranno con voi ancora per un po’ in attesa di…chissà XD
Due personaggi che a mio parere necessitavano di un momento tutto loro, spero vi sia piaciuto, lo reputavo obbligatorio, giusto per chiarificare alcuni aspetti.
Per chi l’ha riconosciuta sì, ho rubato pedestremente la battuta di Anakin in “Star Wars II: l’Attacco dei Cloni” [Rimani. La tua presenza mi rasserena {rivolto a Padme}] per farla utilizzare ad Orpheus, la trovo calzante come un guanto nel contesto della scena.
Frasi molto fluff, chiedo venia in anticipo per tutta l’insulina che avete dovuto assumere (me per prima XD), ma era necessaria.
Niente istantanea alla fine? Mi sembrava un capitolo sufficientemente carico u.u
Che dire, spero vi sia piaciuto anche questo capitolo e, galoppando a spippolare su Scrivener il prossimo vi saluto!
See ya!

blejan



Banner’s credits: immagine di TankPhotography
  
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