Character: Jared
Padalecki; Jensen Ackles;
Pairing: JensenxJared {j2},
Rating: PG
Genre: fluff; romance;
Word: 1.261
Prompt: Crisi
Disclaimers: Gli attori appartengono tutti a loro stessi, con questa fic
non si vuole assolutamente discutere i loro gusti sessuali, le loro scelte di
vita o quant'altro. E' una fic scritta senza scopo di lucro e senza la pretesa
di poter dire di "conoscere" i personaggi che qui si muovono perchè no, non li
conosco affatto e in questa fic c'è soltanto la loro idealizzazione.
Scritta per la 6° settimana del Cowt-4 @
maridichallenge
Jared aveva riconosciuto il ristorante, nonostante
la gestione fosse cambiata e le facce fossero diverse, più amichevoli della
prima volta – anche se il nodo alla gola che lo aveva soffocato per tutto il
tempo della cena, nella paura di non sapere cos’avrebbe risposto Jensen, aveva
distorto ogni sua percezione.
Si era dichiarato in quel ristorante. Aveva guardato negli occhi di Jensen –
lasciandosi bagnare dalle ondate smeraldine che animavano il suo sguardo – gli
aveva stretto la mano, piano, indugiando con le dita sul dorso in una carezza
leggera e gli aveva chiesto di non scappare, di ascoltarlo fino alla fine di un
discorso in cui la sua lingua aveva incespicato come non mai, prima di dirgli
che gli era piaciuto fin dal primo momento, fin dalla prima stretta di mano.
Prima di dirgli che, se mai avesse potuto invecchiare al fianco di qualcuno,
quel qualcuno desiderava fosse lui.
Ritrovarsi dopo quasi dieci anni, così lontani dai due ragazzini che erano stati
all’inizio (soprattutto Jared, che ora non rischiava più di venir colto da
crisi di panico pre-dichiarazioni, finendo per ordinare il vino più costoso e
non ora che, di vini, ne capiva un po’ di più), aveva acceso un timido
tepore nel petto del più giovane, mentre prendeva posto al loro tavolo.
Lo stesso della prima volta.
Era stata un’idea di Jensen.
"Jared, stasera ti porto a cena. Preparati per le otto in punto e sappi che
se arriviamo in ritardo ti uccido." aveva ordinato, nel solito cipiglio
figlio dell'imbarazzo.
“Mi ecciti quando prendi il controllo in questo modo.” gli aveva risposto
invece Jared, con un sorriso largo, una pacca sul sedere e una citazione di Dean
Winchester.
Avevano preso l'auto di Jensen, dopo aver fatto l’amore sul pavimento della
cucina e, per tutto il tragitto fino al ristorante, c'era stata la voce di Jared
a riempire l'abitacolo, che gli elencava con maniacale precisione (e in ordine
alfabetico!) tutto quello che lo faceva eccitare di lui. Era stato un viaggio
infinito, fatto di sospiri pesanti da parte di Jensen e di tentativi di
spintonare il più giovane lontano dal proprio orecchio, salvo poi affondare la
mano tra i suoi capelli lunghi e tirarli a sé, approfittando di ogni semaforo
rosso, per affondare i denti alle labbra di Jared e sentirlo mugolare nella
propria bocca.
E poi il ristorante, la musica soffice di un piano bar, la cena, il dessert, le
candele.
Le candele…
Erano state quelle a far trillare un campanello nella testa di Padalecki.
Le candele. Il posto romantico. La data.
Jared guardò rapito le fiamme dorata che danzavano nel mezzo del loro tavolo,
riflettendosi sul vetro dei bicchieri ancora colmi di un vino francese ordinato
da Jensen. Si appuntò di aggiungerlo all'elenco di ciò che lo eccitava e
riproporglielo sulla strada del ritorno: mi ecciti quando parli in francese.
Quando parli, punto.
«Quattro maggio.» sussurrò, sovrappensiero.
«Cosa?» Gli domandò Jensen. La luce delle candele rendeva più brillanti i suoi
occhi e Jared pensò che somigliassero a due piccoli smeraldi e che, anche
ricoperto di gioielli, la bellezza dei suoi occhi si sarebbe distinta sempre.
«Dicevo che non mi sono dimenticato che giorno è oggi. Lo so che è il nostro
anniversario, ma di solito lo festeggiamo a casa, che poi è il luogo in cui si
trova il mio regalo.» il ghigno che ne seguì riempì di brividi caldi la schiena
di Jensen, tesa sotto la camicia nera dal colletto alto «Ho pensato che non
sarebbe stato il caso di portarlo dietro.»
«Non voglio neppure sapere di che si tratta.»
«Oh, fidati, Jensen, lo vuoi sapere. Eccome se lo vuoi.»
Voleva, infatti. Voleva sapere, voleva vedere, voleva provare. Ma non in
quel momento.
«Ora ho altro a cui pensare.» si alzò, sforzandosi di non dar bado a quanto
pieno fosse il ristorante e quanti volti riempissero gli altri tavoli; sentiva
la gola secca, le gambe molli, il cuore a mille e il cervello vuoto e leggero.
Gli servì un lungo sospiro, per ritrovare la forza di parlare.
«Jared, giura che non scapperai e mi ascolterai fino alla fine.» mormorò con
voce roca.
Jared ebbe un fremito.
Deja-vu.
E, quando Jensen gli si inginocchiò di fronte, la luna, il sole e l’intero
dannato universo, iniziarono a girare intorno a lui.
«Dude, sei in ginocchio.» il respiro si era fatto pesante e ringraziò di
essere già seduto.
Jensen deglutì, masticando un insulto.
«Lo so.»
«Non voglio farti andare nel panico, ma siamo ancora al ristorante.»
«Lo so.»
«E ci stanno guardando.»
«Jared, puoi smettere di rompere e lasciar parlare me?»
«Yeah, sure… è… è solo che non voglio rischiare di mettermi a piangere
davanti a tutti.»
«Stupido.» Jensen gli sorrise, sfilando dalla tasca dei pantaloni uno scatolino
scuro che per settimane si era rigirato tra le mani, programmando quell’unico
momento.
«Mi ero preparato un discorso, tante belle parole su quanto tu sia speciale per
me, quanto abbiano contato questi anni passati insieme e quanto ci tenessi ad
essere io a chiedertelo. Io.» mantenne nervosamente lo sguardo
basso, invaso da un calore che gli aveva arrossato il volto, estendendosi fino
alle orecchie e rendendo ancora più verdi i suoi occhi «Ma ora, tutto quello che
volevo dirti non mi sembra più così importante.»
Jared rimase in silenzio, le dita arpionate alle proprie ginocchia.
«Una cosa però posso promettertela. Beh, facciamo due.» si passò la lingua sulle
labbra, riprendendo coraggio «La prima è che, prendendo il mio cognome, avrai
solo da guadagnarci e renderai più facile la vita di un sacco di fan. La seconda
è che ti amerò fino alla fine dei miei giorni, mi prenderò cura di te e, finché
avrò fiato in gola, non smetterò di cercare una cura alla tua altezza
spropositata.»
Jared rise e Jensen tornò a sollevare lo sguardo su di lui, scoprendo i suoi
occhi più lucidi e le labbra che tremavano nervosamente.
«Jared Padalecki, vuoi sposarmi?»
Fece scattare il bottoncino del coperchio, rivelando un anello in oro bianco:
una semplice fascetta con un piccolo smeraldo incastonato e una scritta
all’interno che indicava la data e le loro iniziali intrecciate dal simbolo
dell'infinito.
Jared si prese qualche lungo secondo solo per osservare il volto emozionato
dell’uomo, le lentiggini più visibili nel rossore.
Annuì, incapace di dire altro se non un debole «Sì.» che fece scoppiare di gioia
il cuore di Jensen, insieme allo scrosciare degli applausi di chi aveva
assistito.
«Babe.»
Non erano riusciti a raggiungere la camera da letto. La strada per tornare a
casa sembrava non avere fine e, dopo aver fatto scattare la serratura della
porta d'ingresso, i loro corpi si erano scontrati l'uno con l'altro, spingendosi
tra baci affamati e carezze urgenti, fino al divano.
Sdraiati tra i cuscini, con un plaid che a malapena li copriva entrambi, Jensen
passò le dita tra i capelli di Jared, nudo contro il suo corpo.
«Mhm?» mormorò.
«Posso tenermi anche il mio cognome, vero?»
Jensen ci mise un po’ a rispondere, impegnato ad ammirare la mano che indossava
l’anello.
Fiancé. Gli suggerì una voce nella propria testa.
«Dipende, io posso tenere il mio?»
«Considerato quanto la gente faccia già fatica a capire come ti chiami, penso di
potermene fare una ragione.»
Gli sorrise, lasciandogli l’impronta di un bacio alle labbra e uno tra le dita,
mordicchiandole e sentendo tintinnare il metallo bianco tra i denti.
«Allora va bene, Mister Jared Padalecki in Ackles.»
Jared assaporò mentalmente la pronuncia del nome completo.
«Sounds good.» commentò. Suonava divinamente, come l’idea di sposarlo
«Luv ya.»
«Luv ya too.»
«Ora però non rilassarti troppo, devo ancora darti il mio regalo.»
Sapeva che sarebbe arrivato anche quel momento.
Jensen sollevò gli occhi al soffitto; si era inginocchiato in mezzo ad un
ristorante, aveva chiesto al suo ragazzo di sposarlo ed era sopravvissuto.
Poteva farcela.
«Lo sai che, qualsiasi giochino tu mi abbia regalato questa volta, lo proverò su
di te, vero Jared?»
«Ugh…»
Oh sì, eccome se poteva farcela.
Note: Non so bene come
mi sono ritrovata a scrivere una fic tanto stucchevole, sob. All'inizio pensavo
solo di scrivere una tripla drabble e farla finita lì, alla fine è diventata un
po' più lunghetta e si è trasformata in questo ammasso di slashosa melassa. Però
era da tanto che non scrivevo sui j2 (e forse avrei dovuto continuare ad
evitare) e, considerato quanto sia lontana con J. dall'arrivare al
dunque tra 'sti due e che, beh, di proposte di matrimoni non ho mai scritto (duh!),
mi sono detta Perché no!
Vabbeh, veniamo alle cose che fingerò essere importanti.
4 maggio. Ho scelto questa come data dell'anniversario dei J2 perché è
quasi perfettamente a metà strada tra il compleanno di Jensen e quello di Jared
(sì, ho contato i giorni e sì, sono stupida, ma voi lasciatemi fare) e perché è
il giorno dell'ultima puntata della season one. In realtà avrei voluto usare il
giorno in cui è stato ufficializzato il rinnovo con la season two, ma non ne ho
la più pallida idea, quindi me ne frego e via, che tanto non frega realmente a
nessuno.